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11.1. La giurisprudenza civile (Sez. un., sentenza n. 4004 del 29 febbraio 2016, Rv. 638596 – 01) ha, in un caso, ritenuto che il procedimento disciplinare nei confronti di un magistrato (nel caso di specie, incolpato di corruzione in atti giudiziari) puo’ proseguire e condurre all’irrogazione della sanzione disciplinare (nel caso di specie, della rimozione) anche dopo il giudicato penale di condanna con pena accessoria dell’estinzione del rapporto d’impiego, senza rilevare la violazione del divieto di bis in idem, ed anzi evidenziando la diversa natura della sanzione disciplinare e di quella accessoria penale: “nell’avere (…) diversa natura, ed in sintonia con il principio secondo cui “l’azione disciplinare e’ promossa indipendentemente (…) dall’azione penale relativa allo stesso fatto”, risiede la ragione dell’applicabilita’ congiunta delle due sanzioni. Per connotare la diversa natura della sanzione disciplinare rispetto alla pena accessoria e’ sufficiente ricordare che quest’ultima, come la generalita’ delle sanzioni penali, nel corso del tempo puo’ estinguersi, in forza dàamnistia (articolo 151 c.p., comma 1) o per effetto della riabilitazione (articolo 178 c.p.), laddove la permanenza degli effetti della sanzione disciplinare ne rivela, con evidenza nel caso della piu’ severa di esse qual e’ la rimozione, la specifica afflittivita’”.
11.1.1. In altro caso (Sez. 2, sentenza n. 2927 del 3 febbraio 2017, Rv. 643161 – 01), in tema di giudizio disciplinare nei confronti dei professionisti (nella specie, a carico di un notaio), si e’ ritenuto che, nel caso in cui l’incolpato avesse gia’ riportato condanna ad una sanzione penale per i medesimi fatti oggetto del procedimento disciplinare, non puo’ ipotizzarsi la violazione del divieto di bis in idem, in quanto la sanzione disciplinare ha come destinatari gli appartenenti ad un ordine professionale ed e’ preordinata all’effettivo adempimento dei doveri inerenti al corretto esercizio dei compiti loro assegnati, sicche’ ad essa non puo’ attribuirsi natura sostanzialmente penale.
11.2. La giurisprudenza penale (Sez. 3, sentenza n. 36350 del 23 marzo 2015, Rv. 265636) ha ritenuto manifestamente infondata l’eccezione di legittimita’ costituzionale dell’articolo 649 c.p.p., sollevata per violazione degli articoli 24 e 117 Cost., quest’ultimo in relazione all’articolo 4 del Protocollo n. 7 alla Convenzione E.D.U., nella parte in cui non prevede l’applicazione del divieto di bis in idem anche quando, dopo un procedimento disciplinare davanti agli organi della giustizia sportiva conclusosi con l’applicazione di una sanzione, faccia seguito per lo stesso fatto l’attivazione di un procedimento penale in senso stretto.
In motivazione, premesso che si verteva in una materia (quella dei rapporti tra un illecito disciplinare di competenza della giustizia sportiva ed un illecito penale) mai esaminata dalla Corte di Strasburgo, e che, per la formulazione della questione di costituzionalita’, sarebbe occorso il presupposto di una sentenza della Corte EDU che avesse preso posizione sul genere di illecito de quo (quello di cui agli articoli 1 e 6 del Codice di giustizia sportiva) e sulla natura giuridica della sanzione (formalmente) disciplinare in ipotesi inflitta, e’ stata esclusa la configurabilita’ della violazione del divieto di bis in idem per il rilievo che la sanzione disciplinare inflitta dagli organi della giustizia sportiva non ha nemmeno natura amministrativa, in quanto non esercita alcuna efficacia al di fuori dell’ordinamento di settore.
11.2.1. Altra decisione (Sez. 2, sentenza n. 9184 del 15/12/2016, dep. 2017, Rv. 269237), riguardante una fattispecie simile a quella oggetto del presente procedimento, ha ritenuto che non sussiste la preclusione all’esercizio dell’azione penale ex articolo 649 c.p.p., quale conseguenza della gia’ avvenuta irrogazione, per lo stesso fatto, di una sanzione formalmente amministrativa ma sostanzialmente “penale”, ai sensi dell’articolo 4 del Protocollo 7 alla Convenzione EDU (come interpretato dalla sentenza della Corte EDU, Grande Chambre, 15 novembre 2016, A. e B. c. Norvegia), allorquando le due procedure risultino complementari, in quanto dirette al soddisfacimento di finalita’ sociali differenti, e determinino l’inflizione di una sanzione penale “integrata”, che sia prevedibile e, in concreto, complessivamente proporzionata al disvalore del fatto, ritenendo altresi’ la contiguita’ temporale dei distinti procedimenti cui l’interessato era stato separatamente sottoposto. In applicazione del principio, e’ stato disposto l’annullamento con rinvio di una sentenza che aveva dichiarato non doversi procedere per il reato di danneggiamento aggravato commesso da un detenuto su una finestra della casa circondariale in cui era ristretto, sulla base della considerazione che l’imputato aveva gia’ subito la sanzione disciplinare della esclusione dalle attivita’ in comune per cinque giorni.
12. Come anticipato, la Corte di Strasburgo, in materia di rapporti tra separati procedimenti finalizzati all’irrogazione di sanzioni penali e sanzioni disciplinari, non ha mai affermato la sussistenza del divieto di bis in idem ex articolo 4 del Protocollo n. 7 alla Convenzione EDU.
12.1. In verita’, l’operativita’ del predetto divieto, con riferimento alla predetta materia, e’ stata addirittura espressamente esclusa.
12.1.1. Come dedotto dal Governo norvegese nel caso deciso dalla Corte EDU, Grande Chambre, sentenza 15 novembre 2016, caso A. e B. c. Norvegia (§ 67), dal rapporto esplicativo del Protocollo n. 7 risulta che il contenuto dell’articolo 4 del Protocollo “e’ stato concepito per riguardare i procedimenti penali stricto sensu. Tale rapporto indicherebbe nel suo paragrafo 28 che non era sembrato necessario definire l’illecito come “penale” in quanto il contenuto dell’articolo 4, “che contiene gia’ i termini “penalmente” e “procedimento penale”, rendeva questa precisazione inutile nel testo stesso dell’articolo”. Nel paragrafo 32 il rapporto sottolineerebbe che l’articolo 4 del Protocollo n. 7 non vieta che si tengano procedimenti “di natura diversa (ad esempio un procedimento disciplinare, nel caso di un funzionario)”. Inoltre, l’articolo 6 e l’articolo 4 del Protocollo n. 7 perseguivano scopi diversi, se non addirittura opposti, dato che il primo aveva lo scopo di rafforzare le garanzie procedurali in materia penale”.
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