Suprema Corte di Cassazione
sezione II
sentenza 9 febbraio 2016, n. 2574
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. PICCIALLI Luigi – Presidente
Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Consigliere
Dott. ORILIA Lorenzo – rel. Consigliere
Dott. ORICCHIO Antonio – Consigliere
Dott. CORRENTI Vincenzo – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 10313-2011 proposto da:
(OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA P.ZZA CAVOUR presso la CORTE di CASSAZIONE rappresentato e difeso dall’avvocato (OMISSIS);
– ricorrente –
contro
(OMISSIS) (OMISSIS), elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentata e difesa dall’avvocato (OMISSIS);
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 1286/2010 della CORTE D’APPELLO di GENOVA, depositata il 13/12/2010;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 10/12/2015 dal Consigliere Dott. ORILIA Lorenzo;
udito l’Avvocato (OMISSIS), con delega depositata in udienza dell’Avvocato (OMISSIS) che ha chiesto l’accoglimento del ricorso;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. CAPASSO Lucio che ha concluso per il rigetto del ricorso.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con atto 1.8.1997 (OMISSIS) convenne davanti al Pretore di Massa il vicino (OMISSIS) Luigi (OMISSIS)
(OMISSIS)
(OMISSIS) (OMISSIS) (costituitasi in giudizio quale erede dell’originaria attrice, frattanto deceduta).
La sentenza, impugnata dal (OMISSIS), venne confermata dalla Corte d’Appello di Genova con sentenza 7 – 13.12.2010 sulla base delle seguenti argomentazioni:
– come accertato dal CTU, il piano terra era preesistente all’entrata in vigore del PRG approvato nel 1980 e gli ampliamenti erano stati realizzati tra il 1970 e il 1974;
– il primo piano era in parte a distanza inferiore ai cinque metri dal confine previsti dal nuovo piano regolatore;
– la scrittura privata di transazione era stata prodotta tardivamente dal (OMISSIS) in sede di precisazione delle conclusioni e comunque un eventuale patto derogatorio del regime delle distanze previste dagli strumenti urbanistici era nullo, in considerazione del carattere pubblicistico degli interessi tutelati;
– non trovava applicazione la disciplina del Decreto Ministeriale 2 aprile 1968 in quanto sin dal 1941 era vigente in Massa il piano regolatore introdotto dalla legge 147/1941 che imponeva anch’esso il rispetto di tali distanze dal confine;
– non trovava applicazione il principio del ne bis in idem con riferimento alla sentenza 538/09, prodotta tardivamente e non ancora passata in giudicato, oltre che relativa ad altro immobile dell’attrice;
– l’eccezione di acquisto per usucapione della servitu’ di tenere il fabbricato a distanza inferiore era nuova perche’ mai sollevata in primo grado.
Contro questa sentenza il (OMISSIS) ricorre per cassazione con tre motivi illustrati da memoria ex articolo 378 c.p.c. a cui resiste la (OMISSIS) con controricorso.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1 Va innanzitutto rilevata l’infondatezza delle eccezioni preliminari sollevate nel controricorso della (OMISSIS) in ordine alla notifica dell’impugnazione (la notifica del ricorso per cassazione risulta eseguita dall’ufficiale giudiziario addetto al Tribunale di Massa, mentre la sentenza e’ stata pronunciata dalla Corte d’Appello di Genova; inoltre, e’ stata eseguita mediante consegna di copia in Massa al difensore di ” (OMISSIS)” e di altra copia a (OMISSIS) nella sua residenza in Massa, anziche’ presso il procuratore costituito avanti la Corte d’Appello di Genova, in Genova. Ancora, si segnala che nel ricorso di (OMISSIS) non vi e’ elezione di domicilio in Roma.
Queste eccezioni sono prive di fondamento.
In materia di notificazione, per il combinato disposto del Decreto del Presidente della Repubblica 15 dicembre 1959, n. 1229, articolo 106 e articolo 107, comma 2, costituisce principio fondamentale quello dell’attribuzione concorrente della potesta’ notificatoria all’ufficiale giudiziario del luogo in cui deve essere eseguita la notificazione ed a quello addetto all’autorita’ giudiziaria competente a conoscere della causa cui attiene la notificazione, il quale ultimo puo’ operare anche fuori della circoscrizione territoriale, ma solo a mezzo del servizio postale. E’, quindi, perfettamente valida la notificazione di un ricorso per Cassazione eseguita dagli ufficiali giudiziari addetti, agli uffici giudiziari dei domicili eletti dagli intimati presso i loro difensori. (Sez. L, Sentenza n. 940 del 04/02/1983 (Rv. 425705; Conf 5663/80, mass n. 409514).
Nel caso di specie il ricorso e’ stato notificato alla (OMISSIS) in (OMISSIS), nel domicilio eletto presso il difensore avv. (OMISSIS) (v. relata di notifica e sentenza impugnata) ed anche personalmente ai sensi dell’articolo 140 c.p.c.. sempre in Massa (v. relata di notifica).
La notifica e’ avvenuta dunque nel rispetto del principio di cui all’articolo 330 c.p.c., comma 1 (secondo cui in caso di mancata elezione di domicilio nell’atto di notificazione della sentenza, l’impugnazione si notifica ai sensi dell’articolo 170 c.p.c. presso il procuratore costituito o nella residenza dichiarata o nel domicilio eletto per il giudizio).
Comunque, non si verte nelle ipotesi di cui all’articolo 160 c.p.c. (ove sono indicati i casi di nullita’ della notificazione) e in ogni caso la regolare costituzione della (OMISSIS) avrebbe pur sempre sanato ogni irregolarita’ della notifica, per il principio generale della conservazione degli atti e del raggiungimento dello scopo (articolo 156 c.p.c., u.c.).
La mancata elezione di domicilio in Roma, infine, fa scattare solo il meccanismo notificatorio di cui all’articolo 366 c.p.c., comma 2 (che prevede la Cancelleria della corte di cassazione quale luogo delle successive notificazioni).
1.1 Venendo all’esame dei motivi di ricorso, sempre per ragioni di priorita’ logica e’ opportuno partire dall’esame della seconda censura con cui il (OMISSIS) lamenta ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., n. 5 insufficienza della motivazione circa un punto decisivo della controversia e, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., n. 3., violazione e falsa applicazione dell’articolo 324 c.p.c..
Ripropone la questione del precedente giudicato sulla validita’ della scrittura transattiva del 1.2.1995 sulla regolamentazione della distanza legale, rimproverando alla Corte di Appello di non aver considerato che la relativa eccezione e’ rilevabile di ufficio in ogni stato e grado del processo.
Il motivo e’ inammissibile per difetto di specificita’ ai sensi dell’articolo 366 c.p.c.: al fine di ritenere integrato il requisito della cosiddetta autosufficienza del motivo di ricorso per cassazione, quando esso concerna la valutazione da parte del giudice di merito di atti processuali o di documenti, e’ necessario specificare la sede in cui nel fascicolo d’ufficio o in quelli di parte essi siano rinvenibili, sicche’, in mancanza, il ricorso e’ inammissibile per l’omessa osservanza del disposto di cui all’articolo 366 c.p.c., comma 1, n. 6), c.p.c. (Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 22607 del 24/10/2014 Rv. 633219; Sez. U, Sentenza n. 22726 del 03/11/2011 Rv. 619317).
Nel caso in esame, il ricorso non solo non indica, neppure per sintesi, il contenuto della scrittura, ma non fornisce alcun elemento per consentire il reperimento, addossando alla Corte di Cassazione l’onere di ricerca, reperimento e di estrapolazione delle parti che dovrebbero supportare la tesi difensiva.
Parimenti la sentenza a cui si riferisce il ricorrente neppur risulta allegata.
2 Passando all’esame del primo motivo, osserva la Corte che con esso il (OMISSIS) deduce ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., n. 5 contraddittorieta’ e insufficienza della motivazione nonche’ ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., n. 3. violazione e falsa applicazione della Legge n. 147 del 1941 e dell’articolo 873 c.c.. Rileva che, contrariamente a quanto affermato dalla Corte d’Appello, l’opera doveva ritenersi a distanza regolamentare, trovando applicazione il regime delle distanze di cui all’articolo 873 c.c., in quanto – come si evince dalla documentazione allegata alla domanda di condono – il fabbricato venne realizzato prima dell’entrata in vigore del piano regolatore del 1972, che, peraltro neppure imponeva distanze dai confini, ma solo il rispetto del Decreto Ministeriale n. 1444 del 1968 (cioe’ la distanza di dieci metri tra pareti finestrate) a differenza di quello introdotto nel 1980 (contenete norme ben precise sul distacco dai confini).
Il motivo e’ fondato.
Come chiarito dalle sezioni unite, in tema di distanze legali, le norme degli strumenti urbanistici integrano la disciplina dettata dal c.c. nelle materie regolate dall’articolo 873 c.c. e ss., ove tendano ad armonizzare l’interesse pubblico ad un ordinato assetto urbanistico del territorio con l’interesse privato relativo ai rapporti intersoggettivi di vicinato sicche’ vanno incluse in tale novero le disposizioni del piano regolatore generale dell’ente territoriale che stabiliscano la distanza minima delle costruzioni dal confine del fondo e non tra contrapposti edifici (v. Sez. U, Sentenza n. 20107 del 24/09/2014 Rv. 632855; Sez. 6 – 2, Ordinanza n. 3854 del 18/02/2014 Rv. 629629; Sez. 2, Sentenza n. 24013 del 24/09/2008 Rv. 605174; Sez. 2, Sentenza n. 17390 del 30/08/2004 Rv. 576384).
Dalla sentenza impugnata (pag. 8) risulta che il piano terra dell’edificio (OMISSIS) preesisteva all’entrata in vigore del vigente PRG approvato nel 1980. In precedenza vigeva il piano regolatore del 1972 e, prima ancora, il piano regolatore introdotto con la Legge n. 147 del 1941.
Il ricorrente afferma di avere edificato il piano terra intorno al 1960.
Tale porzione risulta a metri 4,65 dal confine, come riporta la sentenza di primo grado a pag. 6, sulla scorta dei rilievi del CTU.
La Corte d’Appello ha affermato che fin dal 1941 era vigente in Massa il piano regolatore introdotto con la Legge n. 147 del 1941 che imponeva anch’esso il rispetto delle distanze dai confini.
Una tale affermazione si rivela innanzitutto generica perche’ non indica neppure quale sia esattamente la norma regolamentare e quale la distanza minima da osservare rispetto ai confini; essa inoltre appare in contrasto con gli accertamenti a suo tempo compiuti dal Tribunale di Massa Carrara il quale invece, relativamente agli interventi anteriori al 1980 (piano terra), aveva affermato che la normativa urbanistica preesistente alla variante del 1980 al PRG non prevedeva l’osservanza di alcuna distanza minima dai confini (v pag. 4 sentenza di primo grado).
La verifica che la Corte d’Appello era tenuta a compiere riguardava innanzitutto l’individuazione, con la maggiore approssimazione possibile, dell’epoca di edificazione del piano terra e, quindi, l’esatta previsione del regolamento edilizio per il Comune di Apuania, approvato con Legge 23 gennaio 1941, n. 147, qualora, ratione temporis, detta normativa fosse ritenuta applicabile alla fattispecie.
L’accertamento e’ rilevante perche’, qualora dovesse risultare che effettivamente le opere al paiano terra ricadono nella previsione di una normativa che non imponeva il rispetto delle distanze dai confini, le conclusioni sull’obbligo di provvedere alla riduzione in pristino sarebbero ben diverse da quelle alle quali e’ pervenuta la Corte d’Appello.
Parimenti la Corte doveva individuare esattamente la normativa applicabile agli intervenuti di costruzione al primo piano e agli ampliamenti, verifica che nella sentenza impugnata non appare esauriente, stante la successione normativa riguardante il Comune di Carrara.
La sentenza va pertanto cassata con rinvio perche’ si provveda ad individuare, previa puntuale ricostruzione temporale dei vari interventi posti in essere dal ricorrente, la normativa sulle distanze applicabile alla fattispecie.
Il giudice di rinvio, che si individua in altra sezione della Corte d’Appello di Genova, provvedera’ anche in ordine alle spese.
3 Resta logicamente assorbito il terzo ed ultimo motivo con cui (OMISSIS) denunzia, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., n. 3., violazione e falsa applicazione dell’articolo 1158 c.c., dolendosi del mancato accoglimento dell’eccezione di usucapione.
P.Q.M.
accoglie il primo motivo di ricorso; dichiara inammissibile il secondo e assorbito il terzo motivo; cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia, anche per le spese, ad altra sezione della Corte d’Appello di Genova.
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