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All’udienza pubblica del 5 ottobre 2017 il ricorso in appello è stato trattenuto in decisione.
4 – Le ragioni dell’amministrazione esposte con l’atto di appello risultano fondate e vanno accolte.
Con il decreto ministeriale 12 settembre 1957 (pubblicato sulla GU n. 236 del 23 settembre 1957), l’intero territorio del Comune di (omissis) 29 giugno 1939, n. 1457, è stato dichiarato di notevole interesse pubblico “e quindi sottoposto a tutte le disposizioni contenute nella legge stessa” (così, testualmente, nel citato decreto ministeriale), imponendosi quindi in quell’area territoriale un c.d. vincolo d’insieme.
Con il decreto ministeriale 29 novembre 1957, l’area fatta oggetto di realizzazione delle opere edilizie in questione è risultata oggetto di una specifica dichiarazione di notevole interesse pubblico, perché “fa parte dell’ambiente storico-monumentale (omissis) descritto nel VI libro dell’Eneide di Virgilio”; detto decreto veniva notificato al Signor Sa. Di Bo., dante causa del Signor An. Fl., il quale fu coinvolto, effettivamente come sostiene l’Amministrazione nell’atto di appello, in un procedimento penale a suo carico nel 1967 per la realizzazione di costruzioni senza il necessario titolo autorizzativo nella suindicata area vincolata (si veda in tal senso la documentazione prodotta dalla Soprintendenza nel giudizio di primo grado).
Con il successivo decreto ministeriale 18 febbraio 1991, si è estesa la portata territoriale del precedente vincolo, vietando nel contempo qualsiasi edificazione o modifica dell’attuale uso dei suoli, limitandolo solo agli interventi manutentivi previa autorizzazione espressa.
La funzione del parere o del nulla osta espresso dalla Soprintendenza nel corso dei procedimenti di condono edilizio in aree gravate da vincolo archeologico è la verifica della compatibilità dell’opera che si intende sanare con l’esigenza di conservazione dei valori archeologici protetti dal vincolo: pertanto non è condivisibile la tesi, sostenuta in primo grado, che si siano verificate illegittimità, anche per eccessi di potere nell’adozione dei pareri della Soprintendenza, in quanto la articolata e dettagliata motivazione dei due provvedimenti resi da quest’ultima, nel sottolineare le precipue e particolari caratteristiche dell’area di insediamento dei manufatti, si mantiene entro i confini del potere attribuito al Ministero, soggetto cui è attribuita la gestione del vincolo medesimo.
I provvedimenti, invero, evidenziano che gli interventi edilizi dei quali si chiede il condono ricadono in area di eccezionale interesse storico-archeologico, narrando puntualmente ogni riferimento storico riferibile alla zona in sette pagine di articolata motivazione, dense di richiami puntuali e ripercorrendo con dovizia di particolari i passaggi più salienti delle esperienze storico-politico-culturali che hanno visto protagonista il territorio in questione, nonché stigmatizzando apertamente il comportamento inerte delle amministrazioni che nel corso del tempo hanno permesso “all’uomo (?) di inferire, incurante del suo passato” (così, testualmente, a pag. 7 del parere negativo della Soprintendenza 20 aprile 2010, n. 13927).
In altri termini, dalla lettura del parere surrichiamato si evince con puntualità inequivocabile come il vincolo impresso in via generale nel 1957 già aveva in nuce l’obiettivo di salvaguardare una zona di rilevantissimo interesse storico-archeologico, di talché il vincolo imposto nel 1991 aveva soltanto il compito di completare tale operazione di garanzia di incontaminabilità del territorio vietando qualsiasi edificazione e modifica dell’attuale uso dei suoli, ampliamenti ed espansioni planovolumetriche in superficie e/o in elevato dei fabbricati esistenti, dei quali sono possibili soltanto interventi manutentivi, purché previamente autorizzati dalle Soprintendenze territoriali (così, ancora, nel parere citato).
Nel caso di specie, dunque, l’organo periferico del Ministero ha esplicitato le circostanze di fatto e gli elementi specifici che sono stati ritenuti tali da implicare, in concreto, un intollerabile danno e pericolo sotto il profilo della salvaguardia del valore archeologico e del paesaggio, argomentando e delucidando con precisione e chiarezza i motivi che hanno condotto all’espressione di un parere negativo.
5. – Nell’ambito della tutela del patrimonio archeologico, inoltre, non ha rilievo decisivo la una richiesta di sanatoria presentata in occasione del condono del 1985, in quanto la data di imposizione del vincolo rispetto a quella di realizzazione di un abuso non si rivela determinante alla luce del consolidato orientamento giurisprudenziale.

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