Cassazione 12

Suprema Corte di Cassazione

sezione V

sentenza 17 febbraio 2016, n. 6463

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE QUINTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LAPALORCIA Grazia – Presidente

Dott. FUMO Maurizio – rel. Consigliere

Dott. BRUNO Paolo A. – Consigliere

Dott. MICHELI Paolo – Consigliere

Dott. CAPUTO Angelo – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

(OMISSIS) N. IL (OMISSIS);

nei confronti di:

(OMISSIS) N. IL (OMISSIS);

(OMISSIS) N. IL (OMISSIS);

avverso la sentenza n. 3488/2010 CORTE APPELLO di MILANO, del 01/10/2014;

visti gli atti, la sentenza e il ricorso;

udita in PUBBLICA UDIENZA del 14/10/2015 la relazione fatta dal Consigliere Dott. FUMO Maurizio;

Udito il PG in persona del sost. proc. gen. dott. IZZO G. che si e’ rimesso alla corte sul ricorso della PC;

udito il difensore della PC, che si e’ riportato al ricorso, ne ha chiesto l’accoglimento e ha depositato conclusioni scritte.

RITENUTO IN FATTO

1. Con la sentenza di cui in epigrafe, la CdA di Milano, in riforma della pronunzia di primo grado, ha assolto (OMISSIS) dal delitto di diffamazione a mezzo stampa perche’ il fatto non costituisce reato ed ha assolto (OMISSIS) dal delitto ex articolo 57 codice penale perche’ il fatto non sussiste.

2. Il 23 ottobre 2005 fu pubblicato sul quotidiano (OMISSIS), del quale il (OMISSIS) era direttore, un articolo a firma del (OMISSIS) dal titolo: “Sprechi da guinness a (OMISSIS): la giunta rossa da 130 consulenze alla stessa persona”, nel quale si sosteneva che l’avv. (OMISSIS), nominato consulente del Consorzio ASI (OMISSIS), era stato ricompensato in maniera assolutamente sproporzionata, assommando ben 130 consulenze, ottenendo cosi’ cittadinanza “nel gotha degli accumulatori di incarichi e consulenze” e che, avendo sottoscritto con il medesimo Consorzio una convenzione per consulenze, ricompensato con la somma di circa lire 100 milioni all’anno, aveva poi ottenuto, appunto, altre 130 consulenze, generosamente liquidate.

3. Il giudice di primo grado, ritenendo che la notizia giornalistica non avesse rispettato il requisito della verita’, escluse che il (OMISSIS) avesse validamente esercitato il diritto di critica, condannandolo alla pena di giustizia; conseguentemente ritenne che il (OMISSIS) non avesse adeguatamente vigilato perche’ sul giornale da lui diretto non venisse pubblicato il suddetto articolo dal contenuto ritenuto diffamatorio. (OMISSIS) e (OMISSIS) furono anche condannati al risarcimento dei danni in favore della PC, (OMISSIS).

4. La CdA di Milano, investita della impugnazione degli imputati, ha viceversa ritenuto che il (OMISSIS) avesse esercitato il diritto di critica nei limiti in cui la giurisprudenza lo riconosce. Atteso che il diritto di critica si distingue da quello di cronaca perche’ ha ad oggetto valutazione e non il racconto di fatti obiettivi, il giudice di secondo grado ha ritenuto la sostanziale rispondenza al vero delle notizie riportate nell’articolo del (OMISSIS), atteso che all’avv. (OMISSIS), oltre all’incarico di consulenza, erano poi stati conferiti centinaia di incarichi di assistenza e rappresentanza in giudizio nell’interesse del Consorzio. Al proposito, ha ritenuto la corte di merito che, pur trattandosi di incarichi di natura diversa, tuttavia essi avevano in comune il fatto di promanare dalla medesima Amministrazione, di talche’ la differenza risultava non comprensibile per il lettore medio, rimanendo comunque accertato che il (OMISSIS) era comunque stato ricompensato lautamente dal Consorzio (OMISSIS). Per altro, rilevava la corte milanese, nel prosieguo dell’articolo si leggeva la frase “facendo un po’ i conti, tra contratti di consulenza per attivita’ di tipo amministrativo e singole cause d’innanzi al TAR, al Consiglio di Stato e Tribunali vari, le cifre cominciano a farsi davvero interessanti e ad arricchirsi di diversi zeri”. Con cio’, secondo il giudice di appello, la informazione veniva integrata e corretta.

5. Ricorre per cassazione il difensore della parte civile e deduce errata applicazione della legge penale e carenze dell’apparato motivazionale. Premesso che anche nell’esercizio del diritto di critica e’ richiesto il rispetto del requisito della verita’ del fatto che si intende valutare ed eventualmente censurare, anche aspramente, sta di fatto che l’articolo in questione sostiene che al (OMISSIS) furono conferito ben 130 incarichi di consulenza e che lo stesso fu, in pratica, pagato piu’ volte per la medesima attivita’, laddove l’incarico di consulenza aveva durata annuale, prevedeva un compenso fisso mensile, prevedeva che il (OMISSIS) prestasse la sua opera con carattere di continuita’ e che lo stesso fosse a disposizione della Amministrazione per ogni questione avente ad oggetto problematiche di diritto amministrativo. Altra cosa poi sono gli incarichi professionali conferiti al predetto in qualita’ di difensore della medesima Amministrazione nei procedimenti in cui la stessa era, a qualsiasi titolo, coinvolta (dunque per agire o resistere in giudizio). E’ allora falsa la notizia per la quale il suddetto professionista sarebbe stato pagato piu’ volte per la medesima attivita’, come falsa e’ la notizia che lo stesso avrebbe accumulato compensi “a sei zeri”, come dimostrato dalla esibizione avvenuta, in primo grado, della sua denunzia dei redditi; in fine falsa e’ la insinuazione in base alla quale egli avrebbe ottenuto l’incarico grazie alle sue conoscenze politiche, piuttosto che alla sua preparazione, esperienza e professionalita’, come comprovato dal curriculum, sempre prodotto innanzi al primo giudice, atteso, oltretutto, che il commissario straordinario del Consorzio fu nominato dalla precedente giunta regionale, facente capo allo schieramento politico opposto a quello con il quale si assume nell’articolo che il (OMISSIS) abbia vicinanza e frequentazione.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso e’ fondato e va accolto. Conseguentemente la sentenza impugnata va annullata agli effetti civili, con rinvio al giudice civile competente per valore in grado di appello.

2. Costituisce, come e’ noto, jus receptum il principio in base al quale, anche nell’esercizio del diritto di critica, deve essere rispettato il requisito della verita’; cio’ con riferimento, come e’ ovvio, non al contenuto valutativo della critica, ma al suo presupposto fattuale. Vale a dire che, una volta riferito un fatto (un avvenimento, una condotta, un’opinione ecc.) nei suoi esatti termini (almeno in quelli che appaiono, all’esito di un diligente accertamento, al momento in cui la notizia viene diffusa), il giornalista (come qualsiasi cittadino) e’ poi libero di sottoporlo a valutazione e critica, ben potendo esser la critica aspra, corrosiva, distruttiva, radicale ed impietosa, sempre si intende, che ricorrano gli ulteriori requisiti della rilevanza sociale e della continenza espressiva. La rispondenza al vero del fatto criticato, in altre parole, costituisce il presupposto sul quale l’attivita’ di critica si innesta, per l’ovvio motivo in base al quale criticare un fatto non vero, non solo costituisce un inescusabile danno nei confronti del soggetto cui ingiustamente si attribuisce un comportamento non tenuto, ma integra anche gli estremi della “falsa comunicazione” nei confronti dei destinatari della notizia di critica-cronaca, che, dunque, vedono, di riflesso, frustrato il loro diritto di essere (correttamente) informati.

3. Orbene, nel caso in scrutinio, erra sicuramente la corte di Milano quando sostiene che sostanzialmente la notizia contenuta nell’articolo di (OMISSIS) appariva rispondente al vero solo perche’, di fatto, il (OMISSIS) era stato destinatario delle somme (approssimativamente ed iperbolicamente) indicate dal giornalista, non avendo rilievo (quasi si trattasse di una pretestuosa distinzione) il titolo dei compensi corrisposti. Invero, nel capo di imputazione (che oltretutto fa riferimento all’intero contenuto dell’articolo ritenendolo come integralmente assorbito), innanzitutto si parla di “sprechi” che sarebbero stati realizzati attribuendo “130 consulenze alla stessa persona”, vale a dire al (OMISSIS) che “per quel lavoro… era stato gia’ convenzionato dal Consorzio per la modica cifra di poco meno che di 100 milioni ecc.”. lo stesso allora sarebbe stato pagato “130 volte per la stessa attivita’ in base alla quale era stato convenzionato”. Orbene, se accusare una Amministrazione di sprecare denaro pubblico e’ senza dubbio attivita’ valutativa e quindi di pura critica (che non e’ vera o falsa, ma solo condivisibile – da taluno – o non condivisibile – ovviamente da altri), sostenere che una persona e’ stata pagata 130 volte per la medesima attivita’ e’ una notizia (che dunque e’ vera o falsa). E’ pur vero che, nel prosieguo dell’articolo, come nota la corte territoriale, si legge “.. per attivita’ di tipo amministrativo e singole cause dinanzi al TAR, al Consiglio di Stato e Tribunali vari, le cifre cominciano a farsi davvero interessanti ecc.”, ma cio’ non chiarisce il malizioso equivoco in base al quale il (OMISSIS) sarebbe stato pagato piu’ volte per le medesime prestazioni, anzi: ben potrebbe essere interpretato nel senso che, oltre alle consulenze “multiple e sovrapposte”, il predetto professionista ha anche ottenuto incarichi in sede giudiziaria. Al proposito, e’ appena il caso di ricordare come sia stato chiarito piu’ volte che l’immutatio veri ben puo’ essere ottenuta anche con la sapiente insinuazione, l’accostamento tendenzioso tra notizie, la maliziosa allusione.

4. Certamente non condivisibile e’ poi l’affermazione dei giudici di secondo grado in base alla quali il “lettore medio” non possa essere destinatario di distinzioni troppo sottili e, dunque, debba accontentarsi di una informazione, per cosi’ dire, “all’ingrosso”. Si tratta di una concezione sicuramente paternalistica (nei confronti dei destinatari della informazione) e aprioristicamente giustificatoria (nei confronti dei diffusori della informazione), una concezione sicuramente inaccettabile in quanto legittimante una sorta di “populismo della informazione”, una informazione – vale a dire – scandalistica, che accomuna persone e fatti che, viceversa, il destinatario ha un vero e proprio diritto a conoscere (per quanto possibile) nei suoi esatti termini. L’opinione pubblica, invero, deve formarsi su notizie “chiare e distinte”; conseguentemente i lettori hanno diritto a una informazione puntuale. Altro sarebbe stato se il (OMISSIS) avesse scritto che il (OMISSIS), oltre ad avere avuto un incarico “fisso” di consulente del Consorzio (OMISSIS), avesse poi monopolizzato l’assistenza giudiziaria del medesimo ente e tale notizia avesse sottoposto a critica, consentendo al lettore di formarsi un’opinione circa la opportunita’ che il medesimo professionista seguisse tutte le cause del Consorzio, ovvero se fosse opportuno ed equo che tali incarichi fossero suddivisi tra piu’ avvocati.

5. La ricorrente PC non ha presentato nota spese.

P.Q.M.

annulla agli effetti civili la sentenza impugnata e rinvia al giudice civile, competente per valore in grado di appello.

Leave a Reply

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *