Corte di Cassazione, sezione lavoro, sentenza 9 gennaio 2018, n. 271. Le procedure seguite dalle società in house providing per l’assunzione di personale dipendente sono sottoposte alla giurisdizione del giudice ordinario.

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3. Avverso tale sentenza hanno proposto ricorso per cassazione, affidato a tre motivi, i ricorrenti in epigrafe indicati.
4. Hanno resistito con controricorso (OMISSIS) spa e (OMISSIS) srl.
5. Le parti hanno depositato memorie.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Con il primo motivo i ricorrenti lamentano, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione degli articoli 2697, 2733 e 2735 c.c., per avere la sentenza impugnata posto a loro carico la prova di circostanze, vale a dire la sussistenza di caratteri tipici dei rapporti di affidamento diretto in regime di “in house providing”, da dimostrare attraverso la produzione dello statuto della societa’ in house, che erano invece pacifiche e comunque confessate dalle societa’ loro controparti.
2. Con il secondo motivo si censura, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione del Decreto Legislativo n. 276 del 2003 e articolo 1655 c.c., per avere la sentenza impugnata ritenuto esistente e genuino il contratto di appalto intercorso tra le societa’ convenute, pur a fronte della insussistenza di una effettiva terzieta’ tra le stesse e per avere, conseguentemente, escluso l’imputazione all’effettivo datore dei rapporti di lavoro stipulati con l’appaltatore nudus minister.
3. Con il terzo motivo i ricorrenti si dolgono, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, della violazione e falsa applicazione dell’articolo 2094 c.c., per avere la sentenza impugnata ritenuto che potesse essere loro effettiva datrice di lavoro una struttura societaria integralmente sottomessa alla societa’ controllante, unico titolare dell’organizzazione produttiva comune.
4. Il ricorso non e’ fondato e va, pertanto, respinto.
5. Per un corretto inquadramento delle questioni da esaminare e’ opportuno precisare due circostanze: a) il rapporto giuridico che rileva ai fini della presente controversia e’ quello che intercorre tra (OMISSIS) spa (che e’ un organismo di diritto pubblico -cosi’ definito nel Decreto Legislativo n. 163 del 2006 – in forma societaria dal 2001) e la (OMISSIS) srl (societa’ partecipata al 100% dal Gruppo (OMISSIS), cosi’ rinominata a seguito dell’acquisto da parte di (OMISSIS) spa della (OMISSIS), ramo scorporato da (OMISSIS)) e non quello intercorrente tra il Ministero dell’Economia e delle Finanze ed (OMISSIS) spa di cui il primo e’ azionista maggioritario; b) la normativa applicabile, nel caso di specie, ratione temporis, e’ quella del D.Lgs n. 163 del 2006 anteriore alla rinnovata legislazione in tema di appalto (varata con il D.Lgs 18 aprile 2016, n. 50) e di societa’ pubbliche (D.Lgs 19 agosto 2016, n. 175).
6. Cio’ premesso, rileva il Collegio che il primo motivo non e’ meritevole di pregio perche’ non conferente alla ratio decidendi della Corte Distrettuale.
7. Il ragionamento decisorio dei giudici di seconde cure, infatti, si fonda sulla argomentazione, che costituisce un presupposto di tutto l’impianto assertivo, secondo cui l’eventuale nullita’ del contratto di appalto in house non puo’ incidere sulla titolarita’ dei rapporti di lavoro in atto presso la societa’ appaltatrice e, quand’anche potesse rilevare ai fini della non genuinita’ dell’appalto ex articolo 1665 c.c., i ricorrenti non avevano prodotto lo statuto di (OMISSIS) srl necessario per effettuare tale accertamento.
8. La Corte Distrettuale, pertanto, non ha posto a carico dei lavoratori l’onere di provare il contratto di appalto in house o altro tipo di affidamento, ma ha rilevato che questi non avevano offerto gli elementi documentali (appunto il citato statuto) per dimostrare il preteso fenomeno di intermediazione fittizia di persona.

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