Consiglio di Stato, sezione III, sentenza 10 marzo 2017, n. 1131

Uno degli indici del tentativo di infiltrazione mafiosa nell’attività d’impresa, di per sé sufficiente a giustificare l’emanazione di una interdittiva antimafia, è identificabile nella instaurazione di rapporti commerciali o associativi tra un’impresa e una società già ritenuta esposta al rischio di influenza criminale, in ragione della valenza sintomatica attribuibile a cointeressenze economiche particolarmente pregnanti; queste, infatti, giustificano il convincimento, seppur in termini prognostici e probabilistici, che l’impresa controindicata trasmetta alla seconda il suo corredo di controindicazioni antimafia, potendosi presumere che la prima scelga come partner un soggetto già colluso o, comunque, permeabile agli interessi criminali a cui essa resta assoggettata (o che, addirittura, interpreta e persegue); soltanto là dove l’esame dei contatti tra le società riveli il carattere del tutto episodico, inconsistente o remoto delle relazioni d’impresa, deve escludersi l’automatico trasferimento delle controindicazioni antimafia dalla prima alla seconda società

Consiglio di Stato

sezione III

sentenza 10 marzo 2017, n. 1131

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale

Sezione Terza

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 6921 del 2016, proposto da:

– Omissis-, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dall’avvocato Co. Ca., con domicilio eletto presso lo studio Ra. Sc. in Roma, via (…);

contro

– U.T.G. – Prefettura di Vibo Valentia, Ministero dell’Interno, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentati e difesi per legge dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui uffici sono domiciliati in Roma, via (…);

– Autorità Portuale di Gioia Tauro, non costituita in giudizio;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. CALABRIA-CATANZARO, SEZIONE I, n. 01330/2016, resa tra le parti, concernente informazione antimafia interdittiva;

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di U.T.G. – Prefettura di Vibo Valentia e Ministero dell’Interno;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 26 gennaio 2017 il Cons. Pierfrancesco Ungari e uditi per le parti gli avvocati Co. Ca. e l’avvocato dello Stato Pa. Sa.;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

1. Nei confronti della -OMISSIS-, attiva nel campo dell’industria boschiva e del trasporto per conto terzi, odierna appellante, il Prefetto di Vibo Valentia, in esito a richiesta di aggiornamento delle informazioni antimafia precedenti, ha adottato l’interdittiva prot. 15211 in data 10 aprile 2015.

2. L’interdittiva conferma le conclusioni raggiunte dalle precedenti informazioni, indicando, a supporto dell’affermata sussistenza dei tentativi di infiltrazione mafiosa tendenti a condizionare le scelte e gli indirizzi dell’impresa, di cui all’art. 84 del d.lgs. 159/2011, anche ulteriori elementi indizianti, costituiti:

– dall’avvenuto controllo del titolare della ditta con tre soggetti gravati da precedenti di polizia in relazione, rispettivamente, a reati inerenti gli stupefacenti e ricettazione (-OMISSIS-), a furto aggravato, danneggiamento, truffa, distruzione e deturpazione di bellezze naturali, riguardo a piante di proprietà dell’ARSSA della Regione Calabria e della Regione stessa (-OMISSIS-), e ad esecuzione di opere in assenza di autorizzazione e taglio illegale di piante di alto fusto, in questo caso di proprietà del Comune di Spezzano Piccolo, con subappalto illegale alla ditta appellante dei lavori di taglio ed esbosco (-OMISSIS-);

– dalla sospensione della ditta dall’Albo regionale delle imprese boschive della Regione Calabria, a decorrere dal 1 ottobre 2010 per mesi dodici, in relazione ad un procedimento penale per danneggiamento nel corso di un’utilizzazione boschiva nella provincia di Catanzaro.

3. Poiché si tratta di aggiornamento di precedenti provvedimenti, di cui si confermano le conclusioni, è opportuno ricostruire l’evoluzione dei provvedimenti antimafia adottati nei confronti dell’odierno appellante (e dei famigliari, rispetto ai quali si sospetta un collegamento con la criminalità organizzata).

3.1. In origine, nei confronti della -OMISSIS-, era stata adottata l’interdittiva prot. 26752 in data 20 settembre 2011, basata sui seguenti elementi:

– il titolare della ditta è anche amministratore unico della -OMISSIS- e della -OMISSIS-., tra i cui soci vi sono anche: (i) un soggetto controllato con pregiudicati (uno dei quali figlio di un esponente di spicco dell’omonima cosca mafiosa, mentre sul conto degli altri figurano precedenti di polizia per associazione di tipo mafioso ed estorsione) e figlio convivente del cognato di un esponente di spicco dell’omonima cosca mafiosa; (ii) un soggetto sottoposto ad avviso orale di P.S., gravato da pregiudizi/vicende penali per associazione di tipo mafioso, tentato omicidio volontario, rapina, violazioni in materia di armi, controllato in numerose occasioni con pregiudicati gravati da precedenti di polizia per estorsione, usura, associazione di tipo mafioso, estorsione aggravata, tentato omicidio (uno dei quali sorvegliato speciale di P.S.), e fratello di un ex sorvegliato speciale di P.S. (al momento detenuto a seguito di condanna per estorsione, ritenuto elemento di spicco della criminalità delle -OMISSIS- ed appartenente a sodalizio mafioso).

3.2. Va sottolineato che anche nei confronti della ditta -OMISSIS-, intestata al figlio di -OMISSIS-, attiva nello stesso settore, era stata adottata interdittiva, con provvedimento prot. 35534 in data 1 dicembre 2011, basato sui seguenti elementi:

– il titolare della ditta è stato controllato in numerose occasioni con pregiudicati con precedenti di polizia per associazione di tipo mafioso, estorsione, associazione finalizzata al traffico illecito di sostanze stupefacenti (da ultimo in data 14 ottobre 2011 in un ristorante di (omissis) con un pluripregiudicato e ritenuto elemento emergente della criminalità organizzata vibonese);

– il titolare della ditta è anche socio della -OMISSIS-. (nei confronti della quale risultano gli elementi indizianti suindicati).

L’impugnazione dell’interdittiva prot. 35534/2011 a carico della -OMISSIS- è stata definita dal TAR Calabria con sentenza n. 1422/2014, che ha dichiarato il sopravvenuto difetto di interesse.

3.3. Quanto all’interdittiva prot. 26752/2011, nel corso del giudizio di impugnazione, -OMISSIS- ha provveduto a convocare le assemblee delle due società (-OMISSIS- e -OMISSIS-), che hanno disposto l’esclusione dei due soci controindicati.

Il TAR Calabria, in ragione di ciò, ha adottato l’ordinanza cautelare n. 30/2012, disponendo la sospensione del provvedimento ai fini del riesame.

3.4. La Prefettura ha così adottato il provvedimento prot. 34112 in data 29 ottobre 2012, confermando l’interdittiva sulla base dei seguenti elementi:

– il titolare della ditta è stato più volte controllato con soggetti controindicati sul conto dei quali figurano precedenti di polizia per associazione di stampo mafioso, estorsione, associazione semplice, associazione finalizzata al traffico illecito di sostanze stupefacenti, truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche, ricettazione;

– a carico del figlio, -OMISSIS-, anch’egli socio delle due società fino al 27 aprile 2012 (data in cui ha ceduto le proprie quote al padre), figurano elementi indizianti (quelli suindicati, posti alla base dell’interdittiva prot. 35534/2011);

– controlli con soggetti controindicati figurano anche nei confronti di -OMISSIS-, altro figlio convivente di -OMISSIS-, e collaboratore familiare della sua ditta;

– la sede legale delle ditte dei -OMISSIS- sono ubicate in -OMISSIS-, al piano terra di un immobile e le ditte occupano gli stessi uffici; nel medesimo immobile abitano al primo piano -OMISSIS- ed al secondo piano -OMISSIS-; le due ditte utilizzano come parcheggio/deposito dei propri automezzi, un piazzale adiacente all’immobile; un dipendente della ditta -OMISSIS- ha lavorato come autista fino al 22 marzo 2012 per la -OMISSIS-.

3.5. Dagli atti depositati in giudizio dall’Avvocatura dello Stato, si evince che i soggetti controllati con -OMISSIS-, cui si riferisce il provvedimento, sono -OMISSIS- (altresì socio della -OMISSIS-, nuovamente colpita da interdittiva prot. n. 24621 in data 9 agosto 2013, dopo l’annullamento di una precedente interdittiva), -OMISSIS-, -OMISSIS-, -OMISSIS-, -OMISSIS- e -OMISSIS- (altresì socio amministratore della -OMISSIS-, colpita da interdittiva prot. 24296 in data 23 agosto 2011, integrata con provvedimento prot. 1880 in data 23 gennaio 2012, la cui impugnazione è stata respinta dal TAR Calabria con sentenza n. 236/2013; detta società risulta altresì proprietaria di quote della -OMISSIS- – di cui, nel frattempo, -OMISSIS-, da amministratore, era divenuto liquidatore).

Inoltre, sempre dagli atti depositati in giudizio dall’Avvocatura dello Stato, si evince che -OMISSIS- è anche amministratore e socio della -OMISSIS- S.r.l., che ha sede nel medesimo stabile suindicato, e di cui è altresì socio ed amministratore -OMISSIS-, coniuge convivente di -OMISSIS-, nonché il suddetto -OMISSIS-; questi ultimi due risultano altresì soci di un’altra ditta, la –OMISSIS-.

3.6. Con sentenza n. 1139/2013, il TAR Calabria ha infine respinto il ricorso. Il relativo giudizio di appello si è concluso con una pronuncia di sopravvenuto difetto di interesse (Cons. Stato, III, n. 4117/2014), dichiarato, sostiene l’odierno appellante, in ragione della presentazione fuori termine del gravame.

4. Anche l’ultima interdittiva prot. 15211/2015 è stata impugnata (unitamente ai conseguenti provvedimenti dell’Autorità Portuale di Gioia Tauro n. 70/2011 e n. 97/2012, con cui sono state revocate le autorizzazioni di accesso alle aree portuali) dalla ditta -OMISSIS- dinanzi al TAR Calabria, che, con la sentenza oggi appellata (I, n. 1330/2016) ha respinto il ricorso, affermando che, dal complessivo esame dei fatti ritenuti rilevanti da parte della pubblica amministrazione, deve ritenersi che la prognosi svolta dalla pubblica amministrazione sia esente da vizi logici o da irrazionalità.

5. Nell’appello vengono dedotti, in relazione a vizi di travisamento dei fatti ed illogicità della motivazione, nonché di violazione degli artt. 83, 84 e 91 del d.lgs. 159/2011, quattro ordini di censure.

6. Per il Ministero dell’interno si è costituita in giudizio l’Avvocatura Generale dello Stato che ha chiesto il rigetto dell’appello, anche depositando copia della relazione del Prefetto di Vibo Valentia sulla vicenda.

7. Ai paragrafi seguenti si sintetizzano i motivi di appello prospettati.

7.1. Con il primo motivo, l’appellante lamenta che, sotto le mentite spoglie di fatti nuovi, vengano utilizzati fatti già conosciuti ma non valorizzati (in quanto non ritenuti rilevanti) nelle prime interdittive.

Sottolinea che non sono presenti i reati-spia che potrebbero legittimare la misura interdittiva, e che, in simili casi, anche la circolare ministeriale del 8 febbraio 2013 richiede che vengano indicati in motivazione elementi esatti, concreti ed oggettivamente significativi; tuttavia, ciò non si è verificato, in quanto le circostanze esposte non sono indicative di pericolo di infiltrazione mafiosa, né sono caratterizzate/supportate da detti elementi; infatti, per quanto riguarda le frequentazioni contestate al ricorrente -OMISSIS-:

(a) in generale, non sono rilevanti, perché eventi sporadici ed occasionali con soggetti che non sono gravati da precedenti sintomatici, e peraltro molto remoti nel tempo; nonostante l’indicazione contenuta nell’ordinanza del Consiglio di Stato n. 3802/2015, il TAR Calabria ha omesso di considerare la valenza attuale degli episodi pregressi e la natura occasionale o meno delle frequentazioni registrate; si tratta di 12 controlli tra il 2001 ed il 2012, ma 11 sono anteriori al febbraio 2007, l’unico successivo è del 13 giugno 2012;

(b) in particolare, non è vero che tra i controllati vi siano soggetti con precedenti per associazione di tipo mafioso; in realtà, -OMISSIS- (controllo del 2004) è stato indagato per il reato di cui all’art. 416-bis, c.p., ma il procedimento è stato archiviato (prima dell’adozione della precedente interdittiva), mentre l’interdittiva nei confronti della sua società è stata annullata dal TAR con sentenza n. 750/2013; mentre -OMISSIS-, risulta avere precedenti solo per reati contravvenzionali, oggi depenalizzati e comunque risalenti a prima del 1993, tanto che dal 2010 è titolare di porto di pistola;

(c) – non sussistono collegamenti tra i soggetti segnalati e l’attività della ditta appellante; non si conosce chi sia il presunto mafioso o soggetto pericoloso che avrebbe agito o potrebbe agire per realizzare l’infiltrazione, né tanto meno di quale consorteria si tratti, né sono stati individuati atti diretti in modo non equivoco a condizionare le scelte imprenditoriali della ricorrente;

(d) – l’ultimo controllo del 13 giugno 2012 è stato strumentalizzato nell’interdittiva, in quanto era già noto e riguarda tre soggetti i cui precedenti di polizia sono inconferenti: infatti, -OMISSIS-, avrebbe precedenti nel 1997 per ricettazione e nel 1998 per stupefacenti; -OMISSIS-, avrebbe precedenti per furto, danneggiamento e falso; -OMISSIS-, per opere eseguite in assenza o difformità dalle autorizzazioni.

7.2. Con il secondo motivo, l’appellante confuta la rilevanza della sospensione della ditta dall’albo regionale delle imprese boschive, sottolineando che afferisce ad un procedimento penale dichiarato prescritto dal Tribunale di Catanzaro in data 5 febbraio 2005, scaturito da un taglio non autorizzato di piante, reato di tipo contravvenzionale e quindi senza connotazioni di tipo mafioso, oltre che mai contestato nelle precedenti interdittive.

7.3. Con il terzo, l’appellante confuta la rilevanza delle frequentazioni del figlio del titolare, -OMISSIS-, nonché gli elementi indicati a suo carico ed il significato attribuito ai rapporti tra le due imprese.

7.3.1. Sotto il primo profilo, premesso che il semplice rapporto di parentela con soggetti controindicati non consente una prognosi di infiltrazione, sottolinea che l’unico controllo recente è un incontro occasionale in data 14 ottobre 2011 con un pregiudicato vibonese, ma si giustifica per essere avvenuto in occasione di una festa di compleanno di un conoscente, -OMISSIS-, estraneo a misure antimafia, e non è stato seguito da alcun contatto; gli altri controlli sono antecedenti al 2011 e non sono stati contestualizzati dalla Prefettura.

7.3.2. Sotto il secondo profilo, l’appellante lamenta vi sia stata una interpretazione distorta, in quanto l’abitazione nella stessa costruzione, la condivisione di un parcheggio per i mezzi, degli uffici o la compartecipazione in tempi passati in due consorzi, costituiscono circostanze del tutto naturali in un legame di parentela padre-figlio, e quindi non costituiscono indizi di collegamento da cui si possa ipotizzare un unico centro di interesse, non essendo accompagnate da alcuna indicazione sui modi del preteso condizionamento.

Tant’è vero che nella prima interdittiva prot. 26752/2011 detti elementi non sono stati valorizzati; sino al 6 dicembre 2012, nessun rapporto economico, contrattuale o dirigenziale tra le due imprese è presente; la tempestiva esclusione del figlio dai due consorzi integra un concreto elemento di dissociazione, e la semplice assunzione nell’impresa del figlio di un dipendente che in precedenza aveva lavorato per il padre non prova il condizionamento.

7.4. Con il quarto motivo, l’appellante (dopo aver riassunto le precedenti censure) lamenta che siano state disattese le condotte del ricorrente che non si conciliano con la prognosi di pericolosità, quali le denunce di estorsioni, furti e danneggiamenti subiti (e, almeno in un caso, portati a conoscenza del Prefetto di VV), anche in epoca recentissima.

8. L’appello non è fondato.

8.1. E’ utile premettere sinteticamente quali principi, secondo la consolidata giurisprudenza di questa Sezione, devono orientare il sindacato sulle informative antimafia interdittive.

L’interdittiva antimafia comporta che il Prefetto escluda che un imprenditore – pur dotato di adeguati mezzi economici e di una adeguata organizzazione – meriti la fiducia delle Istituzioni (vale a dire che risulti “affidabile”) e possa essere titolare di rapporti contrattuali con le pubbliche Amministrazioni o degli altri titoli abilitativi, individuati dalla legge; trattandosi di una misura a carattere preventivo, prescinde dall’accertamento di singole responsabilità penali nei confronti degli imprenditori coinvolti, e si fonda sugli accertamenti compiuti dai diversi organi di polizia valutati, per la loro rilevanza, dal Prefetto territorialmente competente; tale valutazione costituisce espressione di ampia discrezionalità, che può essere assoggettata al sindacato del giudice amministrativo sotto il profilo della sua logicità in relazione alla rilevanza dei fatti accertati; essendo il potere esercitato, espressione della logica di anticipazione della soglia di difesa sociale, finalizzato ad assicurare una tutela avanzata nel campo del contrasto alle attività della criminalità organizzata, la misura interdittiva non deve necessariamente collegarsi ad accertamenti in sede penale di carattere definitivo e certi sull’esistenza della contiguità dell’impresa con organizzazione malavitosa e, quindi, del condizionamento in atto dell’attività di impresa, ma può essere sorretta da elementi sintomatici e indiziari da cui emergano sufficienti elementi del pericolo che possa verificarsi il tentativo di ingerenza nell’attività imprenditoriale della criminalità organizzata (cfr., per una ricostruzione sistematica, Cons. Stato, III, n. 1743/2016; in ultimo, sinteticamente, idem, n. 669/2017 e n. 256/2017).

Il criterio civilistico del “più probabile che non” si pone quale regola, garanzia e, insieme, strumento di controllo, fondato anche su irrinunciabili dati dell’esperienza, della valutazione prefettizia e, in particolare, consente di verificare la correttezza dell’inferenza causale che da un insieme di fatti sintomatici, di apprezzabile significato indiziario, perviene alla ragionevole conclusione di permeabilità mafiosa, secondo una logica che nulla ha a che fare con le esigenze del diritto punitivo e del sistema sanzionatorio, laddove vige la regola della certezza al di là di ogni ragionevole dubbio per pervenire alla condanna penale (cfr., in ultimo e riassuntivamente, Cons. Stato, III, n. 565/2017).

.2. Riguardo al profilo di impugnazione incentrato sulla mancanza di novità e di attualità delle frequentazioni contestate a -OMISSIS-, il Collegio sottolinea che l’interdittiva impugnata è la terza adottata nei confronti della ditta individuale appellante, e costituisce il riscontro ad un’istanza di aggiornamento (in sostanza, di revisione) da essa presentata.

Poiché, come appena ricordato, l’informazione antimafia si basa sulla valutazione complessiva del significato desumibile dagli elementi raccolti nei confronti dell’impresa, in relazione al contesto attuale (sociale ed economico, con particolare riferimento ai procedimenti giudiziari ed amministrativi che la riguardano) in cui si trova ad operare, gli elementi indicati in precedenti provvedimenti non perdono di rilevanza per il solo trascorrere del tempo, in assenza di elementi oggettivi di segno contrario, o che esprimano una discontinuità nella condotta dei soggetti coinvolti e nelle dinamiche imprenditoriali.

Tanto più la valutazione sottostante all’interdittiva può basarsi su elementi già utilizzati ai fini delle precedenti informative, allorché le impugnazioni proposte avverso di esse siano passate indenni al vaglio del giudice.

Come risulta dalla ricostruzione di cui ai paragrafi 3. ss., è quanto è accaduto nel caso della ditta appellante.

Nella stessa logica, anche elementi già esistenti e riscontrati, ma in precedenza non valorizzati ai fini dell’interdittiva, possono assumere un significato nuovo in relazione all’evoluzione del contesto, ed essere indicati a supporto della valutazione di sussistenza del pericolo di infiltrazione o condizionamento mafiosi.

8.3. Quanto al valore indiziario di tali frequentazioni, occorre ribadire che le frequentazioni con soggetti controindicati assumono di per sé un significato, sulla base della presunzione secondo la quale ciascuno frequenta le persone con le quali condivide interessi, attività o ha legami personali, e quindi spetta all’interessato di contestualizzare la frequentazione al fine di attribuirle un significato diverso e rassicurante. Il significato indiziario delle frequentazioni non viene meno col passare del tempo, in assenza di elementi che depongano per una discontinuità delle abitudini di vita e della condotta dell’interessato.

D’altro canto, la presenza di precedenti penali per i c.d. reati-spia, in quanto tipicamente significativi dell’appartenenza o della contiguità con la criminalità organizzata, non è elemento imprescindibile ai fini della valutazione sottostante all’interdittiva. Va infatti considerato che determinate fattispecie penali acquistano comunque significatività in relazione al contesto territoriale di riferimento, quando in esso la criminalità organizzata rappresenti il normale approdo finale delle carriere delinquenziali ed il collettore ultimo dei proventi illeciti (cfr. Cons. Stato, III, n. 4255/2014); con riferimento al caso in esame, è notoria l’importanza che le attività forestali assumono per l’economia della Regione Calabria, e quindi, nella prospettiva indicata, assumono significato l’esistenza di un procedimento penale che ha condotto anche alla sospensione della ditta appellante dall’Albo regionale delle imprese forestali, e le frequentazioni del titolare con soggetti (-OMISSIS-) con precedenti di polizia per reati attinenti alle attività forestali.

Peraltro, nel caso in esame, il Prefetto ha accertato frequentazioni almeno con un soggetto che ha precedenti di polizia per il reato di associazione di stampo mafioso (-OMISSIS-; merita anche di essere sottolineato che nei confronti della -OMISSIS-, dopo l’annullamento dell’interdittiva segnalato nell’appello, è stata disposta una nuova interdittiva, prot. n. 24621 in data 9 agosto 2013).

8.4. L’appello non dedica particolare attenzione agli elementi di collegamento societario tra il titolare della ditta appellante e imprese connotate da controindicazioni, limitandosi a sottolineare che i soci della -OMISSIS- e della -OMISSIS-. risultati controindicati (a causa di precedenti di polizia, legami parentali e frequentazioni con esponenti di spicco della criminalità organizzata), erano stati prontamente estromessi dalle rispettive assemblee.

Il Collegio ritiene, al contrario, che del tutto logicamente il Prefetto abbia attribuito un significato rilevante a tali collegamenti, sommati a quelli con altre imprese controllate o gestite dalla famiglia -OMISSIS- (di cui si dirà appresso).

Riguardo alla rilevanza indiziante dei collegamenti societari, questa Sezione ha affermato (cfr. Cons. Stato, III, n. 2774/2016, sempre nel solco dei principi enunciati in modo sistematico dalla sent. n. 1743/2016, cit.) che:

– uno degli indici del tentativo di infiltrazione mafiosa nell’attività d’impresa – di per sé sufficiente a giustificare l’emanazione di una interdittiva antimafia – è identificabile nella instaurazione di rapporti commerciali o associativi tra un’impresa e una società già ritenuta esposta al rischio di influenza criminale (cfr., tra le altre, Cons. Stato, III, n. 2232/2016), in ragione della valenza sintomatica attribuibile a cointeressenze economiche particolarmente pregnanti; queste, infatti, giustificano il convincimento, seppur in termini prognostici e probabilistici, che l’impresa controindicata trasmetta alla seconda il suo corredo di controindicazioni antimafia, potendosi presumere che la prima scelga come partner un soggetto già colluso o, comunque, permeabile agli interessi criminali a cui essa resta assoggettata (o che, addirittura, interpreta e persegue); soltanto là dove l’esame dei contatti tra le società riveli il carattere del tutto episodico, inconsistente o remoto delle relazioni d’impresa, deve escludersi l’automatico trasferimento delle controindicazioni antimafia dalla prima alla seconda società;

– corollario immediato di dette considerazioni è che la costituzione di un nuovo e stabile soggetto giuridico tra le due imprese permette di estendere le controindicazioni antimafia anche alle imprese partecipate o socie di quella già verificata come controindicata; la costituzione di un vincolo stabile e qualificato, come quello ravvisabile tra i due soci di una società, fonda, in particolare, la presunzione che la seconda impresa, sia stata scelta per la condivisione degli interessi inquinati e illeciti già ravvisati nella gestione della prima; correlativamente, risulta del tutto improbabile che un’impresa già attinta da sospetti di permeabilità mafiosa selezioni, come socio, un’impresa del tutto estranea al circuito criminoso nel quale essa orbita o che, in ogni caso, accetti la proposta di collaborazione di un operatore del tutto impermeabile ad interessi contigui alla criminalità organizzata, appare, al contrario, del tutto verosimile che l’intesa di sinergie imprenditoriali ascrivibile a un’impresa certamente ‘mafiosa’ obbedisca al medesimo disegno illecito di asservimento agli interessi delle organizzazioni criminali.

Tale rilevanza sussiste anche nel caso in esame.

Infatti, oltre a quanto riportato nell’interdittiva a proposito dell’esistenza di due soci “controindicati” nella -OMISSIS- e nella -OMISSIS-, società amministrate da -OMISSIS-, va rimarcato che tra i soci della seconda figuravano la -OMISSIS-(di cui era socio amministratore -OMISSIS-, tra i soggetti controllati con il titolare della ditta appellante), colpita da interdittiva prot. 24296 in data 23 agosto 2011, integrata con provvedimento prot. 1880 in data 23 gennaio 2012 (la cui impugnazione è stata respinta dal TAR Calabria con sentenza n. 236/2013), nonché -OMISSIS-.

Né può ritenersi che l’allontanamento dei due soci, o il passaggio delle quote tra i -OMISSIS- eliminino i sospetti derivanti dalla partecipazione societaria, per quanto si dirà appresso.

8.5. Anche la rilevanza attribuita dal Prefetto ai legami familiari appare nel caso in esame tutt’altro che illogica.

La giurisprudenza di questa Sezione esclude che ai legami di parentela possa attribuirsi di per sé significato indiziario, ma afferma anche che assumono rilievo qualora siano accompagnati cointeressenze economiche o comunque da collegamenti tali da far supporre una comunanza di attività; tanto più se, dall’intreccio di interessi economici e familiari, sia possibile desumere che rapporti di collaborazione intercorsi tra familiari costituiscano strumenti volti a diluire e mascherare l’infiltrazione mafiosa nell’impresa considerata (cfr., in ultimo, Cons. Stato, III, n. 5437/2015).

Ciò vale, in particolare, nel contesto calabrese, dove l’impronta familistica è connotazione tipica dei sodalizi di ‘ndrangheta e quindi, nella suindicata logica del “più probabile che non”, l’esistenza di fitti legami famigliari con soggetti controindicati ha un suo peso condizionante (quanto meno, in mancanza di una condotta tale da evidenziare che il soggetto ha seguito altre strade, rendendosi autonomo dai condizionamenti).

Nel caso in esame, gli elementi indice di cointeressenza economica nell’ambito della famiglia -OMISSIS- sono del tutto evidenti.

Infatti è stato accertato che le ditte individuali di padre e figlio (nonché la -OMISSIS- S.r.l. di cui -OMISSIS- padre è socio e amministratore, insieme alla nuora -OMISSIS-) hanno la stessa sede legale, utilizzano gli stessi uffici, condividono il parcheggio di manovra degli automezzi; senza contare che padre e figlio abitano in due piani del medesimo stabile.

E’ stata anche sottolineata l’esistenza di altra ditta, la –OMISSIS-, intestata -OMISSIS- ed al cognato -OMISSIS- (altresì socio della -OMISSIS- S.r.l.).

Pertanto, non possono ritenersi privi di significato, anche nei confronti del titolare della ditta appellante, gli elementi emersi a carico del figlio.

Si tratta, come esposto, delle frequentazioni con soggetti controindicati, anche per reati specifici, oltre alla stessa interdittiva prot. 35534/2011 che ha colpito la ditta di -OMISSIS-.

In definitiva, appare convincente quanto sostiene l’Avvocatura dello Stato, nel senso che -OMISSIS-, a seguito delle interdittive del 2011/2012, dopo essersi preoccupato di estromettere i soci controindicati dai consorzi da lui amministrati e di acquisire le quote del figlio -OMISSIS-, al fine di sostenere l’assenza di qualsivoglia rapporto economico tra di loro e tra le rispettive imprese, ha poi costituito nuove società con intestazione fittizia alla nuora ed all’altro figlio -OMISSIS- per continuare le attività al riparo da misure interdittive.

8.6. Infine, quanto alle denunce che il titolare della ditta appellante rivendica di aver effettuato, sembra evidente al Collegio che i fatti esposti, di per sé, non possano assumere una particolare rilevanza, mancando la prospettazione del loro significato, oltre ad indicazioni specifiche sui fatti accaduti e sull’attenzione che hanno ricevuto da parte degli organi di P.G. e della magistratura.

9. In conclusione, il provvedimento impugnato si sottrae alle censure dedotte, e l’appello deve pertanto essere respinto.

Le spese seguono la soccombenza e vengono liquidate come da dispositivo.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale

(Sezione Terza), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Condanna la ditta appellante al pagamento in favore del Ministero appellato della somma di euro 2.000,00 (duemila/00), oltre agli accessori di legge, per le spese del grado di giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all’art. 52, comma 1, del d.lgs. 30 giugno 2003, n. 196, a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all’oscuramento delle generalità nonché di qualsiasi altro dato idoneo ad identificare la ditta appellante e le persone fisiche e giuridiche menzionate nella sentenza.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 26 gennaio 2017 con l’intervento dei magistrati:

Franco Frattini – Presidente

Francesco Bellomo – Consigliere

Manfredo Atzeni – Consigliere

Giulio Veltri – Consigliere

Pierfrancesco Ungari –

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