Consiglio di Stato, sezione terza, sentenza 19 febbraio 2018, n. 1055. Il premio di maggioranza previsto per la lista, o per la coalizione di liste collegate al Sindaco eletto nei Comuni con popolazione superiore ai 15.000 abitanti

segue pagina antecedente
[…]

Nemmeno può essere recepito il ragionamento degli appellanti, laddove afferma che la soluzione interpretativa recepita dalle sentenze appellate amplia, rispetto all’intenzione legislativa, le ipotesi di disomogeneità tra sindaco eletto e composizione consiliare: ipotesi che sarebbe ammessa dal legislatore, con riferimento alle elezioni articolate in primo e secondo turno, “quando gli elettori tengono, nel complesso di primo e secondo turno, un comportamento evidentemente incompatibile con la volontà di stabilizzare il Comune (è il caso, che qui non si è verificato, che liste avversarie del sindaco eletto abbiano avuto la maggioranza dei “voti validi”)”.
Deve invero osservarsi che le scelte manifestate dagli elettori nel turno di ballottaggio, quantomeno in termini di partecipazione numerica al voto (unico dato rilevante, in base alla tesi degli appellanti, ai fini della determinazione dei “voti validi” per gli effetti di cui all’art. 73, comma 10, d.lvo n. 267/2000), non sono immediatamente indicative della volontà (né del suo opposto) di “stabilizzare” il governo comunale.
Carente del requisito della rilevanza, invece, è la questione di costituzionalità relativa all’art. 97 Cost., assumendo la parte appellante che un sindaco cui non è assicurata (tranne casi davvero eccezionali e residuali) la maggioranza consiliare non può amministrare con efficacia ed efficienza, esponendo altresì il Comune all’eventualità del commissariamento già subito dopo l’insediamento del consiglio comunale.
Basti osservare che, come già evidenziato, la possibilità paventata non costituisce una conseguenza necessitata dell’accoglimento dei ricorsi, presupponendo ulteriori eventi procedimentali e valutazioni degli attori del processo politico-elettorale (dalla assegnazione dei seggi non impegnati dal premio di maggioranza alla possibilità di aggregazioni in sede consiliare) allo stato non predeterminabili e, comunque, in ordine alle quali nessuna deduzione è stata formulata dagli appellanti.
Per concludere sul punto, le considerazioni che precedono, con particolare riguardo alla non ravvisabilità – allo stato – di orientamenti interpretativi difformi delle Sezioni del Consiglio di Stato sulla questione di cui si tratta, escludono la necessità di deferirla all’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato, come pure richiesto dagli appellanti (si rinvia, sul punto, alla sentenza del T.A.R. Lecce n. 1628/2017, che contiene una puntuale analisi critica dei precedenti giurisprudenziali, in materia, escludendo che da essi siano ricavabili elementi a favore della tesi interpretativa posta a fondamento del verbale impugnato).
Inammissibile, invece, è il motivo di appello inteso a lamentare che il giudice di primo grado, in violazione dell’art. 130, comma 9, c.p.a. (ai sensi del quale “il tribunale amministrativo regionale, quando accoglie il ricorso, corregge il risultato delle elezioni e sostituisce ai candidati illegittimamente proclamati coloro che hanno diritto di esserlo”), ha omesso di indicare, con particolare riguardo al dispositivo della sentenza n. 1626/2017, i soggetti che, per effetto dell’accoglimento del relativo ricorso, decadono dalla carica di consigliere comunale e quelli che sono proclamati consiglieri in loro sostituzione.
Trattasi, infatti, di profilo che, proprio perché suscettibile di trovare compiuta definizione in sede di rinnovazione, per la parte conseguente alla caducazione degli atti impugnati, del procedimento elettorale, è insuscettibile di cagionare una lesione concreta ed immediata all’interesse conservativo di cui sono portatori gli appellanti.
Deve inoltre osservarsi che l’ambito e la misura dei poteri giusdicenti si estende fin dove sussistono profili controversi, nello spirito dell’art. 34, comma 2, c.p.a., a mente del quale “in nessun caso il giudice può pronunciare con riferimento a poteri amministrativi non ancora esercitati”: ebbene, nella fattispecie in esame, l’oggetto della controversia è circoscritto alla spettanza del premio di maggioranza, restandone estranei i criteri di assegnazione dei seggi operanti (ai sensi dell’art. 73, comma 8, d.lvo n. 267/2000) in caso di mancata operatività dello stesso.
Infondata è anche l’eccezione di inammissibilità del ricorso di primo grado, deciso con la sentenza n. 1626/2017, formulata dagli appellanti sulla scorta del fatto che, se da una parte il relativo petitum non mirerebbe semplicemente alla sostituzione di alcuni consiglieri comunali con altri, ma a contestare funditus l’assegnazione del premio di maggioranza al sindaco eletto, con conseguente necessità della rideterminazione di tutti i risultati connessi all’attribuzione del premio, dall’altra parte i ricorrenti avrebbero proposto una domanda incoerente con tale contestazione, chiedendo l’annullamento della proclamazione di sei eletti e la sostituzione dei medesimi con i cinque ricorrenti, risolvendosi nella pretesa di ottenere una composizione incompleta del consiglio comunale della Città di Lecce.
Deve invero osservarsi che gli originari ricorrenti (effettivamente in numero di 5, a fronte dei 6 candidati che hanno beneficiato del premio di maggioranza) non hanno agito al fine di conseguire una composizione parziale dell’organo consiliare, ma in vista del risultato strumentale della rinnovazione delle operazioni elettorali, a partire dalla fase (illegittimamente) attributiva del premio di maggioranza, il cui compimento consentirà di stabilire quali, tra i sei appellanti, devono essere effettivamente sostituiti dagli odierni appellati.
Ad analoghe conclusioni deve pervenirsi, seguendo l’ordine degli appelli, in relazione alle censure formulate avverso la sentenza n. 1628/2017, anche nella parte in cui si propongono di dimostrare l’inammissibilità del ricorso proposto dalla sig.ra Pa. Gi..
Deducono in particolare gli appellanti che il ricorso non indicava il nominativo del consigliere proclamato eletto, la cui elezione dovrebbe essere dichiarata illegittima, in violazione del citato art. 130 c.p.a.: carenza che avrebbe impedito al giudice amministrativo di correggere specificamente il risultato elettorale e determinare l’esatta e completa composizione del consiglio comunale della Città di Lecce.
Ai fini reiettivi della censura, deve infatti osservarsi che il nominativo del consigliere destinato ad essere sostituito, per effetto dell’accoglimento del ricorso, dalla sig.ra Pa. Gi. è stato individuato dalla medesima (e dal giudice di primo grado) (non nominativamente, ma) per relationem, con riferimento al titolare dell’”ultimo seggio assegnato” in forza dell’illegittimo riconoscimento del premio di maggioranza.
Infondata è anche la correlata censura, con la quale gli appellanti deducono che la sentenza, andando ultra petita, ha annullato il verbale di proclamazione degli eletti “nella parte in cui assegna alle liste collegate al candidato sindaco eletto Ca. Ma. Sa. il premio di maggioranza del 60 per cento”: basti osservare che il dispositivo di annullamento del verbale elettorale impugnato, scaturente dall’illegittima attribuzione del premio di maggioranza, ha carattere indivisibile e non può che coinvolgere tutti i beneficiari dei seggi assegnati sulla base dello stesso (senza trascurare che, comunque, il suddetto effetto caducatorio discenderebbe dalla sentenza n. 1626/2017, non censurata sul punto dagli appellanti, rendendo improcedibile la censura de qua).
Lo stesso dicasi della censura con la quale gli appellanti lamentano che il giudice di primo grado non ha disposto le misure di correzione del risultato elettorale conseguenti all’accoglimento del ricorso né le modalità per assicurare l’integrità della composizione del consiglio comunale della Città di Lecce, che, per effetto della sentenza impugnata, vedrebbe cinque seggi non assegnati: basti osservare, anche a tale riguardo, che la corretta e completa composizione consiliare non potrà che discendere dalla attuazione della sentenza di primo grado, confermata con la presente decisione.
A non dissimili conclusioni deve pervenirsi con riferimento alle censure formulate, sotto i medesimi profili, avverso la sentenza n. 1627/2017, lamentando gli appellanti che essa non indica i consiglieri comunali che decadono dalla loro carica in virtù dell’accoglimento del ricorso né i soggetti proclamati al loro posto consiglieri comunali della Città di Lecce, anche in conseguenza della carenza sul punto del ricorso originario, da considerare conseguentemente inammissibile, con il quale i ricorrenti hanno omesso di indicare per quali consiglieri comunali proclamati eletti si dovesse dichiarare l’illegittimità dell’elezione, né quali candidati avrebbero dovuto essere dichiarati eletti in sostituzione dei primi.
Basti evidenziare che i promotori del ricorso, accolto con la sentenza suindicata, coerentemente con la qualità spesa ai fini della legitimatio ad causam(ovvero quella di cittadini elettori), hanno agito nel perseguimento dell’interesse alla corretta composizione del consiglio comunale, come derivante dalla ripartizione secondo i criteri proporzionali dei seggi (illegittimamente) assegnati con il premio di maggioranza.
Infine, considerazioni identiche a quelle formulate, in particolare, relativamente alla sentenza n. 1628/2017 (cui, quindi, si rinvia integralmente) consentono di respingere le censure rivolte avverso la sentenza n. 1625/2017, nella parte in cui il T.A.R. non ha indicato i consiglieri comunali che decadono dalla loro carica in virtù dell’accoglimento del ricorso né i soggetti proclamati al loro posto consiglieri comunali della Città di Lecce, limitandosi a “correggere il risultato elettorale disponendo la sostituzione dei candidati consiglieri eletti in virtù dell’attribuzione del citato premio di maggioranza con i candidati maggiormente suffragati nelle liste collegate al candidato Sindaco Ma. Gi.”: statuizione che risulterebbe, secondo le deduzioni degli appellanti, “inidonea ad assicurare l’integrità della composizione del consiglio comunale della Città di Lecce” e che, aggiungono gli appellanti, sarebbe conseguenza della erronea formulazione del petitum, il quale “non mirava alla sostituzione di alcuni consiglieri comunali con altri, ma contestava in termini generali e astratti l’assegnazione del premio di maggioranza al sindaco eletto, con conseguente necessità della rideterminazione di tutti i risultati connessi all’attribuzione del premio. Sennonché, la ricorrente non ha indicato per quali consiglieri comunali proclamati eletti si dovesse dichiarare l’illegittimità dell’elezione, né ha indicato (fosse pure in via indiretta) quali candidati dovessero essere dichiarati eletti in sostituzione dei primi”, risultandone inficiata la stessa ammissibilità del ricorso introduttivo del giudizio.
Nondimeno, anche alla luce degli appena esaminati rilievi degli appellanti, pur inidonei a determinare la riforma delle sentenze appellate, va rilevato che la giurisdizione di merito attribuita al giudice amministrativo in subiecta materia (ex art. 134, comma 1, lett. b c.p.a.) legittima la Sezione, ai fini del compimento della necessaria attività rinnovatoria conseguente all’accoglimento dei ricorsi originari (anche in considerazione del carattere temporaneo degli organi elettorali), a nominare un Commissario ad acta, in persona del Prefetto della Provincia di Lecce, affinché ponga in essere tutti gli atti consequenziali alle decisioni di primo grado: ciò, si ripete, a titolo di mero completamento in funzione semplificatrice della attuazione (e non di riforma parziale) delle stesse.
Infine, la sostanziale originalità dell’oggetto della controversia e le complesse implicazioni interpretative ad esso relative giustificano la statuizione compensativa delle spese di giudizio sostenute dalle parti.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
Sezione Terza,
definitivamente pronunciando sugli appelli come in epigrafe proposti, previa riunione degli stessi, li respinge.
Nomina quale Commissario ad acta, per la piena attuazione delle sentenze di primo grado, il Prefetto di Lecce, o suo delegato.
Spese del giudizio di appello compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 8 febbraio 2018 con l’intervento dei magistrati:
Lanfranco Balucani – Presidente
Umberto Realfonzo – Consigliere
Lydia Ada Orsola Spiezia – Consigliere
Stefania Santoleri – Consigliere
Ezio Fedullo – Consigliere, Estensore

Leave a Reply

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *