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5. Fondato e’ anche il rilievo sull’intervenuta estinzione del reato ex articolo 615 ter c.p., per perenzione del relativo termine massimo di prescrizione, consumatosi, tenuto conto degli atti interruttivi e delle disposte sospensioni del relativo decorso, il 3.12.2015, nelle more del deposito della motivazione della sentenza impugnata, intervenuto il 16.6.2016.
Di conseguenza, in ossequio al principio della immediata declaratoria di determinate cause di non punibilita’ sancito dall’articolo 129 c.p.p., e non ricorrendo, al tempo stesso, alcuna causa di inammissibilita’ del ricorso presentato nell’interesse della (OMISSIS), l’intervenuta estinzione per prescrizione va rilevata in questa sede, con conseguente annullamento senza rinvio della sentenza impugnata sul punto, agli effetti penali, non risultando, peraltro, nessuna delle ipotesi previste dall’articolo 129 c.p.p., comma 2, che imporrebbero una pronuncia piu’ favorevole nei confronti della ricorrente.
6. In relazione alle statuizioni civili, relative al delitto di cui all’articolo 615 ter c.p., su cui questo Collegio deve comunque pronunciarsi ai sensi dell’articolo 578 c.p.p., nei limiti dei motivi di impugnazione proposti dall’imputata, va rilevata l’infondatezza delle doglianze difensive, con conseguente rigetto del ricorso e conferma delle relative statuizioni civili. Ed invero, premesso che risulta del tutto indimostrato l’assunto difensivo sulla titolarita’ in capo a soggetto diverso dalla parte civile, della casella di posta elettronica violata (che non risulta nemmeno aver formato oggetto di uno specifico motivo di appello), in quanto le indagini effettuate dalla polizia postale hanno acclarato che il titolare della suddetta casella era (OMISSIS), ex coniuge dell’imputata (cfr. p. 3 della sentenza di appello), va rilevato che l’accertata conoscenza, da parte della (OMISSIS), della password di accesso alla casella elettronica precedentemente impostata dall’ (OMISSIS), non esclude la sussistenza del reato in questione.
Come e’ noto, infatti, integra il reato di cui all’articolo 615 ter c.p., la condotta di colui che accede abusivamente all’altrui casella di posta elettronica, trattandosi di una spazio di memoria, protetto da una password personalizzata, di un sistema informatico destinato alla memorizzazione di messaggi, o di informazioni di altra natura, nell’esclusiva disponibilita’ del suo titolare, identificato da un account registrato presso il provider del servizio (cfr. Cass., sez. 5, 28.10.2015, n. 13057, rv. 266182).
Nel caso in esame la circostanza che la ricorrente fosse a conoscenza della password di accesso al sistema informatico non esclude il carattere abusivo dei due accessi da lei effettuati, in considerazione del risultato ottenuto – palesemente in contrasto con la volonta’ del titolare della casella elettronica – di determinare “il cambio della password con impostazione di una nuova domanda di recupero ed inserimento della frase” ingiuriosa “quando lo hai preso nel kulo”.
Ne consegue che correttamente la corte territoriale, nell’evidenziare, inoltre, come gli accessi abusivi abbiano anche temporaneamente escluso l’ (OMISSIS) dal fruizione del servizio di posta elettronica, ha concluso nel senso di ritenere “pienamente provato il superamento da parte dell’imputata dei limiti intrinseci connessi con la conoscenza della password” (cfr. p. 4).
Come affermato, infatti, dall’orientamento dominante nella giurisprudenza di legittimita’, integra la fattispecie criminosa di accesso abusivo ad un sistema informatico o telematico protetto, prevista dall’articolo 615 ter c.p., la condotta di accesso o di mantenimento nel sistema posta in essere da soggetto che, pure essendo abilitato, violi le condizioni e di limiti risultanti dal complesso delle prescrizioni impartite dal titolare del sistema per delimitarne oggettivamente l’accesso (cfr., ex plurimis, Cassazione penale, sez. un., 27/10/2011, n. 4694, rv 251270).
E certo non puo’ ritenersi rispettosa delle regole dettate dal titolare della casella elettronica per consentirne l’accesso, la condotta di chi utilizza la password, fosse anche ottenuta con il consenso del titolare, per modificarla indebitamente, impedendo a quest’ultimo di accedervi.
7. Non essendo la (OMISSIS) totalmente soccombente nel presente giudizio, la stessa non va condannata al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata con riferimento alla imputazione di cui all’articolo 594 c.p., perche’ il fatto non e’ previsto come reato; annulla senza rinvio la medesima sentenza ai fini penali, in relazione all’imputazione di cui all’articolo 615 ter c.p., perche’ estinto per prescrizione; rigetta il ricorso ai fini civili con riferimento a tale ultimo reato.

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