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Infine, l’originaria controinteressata ripropone le difese di prime cure in relazione ai motivi contenuti nel ricorso introduttivo del giudizio di primo grado, dichiarato improcedibile con la sentenza gravata.
4. Dal canto suo, l’amministrazione comunale si duole della non correttezza della sentenza del TAR, evidenziando come il titolo edilizio a favore dell’originaria controinteressata avesse ad oggetto la ristrutturazione edilizia interna e la ristrutturazione edilizia totale e sopraelevazione del fabbricato. Rispetto alla prima la documentazione fotografica depositata dall’odierno appellato non sarebbe adeguata per dimostrare il non tempestivo inizio dei lavori. Al contrario, dalla documentazione acquisita agli atti, ivi incluso il verbale fidefaciente redatto dai tecnici comunali, emergerebbe che l’inizio dei lavori sarebbe avvenuto tempestivamente.
Il primo giudice avrebbe errato anche nell’esaminare per primo il ricorso per motivi aggiunti, accogliendolo e dichiarando improcedibile il ricorso introduttivo, dal momento che l’accoglimento delle eccezioni preliminari formulate in relazione al ricorso introduttivo, reiterate in seconde cure, avrebbe dovuto condurre alla declaratoria di improcedibilità del ricorso per motivi aggiunti. Da ultimo, la difesa dell’amministrazione riproduce le difese spiegate in relazione ai motivi di censura contenuti nel ricorso introduttivo del giudizio di primo grado.
5. Costituitosi in giudizio, l’odierno appellato invoca la conferma della sentenza impugnata, evidenziando, da un lato, che le conclusioni alle quali giunge il TAR non poggiano solo sulle fotografie depositate dall’appellato in primo grado e che il ricorso per motivi aggiunti sarebbe autonomo, sicché si rivelerebbe infondata la doglianza secondo la quale l’improcedibilità del ricorso introduttivo si ripercuoterebbe inevitabilmente anche sul ricorso per motivi aggiunti.
6. Gli appelli, che devono essere riuniti ex art. 96, comma 1, c.p.a., possono essere esaminati congiuntamente, stante la sostanziale sovrapponibilità delle censure ivi contenute, sono infondati e non possono essere accolti.
6.1. Deve innanzitutto chiarirsi che il procedimento per il rilascio del permesso di costruire ed il procedimento di accertamento dell’intervenuta decadenza dello stesso ai sensi dell’art. 15, d.P.R. n. 380/2001, sono procedimenti autonomi che sfociano in autonomi e distinti provvedimenti. Da ciò inevitabilmente deriva che il ricorso, infruttuosamente, spiegato nei confronti del primo non spiega effetti nei confronti del ricorso proposto avverso il secondo. Al contrario, l’esito favorevole del ricorso proposto in caso di mancato accertamento dell’intervenuta decadenza del permesso di costruire fa venire meno l’interesse alla decisione del ricorso proposto avverso quest’ultimo atto. Infatti, la decadenza del permesso di costruire impone che ne venga rilasciato uno nuovo, situazione quest’ultima che determina il venir meno di quella lesione, su cui fonda l’interesse del ricorrente all’impugnazione del permesso.
Occorre, altresì, rammentare che la decadenza del titolo edilizio è effetto legale del verificarsi del relativo presupposto, ovvero del decorso del termine di inizio e di ultimazione dei lavori, sì che il provvedimento comunale sul punto è meramente dichiarativo. (cfr. Cons. St., Sez. VI, 20 novembre 2017, n. 5324).
Tanto premesso, non può convenirsi con quanto affermato dall’amministrazione comunale, secondo la quale il primo giudice avrebbe errato nell’esaminare il ricorso per motivi aggiunti per primo. Infatti, la ricostruzione sopra operata dei rapporti tra i due procedimenti, unitamente, al principio di economicità, che anima il processo amministrativo, impongono di esaminare prioritariamente quella domanda, che se fondata, consente il raggiungimento del bene della vita, in questo caso l’interesse oppositivo dell’originario ricorrente alla realizzazione dell’intervento edilizio oggetto del permesso di costruire. Rispetto a ciò, appare perfino superfluo rammentare che il ricorso per motivi aggiunti già nella versione dell’abrogato art. 21, l. TAR, era concepito come strumento di concentrazione processuale delle domande tese al soddisfacimento di un comune interesse sostanziale. Struttura e funzione mantenute dal vigente art. 43 c.p.a.
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