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26. Con il terzo motivo, lo (OMISSIS) ribadisce la violazione e/o la falsa applicazione dell’articolo 2392 c.c., nonche’ l’omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione in ordine a un punto decisivo della controversia, censurando la sentenza impugnata nella parte in cui ha affermato la responsabilita’ degli amministratori per le restituzioni dei finanziamenti ai soci. Premesso che l’affermazione dell’illegittimita’ degli stessi avrebbe richiesto la verifica dell’insussistenza del relativo diritto, e quindi l’accertamento della natura di tali apporti patrimoniali, non accompagnati dall’indicazione di specifiche causali e variamente rappresentati in bilancio, sostiene che nessun rilievo poteva assumere, a tal fine, il collegamento tra versamenti e rimborsi, trattandosi di un elemento estrinseco e formale, e quindi insufficiente a dimostrare il danno asseritamente arrecato alla societa’, la cui sussistenza era esclusa dal saldo positivo dei flussi finanziari intercorsi tra la stessa ed i soci.
26.1. Con il quinto motivo, il ricorrente lamenta ancora la violazione e/o la falsa applicazione dell’articolo 2392 c.c., nonche’ l’omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione in ordine a un punto decisivo della controversia, rilevando che, nell’estendere agli amministratori sprovvisti di delega la responsabilita’ per la restituzione dei finanziamenti e per la mancata riscossione dei crediti, la sentenza impugnata non ha considerato che, trattandosi di operazioni poste in essere autonomamente all’amministratore delegato, l’adempimento del dovere di vigilanza posto a carico degli altri amministratori avrebbe presupposto che essi fossero stati informati dagli organi esecutivi delle operazioni asseritamente pregiudizievoli o ne avessero avuto conoscenza aliunde, dovendosi invece escludere la loro responsabilita’ nel caso in cui ne fossero stati all’oscuro o non vi fossero sospetti d’irregolarita’ o contrarieta’ agl’interessi della societa’.
27. I predetti motivi sono in parte infondati, in parte inammissibili.
Nel contestare l’accertato depauperamento della societa’ in conseguenza della restituzione dei finanziamenti erogati dai soci, il (OMISSIS) ed il (OMISSIS) ripropongono ancora una volta le critiche mosse alla sentenza di primo grado, ribadendo il gia’ dedotto collegamento funzionale tra i versamenti e le restituzioni e lamentandone la valutazione atomistica, ma omettendo di censurare il rilievo della Corte di merito, secondo cui non era stata dimostrata la causale dei bonifici asseritamente effettuati dai soci al predetto titolo. La sussistenza del predetto collegamento trova d’altronde smentita nell’affermazione dello stesso (OMISSIS) secondo cui i predetti versamenti costituivano finanziamenti a fondo perduto o in conto capitale, la cui destinazione all’incremento del patrimonio netto della societa’ deve ritenersi di per se’ sufficiente ad escludere l’insorgenza di un credito immediatamente esigibile in favore del socio, potendo la restituzione aver luogo soltanto a seguito dello scioglimento della societa’, e nei limiti dell’eventuale attivo del bilancio di liquidazione (cfr. Cass., Sez. 1, 9/12/2015, n. 24861; 23/02/2012, n. 2758; 24/07/2007, n. 16393). Nessun rilievo puo’ conseguentemente assumere neppure la circostanza che l’importo complessivo delle predette restituzioni sia risultato alla fine inferiore a quello dei versamenti eseguiti dai soci in favore della societa’, trattandosi di partite assolutamente indipendenti tra loro, e non suscettibili di compensazione.
Nel censurare l’affermazione della loro responsabilita’ per le predette restituzioni, in relazione all’asserita inerenza delle relative determinazioni alla gestione di cassa della societa’, demandata in via esclusiva all’amministratore delegato, i ricorrenti omettono poi di considerare che, ai sensi dell’articolo 2392 c.c. (nel testo, applicabile ratione temporis alla fattispecie in esame, anteriore alle modifiche introdotte dal Decreto Legislativo 17 gennaio 2003, n. 6), il difetto di delega non esclude il dovere dell’amministratore di vigilare sul generale andamento della societa’, anche nel caso di attribuzione di funzioni al comitato esecutivo o a singoli amministratori delegati, salva la prova che gli altri consiglieri, pur essendosi diligentemente attivati, non abbiano potuto in concreto esercitare detta vigilanza a causa della condotta ostativa degli altri componenti del consiglio (cfr. Cass., Sez. 1, 27/04/2011, n. 9384; 11/11/2010, n. 22911; Cass., Sez. 2, 13/05/2010, n. 11643). Tale obbligo, venuto meno soltanto a seguito della modifica della predetta disposizione da parte del Decreto Legislativo n. 6 cit., fa apparire nella specie giustificata l’affermazione della responsabilita’ dei ricorrenti anche per la gestione di cassa della societa’, il cui affidamento in via esclusiva all’amministratore delegato non li esonerava dalla responsabilita’ per le indebite restituzioni poste in essere da quest’ultimo, non essendo stato neppure dedotto il compimento di atti ostativi all’esercizio del potere di vigilanza.
28. Con il quarto motivo del suo ricorso, il (OMISSIS) denuncia la violazione e la falsa applicazione degli articoli 2392 e 2407 c.c. e degli articoli 101, 112, 163, 183 e 184 c.p.c., censurando la sentenza impugnata per aver omesso di rilevare la genericita’ degli addebiti mossi ai sindaci, ai quali era stata ascritta la mera inosservanza dei doveri loro incombenti, in luogo di ben individuati comportamenti illegittimi, attivi o omissivi.
28.1. Il motivo e’ infondato.
In tema di responsabilita’ dei sindaci, questa Corte ha gia’ avuto modo di affermare che, ai fini dell’inosservanza del dovere di vigilanza, previsto dall’articolo 2407 c.c., comma 2, non occorre l’individuazione di specifici comportamenti che si pongano espressamente in contrasto con tale dovere, ma e’ sufficiente che essi non abbiano rilevato una macroscopica violazione o comunque non abbiano in alcun modo reagito di fronte ad atti di dubbia legittimita’ e regolarita’, cosi’ da non adempiere l’incarico con diligenza, correttezza e buona fede, eventualmente anche segnalando all’assemblea le irregolarita’ di gestione riscontrate o denunziando i fatti al Pubblico Ministero per consentirgli di provvedere ai sensi dell’articolo 2409 c.c., in quanto puo’ ragionevolmente presumersi che il ricorso a siffatti rimedi, o anche solo la minaccia di farlo per l’ipotesi di mancato ravvedimento operoso degli amministratori, avrebbe potuto essere idoneo ad evitare (o, quanto meno, a ridurre) le conseguenze dannose della condotta gestoria (cfr. Cass., Sez. 1, 13/06/2014, n. 13517; 11/11/2010, n. 22911).
Cio’ posto, e richiamate le considerazioni gia’ svolte in riferimento alla domanda proposta nei confronti degli amministratori, non merita censura la sentenza impugnata, nella parte in cui ha ritenuto che la specificazione delle irregolarita’ addebitate agli amministratori nell’atto di citazione fosse sufficiente anche ai fini dell’individuazione della causa petendi della domanda proposta nei confronti dei sindaci, tenuti a risponderne anch’essi in solido con gli amministratori, per violazione dell’obbligo di vigilare, con professionalita’ e diligenza, sull’osservanza della legge e dello statuto e sul rispetto dei principi di correttezza amministrativa nella gestione della societa’.
29. Con il quinto motivo, il (OMISSIS) deduce la violazione e la falsa applicazione degli articoli 2392 e 2407 c.c., nonche’ l’insufficiente motivazione in ordine a un fatto controverso e decisivo per il giudizio, sostenendo che, nell’affermare la responsabilita’ dei sindaci, la sentenza impugnata ha omesso di procedere all’accertamento del nesso causale tra l’inadempimento del dovere di vigilanza posto a loro carico ed il danno subito dalla societa’, ed in particolare di verificare se la condotta doverosa avrebbe consentito di evitare o ridurre il predetto pregiudizio. L’appostazione in bilancio del contributo all’editoria, nonostante l’intervenuta cessione del credito, non costituiva infatti di per se’ un danno, ma una mera irregolarita’, suscettibile di sanatoria mediante la rettifica del bilancio ed il conseguente ripianamento della perdita da parte dei soci, ovvero mediante la liquidazione della societa’. Quanto alla mancata riscossione dei crediti vantati dalla societa’ nei confronti della (OMISSIS), la stessa Corte d’appello ha dato atto dell’ininfluenza dei rilievi formulati dal collegio sindacale, la cui efficacia emergeva invece dalla relazione del c.t.u., che riportava l’incremento successivamente verificatosi nella percentuale dei crediti riscossi. In ordine alla restituzione dei finanziamenti, la sentenza impugnata ha infine omesso di accertare se, per le caratteristiche concrete, le finalita’ perseguite, gl’interessi implicati e la reale intenzione delle parti, i versamenti effettuati dai soci fossero stati eseguiti per un titolo che ne implicava la restituzione, trascurando inoltre gl’interventi compiuti dal collegio sindacale, a seguito dei quali l’assemblea dei soci aveva infine deliberato il ripianamento delle perdite.
30. La censura va esaminata congiuntamente a quelle di cui al terzo, al quarto, al quinto ed al sesto motivo del ricorso incidentale proposto dai (OMISSIS).
30.1. Con il terzo motivo, i controricorrenti lamentano la nullita’ della sentenza impugnata, per violazione degli articoli 118 e 132 c.p.c., nonche’ l’omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione in ordine a un fatto controverso e decisivo per il giudizio, rilevando che l’affermazione dell’esistenza di un danno subito dalla societa’ per effetto della violazione da parte dei sindaci dei doveri di controllo e vigilanza sulla gestione sociale a loro incombenti si pone in contrasto con l’esclusione del nesso causale tra l’attivita’ degli amministratori e dei sindaci ed il dissesto della societa’. Aggiungono che, nell’imputare ai sindaci la sopravvenienza del passivo, la Corte d’appello non ha valutato se la loro condotta abbia effettivamente causato il fallimento della societa’, alla luce dell’antieconomicita’ della gestione, del ripianamento delle relative perdite da parte dei soci e della sopravvenuta impossibilita’ di provvedervi a seguito dell’arresto del dominus del gruppo d’imprese di cui faceva parte la societa’.
30.2. Con il quarto motivo, i (OMISSIS) denunciano la violazione e la falsa applicazione degli articoli 2403 e 2407 c.c., sostenendo che, nell’addebitare ai sindaci la perdita del contributo per l’editoria, la sentenza impugnata si e’ limitata a dare atto della mancata certificazione del bilancio, senza curarsi di accertare se tale evento fosse stato determinato dalla mancanza dei requisiti prescritti dalla legge. Aggiungono che il medesimo evento non aveva arrecato alcun danno alla societa’, in quanto il contributo era stato ceduto alla Banca (OMISSIS), la quale non aveva esercitato il diritto alla garanzia, non essendosi insinuata al passivo del fallimento. Parimenti, la societa’ non aveva subito alcun danno per la restituzione dei finanziamenti ai soci, in quanto il saldo tra finanziamenti e rimborsi era risultato positivo. Affermano infine che la Corte d’appello ha omesso di valutare le ragioni addotte a giustificazione della mancata riscossione dei crediti vantati dalla societa’ nei confronti della (OMISSIS), consistenti nell’opportunita’ di evitare la rottura dei rapporti con la debitrice, nell’appartenenza di entrambe le societa’ al medesimo gruppo d’imprese ed nel ripianamento delle perdite da parte dei soci.
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