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La responsabilita’ del custode, per i danni causati dalla cosa che e’ in sua custodia, e’ esclusa quando questi dimostri “il caso fortuito”: cosi’ stabilisce l’articolo 2051 c.c..
Il codice civile non da’ la definizione di “caso fortuito”: nondimeno, per millenaria tradizione giuridica, con quell’espressione si designa l’evento che non poteva essere in alcun modo previsto o, se prevedibile, non poteva essere in alcun modo prevenuto.
Gia’ un rescritto dell’imperatore Augusto, inviato ai prefetti del pretorio Fusco e Destro (e tramandato dal Codex Iustiniani, Libro IV, Titolo XXIV, § 6, De casu fortuito) sanci’ che quae fortuitis casibus accidunt, cum praevideri non potuerint (…), nullo bonae (idei judicio praestantur.
Il precetto passo’ tal quale nel diritto intermedio (casus fortuitus non est sperandus, et nemo tenetur divinare), e da questo pervenne immutato all’eta’ delle codificazioni, ed ai codici attuali.
In questi, tuttavia, fu conservato il precetto (il debitore e’ liberato dal caso fortuito: si vedano ad esempio l’articolo 1492 c.c., comma 3, in tema di perimento della cosa venduta; articolo 1637 c.c., in tema di accollo da parte dell’affittuario del rischio di caso fortuito; articolo 1686 c.c., comma 3, in tema di responsabilita’ del vettore; articolo 1805 c.c., in tema di responsabilita’ del comodatario), ma se ne oblio’ la giustificazione (il “cum praevideri non potuerint” del rescritto augusteo), probabilmente perche’ ritenuta dal legislatore ovvia e scontata.
“Caso fortuito”, dunque, per la nostra legge e’ quell’evento che non poteva essere previsto (ad esempio, un terremoto). Ed al caso fortuito e’ equiparata la forza maggiore, ovvero l’evento che, pur prevedibile, non puo’ essere evitato (ad esempio, un evento atmosferico).
3.3. La condotta della vittima d’un danno causato da una cosa custodia, pertanto, in tanto puo’ escludere la responsabilita’ del custode, in quanto possa reputarsi “caso fortuito”; e puo’ reputarsi tale quando fu imprevedibile da parte del custode (tra le piu’ recenti, in tal senso, Sez. 3, Sentenza n. 18317 del 18/09/2015).
3.4. Ma una condotta imprevedibile della vittima non e’ necessariamente una condotta colposa, ne’ e’ vero il contrario.
I giudizi di “negligenza” della vittima, e di “imprevedibilita’” della sua condotta da parte del custode, non si implicano a vicenda.
Il primo va compiuto guardando al danneggiato, e comparando la condotta da questi concretamente tenuta con quella che avrebbe tenuto una persona di normale avvedutezza, secondo lo schema di cui all’articolo 1176 c.c..
Il secondo va compiuto invece guardando al custode, e valutando con giudizio ex ante se questi potesse ragionevolmente attendersi una condotta negligente da parte dell’utente delle cose affidate alla sua custodia.
Potremo dunque avere condotte del danneggiato prudenti e imprevedibili, prudenti e prevedibili, imprudenti ed imprevedibili, imprudenti e prevedibili.
Le prime due ipotesi non escludono mai la colpa del custode; la terza ipotesi la esclude sempre; la quarta ipotesi puo’ escluderla in parte.
3.5. La eterogeneita’ tra i concetti di “negligenza della vittima” e di “imprevedibilita’” della sua condotta da parte del custode ha per conseguenza che, una volta accertata una condotta negligente, distratta, imperita, imprudente, della vittima del danno da cose in custodia, cio’ non basta di per se’ ad escludere la responsabilita’ del custode.
Questa e’ infatti esclusa dal caso fortuito, ed il caso fortuito e’ un evento che praevideri non potest.
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