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5.3. Dai principi fin qui esposti consegue la infondatezza dell’odierno ricorso.
5.3.1. Invero, le operazioni di prelievo personalmente eseguite dal fallito (OMISSIS) in data 2 e 5 novembre 2001, sono pacificamente avvenute dopo la dichiarazione di fallimento pronunciata dal Tribunale di Trani, il 23/24 ottobre 2001, in danno (OMISSIS) s.a.s. (OMISSIS), nonche’ di quest’ultimo in proprio quale socio illimitatamente responsabile.
5.3.2. Del tutto correttamente, poi, il giudice a quo, richiamando l’articolo 4 delle condizioni generali dell’allegato contratto di c/c, – a tenore del quale “Salva espressa istruzione contraria, resta convenuto che tutti i bonifici e le rimesse, disposti da terzi in favore del correntista, gli saranno accreditati in conto corrente” – ha ritenuto che, nella specie, la somma versata dall’Amministrazione Finanziaria (Lire 140.000.000) era stata appunto accreditata sul c/c intestato alla fallita societa’, con la conseguenza che, da tale momento, l’importo era entrato nella disponibilita’ giuridica del destinatario, e quindi del fallimento, contestualmente escludendo, altrettanto condivisibilmente, che la vicenda potesse essere qualificata in termini di pura e semplice delegazione di pagamento.
Trattasi di affermazioni coerenti con l’orientamento di legittimita’, che il Collegio intende ribadire, secondo cui, in tema di contratti bancari, il “bonifico” (ossia l’incarico del terzo dato alla banca di accreditare al cliente correntista la somma oggetto della provvista) costituisce un ordine (delegazione) di pagamento che la banca delegata, se accetta, si impegna (verso il delegante) ad eseguire, sicche’ da tale accettazione non discende un’autonoma obbligazione della banca verso il correntista delegatario, trovando lo sviluppo ulteriore dell’operazione la sua causa nel contratto di conto corrente di corrispondenza che implica un mandato generale conferito alla banca dal correntista ad eseguire e ricevere pagamenti per conto del cliente, con autorizzazione a far affluire nel conto le somme cosi’ acquisite in esecuzione del mandato (cfr., ex aliis, Cass. n. 4762 del 2007; Cass. n. 12489 del 2000).
Un siffatto insegnamento trova sostegno nel fatto che il credito che il beneficiario vanta nei confronti della banca trae origine da un atto che rinviene il suo fondamento nello iussum dell’ordinante ma i cui effetti obbligatori vanno ricercati al di fuori della vicenda delegatoria e, precisamente, nel preesistente rapporto di conto corrente tra banca e beneficiario: da questo – e, specificamente, dal servizio di cassa – scaturisce l’obbligo della prima di provvedere per conto del cliente a tutti i pagamenti e le riscossioni nei confronti dei terzi, cosi’ come e’ indirettamente confermato dall’articolo 4, comma 1, delle norme bancarie uniformi (analogo al gia’ riportato articolo 4 delle condizioni generali dell’allegato contratto di c/c). Dando esecuzione al bonifico, la banca assume, cosi’, la duplice veste di delegata al pagamento per conto dell’ordinante e legittimata ex mandato a ricevere somme di danaro, con annotazione del relativo importo, per il correntista beneficiario, in adempimento di un atto gestorio dovuto. Cio’ spiega perche’ l’atto di accreditamento possa essere interpretato non come manifestazione di volonta’ della banca diretta ad assumere una nuova obbligazione nei confronti del correntista beneficiario, ma come espressione della stessa di voler dare esecuzione al preesistente rapporto contrattuale di durata, cioe’ all’obbligo di cooperazione ex mandato assunto.
In definitiva, la causa del contratto di conto corrente di corrispondenza implica un mandato generale conferito alla banca dal correntista a (eseguire e) ricevere pagamenti per conto del cliente, con autorizzazione a far affluire nel conto le somme cosi’ acquisite in esecuzione del mandato. E proprio nell’autorizzazione conferita in via preventiva alla Banca dal cliente deve ravvisarsi la ragione che converte l’acquisizione, da parte della Banca, di somme da terzi dovute al correntista ed il successivo versamento in conto in una rimessa dello stesso cliente sul conto, con l’effetto proprio, appunto, della rimessa diretta, idonea a costituire un deposito a suo favore (cfr. Cass. n. 9494 del 2002, la cui motivazione altresi’ specifica che se il conto abbia affidamento della banca e presenti un saldo passivo, quella rimessa e’ utile a ricostituire la provvista o ad estinguere il debito – immediatamente esigibile – dello sconfinamento dal fido, con effetto propriamente solutorio. Cfr. anche Cass. n. 12489/00), dando cosi’ luogo ad una variazione quantitativa del credito del correntista.
5.3.3. Solo provando che la somma bonificata dall’Amministrazione finanziaria non fosse transitata sul c/c – circostanza, pero’, smentita dalle pacifiche allegazioni delle parti sul punto – l’operazione de qua avrebbe potuto essere, quindi, inquadrata nei termini invocati dalla Banca appellante, laddove, stante l’operato accredito, nessuna rilevanza assume l’eventuale buona fede della Banca nell’esecuzione dell’operazione, ne’ il richiamo all’articolo 1189 C.C., attesa la specialita’ e la prevalenza, rispetto ad esso, DELLA L. Fall., articolo 44.
5.4. Parimenti corretta risulta, infine, l’ulteriore affermazione della corte barese in relazione alla prospettata risoluzione ipso iure del contratto di conto corrente L. Fall., ex articolo 78 atteso che, successivamente alla dichiarazione di fallimento della (OMISSIS) s.a.s. (OMISSIS), nonche’ di quest’ultimo in proprio quale socio illimitatamente responsabile, la Banca non aveva piu’ alcun obbligo verso il proprio correntista essendosi estinto il contratto suddetto. L’aver comunque accettato il gia’ descritto bonifico dell’Amministrazione finanziaria, accreditando, in favore della fallita, la relativa somma poi prelevata dal Porcelluzzi, evidentemente configurava l’ipotesi della negotiorum gestio, con la medesima conseguenza dell’inefficacia L. Fall., ex articolo 44, comma 2, del pagamento effettuato dalla Banca direttamente al fallito anziche’ alla curatela.
6. Il ricorso va quindi respinto, restando le spese di questa fase regolate dal principio di soccombenza.
P.Q.M.
rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento, in favore della parte controricorrente, delle spese del giudizio di legittimita’, che liquida in Euro 7.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in Euro 200,00, ed agli accessori di legge
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