Corte di Cassazione, sezione quarta penale, ordinanza 7 dicembre 2017, n. 55020. Rimesso alla sezioni unite il quesito se il Gip, richiesto di emettere il decreto penale di condanna, possa rilevare la tenuità del fatto.

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Ancor piu’ recentemente, all’orientamento in parola ha altresi’ aderito Sez. 1, Sentenza n. 15272 del 21/12/2016, dep. 2017, Allocco, Rv. 269464, in una fattispecie che in questa sede risulta di particolare interesse, in quanto sovrapponibile a quella oggi in esame: anche in quel caso, infatti, il giudice per le indagini preliminari, nel rigettare la richiesta di emissione di decreto penale di condanna restituendo gli atti al P.M., aveva affermato in motivazione che la condotta contestata poteva rientrare, alla luce dei criteri fissati dall’articolo 131-bis cod. pen. tra le ipotesi di particolare tenuita’. Nell’annullare senza rinvio il provvedimento, la 1 Sezione ha qualificato come abnorme il provvedimento con il quale il Gip, investito della richiesta di emissione di decreto penale di condanna, disponga la restituzione degli atti al Pubblico Ministero, sulla base di una ipotetica valutazione circa l’applicabilita’ della causa di non punibilita’ prevista dall’articolo 131 bis cod. pen. ed avuto riguardo alle peculiarita’ del procedimento per decreto: si e’ affermato nella sentenza in commento che, in conseguenza della richiesta di emissione del decreto penale di condanna, non viene ad instaurarsi alcuna forma di contraddittorio, laddove viceversa quest’ultimo e’ coessenziale all’istituto della particolare tenuita’ del fatto, che presenta effetti non pienamente liberatori per il giudicabile; di tal che, conclude la pronunzia in esame, nel caso in cui fosse ritenuta ravvisabile la causa di non punibilita’ di cui all’articolo 131-bis cod. pen., non sarebbe consentito al giudice procedente di emettere sentenza di proscioglimento ex articolo 129 cod. proc. pen.; mentre l’interessato avrebbe comunque la facolta’ di far valere la non punibilita’ per particolare tenuita’ del fatto in conseguenza dell’opposizione al decreto penale di condanna.
2.2. A fronte dell’orientamento fin qui illustrato, ve n’e’ uno difforme, che questo Collegio ritiene di condividere (si richiamano qui le recenti Sez. 4, n. 48888 del 25.10.2016, Bouraya; Sez. 4, n. 48886 del 25.10.2016, Gagliardi; Sez. 4, n. 10209 del 04.02.2016, Parola, tutte non massimate) e che muove, a sua volta, dal consolidato indirizzo giurisprudenziale in base al quale non puo’ considerarsi abnorme il provvedimento con il quale il G.i.p. rigetta la richiesta di emissione del decreto penale di condanna, disponendo la restituzione degli atti al P.M., salvo che il provvedimento sia fondato esclusivamente su ragioni di opportunita’ (in tal senso si vedano ex multis Sez. 4, n. 45683 del 18/09/2014, Mirra, Rv. 261063; Sez. 6, Sentenza n. 36216 del 27/06/2013, Galati, Rv. 256331; Sez. 4, Sentenza n. 40513 del 06/10/2010, Sabbatino, Rv. 248857).
Secondo l’orientamento in parola, sul piano generale, il rigetto della richiesta di emissione di decreto penale di condanna e’ un atto previsto dal codice di rito e, quindi, corretto sotto il profilo strutturale, trovando specifico riscontro normativo nell’articolo 459 c.p.p., comma 3; ne’ esso crea alcuna situazione di stallo processuale, potendo l’organo inquirente rinnovare la richiesta, all’esito della verifica suggerita, o comunque promuovere l’azione penale attraverso l’emissione di un decreto di citazione (Sez. 6, n. 36216 del 27/6/2013 Rv. 256331; Sez. 4, n. 40513 del 06/10/2010 Rv. 248857; Sez. 6, n. 45290 del 11/11/2008 Rv. 242377).
Con specifico riguardo al decreto con il quale il G.i.p., restituendo gli atti al P.M., lo inviti a valutare la sussistenza o meno della causa di non punibilita’ di cui all’articolo 131-bis cod. pen., l’indirizzo di che trattasi esclude che possa parlarsi di provvedimento fondato esclusivamente su ragioni di opportunita’ (e dunque abnorme), essendovi unicamente una sollecitazione rivolta al P.M. a valutare la possibilita’ di chiedere l’archiviazione per particolare tenuita’ del fatto (istituto previsto dalla disciplina introdotta con il Decreto Legislativo n. 28 del 2015 e, segnatamente, dall’articolo 411 c.p.p., comma 1-bis) in relazione a una fattispecie di reato per la quale detta causa di non punibilita’ e’ astrattamente ipotizzabile. Ben diverse sono le ipotesi nelle quali la Corte di legittimita’ ha ritenuto abnorme il provvedimento con cui il Giudice per le indagini preliminari ha rigettato la richiesta del P.M. per mere ragioni di opportunita’: ragioni, ad esempio, legate alla separazione delle posizioni personali degli indagati e alla richiesta del Pubblico Ministero di procedere con decreto penale di condanna nei confronti di uno di essi (Sez. 3, n. 16826 del 20/03/2007 dep. 03/05/2007, Rv. 236810); ovvero riferite all’ipotesi, anch’essa non assimilabile al caso in esame, in cui il rigetto era stato motivato dal G.i.p. in base all’assunto per il quale, non avendo l’imputato inteso avvalersi della possibilita’ di definire in via amministrativa l’illecito contestatogli cosi’ manifestando la volonta’ di richiedere la verifica dibattimentale, il decreto penale sarebbe stato sicuramente oggetto di opposizione, risolvendosi quindi in un inutile dispendio di attivita’ giurisdizionale (Sez. 3, n. 8288 del 25/11/2009).
3. Cosi’ brevemente sintetizzate le due divergenti posizioni assunte dalla Corte di legittimita’ sulla questione sottoposta oggi al vaglio di questo Collegio, e’ ora necessario verificare la riferibilita’ della nozione di “atto abnorme” alla decisione qui impugnata.
Quest’ultima e’ costituita dal mancato accoglimento, da parte del giudice per le indagini preliminari, della richiesta di emissione di decreto penale di condanna, motivato con l’esigenza che il pubblico ministero valuti l’applicabilita’, alla fattispecie di reato per cui si procede, della causa di non punibilita’ della particolare tenuita’ del fatto (articolo 131-bis cod. pen.).
3.1. Ad avviso del Collegio, e tenuto conto delle varie accezioni della nozione di “atto abnorme” accolte dalla richiamata giurisprudenza apicale, l’ipotizzata abnormita’ del provvedimento impugnato non sarebbe in primo luogo ascrivibile all’esercizio, da parte del giudice, di un potere non attribuitogli dall’ordinamento processuale, giacche’ detto potere – quello cioe’ di rigettare la richiesta di emissione di decreto penale di condanna avanzata dal P.M. – gli e’ espressamente conferito dall’articolo 459 c.p.p., comma 3.
Neppure sembra potersi fare questione di un’ipotetica abnormita’ del provvedimento come impositivo di un adempimento del P.M. tale da concretizzare un atto nullo rilevabile nel corso del futuro del procedimento o del processo: non e’ dato infatti ravvisare profili di nullita’ in alcuna delle determinazioni che l’organo requirente potrebbe adottare in conseguenza della sollecitazione del G.i.p. ad esaminare l’eventuale configurabilita’ della particolare tenuita’ del fatto.
Si tratterebbe invece di stabilire se, nel censurato provvedimento, sia ravvisabile uno sviamento rispetto allo scopo che e’ ad esso attribuibile in base al modello legale.

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