Consiglio di Stato, sezione quarta, Sentenza 28 giugno 2018, n. 3980.
La massima estrapolata:
Il vizio di eccesso di potere per disparità di trattamento, configurabile soltanto in caso di assoluta identità di situazioni di fatto e di conseguente assoluta irragionevole diversità del trattamento riservato alle stesse, non può essere dedotto quando viene rivendicata l’applicazione in proprio favore di posizioni giuridiche riconosciute ad altri soggetti in modo illegittimo, in quanto, in applicazione del principio di legalità, la legittimità dell’operato della pubblica amministrazione non può comunque essere inficiata dall’eventuale illegittimità compiuta in altra situazione. Un’eventuale disparità non può essere risolta estendendo il trattamento illegittimamente più favorevole ad altri riservato a chi, pur versando in situazione analoga, sia stato legittimamente destinatario di un trattamento meno favorevole.
Sentenza 28 giugno 2018, n. 3980
Data udienza 8 marzo 2018
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Quarta
ha pronunciato la presente
SENTENZA
Sul ricorso numero di registro generale 8809 del 2011 proposto dal signor -OMISSIS-, rappresentato e difeso dall’avvocato Cl. Ma., con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Eu. Pi. in Roma, via (…);
contro
Ministero della Difesa, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale Dello Stato, domiciliata ex lege in Roma, via (…);
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio, Roma, Sezione Prima Bis, n. 4679 del 25 maggio 2011, resa tra le parti, concernente rigetto di istanza di trasferimento per gravi motivi familiari.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Ministero della Difesa;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 8 marzo 2018 il consigliere Daniela Di Carlo e uditi per le parti gli avvocati Eu. Pi. (su delega dell’avvocato Cl. Ma.) e l’avvocato dello Stato Pi. Ga.;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. La controversia riguarda l’azione proposta dal signor -OMISSIS- per l’annullamento del provvedimento n. 7148 del 18 agosto 2010 con cui il Ministero della Difesa ha respinto la sua domanda di trasferimento per gravi motivi familiari.
1.1. Il ricorrente è dipendente del Ministero della Difesa, in servizio presso il I Reggimento Bersaglieri “Lu. Se.” di Cosenza, col grado di Caporale Maggiore Scelto.
1.2. Già in passato aveva provato a richiedere il trasferimento per gravi motivi familiari, ma senza esito positivo (sia la domanda del 23.5.2007 sia quella del 18.1.2007 sono state, infatti, entrambe rigettate).
1.3. Con la domanda presentata il 23.2.2010, che ha dato origine al presente contenzioso, il ricorrente ha allegato la sussistenza dei gravi motivi familiari previsti dal punto 2 dell’Allegato H della Direttiva SME PERS. T.U.
1.4. Il successivo 12 maggio 2010, il ricorrente ha integrato detta domanda rappresentando l’intervenuto riconoscimento, a carico del figlio minorenne, dell’invalidità ai sensi dell’art. 3 della legge n. 104/1992.
1.5. Il Ministero della Difesa, nonostante la detta integrazione documentale, ha rigettato la domanda, evidenziando che i motivi personali rappresentati (problematiche di ordine psicologico del figlio, disturbi del linguaggio espressivo del figlio, patologie bronchiali e broncospasmi del figlio, disturbo dell’umore associato a sintomatologia di tipo depressiva della moglie causata dallo stato d’ansia e di preoccupazione per la salute del figlio) non giustificassero e, comunque, non integrassero le ipotesi descritte dalla lettera H della direttiva ministeriale, con conseguente insussistenza del diritto al trasferimento del militare dalla sede di servizio (Cosenza) ad altra prossima (Catania) rispetto al luogo di stabilimento della residenza familiare (Enna).
2. Il T.a.r. per il Lazio, Roma, Sezione Prima Bis, con la sentenza breve n. 4679 del 25 maggio 2011 ha respinto il ricorso e condannato il ricorrente al pagamento delle spese di lite pari ad euro 1.500,00 in favore del Ministero.
3. Il signor -OMISSIS- ha impugnato la sentenza riproponendo le seguenti censure già spese nel primo grado del giudizio:
3.1. “Illegittimità del provvedimento per violazione del T.U. sulle procedure d’impiego del personale militare edizione 2008 – Direttiva SME PERS. Allegato H, punto 2”. Assume di avere provato a trasferire il proprio nucleo familiare presso la sede di servizio (Cosenza) ma di avere assistito al peggioramento delle condizioni di salute, fisica e psicologica, del figlio minorenne e di quelle della moglie, sempre più preoccupata delle condizioni del figlio e lontana dalla propria città d’origine (Enna); di avere dunque deciso di ritrasferire la famiglia a Enna, ma senza ottenere un decisivo miglioramento della situazione, giacché lo stesso – benché avvantaggiato dal clima più favorevole – pativa la lontananza del padre; di avere dunque diritto – a suo avviso – al trasferimento della sede di servizio, in una località compatibile con la necessità di apprestare tutte le cure necessarie per salvaguardare la salute fisiopsichica del proprio nucleo familiare.
3.2. “Eccesso di potere per disparità di trattamento”. Assume che in un caso del tutto ana al suo, il Ministero si è comportato diversamente, concedendo il trasferimento richiesto.
3.3. “Illegittimità del provvedimento: violazione dell’art. 3 della legge n. 241/1990 – Motivazione insufficiente – Eccesso di potere per travisamento dei fatti e illogicità manifesta – Difetto di istruttoria”. Assume che l’obbligo di motivazione è stato assolto con una mera formula stereotipata, inidonea in concreto a rendere conto delle effettive ragioni poste a sostegno del diniego, nonché in modo contraddittorio rispetto alla valutazione espressa dall’Ufficio che ha provveduto a trasmettere l’istanza presso le sede competenti.
4. Quale unico e autonomo motivo di appello avverso la sentenza, invece, il signor -OMISSIS- ha denunciato il “Difetto di istruttoria della sentenza”. Assume che il primo giudice ha posto a fondamento del rigetto del ricorso una motivazione incentrata quasi esclusivamente sulle condizioni personali in cui versava la moglie, senza avvedersi – invece – che l’istanza era stata motivata sulla base delle condizioni di salute del figlio. Inoltre, il primo giudice avrebbe anche errato nell’individuare la sede di servizio in concreto richiesta, non già Enna (del tutto sprovvista di caserme), bensì Catania.
4. Il Ministero della Difesa si è costituito con mero atto di stile.
5. All’udienza pubblica del giorno 8 marzo 2018 la causa è stata discussa e trattenuta dal Collegio per la decisione.
6. In via del tutto preliminare va ricordato che:
a) nell’ambito del processo amministrativo, l’appello al Consiglio di Stato, alla luce del combinato disposto degli artt. 38 e 40, comma 1, lettera d) del c.p.a, non può essere limitato a una generica riproposizione dei motivi di ricorso disattesi dal giudice di primo grado, ma deve contenere una critica ai capi di sentenza appellati;
b) l’onere specifico, a carico dell’appellante, di formulare una critica puntuale della motivazione della sentenza impugnata deriva dall’essere – l’oggetto di tale giudizio – costituito da quest’ultima e non dal provvedimento gravato in primo grado;
c) a tal fine, malgrado non sia richiesto l’impiego di formule sacramentali, si esige tuttavia che il giudice dell’appello sia posto nelle condizioni di comprendere con chiarezza i principi, le norme e le ragioni per cui il primo giudice avrebbe dovuto decidere diversamente (ex multis, anche ai sensi del disposto di cui agli artt. 74, comma 1 e 88, comma 2, lett. d) del c.p.a., a valere quali precedenti specifici conformi: Consiglio di Stato, sez. IV, 13 febbraio 2018, n. 886 e Consiglio di Stato, sez. VI, 5 aprile 2018, n. 2121).
6.1. Nel caso all’esame, nessuna delle tre censure prospettate contiene elementi di fatto o di diritto utili a comprendere per quale ragione il primo giudice avrebbe errato nella propria decisione, limitandosi a consistere in una mera riproposizione dei mezzi articolati in primo grado.
6.2. Ad ogni modo, anche in disparte l’inammissibilità dei mezzi, gli stessi si appalesano manifestamente infondati nel merito, e segnatamente:
a) quanto al primo motivo, è del tutto corretta la qualificazione giuridica dei fatti operata dall’amministrazione prima e dal giudice poi, giacché i casi descritti e previsti dall’allegato H alla direttiva SME (nonostante l’ampiezza della formula utilizzata) attengono, all’evidenza, a casi gravi in cui il beneficio del trasferimento della sede, nel contemperamento dell’opposto interesse dell’Amministrazione all’organizzazione dei propri uffici, si caratterizza come doveroso ed esprime un principio di solidarietà sociale giustificato dalla compresenza di due condizioni: a) la prima, concernente il dovere del militare di attendere alla cura del coniuge o del figlio diversamente abili, totalmente o permanentemente inabile; b) la seconda, riguardante la necessità che tali soggetti possano essere curati o assistiti solo prestando servizio in una determinata sede.
Nel caso di specie, è mancata la dimostrazione della sussistenza di tale seconda condizione, essendosi il militare limitato a rappresentare la (sola) preferibilità delle condizioni di vita a Enna, anche per ragioni climatiche, senza tuttavia assolvere al ben più gravoso onere probatorio richiesto dall’invocato allegato H.
b) Quanto, invece, al secondo motivo concernente l’asserita disparità di trattamento, in disparte la considerazione per cui l’appellante ha omesso di specificare in che cosa sarebbe consistita, esattamente, la disparità di trattamento asseritamente tenuta dall’Amministrazione, non avendo allegato alcun elemento di fatto utile a comprendere se davvero, nel caso all’esame, si possano ravvisare degli elementi di analogia o di similitudine rispetto alle altre situazioni contestate (nemmeno ha citato il nome del militare o la pratica relativa al caso risolto diversamente), è poi dirimente osservare che, secondo la pacifica giurisprudenza di questo Consiglio di Stato, tale evenienza – anche laddove verificata – sarebbe del tutto irrilevante. Recenti arresti dimostrano, infatti, che “Il vizio di eccesso di potere per disparità di trattamento (configurabile soltanto in caso di assoluta identità di situazioni di fatto e di conseguente assoluta irragionevole diversità del trattamento riservato alle stesse), non può essere dedotto quando viene rivendicata l’applicazione in proprio favore di posizioni giuridiche riconosciute ad altri soggetti in modo illegittimo, in quanto, in applicazione del principio di legalità, la legittimità dell’operato della pubblica amministrazione non può comunque essere inficiata dall’eventuale illegittimità compiuta in altra situazione. Un’eventuale disparità non può essere risolta estendendo il trattamento illegittimamente più favorevole ad altri riservato a chi, pur versando in situazione analoga, sia stato legittimamente destinatario di un trattamento meno favorevole” (Consiglio di Stato, sez. VI, 1 ottobre 2014, n. 4867). E ancora: “Un provvedimento legittimo non può divenire viziato (e viceversa) perché in passato fu seguito un difforme modus operandi. non potendosi giudicare della legittimità di un atto alla luce della circostanza che in passato furono emessi provvedimenti di ana tenore e contenuto; aggiungasi che l’errore, eventualmente commesso in alcuni casi, non può costringere l’Amministrazione a perseverare nel medesimo errore e che, allo stesso modo, l’eccesso di potere per disparità di trattamento non può fondarsi su precedenti provvedimenti illegittimi, in quanto questi non possono essere invocati per pretendere ulteriori provvedimenti che violino anch’essi la legge” (Consiglio di Stato, sez. IV, 1 giugno 2016 n. 2318).
c) Pure il terzo mezzo non può trovare accoglimento, giacché l’Amministrazione ha ben motivato sulle ragioni per le quali la situazione concernente il nucleo familiare del militare non può essere sussunta sotto la fattispecie descritta dal punto 2 dell’Allegato H: trattasi, infatti, di condizioni che, sebbene degne di considerazione e di attenzione, non superano quella soglia di gravità e criticità tali da giustificare un trasferimento in un luogo in cui non vi è prova (oggettiva) che le stesse possano essere curate, risolte o diversamente affrontate.
6.3. Del pari infondato è – anche – il quarto motivo con cui viene censurato il ragionamento logico-giuridico seguito dal primo giudice. Dalla piana lettura della parte motiva si evince che il giudice non ha fondato il proprio convincimento (negativo) sulle sole condizioni del coniuge del militare, ma ha anzi apprezzato la situazione personale relativa al figlio minore, traendone tuttavia la conclusione (non gradita dall’appellante) che mancasse la prova che tale soggetto potesse essere curato o assistito solo col trasferimento di sede.
In relazione all’aspetto afferente all’individuazione della sede deve, invece, convenirsi con l’appellante, che il giudice sembrerebbe avere inteso che il trasferimento fosse stato richiesto proprio nella città Enna, mentre documentalmente emerge la diversa circostanza che era stato domandato per la città di Catania. Tuttavia, tale errore materiale nell’identificare i luoghi non incide in modo decisivo sul percorso logico seguito, giacché è chiaro che la parte sostanziale della motivazione di rigetto del ricorso si è incentrata sul mancato assolvimento dell’onere della prova – posto a carico dell’istante – che solo nella città di Enna potesse apprestarsi la cura al figlio minore, e non già che sedi prossime a Enna (come Catania) non fossero idonee al trasferimento o all’apprestamento di detta cura.
7. In definitiva, l’appello va respinto nell’insussistenza delle condizioni per potere sussumere la situazione familiare rappresentata nella fattispecie astratta delineata al punto 2 dell’Allegato H alla direttiva SME, fermi e impregiudicati gli ulteriori e diversi provvedimenti che l’Amministrazione potrà assumere, nell’esercizio della propria discrezionalità, a fronte di istanze presentate dalla parte sotto diverso titolo (benefici ex lege n. 104/1992).
7. La novità e la delicatezza delle questioni trattate giustificano l’integrale compensazione delle spese di lite del presente grado.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
(Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge e compensa tra le parti le spese di lite del presente grado.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Ritenuto che sussistano i presupposti di cui agli artt. 52 commi 1,2 e 5 e 22, comma 8 D.lg.s. 196/2003, manda alla Segreteria di procedere, in qualsiasi ipotesi di diffusione del presente provvedimento, all’oscuramento delle generalità nonché di qualsiasi dato idoneo a rivelare lo stato di salute delle parti o di persone comunque ivi citate.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 8 marzo 2018 con l’intervento dei magistrati:
Filippo Patroni Griffi – Presidente
Oberdan Forlenza – Consigliere
Luigi Massimiliano Tarantino – Consigliere
Luca Lamberti – Consigliere
Daniela Di Carlo – Consigliere, Estensore
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