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c) nel caso ora in esame, avendo il Tribunale di Napoli, Sezione Specializzata in Materia di Impresa, adottato una pronuncia di dichiarazione di litispendenza, con cui ha chiuso il processo quanto alle domande riguardo al quale l’ha ravvisata, la pronuncia – diversamente dai casi appena riferiti, in cui il giudice di merito aveva espressamente o implicitamente negato l’esistenza di una questione di competenza e, dunque, si era in presenza di decisioni che non potevano considerarsi decisioni sulla competenza – e’ impugnabile con il regolamento di competenza, in quanto e’ riconducibile all’articolo 42 cod. proc. civ., sebbene per un’erronea applicazione delle regole sulla competenza, invece che di quelle sulla ripartizione delle attribuzioni riferibili ad uno stesso ufficio;
d) tali regole avrebbero imposto al giudice specializzato di provvedere a norma dell’articolo 273 c.p.c., comma 2 e articolo 274 c.p.c., comma 2, come si spieghera’ di seguito, sicche’ la discussione sulla detta declaratoria era possibile soltanto con il mezzo del regolamento necessario;
e) passando all’enunciazione di altri argomenti a favore della tesi condivisa, si rileva in primo luogo che l’argomento della composizione soltanto con magistrati togati della sezione in materia di impresa segna anche, come, del resto, e’ stato notato, una evidente diversita’ pure rispetto alla specializzazione realizzata con i tribunali regionali delle acque pubbliche, in relazione ai quali, com’e’ noto, viene in rilievo la nozione di competenza rispetto al tribunale in cui sono incardinati, nel mentre, la gia’ evocata dal Pubblico Ministero Cass. n. 22979 del 2004 ebbe a spiegare perche’ a favore della connotazione,delle attribuzioni, delle sezioni specializzate agrarie militassero anche ragioni inerenti la loro origine storica;
f) in secondo luogo si osserva che il riferimento sia della rubrica, sia del testo normativo al concetto di competenza, presente nel Decreto Legislativo n. 168 del 2003, articolo 3 come sostituito dal Decreto Legge n. 1 del 2012, articolo 2 convertito, con modificazioni, nella L. n. 27 del 2012, e che tanto e’ parso rilevante sia a taluni uffici di merito che a parte della dottrina per ricondurre il rapporto fra Sezione e Tribunale in cui e’ incardinata, appare, in realta’, del tutto sovrastimato ed in realta’ assolutamente inidoneo per le seguenti ragioni:
f1) la prima, preliminare, e’ che il riferimento alla competenza, non a caso accompagnato a quello alla “materia di..”, e’ stato fatto dal legislatore soprattutto nella prospettiva appunto di individuare la “materia”, cioe’ la tipologia di controversie, da trattarsi dalla Sezione e, dunque, risulta usato in funzione del tutto servente e finalizzata ad esprimere questa individuazione (che non avrebbe potuto farsi altrimenti che evocando il concetto riassuntivo di “materia”), piuttosto che per evocare la relazione fra la sezione e il tribunale in cui e’ incardinato;
f2) il criterio esegetico del “legislatore consapevole”, tanto piu’ da valorizzare in tempi in cui si susseguono e si sono susseguite riforme in materia processuale e, considerato nello specifico, che analoga problematica si era palesata nel vigore della precedente normativa di cui al Decreto Legislativo n. 168 del 2003 nel testo originario, avrebbe consigliato al legislatore, se avesse voluto dare rilievo al concetto di competenza per quella relazione e, quindi, costruire come ufficio competente in senso proprio la sezione, di dirlo espressamente e non di non dire nulla, tanto piu’ in ragione del ricorso nell’articolo 2, comma 2 nel disciplinare la composizione delle sezioni e l’attribuzione in concreto della trattazione degli affari, al concetto di “assegnazione” di affari, che e’ concetto che suppone un potere esercitabile dal capo di uno stesso ufficio e, dunque, e’ incompatibile con la qualificazione sub specie di competenza della detta relazione;
f3) ben diversa pregnanza ha l’uso del termine “competenza territoriale” nel Decreto Legislativo n. 168 del 2003, articolo 4 novellato dal Decreto Legge del 2012, essendo li’, per lo steso fatto che si individua, conforme alla logica del criterio della competenza territoriale, la “competenza” della Sezione anche riguardo al territorio di tribunali diversi da quello in cui e’ incardinato, cosi’ assumendo l’ufficio in cui la sezione e’ incardinato la certa posizione di destinatario di attribuzioni sottratte a distinti uffici per ragioni di territorio ed in quanto ricadenti nella “materia” di cui all’articolo 3;
f4) ulteriormente, lo scarso tecnicismo del legislatore nell’impiego del termine “competenza” o, se si vuole il suo impiego in modo volutamente relativizzante e tale da lasciare all’interprete di individuare se di competenza veramente si tratti, e’ evidenziato dall’articolo 5, D.Lgs., che in rubrica parla di “competenza del Presidente della sezione specializzata” evocando questa volta il concetto, estraneo a quello di competenza in senso proprio, della c.d. competenza interna (alias, distribuzione delle funzioni all’interno di uno stesso ufficio, ipoteticamente rilevante ai sensi del solo articolo 158 cod. proc. civ.) e vale soltanto a implicare che il presidente della sezione, se la causa e’ iscritta a ruolo con espressa indicazione ed evocazione della Sezione Specializzata, eserciti direttamente le funzioni di cui all’articolo 168-bis cod. proc. civ. in vece del presidente del tribunale;
g) in terzo luogo, l’argomento che certa dottrina ha prospettato nel senso che si avrebbe il rilievo della competenza solo quanto alla distribuzione territoriale fra le varie sezioni specializzate, e’ francamente incomprensibile, perche’ non se ne coglie la significativita’: e’ sufficiente osservare che anche a proposito di competenze per materia in cui viene in rilievo un problema di rito all’interno dello stesso tribunale (come quella del lavoro o del tribunale fallimentare), la logica in,cui esso si iscrive e’ quella della distribuzione degli affari nello stesso ufficio, onde il problema non e’ di competenza, ma solo di distribuzione degli affari;
h) in quarto luogo, si rileva che il controllo sul se la causa sia stata decisa correttamente dalla sezione specializzata ovvero da quella ordinaria, d’altro canto, se non potra’ essere possibile in via immediata con il regolamento di competenza, lo sara’ per il tramite degli ordinari mezzi di impugnazione, sub specie di vizio ai sensi dell’articolo 158 cod. proc. civ., sicche’ nell’ipotesi in cui la causa sia stata erroneamente decisa in primo grado, in appello si potra’ rimediare dando corso alla composizione specializzata o negandola in grado di appello, con i provvedimenti di rito conseguenti, mentre, ove la questione dell’attribuzione venga decisa in senso affermativo della sussistenza in capo alla sezione o a tribunale ordinario che si trovino investiti, con una sentenza parziale a norma dell’articolo 279, comma 2, n. 4 resta possibile la prospettiva dell’appello immediato.
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