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Sulla scia di questa decisione, nel qual senso possono leggersi anche Cass. 20 settembre 2013, n. 21668, Cass. 23 maggio 2014, n. 11448 e Cass. 15 giugno 2015, n. 12326, e’ stato affermato che le sezioni specializzate per le imprese, “non dispongono di una propria autonoma competenza nei riguardi dell’articolazione dell’ufficio giudiziario cui appartengono: l’elemento decisivo per pervenire a tale conclusione e’ contenuto nel Decreto Legislativo n. 168 del 2003, articolo 2, comma 2 ove si stabilisce che “ai giudici delle sezioni specializzate puo’ essere assegnata, rispettivamente dal Presidente del tribunale o della corte d’appello, anche la trattazione di processi diversi, purche’ cio’ non comporti ritardo nella trattazione e decisione dei giudizi in materia di impresa”. In altri termini le sezioni specializzate possono essere, ed in molti casi lo sono, delle sezioni “miste” in cui possono essere trattate sia materie riguardanti la competenza esclusiva in materia di impresa che cause ordinarie rientranti nella normale sfera di competenza del Tribunale. Cio’ dimostra che la competenza specializzata resta comunque inserita nell’ambito dell’articolazione dell’ufficio giudiziario e non da’ luogo ad una competenza separata. Un ulteriore argomento lo si deduce dal Decreto Legislativo n. 168 del 2003, articolo 3 che espressamente qualifica come competenza per materia quella delle sezioni per le imprese, alla stessa stregua dell’articolo 413 c.p.c. che attribuisce la competenza a decidere sui rapporti di cui all’articolo 409 c.p.c. al giudice del lavoro nonche’ della L. Fall., articolo 24 che stabilisce la competenza del tribunale fallimentare a decidere di tutte le controversie che derivano dal fallimento. Anche il fatto che in conformita’ al “processo del lavoro” e in difformita’ dal “processo agrario”, l’organo giudicante non sia integrato da componenti non togati, ma ne viene solamente stabilito (peraltro non senza eccezioni) il carattere collegiale, analogamente a quanto stabilito, per il procedimento ordinario, dall’articolo 50 bis c.p.c. costituisce elemento che induce a ritenere la non assimilabilita’ della sezione specializzata per le imprese a quelle agrarie. Il Collegio non ignora qualche precedente in senso contrario (Cass. 24 luglio 2015, n. 15619) che fa leva sulla necessita’ di eliminare una asimmetria di trattamento tra i casi in cui il Tribunale per le imprese sia o meno costituito presso il Tribunale ordinario, ma ritiene di confermare l’orientamento assolutamente maggioritario per le ragioni sopra esposte, rilevando che in ogni caso il controllo sulla materia da assegnare alle sezioni viene pur sempre effettuato dal capo dell’Ufficio (preposto per legge a tale compito) ed alle parti non e’ comunque vietato di interloquire (Cass. 7 marzo 2017, n. 5656; da ult. Cass. 24 novembre 2017, n. 28167; Cass. 24 maggio 2017, n. 13138).

Alla soluzione secondo cui il rapporto tra sezione ordinaria e sezione specializzata si pone in termini di ripartizione degli affari nell’ambito del medesimo ufficio ha infine aderito con diffusa motivazione Cass. 23 ottobre 2017, n. 25059, aggiungendo pero’ che: “se una controversia assegnata alle sezioni specializzate delle imprese sia promossa dinanzi a tribunali diversi da quelli in cui sono presenti dette sezioni, la pronunzia non puo’ essere che di incompetenza perche’ si e’ adito l’ufficio giudiziario anche territorialmente sbagliato”. A dire il vero, neppure quest’ultima decisione, nel riconoscere che la questione si pone in termini di competenza almeno nel caso in cui entrino in gioco due tribunali diversi, contiene una replica all’osservazione svolta da Cass. 24 luglio 2015, n. 15619, secondo cui, determina una inspiegabile “asimmetria del sistema” la soluzione che vede ricorrere una questione di competenza nel solo caso in cui la sezione specializzata sia istituita presso il medesimo tribunale in ogni caso competente.

Ne’ persuade la valorizzazione del Decreto Legislativo n. 168 del 2003, articolo 2, comma 2, (“Ai giudici delle sezioni specializzate puo’ essere assegnata, rispettivamente dal Presidente del tribunale o della corte d’appello, anche la trattazione di processi diversi, purche’ cio’ non comporti ritardo nella trattazione e decisione dei giudizi in materia di proprieta’ industriale ed intellettuale”), che non sembra affatto possa essere inteso nel senso che le sezioni specializzate siano sezione “miste” (cosi’ invece Cass. 23 ottobre 2017, n. 25059), giacche’ la trattazione di processi diversi, alla luce del chiaro dato normativo, non e’ affidata alla sezione, ma ai magistrati che la compongono: la norma riguarda dunque la struttura organizzativa della sezione specializzata e mira ad evitare le criticita’, soprattutto sul piano del riparto dei carichi di lavoro, che potrebbero verificarsi se i magistrati delle sezioni specializzate non potessero essere addetti alla trattazione di altri processi, e non sembra avere nulla a che vedere con la qualificazione del rapporto tra sezione specializzata e tribunale di cui si discorre. Del resto, la scontata possibilita’ di assegnare simultaneamente lo stesso magistrato alla sezione agraria e ad una sezione diversa non esclude affatto e non ha mai escluso che il rapporto tra l’una nell’altra si ponga in termini di competenza.

Il punto centrale, rettamente individuato dalle due meno recenti sentenze citate rimane concentrato allora in cio’, che le sezioni specializzate non sono dislocate presso ogni tribunale e corte d’appello, ma solo presso alcuni di essi, sicche’ tali sezioni specializzate sono investite di una peculiare competenza per materia e per territorio, che si estende ad un bacino ben piu’ ampio di quello del tribunale o della corte d’appello presso cui sono istituite: esse, cioe’, dispongono cosi’ di una propria autonoma competenza, quale misura della giurisdizione, diversa e piu’ ampia da quella dell’ufficio giudiziario presso cui sono istituite, e sono cioe’ competenti, in parte, riguardo a controversie (quelle che, sulla base dei criteri di cui agli articoli 18-20 c.p.c., nonche’ delle altre disposizioni in tema di competenza eventualmente applicabili, si radicherebbero in altro circondario o distretto) per le quali il tribunale e la corte d’appello di appartenenza non lo sarebbero.

Ed in effetti, in dottrina si e’ ritenuto non revocabile in dubbio che il rapporto tra il tribunale presso il quale e’ istituita la sezione specializzata e quello nel cui ambito tali sezioni non sono istituite involga, in senso proprio, una questione di competenza. E non e’ agevole comprendere, secondo quanto gia’ osservato da Cass. 24 luglio 2015, n. 15619, come la medesima identica questione possa porsi in termini di competenza ovvero di interna ripartizione del medesimo ufficio a seconda che vi sia o non vi sia coincidenza tra l’ambito territoriale di competenza del tribunale o della corte d’appello, da un lato, e della sezione specializzata dall’altro.

Non e’ poi e’ neppur vero che il legislatore abbia utilizzato, nel riferirsi alle sezioni specializzate, una formulazione analoga a quella impiegata per il processo del lavoro, giacche’, come gia’ osservato gia’ da Cass. 25 settembre 2009, n. 20690, l’articolo 413 c.p.c. discorre di competenza del tribunale “in funzione” di giudice del lavoro, il che pone l’accento sulla posizione del giudice del lavoro, quale giudice appartenente al tribunale, ma addetto ad una specifica “funzione”.

A rincalzo della prima delle soluzioni riassunte va aggiunto che, se il rapporto tra sezione specializzata e sezione ordinaria dovesse porsi in termini di ripartizione interna dell’ufficio, non sarebbe configurabile sul punto una statuizione sulla competenza, e conseguentemente non sarebbe ammissibile il ricorso per regolamento, ma l’interessato potrebbe soltanto limitarsi a sollecitare lo spostamento della causa dall’una all’altra sezione mediante un provvedimento del presidente del tribunale, il che – in particolare in ipotesi di controversie radicata dinanzi alla sezione ordinaria – priverebbe le parti del controllo della Corte di cassazione, in una materia in cui il legislatore ha viceversa affidato alla creazione delle sezioni specializzate un rilievo centrale nella pronta, e appunto specializzata, definizione di controversie, quelle in materia di impresa, in ragione della peculiarita’ ed importanza di esse.

Il Collegio, infine, e’ consapevole delle criticita’ che la soluzione adottata presenta e che, probabilmente, sono alla base del diverso orientamento seguito da questa Corte: e cioe’ che, qualificato il rapporto tra sezione specializzata e sezione ordinaria in termini di competenza, il regolamento di competenza possa prestarsi ad un uso strumentale, volto ad allungare i termini di processi che il legislatore vuole invece particolarmente celeri. Ma, oltre ad osservarsi che l’eccezione di incompetenza non impedisce, per esigenze di effettivita’, il rilascio di una misura cautelare, dal momento che la tutela cautelare e’ inutile se non viene data in limine, anche da un giudice incompetente (Cass. 9 aprile 1999, n. 3473), deve evidenziarsi che l’attuale assetto dell’eccezione di incompetenza, da adottarsi con ordinanza, unitamente alla previsione dell’articolo 383 ter c.p.c., sembra idonea a garantire una sufficientemente rapida definizione della questione ed a paralizzare eventuali iniziative strumentali.

In ogni caso, qui, a fronte di una controversia instaurata presso il Tribunale di Milano e che, ove sottratta alla competenza della sezione specializzata, avrebbe dovuto essere instaurata presso il Tribunale di Brescia, non si tratta neppure di stabilire se, in generale, il rapporto tra la sezione specializzata ed il tribunale si ponga in termini di ripartizione interna degli affari ovvero di competenza, essendo sufficiente fare applicazione del principio, che appare incontrovertibile, affermato da Cass. 23 ottobre 2017, n. 25059, secondo cui: “se una controversia assegnata alle sezioni specializzate delle imprese sia promossa dinanzi a tribunali diversi da quelli in cui sono presenti dette sezioni, la pronunzia non puo’ essere che di incompetenza perche’ si e’ adito l’ufficio giudiziario anche territorialmente sbagliato”.

2.1.2. – Cio’ detto, la controversia esorbita senz’altro dall’ambito circoscritto dal Decreto Legislativo 27 giugno 2003, n. 168, articolo 3 nel testo applicabile ratione temporis.

L’originaria attrice ha difatti promosso il giudizio assumendo di occuparsi della stampa di tessuti e lamentando che la convenuta, avendo ottenuto la consegna di alcuni campioni dei disegni stampati dall’attrice, ne avrebbe copiati alcuni, ponendo in commercio trapunte in tal modo ornate, sicche’ la stessa convenuta avrebbe posto in essere una condotta di concorrenza sleale, o per imitazione servile, o per violazione delle regole della correttezza, ai sensi dell’articolo 2598 c.c., nn. 1 e 3: essa, viceversa, non ha neppure allegato di essere titolare di diritti di privativa, ossia di diritti di proprieta’ industriale acquistati “mediante brevettazione, mediante registrazione o negli altri modi previsti dal presente codice” (articolo 2 del codice della proprieta’ industriale, Decreto Legislativo 10 febbraio 2005, n. 30), posti a sostegno della domanda spiegata.

Orbene, il Decreto Legislativo 27 giugno 2003, n. 168, articolo 3 attribuiva alle sezioni specializzate per la proprieta’ industriale le controversie in materia “di concorrenza sleale interferenti con la tutela della proprieta’ industriale ed intellettuale”. Sicche’, in breve, la competenza delle sezioni specializzate si radicava in presenza di concorrenza sleale “interferente” e non invece di concorrenza sleale c.d. “pura”. Analoga questione si ripropone, oggi, dopo l’istituzione delle sezioni specializzate in materia di impresa, in relazione all’articolo 134 del codice della proprieta’ industriale.

In tale quadro questa Corte ha avuto ad esempio modo di affermare, ribadendo un orientamento fermo, che appartiene al tribunale ordinario, e non alle sezioni specializzate, ai sensi del Decreto Legislativo n. 168 del 2003, articolo 3 la competenza a decidere sulla domanda di accertamento di un’ipotesi di concorrenza sleale in cui la prospettata lesione degli interessi della societa’ danneggiata riguardi l’appropriazione, mediante storno di dirigenti, di informazioni aziendali, di processi produttivi e di esperienze tecnico-industriali e commerciali (cd. know how aziendale, in senso ampio), ma non sia ipotizzata la sussistenza di privative o altri diritti di proprieta’ intellettuale, direttamente o indirettamente risultanti quali elementi costitutivi, o relativi all’accertamento, dell’illecito concorrenziale (Cass. 9 maggio 2017, n. 11309). In tema di competenza delle sezioni specializzate in materia di proprieta’ industriale ed intellettuale, ai sensi del Decreto Legislativo 27 giugno 2003, n. 168, articolo 3, si ha cioe’ interferenza tra fattispecie di concorrenza sleale e tutela della proprieta’ industriale o intellettuale sia nelle ipotesi in cui la domanda di concorrenza sleale si presenti come accessoria a quella di tutela della proprieta’ industriale e intellettuale, sia in tutte le ipotesi in cui, ai fini della decisione sulla domanda di repressione della concorrenza sleale o di risarcimento dei danni, debba verificarsi se i comportamenti asseritamente di concorrenza sleale interferiscano con un diritto di esclusiva. Ne consegue che la competenza delle sezioni specializzate va negata nei soli casi di concorrenza sleale c.d. pura, in cui la lesione dei diritti riservati non sia, in tutto o in parte, elemento costitutivo della lesione del diritto alla lealta’ concorrenziale, tale da dover essere valutata, sia pure incidenter tantum, nella sua sussistenza e nel suo ambito di rilevanza (fra le varie, Cass. 23 settembre 2013, n. 21762).

E dunque da ritenere che, laddove la titolarita’ di un diritto di privativa non sia stato oggetto neppure di allegazione da parte del preteso danneggiato da condotte di concorrenza sleale, la configurabilita’ di condotta sleale “interferente” debba in radice escludersi, sicche’ ha errato la Corte d’appello ad affermare l’irrilevanza della “circostanza che si tratti di disegni non registrati e quindi sottratti alla tutela brevettuale, proprio perche’ (OMISSIS) non ha svolto un’azione diretta all’accertamento di un suo diritto di proprieta’ industriale, ma si e’ limitata a contestare ipotesi di concorrenza sleale riferiti all’uso scorretto dÃÆ’­ quei disegni”. Non v’e’ dubbio, al contrario, non trattandosi, gia’ sul piano dell’allegazione, gli disegni protetti ai sensi del codice della proprieta’ industriale, che la controversia ha ad oggetto un’ipotetica concorrenza sleale “pura”, cosi’ rimessa alla competenza del tribunale ordinario.

2.2. – Gli altri motivi sono assorbiti.

3. – La sentenza e’ cassata e rinviata al Tribunale di Brescia, dichiarato competente, che provvedera’ anche sulle spese di questo giudizio di legittimita’.

P.Q.M.

accoglie il primo motivo di ricorso, assorbiti gli altri, cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia anche per le spese al Tribunale di Brescia, di cui dichiara la competenza

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