Corte di Cassazione, sezione terza civile, ordinanza 19 gennaio 2018, n. 1246. Anche nel contratto di prestazione di opera in cui l’obbligo di custodia e’ accessorio e strumentale all’adempimento della prestazione

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5. Nella specie il ricorrente per 18 mesi non aveva ricevuto dalla (OMISSIS) alcuna comunicazione circa lo stato della riparazione, ne’ l’invito alla verifica della riparazione o ritiro dello stesso, ne’ alcuna comunicazione dell’evento criminoso del 19 gennaio 2009, mentre l’obbligo di buona fede oggettiva o correttezza impone obblighi di informazione e di avviso il cui inadempimento puo’ riflettersi sul risultato finale perseguito dai contraenti.

6. Il motivo e’ inammissibile.

Infatti da un lato prospetta per la prima volta in questa sede questioni giuridiche concernenti le conseguenze del ritardo nell’adempimento del contratto – per la prima volta qualificato appalto – e quindi di riconsegna del bene ricevuto quale concausa della sopravvenuta impossibilita’ di adempimento dell’uno e dell’altro obbligo; dall’altro non censura la ratio decidendi secondo cui le “modalita’ della rapina configurano una fattispecie di esonero da responsabilita’ del depositario per non imputabilita’ dell’inadempimento, senza che rilevi che egli abbia adottato particolari accorgimenti nella custodia.

7. Con il secondo motivo si denunzia l’errore in procedendo ex articolo 360 c.p.c., n. 4, per nullita’ della sentenza e del procedimento in relazione all’articolo 112 c.p.c., (omessa pronunzia su eccezioni di parte) e dall’articolo 116 c.p.c. (libera valutazione delle prove legali).

Violazione falsa applicazione dell’articolo 116 c.p.c., ex articolo 360 c.p.c., n. 3, laddove il giudice d’appello ha liberamente valutato le prove legali, e dell’articolo 2697 c.c..

Sostiene il ricorrente che fin dal giudizio di primo grado aveva dedotto che la (OMISSIS) non aveva dimostrato che la detenzione dell’orologio le era stata tolta nel corso della rapina del gennaio 2009 ed aveva eccepito l’inesistenza di un inventario degli oggetti rubati. Inoltre, se fosse stato tempestivamente notiziato, il ricorrente avrebbe potuto ottenere il ristoro del danno direttamente dalla societa’ assicuratrice.

Il Tribunale non solo non si e’ pronunziato su l’eccezione del (OMISSIS) in ordine alla mancanza di prova che l’orologio era stato sottratto nel corso della rapina, ma addirittura l’ha considerata non formulata in violazione dell’articolo 1780 c.c., invocato anche in appello – omessa prova della perdita della detenzione per fatto non imputabile al depositario – e dell’articolo 112 c.p.c..

8. Il motivo e’ infondato.

Il giudice di appello ha affermato che la circostanza della rapina non e’ stata contestata da parte del (OMISSIS), e da tale circostanza ha dedotto la perdita della detenzione del prezioso de quo con conseguente impossibilita’ di adempiere all’obbligo di restituzione, risultando peraltro la stessa comprovata dal verbale di denuncia orale di (OMISSIS) in data 20 gennaio 2009, nonche’ dalla certificazione della Procura della Repubblica presso il Tribunale di Napoli, relativa all’avvenuta archiviazione del procedimento penale a carico di ignoti nel marzo del 2009. E poiche’ la rapina ebbe luogo durante l’orario di apertura dell’esercizio commerciale, quando degli sconosciuti si introdussero con effrazione all’interno del locale armati di pistole con le quali minacciarono i presenti, il fatto non era imputabile al depositario.

9. Non ricorre quindi il denunziato vizio di omessa pronunzia, mentre per la parte in cui la censura attinge gli accertamenti in fatto del Tribunale in ordine alla circostanza che l’orologio fu trafugato in occasione della rapina del 20 gennaio 2009, sono accertamenti ampiamente argomentati e non piu’ rivalutabili in sede di legittimita’, alla luce della nuova formulazione dell’articolo 360 c.p.c., n. 5, che riduce sensibilmente la possibilita’ di introdurre il vizio di motivazione in sede di legittimita’ (S.U. 8053 del 2014).

10.Con il terzo motivo si denunzia violazione e falsa applicazione dell’articolo 1780, ex articolo 360 c.p.c., n. 3.

Sostiene il ricorrente che il giudice d’appello, in contrasto con il dettato dell’articolo 1780 c.c., comma 1, ha circoscritto la responsabilita’ del depositario ai soli casi in cui il depositante provi che, informato immediatamente del fatto – nella specie la denuncia non vi e’ proprio stata – sarebbe stato in grado di recuperare il bene.

Al riguardo nella Corte di legittimita’ coesistono due orientamenti: secondo il primo il depositario che omette di denunciare al creditore il fatto che ha reso impossibile l’adempimento del contratto d’opera deve rispondere della mancata restituzione del bene risarcendone i danni comprensivi del valore, anche se il fatto non gli e’ imputabile;

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