Corte di Cassazione, sezione seconda civile, sentenza 17 ottobre 2017, n. 24483. La proprieta’ appartiene alla categoria dei diritti autodeterminati

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5.1. A sostegno della decisione, la corte d’appello ha considerato che, pur essendo la domanda in sede di conclusioni connotata dal medesimo petitum rispetto alla domanda originaria, “vi e’ un mutamento palese di causa petendi” tra acquisto a titolo originario e a titolo derivativo, cio’ “che ne giustifica il carattere di mutatio libelli e la conseguente inammissibilita’”.
6. Ha proposto ricorso per cassazione di tale sentenza Antonella Celestini, su cinque motivi (quello indicato come sesto essendo in effetti il quinto), cui resistono (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) con controricorso contenente ricorso incidentale su tre motivi. Le parti ricorrente principale e incidentale hanno depositato memoria. Sono rimasti intimati (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS).
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Con il primo motivo del ricorso principale si denuncia violazione di norma sostanziale, in riferimento all’articolo 948 c.c., in quanto con l’impugnata sentenza la corte d’appello avrebbe errato nel ritenere, confermando la sentenza del tribunale, inammissibile la domanda in quanto fondata in via subordinata o alternativa, all’udienza di conclusioni, su titoli derivativi invece che, come con la citazione originaria, sull’usucapione.
2. Con il secondo motivo si denuncia violazione di norma processuale individuata nell’articolo 189 c.p.c., in quanto in tema di diritti reali la preclusione indicata da detta norma non sussisterebbe, per essere i diritti in questione autodeterminati per cui il titolo non caratterizza la causa petendi: la domanda quindi non muterebbe a seconda del titolo posto a suo fondamento.
3. Con il terzo motivo, da altro punto di vista, la ricorrente denuncia ulteriore violazione di disciplina processuale, affermando essere incorsa la corte d’appello in un’omessa pronuncia o in alternativa nell’omessa sospensione del processo ex articolo 295 c.p.c., ai fini dell’esame del sussistere dei presupposti dell’acquisto a titolo derivativo.
4. Con il quarto motivo, la ricorrente lamenta l’erroneita’ della declaratoria di inammissibilita’ della domanda fondata su titoli derivativi, dal diverso angolo visuale dell’omesso esame di fatto decisivo ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5.
5. I primi due motivi del ricorso principale sono strettamente connessi e vanno esaminati congiuntamente. Essi sono fondati e il loro accoglimento determina l’assorbimento del terzo e del quarto motivo, in quanto attinenti alla medesima statuizione a cassarsi.
5.1. Effettivamente la corte d’appello ha, con la sentenza impugnata, ritenuto che la domanda come articolata in sede di conclusioni, in via subordinata, sulla base di titoli derivativi, fosse connotata dal medesimo petitum rispetto alla domanda originaria, ma che vi fosse “un mutamento palese di causa petendi” tra acquisto a titolo originario e a titolo derivativo, cio’ che secondo i giudici di merito “ne giustifica il carattere di mutatio libelli e la conseguente inammissibilita’”.
5.2. Tale statuizione e’ errata in diritto, in quanto essa si pone contro il consolidato principio affermato da questa corte secondo cui la proprieta’ appartiene alla categoria dei diritti autodeterminati, individuati cioe’ in base alla sola indicazione del loro contenuto, rappresentato dal bene che ne costituisce l’oggetto, sicche’ nelle azioni a essi relative, a differenza delle azioni accordate a tutela dei diritti di credito, la causa petendi si identifica con i diritti stessi, piuttosto che con i fatti o gli atti allegati a loro fondamento, mentre il titolo, necessario alla prova del diritto, non ha alcuna funzione di specificazione della domanda. Ne consegue che nel corso del giudizio iniziato sulla base di un titolo (ad es. usucapione o contratto) e’ sempre possibile l’allegazione di un titolo diverso rispetto a quello posto precedentemente a fondamento della domanda, e cio’ anche nei gradi successivi (e salvo il coordinamento del principio con le regole del giudicato, da un lato, e con l’impossibilita’, limitatamente al giudizio in cassazione, di procedere ad accertamenti di fatto, dall’altro – v. rispettivamente Cass. 18/02/1991, n. 1682 e 10/05/2013, n. 11211). La deduzione in questione costituisce infatti una mera difesa integrativa, con conseguenze limitate al piano probatorio (per cui spettera’ al giudice valutare se la domanda sia stata provata dal diverso angolo visuale, in base alle preclusioni operanti su tale piano), non potendo pero’ mai ravvisarsi in tale integrazione una domanda nuova, ne’ una implicita rinuncia alla valutazione del diverso titolo dedotto in precedenza (v. tra le molte, le piu’ recenti Cass. 08/01/2015, n. 40, 17/11/2014, n. 24400, 24/11/2010, n. 23851 05/11/2010, n. 22598, 23/12/2010, n. 26009).

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