Corte di Cassazione, sezione lavoro, ordinanza 27 febbraio 2018, n. 4533. La fusione comporta, nei rapporti tra le due societa’ (incorporante ed incorporata), una successione a titolo universale, pur regolata esclusivamente dalla volonta’ delle societa’ partecipanti

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Che il motivo e’ fondato, avendo la sentenza impugnata semplicemente e contraddittoriamente ritenuto per un verso che il riconoscimento dell’assegno ad personam derivava da “un accordo individuale esplicitato nella lettera di assunzione”, senza chiarirne affatto il contenuto e limitandosi a tale mera asserzione, ed in particolare gli elementi da cui poteva ritenersi trattare di assegno non riassorbibile in quanto erogato “intuitu personae” (sull’obbligo del giudice di merito di esporre le ragioni del proprio convincimento, cfr. da ultimo Cass. n. 9113/12); per altro verso che era sufficiente a tal fine che detto assegno fosse percepito presso la precedente datrice di lavoro (OMISSIS) perche’ l’incorporazione non da’ luogo ad alcuna novazione del rapporto di lavoro, ma alla sua prosecuzione con conseguente assunzione da parte del subentrante degli obblighi assunti esistenti nei confronti dei lavoratori, restando indimostrato quel che doveva essere dimostrato e cioe’ che l’erogazione dell’assegno de quo fosse stato erogato “intuitu personae” e dunque non fosse riassorbibile.

Che del resto questa Corte ha piu’ volte affermato che la fusione comporta (nel testo anteriore alle modifiche introdotte, dal 1 gennaio 2004, dal Decreto Legislativo 17 gennaio 2003, n. 6, secondo cui la fusione tra societa’ si risolve in una vicenda meramente evolutivo-modificativa dello stesso soggetto giuridico, che conserva la propria identita’, pur in un nuovo assetto organizzativo, Cass. sez.un. 17 settembre 2010 n. 19698), nei rapporti tra le due societa’ (incorporante ed incorporata), una successione a titolo universale (Cass. 22 marzo 2010 n. 6845), pur regolata esclusivamente dalla volonta’ delle societa’ partecipanti, Cass. sez.un. n.19698 del 2010, mentre con riferimento ai rapporti di lavoro essa non puo’ che essere disciplinata dall’articolo 2112 c.c. (cfr. Cass. n. 10614/2011) che ha peraltro soggiunto che l’applicazione del principio statuito dalla citata norma (secondo il quale ai lavoratori che passano alle dipendenze dell’impresa incorporante si applica il contratto collettivo che regolava il rapporto di lavoro presso l’azienda cedente) vale solo nel caso in cui l’impresa cessionaria non applichi alcun contratto collettivo, mentre, in caso contrario, la contrattazione collettiva dell’impresa cedente e’ sostituita immediatamente ed in tutto da quella applicata nell’impresa cessionaria anche se piu’ sfavorevole. Che la sentenza impugnata ha dunque contraddittoriamente ed insufficientemente fatto discendere dalla sola asserzione dell’esistenza di un patto scritto e dalla prosecuzione del rapporto di lavoro de quo, il mantenimento in forma piena e senza riassobimento, di un assegno ad personam goduto presso la societa’ incorporata, senza alcuna effettiva verifica del titolo di tale mantenimento, e senza peraltro valutare l’eventuale diversa disciplina collettiva applicata.

Non rileva qui che con sentenza n. 17861/16 questa Corte abbia deciso similare controversia in senso favorevole al lavoratore, risultando che in quel caso la Corte di merito aveva accertato adeguatamente che l’assegno venne corrisposto intuitu personae e con esplicita clausola di non riassorbibilita’.

Che la sentenza impugnata deve essere pertanto cassata, restando assorbita la seconda censura, con rinvio ad altro giudice, in dispositivo indicato, affinche’ accerti, alla luce dei principi esposti, la sussistenza o meno del diritto del (OMISSIS) al mantenimento in cifra fissa dell’assegno ad persona de quo. Lo stesso giudice provvedera’ anche alla regolamentazione delle spese, comprese quelle del presente giudizio di legittimita’.

P.Q.M.

La Corte accoglie il primo motivo di ricorso e dichiara assorbito il secondo. Cassa la sentenza impugnata in relazione alla censura accolta e rinvia, anche per le spese, alla Corte d’appello di Roma in diversa composizione.

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