Cassazione 4

Suprema Corte di Cassazione

sezione VI

ordinanza 1 ottobre 2014, n. 20759

Svolgimento del processo e motivi della decisione

I. – Il Consigliere relatore, nominato ai sensi dell’art. 377 c.p.c., ha depositato in cancelleria la seguente relazione in base agli artt. 380-bis e 375 c.p.c.:
“1. – Con decreto del 24.2.2011 la Corte d’assise di Messina liquidava la somma di € 5.414,68 in favore dell’avv. A.D.L., quale compenso per l’attività di difensore d’ufficio di N.P., imputato ammesso al programma di protezione dei collaboratori di giustizia ai sensi del D.L. n. 8/91 in un processo penale svoltosi in 119 udienze presso la stessa Corte. Impugnato dalla ricorrente ai sensi dell’art. 170 D.P.R. n. 115/02, tale decreto era riformato dal Tribunale di Messina, che con ordinanza del 24.11.2011 riconosceva in favore dell’avv. D.L. la maggior somma di € 110.652,30, di cui € 1.7, °0,00 per spese della procedura esecutiva intentata infruttuosamente nei confronti dell’imputato. Riteneva il Tribunale che il compenso a carico dell’erario dovesse essere determinato sulla base di quanto già liquidato con sentenza resa nell’ambito del procedimento civile promosso dall’avv. D.L. verso il P.. In tale sede, infatti, il giudice aveva precisato di aver applicato valori comunque non superiori a quelli medi previsti dalle tariffe.
2. – Per la cassazione di detta ordinanza la Direzione distrettuale antimafia della Procura della Repubblica presso il Tribunale di Messina ha proposto ricorso con le forme del c.p.p.
2.1. – Ha resistito con controricorso l’avv. D.L..
2.2. – Dapprima assegnato alla quarta sezione penale, il ricorso è stato successivamente assegnato a questa sezione civile.
3. – Il ricorso è inammissibile.
Innovando rispetto a un precedente indirizzo maggioritario, le S.U. di questa Corte (n. 19161/09) hanno affermato che il procedimento di opposizione, ex art. 170 del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, al decreto di liquidazione dei compensi ai custodi e agli ausiliari del giudice (oltre che ai decreti di liquidazione degli onorari dovuti ai difensori nominati nell’ambito del patrocinio a spese dello Stato), introduce una controversia di natura civile, indipendentemente dalla circostanza che il decreto di liquidazione sia stato pronunciato in un giudizio penale, e deve quindi essere trattato da magistrati addetti al servizio civile, con la conseguenza che la trattazione del ricorso per cassazione avverso l’ordinanza che lo decide spetta alle sezioni civili della Corte di cassazione.
Conseguentemente, il ricorso per cassazione avverso il provvedimento attinente all’istanza di liquidazione degli onorari del difensore di un soggetto ammesso al patrocinio a spese dello Stato deve essere proposto nelle forme del rito civile, ai sensi dell’art. 170 del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, sicché esso, ove proposto nelle forme del rito penale e, quindi, non notificato ad alcuno, è inammissibile (cfr. Cass. n. 21861/13).
Verificatasi un’erronea introduzione del ricorso con le forme penali, senza, cioè, che lo stesso sia stato notificato alla controparte legittimata passivamente, non è possibile la rimessione in termini del ricorrente per scusabilità dell’errore, allorché il ricorso sia stato proposto in epoca successiva al citato arresto delle S.U. e alla sua pubblicizzazione sul sito web di questa Corte (cfr. Cass. n. 3030/11).
3.1. – Nella fattispecie, il ricorso, presentato a norma del c.p.p., non è stato notificato ad alcuna parte. La relativa nullità è stata sanata soltanto ex nunc dalla proposizione da parte dell’avv. D.L. del controricorso, datato 16.12.2013, sicché a tale momento era ormai decorso il termine c.d. lungo d’impugnazione di cui al nuovo testo dell’art. 327 c.p.c.
Non ricorrono, inoltre, le condizioni per la rimessione in termini della parte ricorrente, essendo stata proposta l’impugnazione a distanza ormai di più di due anni dal citato overruling giurisprudenziale.
4. – L’inammissibilità del ricorso non consente di accertare se l’ordinanza impugnata sia stata emessa nei confronti della giusta parte.
5. – Pertanto, si propone la decisione del ricorso con ordinanza, nei sensi di cui sopra, in base all’art.375, n. 1 c.p.c.”.
II. – La Corte condivide la relazione, in ordine alla quale nessuna delle parti ha depositato memoria ai sensi del 2° comma dell’art. 380-bis c.p.c.
III. – Il ricorso va, pertanto, dichiarato inammissibile.
IV. – Nulla per le spese, non essendovi soggetto in caso di soccombenza l’ufficio del Pubblico Ministero (giurisprudenza costante di questa Corte: cfr. da ultimo e per tutte, Cass. n. 20652/11)

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

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