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Va, in premessa, corretta la motivazione della sentenza impugnata nella parte in cui (f. 14, 3-5 rigo) si afferma la irrisarcibilita’ “del danno che l’adempimento del sanitario non avrebbe potuto evitare, come una nascita che la madre non avrebbe potuto rifiutare” (il giudice territoriale richiama, in proposito, ma del tutto impropriamente, la sentenza n. 14488 del 2004 di questa Corte).

Il principio cosi’ apoditticamente affermato si pone in patente contrasto con il testuale dettato normativo di cui alla L. n. 194 del 1978, articolo 6, di tal che, decorso il novantesimo giorno dall’inizio della gravidanza, non e’ conforme a diritto l’affermazione secondo la quale, alla gestante, sarebbe precluso tout court “il rifiuto della nascita”.

La legittimita’ dell’interruzione di gravidanza ultratrimestrale e’, difatti, espressamente sancita dalla norma poc’anzi citata, che la consente, tra l’altro, a condizione che siano stati accertati processi patologici, tra cui quelli relativi e rilevanti anomalie o malformazioni del feto, che determinino un grave pericolo per la salute fisica o psichica della donna, come espressamente riconosciuto dalla stessa giurisprudenza di questa Corte (Cass. 12195/1998).

Tanto premesso, e cosi’ corretta in parte qua l’errata motivazione della sentenza impugnata, osserva il collegio che essa risulta, per altro verso, conforme a diritto nella parte in cui (f. 13) esclude in fatto la sussistenza delle condizioni previste dalla legge in mancanza di prova del grave pericolo per la salute fisica o psichica della signora (OMISSIS).

Erra, difatti, parte ricorrente nel ritenere provato ipso facto il nesso etiologico tra la mancata informazione e l’intenzione di interrompere la gravidanza, volta che l’originario orientamento di questa Corte (Cass. 6735/2002; Cass. 14488/2004, a mente della quale risponde a regolarita’ causale che la gestante, se informata correttamente e tempestivamente sulla gravita’ delle patologie cui va incontro il nascituro, interrompa la gravidanza) e’ stato di recente modificato (Cass. 16754/2012, confermata, sia pur soltanto in parte qua, da Cass. ss.uu. 25767/2015) nel senso che l’onere della prova di tale nesso grava sulla gestante, onere della prova che, va aggiunto, risulta tanto piu’ pregnante nell’ipotesi, quale quella di specie, di aborto ultratrimestrale.

Le considerazioni, del tutto generiche (oltre che prive del necessario requisito della autosufficienza) svolte in argomento dal ricorrente al folio 15 dell’odierno atto di impugnazione non sono idonee a scalfire la motivazione della sentenza impugnata, che, con argomentazioni scevre da vizi logico-giuridici, ha escluso la sussistenza in atti della prova del grave pericolo per la salute della gestante sulla base di apprezzamenti di fatto incensurabili in questa sede.

Al rigetto del motivo in esame, ed alla conferma della sentenza impugnata, consegue l’assorbimento delle restanti censure (relative al diritto iure proprio al risarcimento del bambino malformato ed alla asserita responsabilita’ del Dott. (OMISSIS)) e del ricorso incidentale condizionato.

Il ricorso e’ pertanto rigettato.

Le spese del giudizio possono essere nuovamente compensate in questa sede, per le medesime ragioni addotte dal giudice di appello e non espressamente censurate dinanzi a questa Corte.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e dichiara compensate le spese del giudizio di Cassazione.

Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, articolo 1, comma 17, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari alla somma gia’ dovuta, a norma del predetto articolo 13, comma 1 bis.

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