Il cessionario della società fallita, unitamente al consulente che sovrintende alla conclusione dei relativi contratti, risponde di concorso esterno in bancarotta fraudolenta patrimoniale per distrazione, laddove sia provato il contributo apportato all’operazione fittizia. In tema di reati fallimentari è oggi pacifico il concorso di terzi, estranei alla compagine della società fallita, che assumano un contegno idoneo a pregiudicare gli interessi del ceto creditorio
Suprema Corte di Cassazione
sezione V penale
sentenza 7 ottobre 2016, n. 42572
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE QUINTA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. SAVANI Piero – Presidente
Dott. MORELLI Francesca – Consigliere
Dott. DE GREGORIO Eduardo – Consigliere
Dott. GUARDIANO Alfredo – rel. Consigliere
Dott. AMATORE Roberto – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nato a (OMISSIS) il (OMISSIS);
(OMISSIS), nato a (OMISSIS) il (OMISSIS);
(OMISSIS), nato a (OMISSIS) il (OMISSIS);
avverso la sentenza pronunciata dalla corte di appello di Napoli il 2.12.2014;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Dott. GUARDIANO Alfredo.
udito il Pubblico Ministero, nella persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.ssa DI NARDO Marilia, che ha concluso per l’inammissibilita’ del ricorso proposto dal (OMISSIS); per l’annullamento con rinvio della sentenza oggetto di ricorso, nei confronti del (OMISSIS) e del (OMISSIS), con riferimento ai reati di cui alla seconda parte del capo A) ed al capo B) dell’imputazione; per il rigetto, infine, dei ricorsi del (OMISSIS) e del (OMISSIS), in relazione al reato di bancarotta fraudolenta di cui alla prima parte del capo A).
udito per la costituita parte civile, l’avv. (OMISSIS), del Foro di Napoli, che ha concluso per la conferma della sentenza impugnata, depositando conclusioni scritte e nota spese;
udito per il ricorrente (OMISSIS), i difensori di fiducia, avv. (OMISSIS) ed avv. (OMISSIS), entrambi del Foro di Roma, che hanno concluso per l’accoglimento del ricorso;
udito per il ricorrente (OMISSIS), il difensore di fiducia, avv. (OMISSIS), del Foro di Roma, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.
FATTO E DIRITTO
1. Con la sentenza di cui in epigrafe la corte di appello di Napoli, in parziale riforma della sentenza con cui il tribunale di Napoli, in data 13.5.2013, aveva condannato (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) alle pene, principali ed accessorie, ritenute di giustizia, ed al risarcimento dei danni derivanti da reato in favore della costituita parte civile, in relazione ai reati di bancarotta fraudolenta patrimoniale per distrazione e di bancarotta fraudolenta documentale aggravati, ad essi contestati nei capi A) e B) dell’imputazione, in relazione al fallimento della societa’ “(OMISSIS) s.r.l.”, commessi dai suddetti imputati in concorso tra loro, nella qualita’, rispettivamente, il (OMISSIS) di amministratore unico della ” (OMISSIS) s.p.a.” fino al 13.6.20157 e, successivamente, di amministratore di fatto della medesima societa’; (OMISSIS), di amministratore unico della ” (OMISSIS) s.p.a.” a far data dal 13.6.2007; (OMISSIS) di amministratore unico della societa’ ” (OMISSIS) s.r.l.”; (OMISSIS), di amministratore di fatto della “(OMISSIS) s.r.l.”, della ” (OMISSIS) s.p.a.” e della ” (OMISSIS) s.r.l.”, rideterminava in senso piu’ favorevole al solo (OMISSIS) il trattamento sanzionatorio, confermando, nel resto, la sentenza di primo grado.
2. Avverso la sentenza della corte territoriale, di cui chiedono l’annullamento, hanno proposto tempestivo ricorso per cassazione, a mezzo dei rispettivi difensori di fiducia, il (OMISSIS), il (OMISSIS) ed il (OMISSIS), con separati atti di impugnazione.
2.1. Il (OMISSIS), in particolare, nel ricorso a sua firma ed a firma dell’avv. (OMISSIS), del Foro di Roma, dopo avere sintetizzato i fatti storici per i quali si procede, lamenta: 1) violazione di legge e vizio di motivazione, in quanto gli elementi presi in considerazione dalla corte territoriale per confermare la sentenza di primo grado sono dei semplici indizi, non gravi, ne’ precisi e concordanti, trovando una spiegazione alternativa non adeguatamente considerata dal giudice di secondo grado, posto che: a) la costituzione della societa’ ” (OMISSIS) s.r.l.”, di cui il (OMISSIS) era il formale amministratore, trattandosi di compagine di fatto riconducibile al coimputato (OMISSIS), appena venti giorni prima dell’acquisto da parte della ” (OMISSIS) s.p.a.” dell’azienda della fallita “(OMISSIS) s.r.l.”, successivamente venduta alla societa’ amministrata dal (OMISSIS), si spiega agevolmente con l’obiettivo di sfruttare l’opportunita’ di una nuova attivita’ imprenditoriale; b) il mancato pagamento del prezzo della cessione alla “(OMISSIS)” da parte della ” (OMISSIS)”, di cui si da’ atto nel successivo contratto di vendita in favore della ” (OMISSIS)”, e’ circostanza che spiega perche’ ” (OMISSIS)” si sia determinata alla vendita, ma non dimostra la consapevolezza, in capo al ricorrente della finalita’ distrattiva del patrimonio della fallita, che, secondo i giudici di merito, ha caratterizzato l’intera operazione; c) la ritenuta incongruita’ del prezzo pagato da ” (OMISSIS)” a ” (OMISSIS)”, rispetto ai valori di mercato, non tiene conto dei risultati cui e’ pervenuta la consulenza tecnica di ufficio redatta nell’ambito del contenzioso civile instaurato dal fallimento “(OMISSIS)” nei confronti di ” (OMISSIS)” e di ” (OMISSIS)”, acquisita agli atti del processo penale, secondo cui, differenza di quanto affermato dal curatore fallimentare, il valore del complesso aziendale ceduto non era pari ad oltre un milione di Euro, ma a soli 325.423,39, Euro, sicche’, essendo stato pattuito un prezzo di 250.000,00 Euro, lo scostamento dai valori di mercato e’ stato pari a soli 75.000,00 Euro, risultando, pertanto, assolutamente congruo il prezzo della cessione, potendosi facilmente spiegare l’evidenziato scostamento alla luce delle particolari condizioni del mercato degli appalti pubblici, in cui si e’ inserita l’operazione di cui si discute; d) la provenienza dei fondi per il pagamento del prezzo convenuto dal (OMISSIS) dimostra che il ricorrente era un prestanome di quest’ultimo, ma non prova che egli avesse consapevolezza della contestata attivita’ distrattiva; 2) vizio di motivazione con riferimento al secondo segmento dell’attivita’ distrattiva, avente ad oggetto i beni aziendali della societa’ fallita (rimanenza; crediti e titoli), che, secondo l’impostazione accusatoria, sono stati sottratti, come si evince dal raffronto tra i dati del bilancio al 31.12.2006 ed il bilancio fallimentare al (OMISSIS), in relazione al quale la corte territoriale ha omesso di motivare sulle specifiche doglianze prospettate con l’atto di appello, limitandosi a fare proprie le conclusioni del giudice di primo grado, il quale, tuttavia, ha reso una motivazione illogica e contraddetta dalle risultanze processuali, in quanto l’affermazione di responsabilita’ del (OMISSIS) si fonda su di una sorta di presunzione, a sua volta giustificata alla luce della sua supposta partecipazione alle condotte complessivamente distrattive, senza che vi sia, in realta’ alcuna prova, che avrebbe dovuto essere particolarmente rigorosa, essendo egli un extraneus rispetto al fallimento della “(OMISSIS)”, di una sua compartecipazione all’attivita’ di sottrazione dei beni societari innanzi indicati, senza tacere che la differenza dei due bilanci, perno dell’accusa, ha avuto ampia spiegazione in sede dibattimentale, in cui e’ emersa la fretta con cui e’ stato redatto il bilancio fallimentare, nel quale non sono stati esposti una serie di crediti e non si e’ dato atto che alcune poste erano inesigibili; 3) vizio di motivazione con riferimento alla condotta di bancarotta fraudolenta documentale, in relazione al quale la corte territoriale ha omesso di motivare sulle specifiche doglianze prospettate con l’atto di appello, limitandosi a fare proprie le conclusioni del giudice di primo grado, il quale, tuttavia, ha reso una motivazione illogica, essendo fondata ancora una volta su di una semplice presunzione, desunta dalla ritenuta partecipazione del (OMISSIS) all’intera operazione distrattiva; 4) violazione di legge e vizio di motivazione in ordine al mancato riconoscimento dei benefici di legge, che non si giustifica, anche in relazione al diverso e piu’ favorevole trattamento riservato al coimputato (OMISSIS).
2.2. (OMISSIS), nel ricorso a firma dell’avv. (OMISSIS), lamenta: 1) violazione di legge e vizio di motivazione con riferimento alla ritenuta qualita’ di amministratore di fatto della “(OMISSIS)” e della ” (OMISSIS)”, attribuita al ricorrente sulla base di un’inammissibile generalizzazione, in quanto, da un lato, le risultanze processuali hanno evidenziato, a tutto voler concedere, esclusivamente una gestione di fatto da parte del ricorrente, attraverso la societa’ ” (OMISSIS) s.a.s.”, dell’appalto relativo agli Aeroporti di (OMISSIS), che aveva formato oggetto di un contratto di subappalto tra la “(OMISSIS)” e la ” (OMISSIS)”, dall’altro i giudici di merito non hanno indicato quali sarebbero stati gli specifici atti di gestione, posti in essere con continuita’ dal (OMISSIS), che, in base all’interpretazione dell’articolo 2639 c.c., fornita dalla giurisprudenza di legittimita’, consentirebbero di qualificarlo come amministratore di fatto delle societa’ di cui si discute, sicche’ non puo’ valere nel caso in esame la presunzione di responsabilita’ per i reati fallimentari, che grava sull’amministratore di fatto, in virtu’ della sua equiparazione all’amministratore di diritto, gravando sui giudici di merito l’onere, inadempiuto, di motivare puntualmente sulla responsabilita’ del (OMISSIS), proprio perche’ a quest’ultimo non e’ possibile attribuire il ruolo di intraneus, senza tacere che gli elementi ritenuti dalla corte di appello sintomatici della qualita’ di amministratore di fatto del (OMISSIS) (il rinvenimento di alcuni beni della “(OMISSIS)” presso la ” (OMISSIS)”; la circostanza che numerosi assegni tratti sul conto corrente della societa’ fallita recassero la firma del (OMISSIS) e non del (OMISSIS); il conferimento al ricorrente ed al fratello (OMISSIS) di due procure che consentivano loro di agire uti domini), non assumono valore decisivo, posto che, il primo dato non ha nulla a che vedere con il tema dell’amministratore di fatto, trovando, peraltro, giustificazione nei rapporti tra l’acquirente finale del compendio aziendale della fallita, la societa’ ” (OMISSIS)”, e la (OMISSIS), mentre le altre circostanze si spiegano alla luce della procura conferita al ricorrente per la gestione, anche sotto il profilo economico-finanziario, dell’appalto con gli aeroporti di (OMISSIS), con cui la (OMISSIS) intendeva assicurarsi il pagamento di quanto dovutole dalla “(OMISSIS)”; 2) vizio di motivazione con riferimento all’attivita’ distrattiva avente ad oggetto la cessione del compendio aziendale avvenuta il 4.7.2007 tra la fallita e la ” (OMISSIS)”, in relazione al quale la corte territoriale ha omesso di motivare sulle specifiche doglianze prospettate con l’atto di appello, limitandosi a fare proprie le conclusioni del giudice di primo grado, il quale, tuttavia, ha reso una motivazione inadeguata, in quanto l’affermazione di responsabilita’ del (OMISSIS) si fonda esclusivamente su di una presunzione ancorata alla sua ritenuta qualita’ di amministratore di fatto della fallita, mancando del tutto agli atti una qualsivoglia indicazione, anche a livello meramente indiziario, della partecipazione del (OMISSIS) a tale cessione, che, anzi, va esclusa, sulla base sia delle dichiarazioni del (OMISSIS), il quale ha riferito esclusivamente ad una sua iniziativa la cessione del compendio aziendale di cui si discute, sia della circostanza che sarebbe stato antieconomico ed illogico, se lo scopo dell’intera operazione era quello di far pervenire alla societa’ (OMISSIS) l’azienda della fallita, il passaggio intermedio realizzato attraverso il trasferimento alla ” (OMISSIS)”, la cui creazione, trattandosi di una societa’ per azioni, era piu’ costosa e complessa; 3) vizio di motivazione con riferimento all’attivita’ distrattiva avente ad oggetto l’ulteriore cessione del compendio aziendale avvenuta il 22.4.2008 tra la ” (OMISSIS)” e la ” (OMISSIS) s.r.l.”, in relazione al quale la corte territoriale ha erroneamente valutato le risultanze processuali, omettendo di considerare, da un lato, che il ricorso al prestanome (OMISSIS) era necessario perche’ il (OMISSIS), per ragioni di mercato, non poteva apparire formale amministratore di due societa’ concorrenti (” (OMISSIS)” ” (OMISSIS)”), dall’altro, che, per le ragioni gia’ esposte, il prezzo della suddetta cessione non puo’ considerarsi incongruo rispetto ai valori di mercato, ragione per la quale appare del tutto irrilevante che il (OMISSIS), come riferito dal (OMISSIS), fosse a conoscenza dello stato di insolvenza della “(OMISSIS)”; 4) vizio di motivazione con riferimento al secondo segmento dell’attivita’ distrattiva, avente ad oggetto i beni aziendali della societa’ fallita (rimanenza; crediti e titoli), che, secondo l’impostazione accusatoria, sono stati sottratti, come si evince dal raffronto tra i dati del bilancio al 31.12.2006 ed il bilancio fallimentare al (OMISSIS), in relazione al quale la corte territoriale ha omesso di motivare sulle specifiche doglianze prospettate con l’atto di appello, limitandosi a fare proprie le conclusioni del giudice di primo grado, il quale, tuttavia, ha reso una motivazione illogica e contraddetta dalle risultanze processuali, in quanto, da un lato, come si e’ gia’ detto, non e’ possibile considerare il (OMISSIS) amministratore di fatto della societa’ fallita, avendo egli limitato i suoi rapporti con quest’ultima, prima della cessione del compendio aziendale ad ” (OMISSIS)”, alla sola gestione dell’appalto con gli Aeroporti di (OMISSIS), peraltro verificatasi dopo il 31.12.2006, per cui attribuirgli una responsabilita’ per le condotte di bancarotta che hanno interessato la “(OMISSIS)”, anche prima della nascita del rapporto relativo a tale ultimo appalto, appare il frutto di una inammissibile e generalizzata presunzione, dall’altro, come si e’ gia’ osservato in precedenza, la differenza tra i bilanci ha ricevuto adeguata spiegazione in sede dibattimentale; 5) vizio di motivazione con riferimento alla condotta di bancarotta fraudolenta documentale, in relazione al quale la corte territoriale ha omesso di motivare sulle specifiche doglianze prospettate con l’atto di appello, limitandosi a fare proprie le conclusioni del giudice di primo grado, il quale, tuttavia, ha reso una motivazione illogica, essendo fondata ancora una volta su di una semplice presunzione, desunta dalla ritenuta partecipazione del (OMISSIS) all’intera operazione distrattiva; 6) vizio di motivazione in ordine al rigetto delle censure difensive in ordine all’intervenuto provvedimento di confisca dell’intero patrimonio del (OMISSIS), al di la’ della entita’ patrimoniale dei rapporti che sono intervenuti con la fallita, ed alla richiesta di rinnovazione dell’istruttoria dibattimentale finalizzata alla stima dei valori ai fini delle determinazioni concernenti la confisca; 7) violazione di legge e vizio di motivazione in ordine all’entita’ della pena inflitta, che non si giustifica, anche in relazione al diverso e piu’ favorevole trattamento riservato al coimputato (OMISSIS)
Nel ricorso a firma dell’avv. (OMISSIS), del Foro di Roma, il (OMISSIS) lamenta: 1) vizio di motivazione in ordine alla ritenuta qualita’ di amministratore di fatto del (OMISSIS), che ha limitato la sua ingerenza alla gestione dell’appalto relativo agli Aeroporti di (OMISSIS), in relazione al quale aveva ricevuto una procura formale ad agire, senza che, tuttavia, i giudici di merito siano riusciti a dimostrare che l’oggetto della procura fosse cosi’ ampio da attribuire al ricorrente poteri gestori assimilabili a quelli di un amministratore di diritto; 2) vizio di motivazione in ordine alla possibilita’ di ascrivere al (OMISSIS) le contestate condotte distrattive, una volta indimostrata la sua qualita’ di amministratore di fatto, posto che l’unica operazione economica in cui il ricorrente e’ coinvolto (l’acquisto dell’azienda della ” (OMISSIS)” da parte di (OMISSIS)), unitamente al (OMISSIS) ed al (OMISSIS), non ha natura distrattiva, essendo caratterizzata dalla piena corrispondenza sinallagmatica tra il compendio di beni ceduto e il corrispettivo previsto, non potendosi ritenere incongruo il prezzo pattuito per la cessione, come affermato dal giudice di secondo grado, il quale ha omesso di considerare il rilievo difensivo secondo cui l’acquisto di beni dall’imprenditore il cui stato di insolvenza e’ noto all’acquirente, integra il diverso reato di cui alla L. Fall., articolo 232, comma 3, n. 2, senza tacere che la corte territoriale ha inopportunamente rigettato la richiesta di rinnovazione dell’istruttoria dibattimentale finalizzata al conferimento di un incarico peritale necessario ad accertare l’entita’ delle differenze contabili riscontrate nei bilanci innanzi indicati ed il valore dell’azienda ceduta alla societa’ ” (OMISSIS)”; 3) omessa motivazione in ordine alla sussistenza dell’elemento psicologico del reato in capo al (OMISSIS), affermata sulla base di un generico riferimento alle modalita’ dei fatti, ed alla partecipazione del ricorrente alle altre attivita’ distrattive, nonche’ alla bancarotta fraudolenta documentale, di cui all’imputazione, difettando, con particolare riferimento a tale ultimo reato, ogni motivazione in ordine alla configurabilita’ del dolo; 4) vizio di motivazione in ordine all’entita’ del trattamento sanzionatorio ed alla mancata concessione delle attenuanti generiche, che non possono giustificarsi sol perche’ il (OMISSIS) ha mantenuto un comportamento processuale con cui ha negato la propria responsabilita’ e per la mera supposizione di avere posto in essere condotte post fallimentari penalmente rilevanti, dovendosi l’impugnata’sentenza censurarsi anche in ordine al rigetto della richiesta di revoca della confisca del patrimonio del (OMISSIS).
2.3 Il (OMISSIS), nel ricorso a firma del difensore di fiducia, avv. (OMISSIS), del Foro di Napoli, lamenta vizio di motivazione in ordine alla ritenuta sussistenza dell’elemento soggettivo del reato, che la corte territoriale desume da quattro presupposti di natura indiziaria, dai quali si evincerebbe che il (OMISSIS), mero prestanome del (OMISSIS), essendo stato nominato amministratore della ” (OMISSIS)” appena nove mesi prima della dichiarazione di fallimento della “(OMISSIS)” ed essendo a conoscenza da anni, in ragione del ruolo che ricopriva, dello stato di decozione della societa’ fallita, peraltro evidente all’atto della creazione della nuova societa’, fosse consapevole della natura distrattiva della cessione, senza considerare che si sarebbe dovuto dimostrare innanzitutto quale sia stato il momento in cui si e’ manifestata la sofferenza della “(OMISSIS)” e poi valutare se tale stato fosse conosciuto o conoscibile da parte del ricorrente, per cui solo la prova della partecipazione del (OMISSIS) ad una effettiva gestione amministrativa della ” (OMISSIS)”, in realta’ indimostrata, avrebbe potuto dare contezza della conoscenza da parte sua dell’attivita’ finanziaria di detta societa’ e, in via mediata, della condizione finanziaria della “(OMISSIS)”.
3. I ricorsi sono parzialmente fondati e vanno, pertanto, accolti, nei seguenti termini.
4. Iniziando dal ricorso del (OMISSIS), non puo’ non rilevarsi, in generale, come con esso il ricorrente espone censure che si risolvono in una mera rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione impugnata, sulla base di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti, senza individuare vizi di logicita’ tali da evidenziare la sussistenza di ragionevoli dubbi, ricostruzione e valutazione, in quanto tali, precluse in sede di giudizio di cassazione (cfr. Cass., sez. 5, 22.1.2013, n. 23005, rv. 255502; Cass., sez. 1, 16.11.2006, n. 42369, rv. 235507; Cass., sez. 6, 3.10.2006, n. 36546, rv. 235510; Cass., sez. 3, 27.9.2006, n. 37006, rv. 235508).
Ed invero il sindacato della Cassazione resta quello di sola legittimita’, esulando dai poteri della stessa quello di una rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione anche laddove venga prospettata dal ricorrente, come nel caso in esame, una diversa e piu’ adeguata valutazione delle risultanze processuali (cfr. Cass., sez. 2, 23.5.2007, n. 23419, rv. 236893). Da cio’, tuttavia, non discende la totale inammissibilita’ del ricorso dell’imputato.
La fondatezza delle doglianze, non di ordine esclusivamente personale, prospettate dal coimputato (OMISSIS) (su cui si dira’ in seguito), al pari del (OMISSIS) chiamato a rispondere di tutti i reati fallimentari di cui si discute in qualita’ di extraneus, concorrente nei reati propri degli amministratori (di fatto e di diritto) della societa’ fallita ( (OMISSIS) e (OMISSIS)), in relazione alla bancarotta fraudolenta documentale di cui al capo B) ed alla seconda parte dell’attivita’ di bancarotta fraudolenta patrimoniale per distrazione, contestata nel capo A), avente ad oggetto “i seguenti beni aziendali della societa’ fallita: rimanenze aventi un valore complessivo pari ad Euro 3.689.870,00; crediti verso clienti aventi un valore complessivo pari ad Euro 2.218.089,00; titoli aventi un valore complessivo pari ad Euro 150.000,00”, estende, infatti, i suoi effetti, ai sensi dell’articolo 587 c.p.p., comma 1, anche nei confronti del (OMISSIS).
Come e’ noto, infatti, l’effetto estensivo dell’impugnazione, in caso di accoglimento di un motivo di ricorso per cassazione non esclusivamente personale, giova anche agli altri imputati che non hanno proposto ricorso, ivi compresi coloro che hanno concordato la pena in appello, che hanno proposto un ricorso originariamente inammissibile o che al ricorso hanno successivamente rinunciato (cfr. Cass., sez. U., 12.7.2007, n. 30347, rv. 236756; Cass., sez. 1, 17.10.2013, n. 2940, rv. 258393)
Il ricorso del (OMISSIS), pertanto, pur viziato da originaria inammissibilita’, va dichiarato inammissibile limitatamente alla sola, condotta integrante i fatti di bancarotta fraudolenta patrimoniale per distrazione, di cui alla prima parte del capo A), avente ad oggetto beni aziendali diversi da quelli innanzi indicati, per i quali, come si vedra’, le censure del (OMISSIS) non meritano accoglimento.
4.1. Passando ad affrontare la posizione del (OMISSIS), deve rilevarsi che egli e’ chiamato a rispondere, a titolo di concorso, dei reati fallimentari innanzi indicati, in qualita’ di amministratore unico della societa’ ” (OMISSIS) s.r.l.”, cessionaria finale del ramo d’azienda della societa’ fallita, ceduto, con una prima operazione, alla ” (OMISSIS) s.p.a.”, di cui erano stati amministratori il (OMISSIS) e, a decorrere dal 13.6.2007, il (OMISSIS), e, successivamente, da tale ultima societa’ a quella amministrata dallo stesso (OMISSIS), la ” (OMISSIS) s.r.l.”.
Sicche’ la sua posizione deve essere valutata alla luce dei principi, da tempo fissati dalla giurisprudenza di legittimita’, condivisi dal collegio, che disciplinano il concorso del cd. extraneus nei reati fallimentari propri commessi dall’amministratore (di fatto o di diritto) della societa’ fallita.
Alla luce di tali principi, va, innanzitutto, ribadito che in tema di reati fallimentari, e’ configurabile il concorso nel reato di bancarotta fraudolenta da parte di persona estranea al fallimento, qualora la condotta realizzata in concorso col fallito sia stata efficiente per la produzione dell’evento e il terzo concorrente abbia operato con la consapevolezza e la volonta’ di aiutare l’imprenditore in dissesto a frustrare gli adempimenti predisposti dalla legge a tutela dei creditori dell’impresa (cfr., ex plurimis, Cass., sez. 5, 26.4.2011, n. 27367, rv. 250409).
Con particolare riferimento all’ipotesi di bancarotta fraudolenta per distrazione, la giurisprudenza di legittimita’ ha chiarito che il soggetto esterno alla societa’ puo’ concorrere nel reato proprio, mediante condotta agevolativa di quella del cd. intraneus, nella consapevolezza della funzione di supporto alla “distrazione”, intesa quest’ultima come sottrazione dal patrimonio sociale e suo depauperamento ai danni della classe creditoria, in caso di fallimento, per cui, sotto il profilo dell’elemento oggettivo del reato, puo’ dirsi che a configurare la responsabilita’ dell’extraneus per concorso nel reato e’ sufficiente l’incidenza causale dell’azione dello stesso extraneus ai fini distrattivi (cfr. Cass., sez. 5, 26/06/1990, B.; Cass., sez. 5, 19/3/199, n. 6470, rv. 213811; Cass., sez. 5, 27/6/2012, n. 39387, rv. 254319).
Sotto il profilo soggettivo, invece, il dolo dell’extraneus concorrente nel reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale per distrazione dell’amministratore della societa’ fallita, non richiede la prova del previo concerto dell’extraneus con quest’ultimo, essendo sufficiente la dimostrazione del dolo generico, consistente nella volontarieta’ della propria condotta di apporto a quella dell’intraneus, con la consapevolezza che essa determina un depauperamento del patrimonio sociale ai danni del creditore, non richiedendosi, per l’appunto, la specifica conoscenza del dissesto della societa’.
Ne consegue che ogni atto distrattivo assume rilievo ai sensi della L. Fall., articolo 216, in caso di fallimento, indipendentemente dalla rappresentazione di quest’ultimo, il quale non costituisce l’evento del reato che, invece, coincide con la lesione dell’interesse patrimoniale della massa, posto che se la conoscenza dello stato di decozione costituisce dato significativo della consapevolezza del terzo di arrecare danno ai creditori cio’ non significa che essa non possa ricavarsi da diversi fattori, quali la natura fittizia o l’entita’ dell’operazione che incide negativamente sul patrimonio della societa’ (cfr. Cass., sez. 5, 6/5/2008, n. 34584, rv. 241350; Cass., sez. 5, 24/3/2010, n. 16579, rv. 246879).
Sulla stessa linea interpretativa si collocano le decisioni della Suprema Corte in tema di bancarotta fraudolenta documentale, rispetto alla quale il riconoscimento del concorso dell’extraneus postula l’accertamento dell’efficienza causale della sua condotta e la consapevolezza in ordine alla sua incidenza sul versante della regolarita’ e correttezza della rappresentazione documentale della societa’ poi fallita, ad opera del responsabile di quest’ultima, non essendo richiesta la specifica conoscenza del dissesto della societa’, in quanto il dolo risulta integrato dalla volontarieta’ della propria condotta di sostegno a quella dell’intraneus, con la consapevolezza che essa determina un depauperamento del patrimonio sociale ai danni dei creditori (cfr., tra le altre, Cass., sez. 5, 27/6/2012, n. 39387, rv. 254319; Cass., sez. 5, 12/11/2013, n. 1706, rv. 254319).
Proprio in applicazione di tali principi e’ stata affermata la responsabilita’ dell’extraneus a titolo di concorso, da un lato, nel delitto di bancarotta fraudolenta patrimoniale per distrazione, in capo al soggetto che agevoli il titolare della societa’ fallenda nella costituzione di una societa’ di cui assuma l’amministrazione e con cui la prima stipuli un contratto di locazione connotato da un canone sensibilmente inferiore a quelli di mercato al” fine di mantenere la disponibilita’ materiale dell’immobile locato alla famiglia del titolare della societa’ fallenda (cfr. Cass., sez. 5, 2/10/2009, n. 49642, rv. 245821) ovvero al consulente della societa’ che, consapevole dei propositi distrattivi dell’imprenditore e degli amministratori della societa’, concorra all’attivita’ distrattiva posta in essere da questi ultimi progettando e portando ad esecuzione la conclusione di contratti (nella specie affitto di azienda) privi di effettiva contropartita e preordinati ad avvantaggiare i soci a scapito dei creditori (cfr. Cass., sez. 5, 15/2/2008, n. 10742, rv. 239480); dall’altro nel delitto di bancarotta fraudolenta documentale, in capo al soggetto che, attraverso il rilascio di false fatturazioni, ha consentito all’amministratore della societa’ fallita di utilizzarle come prova di elementi passivi da appostare in bilancio (cfr. Cass., sez. 5, 12/11/2013, n. 1706, rv. 254319)
Orbene, applicando tali principi alla fattispecie in esame non puo’ non rilevarsi un evidente deficit motivazionale della sentenza oggetto di ricorso, con riferimento alla affermata responsabilita’ del (OMISSIS) (e del (OMISSIS)) in ordine alla bancarotta fraudolenta documentale di cui al capo B) ed alla seconda parte dell’attivita’ di bancarotta fraudolenta patrimoniale per distrazione, contestata nel capo A), innanzi specificata.
Ed invero, con particolare riferimento al reato di cui al capo B), la corte territoriale si limita a svolgere alcune condivisibili considerazioni in ordine all’elemento oggettivo del reato di cui si discute, rilevando come la mancanza del libro giornale e del libro degli inventari sia stata causa di enormi difficolta’ nella ricostruzione puntuale del patrimonio e del movimento di affari della fallita.
Partendo da tale dato oggettivo, la corte territoriale fa discendere la responsabilita’ del (OMISSIS) (e del (OMISSIS)) dalla loro partecipazione attiva alla complessiva operazione, che aveva come scopo lo svuotamento del patrimonio della societa’ fallita, attraverso gli atti negoziali (le cessioni), di cui si e’ detto (cfr. pp. 15 e 16 della sentenza di secondo grado), aderendo acriticamente, sul punto, al percorso motivazionale (invero carente al punto tale da configurare una vera e propria motivazione apparente), seguito dal giudice di primo grado (cfr. pp. 43-44 della sentenza del tribunale).
A tale conclusione la corte territoriale, tuttavia, perviene senza operare alcuna valutazione sull’efficienza causale della condotta del (OMISSIS) (e del (OMISSIS)) e sulla consapevolezza,, da parte loro, della incidenza di tale condotta sulla completezza, regolarita’ e correttezza della rappresentazione documentale della societa’ poi fallita, imputabile agli amministratori di quest’ultima.
Identiche considerazioni valgono per le condotte distrattive di cui alla seconda parte dell’imputazione di bancarotta fraudolenta patrimoniale, diverse dalla cessione del ramo d’azienda della societa’ fallita, in relazione alle quali manca del tutto una specifica dimostrazione dell’incidenza causale dell’azione dell’extraneus ai fini distrattivi e della volontarieta’ della propria condotta di apporto a quella dell’intraneus, sorretta dalla consapevolezza che essa ha determinato un depauperamento del patrimonio sociale ai danni del ceto creditorio della societa’ fallita.
Anche in questo caso, infatti, la corte territoriale ha sostanzialmente aderito alla (inadeguata) struttura motivazionale della sentenza di primo grado, che, dopo essersi soffermata sulla natura oggettivamente distrattiva delle condotte indicate nella seconda parte dell’imputazione di cui al capo A), addebitandole, innanzitutto, all’amministratore di diritto della societa’ fallita, (OMISSIS), conclude per una generica ed apodittica affermazione di responsabilita’ di tutti gli altri soggetti estranei all’amministrazione della societa’ in questione “attesa l’acclarata loro dolosa partecipazione alle condotte complessivamente distrattive poste in essere in concorso con lo stesso in previsione del fallimento” (cfr. pp. 39-43 della sentenza del tribunale).
4.2. Sulla base delle svolte considerazioni, la sentenza impugnata va, dunque, annullata nei confronti degli imputati (OMISSIS) e (OMISSIS), limitatamente al reato di bancarotta fraudolenta documentale di cui al capo B) ed alla seconda parte dell’attivita’ distrattiva (descritta nella pagine precedenti) del reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale, come contestata nel capo A) dell’imputazione, con rinvio ad altra sezione della corte di appello di Napoli, affinche’ provveda a colmare le evidenziate carenze motivazionali, adeguandosi ai principi di diritto innanzi indicati.
5. Va ora affrontata la fattispecie di bancarotta fraudolenta patrimoniale di cui alla prima parte del capo A) dell’imputazione; avente ad oggetto beni rientranti nel ramo d’azienda della societa’ fallita, analiticamente descritti nella relativa contestazione, oggetto di due distinti atti di cessione: il primo, del 4.7.2007, intervenuto tra la fallita e la cessionaria ” (OMISSIS) s.p.a.”, il cui contenuto era stato integrato in data 22.2.2008 con scrittura privata nella quale si precisava che la cessione era comprensiva anche del contratto di appalto con ” (OMISSIS)”; il secondo, del 22.2.2008, intervenuto tra ” (OMISSIS) s.p.a.”, trasformatasi, nel frattempo, in s.r.l., e la cessionaria ” (OMISSIS) s.r.l.”, nel quale erano ricompresi anche gli appalti pubblici in essere tra la societa’ cedente e la ” (OMISSIS) s.p.a.”, ” (OMISSIS) s.p.a.”, “Regione Piemonte” e ” (OMISSIS)”.
Proprio in relazione a tale fattispecie, vanno valutate congiuntamente le posizioni dei ricorrenti (OMISSIS) e (OMISSIS), in quanto partecipi, unitamente al (OMISSIS), secondo l’impostazione accusatoria, condivisa dai giudici di merito, dell’operazione di svuotamento del patrimonio della societa’ fallita, realizzata attraverso gli atti di cessione in precedenza indicati, il (OMISSIS), quale amministratore di fatto della societa’ fallita; il (OMISSIS) ed il (OMISSIS) quali amministratori di societa’ costituite proprio allo scopo di consentire la fraudolenta cessione del compendio aziendale della fallita
Orbene, con riferimento a tale specifico segmento della condotta in contestazione, la motivazione della corte territoriale risulta immune dalle formulate censure, non potendosi, in particolare, definire ne’ manifestamente illogica, ne’ contraddittoria.
Ed invero la corte di appello, con motivazione assolutamente esaustiva, ha puntualmente descritto le varie fasi dell’operazione di svuotamento del patrimonio della fallita, evidenziando, in particolare, “l’esistenza di un complesso disegno iniziale, programmato e concepito dagli imputati nei minimi particolari, per rendere particolarmente complesso e difficoltoso l’accertamento del fine ultimo cui tendevano: frodare i creditori della societa’ fallita, svuotandola dei beni, delle possidenze e delle attivita’ produttive”. (cfr. p. 11 della sentenza di secondo grado).
Tale valutazione, lungi dall’essere meramente assertiva, risulta confortata da una serie di dati oggettivi, emergenti dalle risultanze processuali, su cui la corte territoriale si sofferma specificamente, sottolineando, tra l’altro: 1) l’estrema vicinanza temporale delle operazioni di cessione alla data di dichiarazione di fallimento; 2) come la ” (OMISSIS) s.p.a.”, alla quale era stato ceduto il ramo piu’ remunerativo della fallita, quello preposto allo svolgimento delle attivita’ edili, fosse amministrata dal (OMISSIS), legato al (OMISSIS) da un rapporto di lavoro dipendente; 3) che il secondo atto di cessione era intervenuto nei confronti di una societa’, la ” (OMISSIS) s.r.l.”, amministrata dal (OMISSIS), legato da vincoli di parentela al (OMISSIS), costituita appena venti giorni prima della “suddetta cessione, nel cui oggetto era stato ricompreso anche l’appalto con le Ferrovie dello Stato, inserito nel precedente negozio di cessione nella stessa data nella quale si era perfezionato il secondo trasferimento (22.2.2008), senza che venisse modificato il prezzo originario; 4) la circostanza, correttamente valutata assolutamente anomala dai giudici di merito, che, con riferimento alla prima cessione, nessun prezzo e’ stato mai pagato dalla ” (OMISSIS) s.p.a.” alla societa’ fallita, per la dichiarata mancanza di liquidita’ del (OMISSIS), rendendosi, in tal modo, evidente il carattere fittizio dell’operazione, confermato dall’ulteriore anomalia rappresentata dalla costituzione della cessionaria ” (OMISSIS) s.r.l.” al solo scopo di inglobare l’acquirente ” (OMISSIS) s.p.a.”, il cui mancato pagamento del prezzo di acquisto, trattandosi di un dato specificamente riportato nel secondo atto di cessione, non poteva non essere noto all’amministratore (OMISSIS), che, tuttavia, nulla ebbe da osservare, al riguardo; 5) che il prezzo di acquisto della ” (OMISSIS) s.p.a.”, fissato in Euro 250.000,00 e’ stato ritenuto, dal (OMISSIS) e dalla curatrice, dott.ssa (OMISSIS), assolutamente incongruo, rispetto al valore dell’azienda ceduta, fissato in oltre un milione di Euro, sia pure provvisoriamente, dalla consulenza tecnica, disposta in sede civile, richiamata dalla stessa curatrice, valore, rileva con intrinseca coerenza logica la corte territoriale, in ogni caso non veritiero, posto che la stessa consulenza tecnica prodotta dalla difesa degli imputati, espletata in sede civile, pur ridimensionandolo, ha comunque indicato un valore dell’azienda ceduta superiore ai 250.000,00 Euro; 6) che il pagamento dell’anticipo del prezzo pattuito, per un importo di 50.000,00 Euro, e’, in realta’, imputabile al (OMISSIS), formalmente estraneo all’acquirente ” (OMISSIS) s.r.l.”, trattandosi di somme di denaro provenienti da soggetti che avevano acquistato immobili dalla societa’ ” (OMISSIS)”; 7) che la comunanza di interessi tra i diversi imputati ed il ruolo di vero e proprio dominus dell’intera operazione, risulta dimostrato, oltre che dagli elementi gia’ indicati, dalla comunanza di sede e di numero telefonico tra la ” (OMISSIS) s.r.l.” e la societa’ ” (OMISSIS) s.a.s.” del (OMISSIS), dal reperimento di alcuni beni della fallita presso tale ultima societa’ e dal rinvenimento di numerosi assegni circolari tratti sul conto corrente bancario intestato alla ” (OMISSIS) s.r.l.” presso la (OMISSIS), emessi tra la fine del 2007 e l’inizio del 2008, a firma del (OMISSIS) e non dell’amministratore di diritto (OMISSIS).
Le argomentazioni della corte territoriale forniscono alla sentenza impugnata una motivazione assolutamente esaustiva in ordine alla sussistenza del reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale per distrazione di cui si discute e sulla riconducibilita’ delle condotte distrattive al (OMISSIS) ed al (OMISSIS).
Sulla configurabilita’ dell’elemento oggettivo del reato in questione, non sussistono dubbi di sorta, ove si tenga presente il carattere assolutamente fittizio della cessione tra la societa’ fallita e la ” (OMISSIS) s.p.a.”, che, come si e’ detto non procedette a versare il prezzo nominalmente convenuto, per mancanza di liquidita’, ulteriormente confermato dall’esiguita’ del pagamento effettuato dal (OMISSIS), relativo alla seconda cessione del complesso aziendale, per un importo di soli 50.000,00 Euro, cifra in tutta evidenza di molto inferiore al valore pattuito per l’acquisto da parte di ” (OMISSIS) s.r.l.”, ove anche si volesse considerare congruo (ma, sul punto, la corte territoriale ha fornito una motivazione convincente sul difetto di congruita’) il prezzo di 250.000,00 Euro, formalmente statuito per il suddetto trasferimento del complesso aziendale.
Come affermato dall’orientamento dominante nella giurisprudenza di legittimita’, infatti, integra il reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale la cessione di un ramo di azienda senza corrispettivo o con corrispettivo inferiore al valore reale (cfr. Cass., sez. 5, 22.1.2013, n. 17965, rv. 255501; Cass., sez. 5, 10.1.2012, n. 10778, rv. 252008), specificazione del consolidato principio per cui costituisce attivita’ distrattiva anche l’operazione con la quale si estrometta un bene dal patrimonio dell’impresa senza che l’equivalente entri nel patrimonio acquisito al fallimento (cfr. Cass., sez. 5, 26.11.1997, n. 5408, rv. 209883).
Del pari conforme ai principi di diritto ed ai precedenti gli orientamenti giurisprudenziali in tema di responsabilita’ dell’extraneus, in precedenza richiamati, risulta l’affermazione di responsabilita’, al riguardo, del (OMISSIS), sia in termini di incidenza causale della sua azione ai fini distrattivi (egli, accettando la carica di amministratore di diritto della ” (OMISSIS) s.r.l.”, ha consentito porre in essere uno tasselli fondamentali per portare a compimento l’operazione di svuotamento della parte economicamente piu’ redditizia del patrimonio della fallita), sia sotto il profilo della dimostrazione del dolo generico, avendo egli fornito un volontario contributo alla condotta del (OMISSIS) e del (OMISSIS), nella consapevolezza di arrecare danno ai creditori della fallita, desumibile dalla coscienza della natura fittizia dell’intera operazione, resa evidente dal complesso delle anomale modalita’, di cui si e’ gia’ detto, attraverso le quali si perfeziono’ la cessione tra la ” (OMISSIS) s.p.a.” e la ” (OMISSIS) s.r.l.”, tra le quali assumono un particolare, ma non esclusivo, valore sintomatico del dolo, l’assenza di rilievi da parte sua sul mancato pagamento del prezzo da parte della ” (OMISSIS) s.p.a.” all’atto della prima cessione, nonche’ la sostanziale sovrapposizione della societa’ da lui formalmente amministrata con la figura del (OMISSIS). Identiche considerazioni sulla completezza e linearita’ del percorso motivazionale valgono per l’affermazione di responsabilita’ del (OMISSIS), che si regge sul suo ruolo di amministratore di fatto della societa’ fallita e reale artefice, con il (OMISSIS), della costituzione delle due societa’ cessionarie, guidate formalmente da soggetti strettamente legati ad entrambi gli imputati, come ampiamente dimostrato dalle gia’ evidenziate risultanze processuali.
Affermata la qualita’ di amministratore di fatto del (OMISSIS), correttamente la corte territoriale lo ha ritenuto responsabile anche della seconda parte dell’attivita’ distrattiva, sul presupposto del mancato reperimento nel patrimonio della societa’ fallita, da parte degli organi del fallimento, dei beni (rimanenze, crediti, titoli) in precedenza indicati, che di esso facevano parte (cfr., ex plurimis, Cass., sez. 5, 17.6.2010, n. 35882, rv. 248425), e del reato di bancarotta fraudolenta documentale, integrato dalle “enormi difficolta’ nella ricostruzione puntuale ” del patrimonio e del movimento degli affari della fallita, derivante dalla incompletezza della documentazione contabile (cfr., ex plurimis, Cass., sez. 5, 22.5.2015, n. 45174, rv. 265682).
Per entrambi gli imputati, dunque, la sussistenza sia dell’elemento oggettivo, sia dell’elemento psicologico delle fattispecie in contestazione, scientemente finalizzate al pregiudizio delle ragioni del ceto creditorio della societa’ fallita, sono state correttamente desunte dalle modalita’ della loro condotta, per cui, sul punto, l’impugnata sentenza, complessivamente considerata, puo’ dirsi adeguatamente motivata, posto che, come affermato da un condivisibile arresto del Supremo Collegio, in tema di dolo, la prova della volonta’ di commissione del reato puo’ essere desunta, anche implicitamente (sulla motivazione implicita della sentenza di appello cfr. Cass., sez. 2, 12/02/2009, n. 8619), in mancanza di confessione, dalle concrete circostanze che hanno connotato l’azione e delle quali deve essere verificata la oggettiva idoneita’ a cagionare l’evento in base ad elementi di sicuro valore sintomatico, valutati sia singolarmente sia nella loro coordinazione (cfr. Cass., sez. 6, 6.4.2011, n. 16465, rv. 250007).
A fronte di tale esaustivo argomentare, le censure dei difensori del (OMISSIS) e del (OMISSIS), non colgono nel segno ed, anzi, si collocano ai confini della inammissibilita’, perche’ con esse si prospetta, non solo una diversa lettura delle risultanze processuali, che, per le ragioni gia’ espresse trattando della posizione del (OMISSIS), non e’ consentita in questa sede di legittimita’, ma si ripropongono acriticamente anche questioni gia’ prospettate con i motivi di appello, alle quali la corte territoriale ha fornito esauriente risposta, come si e’ dimostrato nelle pagine che precedono
Va, peraltro, confutata la tesi volta ad escludere la partecipazione del (OMISSIS) alla gestione della societa’ fallita, perche’ la prospettiva difensiva si fonda, come correttamente rilevato dalla corte territoriale, su di una visone parziale dell’intera vicenda, la cui complessita’ deve, invece, essere valutata, sulla base di una lettura complessiva delle risultanze processuali.
Alla luce di quanto emerso, infatti, appare evidente il ruolo di vero e proprio dominus dell’intera operazione svolto dal (OMISSIS), unitamente al (OMISSIS), ai quali, giova ricordarlo, e’ direttamente riconducibile la creazione delle due societa’ cessionarie, artatamente costituite al solo scopo di svuotare la fallita della parte piu’ rilevante del suo patrimonio, secondo uno schema operativo, in cui la nascita della prima societa’, non dotata nemmeno della consistenza finanziaria per pagare il prezzo di quanto convenuto con la fallita per la cessione del compendio aziendale, appare strettamente connessa alla successiva creazione della seconda, facendo parte di un disegno unitario, preventivamente concordato tra il (OMISSIS), il (OMISSIS) e gli altri imputati.
Tale complesso meccanismo, in mancanza di una spiegazione alternativa, non puo’ che dimostrare, in applicazione del canone inferenziale tipico della prova logica, la specifica volonta’ del ricorrente di ledere le ragioni del ceto creditorio della fallita.
Finalita’ spiegabile solo con il suo concreto interesse a “salvare” dalle pretese dei creditori la parte ancora sana del patrimonio sociale, del tutto compatibile con l’esercizio di un potere di gestione e di controllo della societa’ di cui si discute.
Dimostra il diretto coinvolgimento del (OMISSIS) nella gestione della societa’ fallita, anche la continuita’ esistente tra le anzidette compagini sociali protagoniste delle cessioni, desunta, non solo dal necessario rapporto di strumentalita’ che legava le “cessionarie” alla cedente, senza la quale le prime non avrebbero avuto ragione di esistere, ma anche dalle dichiarazioni di alcuni lavoratori dipendenti, oggetto di valutazione da parte dei giudice di primo grado (la cui motivazione, sul punto, e’ utilizzabile in questa sede, formando con la sentenza del giudice di appello, per l’omogeneita’ e l’uniformita’ del percorso argomentativo, un prodotto unitario: cfr. Cass., sez. 3, 1.2.2002-12.3.2002, n. 10163, rv. 221116), in relazione alle quali nessuna censura e’ stata mossa dal ricorrente.
Ci si riferisce alle dichiarazioni di (OMISSIS) e di (OMISSIS), i quali hanno riferito, che, pur essendo dipendenti della ” (OMISSIS)” di (OMISSIS), all’improvviso, in un periodo antecedente alla dichiarazione di fallimento, erano diventati formalmente dipendenti, prima della ” (OMISSIS) s.r.l.” (il (OMISSIS) a partire dal (OMISSIS); il (OMISSIS) dopo il (OMISSIS)), per poi diventare, successivamente, dipendenti della ” (OMISSIS)”, specificando di non avere mai conosciuto il (OMISSIS), ma di essere sempre stati retribuiti dal (OMISSIS) (cfr. p. 17 della sentenza di primo grado).
Tali conclusioni appaiono del tutto conformi all’orientamento, dominante nella giurisprudenza di legittimita’, secondo cui la prova della posizione di amministratore di fatto si traduce nell’accertamento di elementi sintomatici dell’inserimento organico del soggetto con funzioni direttive, in qualsiasi fase della sequenza organizzativa, produttiva o commerciale dell’attivita’ della societa’, accertamento che costituisce oggetto di una valutazione di fatto insindacabile in sede di legittimita’, ove sostenuta, come nel caso in esame, da congrua e logica motivazione (cfr., ex plurimis, Cass., sez. 5, 20.6.2013, n. 35346, rv. 256534), essendo stato dimostrato, da un lato, il diretto interesse del (OMISSIS) nella conduzione della societa’ fallita, dall’altro il concreto esercizio da parte sua di un ruolo di gestione effettiva, concretizzatosi nell’assunzione di lavoratori nell’interesse della suddetta societa’, che venivano da lui retribuiti, nonostante l’amministratore di diritto fosse il (OMISSIS).
Cio’ posto non puo’ non trovare applicazione nel caso in esame il conseguente principio, affermato da tempo nella giurisprudenza di legittimita’, secondo cui, in tema di reati fallimentari, il soggetto che, ai sensi della disciplina dettata dall’articolo 2639, c.c., assume la qualifica di amministratore “di fatto” della societa’ fallita e’ da ritenere gravato dell’intera gamma dei doveri cui e’ soggetto l’amministratore “di diritto”, per cui, ove concorrano le altre condizioni di ordine oggettivo e soggettivo, egli assume la penale responsabilita’ per tutti i comportamenti penalmente rilevanti a lui addebitabili, (cfr. Cass., sez. 5, 20/05/2011, n. 39593, rv 250844; Cass., sez. 5, 2/3/2011, n. 15065, rv. 25004).
Dei profili integranti l’elemento oggettivo e soggettivo dei reati di bancarotta fraudolenta patrimoniale e documentale contestati al (OMISSIS) si e’ gia’ detto
Appare opportuno, comunque, ribadire, quanto all’elemento soggettivo, che anche per l’amministratore “di fatto” esso consiste nella consapevole volonta’ dei singoli atti di distrazione e della idoneita’ dei medesimi a cagionare danno ai creditori, in quanto privi di sinallagma rispondente al fine istituzionale dell’impresa, in considerazione, ad esempio, come nel caso esame, della natura fittizia dell’operazione, che incide negativamente sul patrimonio della societa’, perseguita dal ricorrente (cfr. ex plurimis, Cass., sez. 5, 24.3.2010, n. 16579, Fiume, rv. 246879) e, con riferimento all’episodio di bancarotta fraudolenta documentale generica, nel dolo generico, nella forma del dolo intenzionale, costituito dalla coscienza e volonta’ dell’irregolare o incompleta tenuta delle scritture contabili e dalla consapevolezza che questa rende o potra’ rendere impossibile ovvero difficile, la ricostruzione delle vicende del patrimonio del fallito (cfr., ex plurimis, Cass., sez. 5, 17.12.2008, n. 1137, rv. 242550), che, nel caso in esame, si evince dalla diretta partecipazione dell’imputato all’attivita’ di gestione dell’impresa in cui si sono consumati i singoli episodi illeciti a lui contestati, evidentemente finalizzati ad arrecare pregiudizio alle ragioni del ceto creditorio.
Non colgono nel segno, infine, le censure difensive con cui si invoca una diversa qualificazione giuridica, in termini di ricettazione prefallimentare.
Come chiarito, infatti, dall’orientamento dominante nella giurisprudenza di legittimita’, il delitto di ricettazione prefallimentare (L. Fall., articolo 232, comma 3, n. 2), si configura solo in mancanza di un accordo con l’imprenditore dichiarato fallito. Pertanto, il fatto del terzo non fallito che, come nel caso in esame, distragga beni prima del fallimento, in accordo con l’imprenditore, e’ punibile a titolo di concorso in bancarotta fraudolenta patrimoniale, L. Fall., ex articolo 216, comma 1 e articolo 223, comma 1, e non a norma della predetta L. Fall., articolo 232 (cfr. Cass., sez. 5, 22.2.2012, n. 16062, rv. 252485; Cass., sez. 5, 9.3.2005, n. 12824, rv. 231699).
Inammissibili appaiono, infine, le doglianze sulla pena, trattandosi di rilievi sull’entita’ del trattamento sanzionatorio, a fronte di un’articolata motivazione sul punto, resa in conformita’ ai parametri di cui all’articolo 133 c.p., con la quale la corte territoriale ha spiegato anche le ragioni che ostano al riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche in favore del (OMISSIS), correttamente ravvisandole nell’assenza di elementi meritevoli di valutazione positiva e, sempre in conformita’ alla previsione dell’articolo 133 c.p., nella negativa condotta del reo, successiva alla commissione dei reati fallimentari per cui si procede, che ha indotto la stessa corte a disporre la trasmissione degli atti al pubblico ministero.
Fondato, invece, appare il motivo di ricorso del (OMISSIS) con riferimento alla disposta confisca: sul punto, come si evince dal testo della sentenza impugnata, erano state sollevate dalla difesa specifiche doglianze (cfr. p. 9), alle quali non e’ stata fornita risposta, per cui, limitatamente a tale profilo, la sentenza impugnata va annullata, con rinvio ad altra sezione della corte di appello di Napoli, perche’ provveda a colmare l’evidenziata lacuna motivazionale, dovendosi rigettare, nel resto, il ricorso del (OMISSIS); cosi’ come va rigettato il ricorso del (OMISSIS), relativamente alla sola condotta di bancarotta fraudolenta patrimoniale per distrazione, contestata all’imputato nella prima parte del capo A) dell’imputazione.
La circostanza che nessuno degli imputati possa considerarsi integralmente soccombente nel presente giudizio, comporta che nessuno di essi possa essere condannato al pagamento delle spese processuali e che alcuna sanzione puo’ essere imposta al (OMISSIS) per la parziale inammissibilita’ del suo ricorso, mentre, con riferimento alle spese sostenute dalla parte civile “Fallimento (OMISSIS)”, costituita solo nei confronti del (OMISSIS) e del (OMISSIS), si provvedera’, eventualmente, solo in sede di definizione del, giudizio.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata nei confronti di (OMISSIS) e di (OMISSIS), limitatamente al delitto di cui al capo B) ed alla seconda parte del contestazione sub A), con rinvio ad altra sezione della corte di appello di Napoli per nuovo esame.
Nel resto dichiara inammissibile il ricorso del (OMISSIS) e rigetta quello del (OMISSIS).
Annulla la sentenza impugnata nei confronti di (OMISSIS) limitatamente alla disposta confisca, con rinvio ad altra sezione della corte di appello di Napoli per nuovo esame.
Rigetta nel resto il ricorso del (OMISSIS
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