Legittimo il provvedimento disciplinare per il dipendente che usufruisce della mensa se il servizio non è previsto per il contratto di lavoro a tempo parziale
Suprema Corte di Cassazione
sezione lavoro
sentenza 23 febbraio 2017, n. 4661
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. DI CERBO Vincenzo – Presidente
Dott. BRONZINI Giuseppe – Consigliere
Dott. PATTI Adriano Piergiovanni – Consigliere
Dott. ESPOSITO Lucia – rel. Consigliere
Dott. LEO Giuseppina – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 27159/2011 proposto da:
(OMISSIS), C.F. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che lo rappresenta e difende, giusta delega in atti;
– ricorrente –
contro
(OMISSIS) S.P.A., C.F. (OMISSIS), in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato (OMISSIS), giusta delega in atti;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 519/2011 della CORTE D’APPELLO di FIRENZE, depositata il 05/05/2011 R.G.N. 821/09;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 19/10/2016 dal Consigliere Dott. LUCIA ESPOSITO;
udito l’Avvocato (OMISSIS) per delega Avvocato (OMISSIS);
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. FRESA Mario, che ha concluso per l’inammissibilita’ in subordine il rigetto del ricorso.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1. Con sentenza del 5 maggio 2011, la Corte d’appello di Firenze, in riforma della decisione del giudice di primo grado, rigetto’ la domanda avanzata da (OMISSIS), dipendente di (OMISSIS) s.p.a., nei confronti della predetta societa’ e volta alla declaratoria di nullita’ del provvedimento disciplinare allo stesso comminato in ragione dell’avere ripetutamente usufruito del servizio mensa durante l’orario di lavoro, pur non prevedendo il contratto di lavoro – a tempo parziale – pause di lavoro e il godimento del servizio.
2. Rilevava la Corte territoriale la scorrettezza del comportamento del lavoratore, il quale, contravvenendo a un preciso divieto contrattuale, aveva pacificamente fruito in maniera sistematica di un servizio precluso nel corso dell’orario di lavoro. Concludeva affermando che la sanzione era legittima e proporzionata alla gravita’ del fatto.
3. Avverso la sentenza propone ricorso per cassazione il (OMISSIS) sulla base di un unico motivo. La societa’ resiste con controricorso e depositando memorie ex articolo 378 c.p.c..
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. Si premette che il collegio ha autorizzato, come da decreto del Primo Presidente in data 14 settembre 2016, la redazione della motivazione in forma semplificata.
2. Con l’unico motivo il ricorrente deduce: articolo 360 c.p.c., comma 5, omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio. Osserva che la motivazione addotta appare insufficiente e contraddittoria, poiche’ si basa in chiave logico-deduttiva esclusivamente sulla supposta impossibilita’ di consumare un pasto in 15 minuti. Rileva che, una volta ammessa la legittimita’ della pausa caffe, era necessario dimostrare che per tutte le pause in contestazione il ricorrente avesse consumato un pasto o ecceduto rispetto ai quindici minuti consentiti.
3. Il motivo non merita accoglimento. In primo luogo e’ da rilevare che la censura non e’ conforme alla formulazione dell’articolo 360 c.p.c., n. 5, nel testo vigente ratione temporis (Decreto Legislativo 2 febbraio 2006, n. 40), difettando l’indicazione del “fatto controverso e decisivo per il giudizio” in relazione al quale sarebbe riscontrabile l’omissione, l’insufficienza o la contraddittorieta’ della motivazione. In secondo luogo la doglianza non tiene conto di circostanze decisive poste dalla Corte territoriale a fondamento della decisione, connotate da logicita’: il riferimento e’ alle argomentazioni in punto di dispendio di spesa correlato alla fruizione del servizio mensa, in relazione al quale il datore di lavoro si e’ accollato contrattualmente un ulteriore costo esclusivamente per i dipendenti full time.
4. Sulla base delle svolte argomentazioni il ricorso va rigettato con condanna del ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimita’, liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimita’, liquidate in complessivi Euro 3.000,00, di cui Euro 100,00 per esborsi, oltre spese generali nella misura del 15% e accessori di legge
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