Corte di Cassazione, sezione terza civile,Ordinanza 18 giugno 2019, n. 16284.
La massima estrapolata:
In tema di competenza territoriale nelle cause relative a diritti di obbligazione, la disciplina dettata dall’art. 38 c.p.c. impone al convenuto, al di fuori delle ipotesi previste dall’art. 28 c.p.c., l’onere non solo di indicare in comparsa di risposta il giudice ritenuto competente ma anche di contestare la competenza del giudice adito con riferimento a tutti i criteri concorrenti previsti dagli artt. 18, 19 e 20 c.p.c., la cui scelta è rimessa alla discrezione dell’attore, salvo che quest’ultimo non abbia indicato un determinato foro quale unico idoneo a determinare la scelta del giudice. (Nella specie, la S.C. ha ritenuto esente da critiche la sentenza impugnata che aveva rigettato l’eccezione in quanto non formulata dal convenuto anche con riferimento al criterio del luogo di esecuzione dell’obbligazione per la tutela della quale l’attore aveva proposto azione revocatoria).
Ordinanza 18 giugno 2019, n. 16284
Data udienza 10 gennaio 2019
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Presidente
Dott. DI FLORIO Antonella – Consigliere
Dott. OLIVIERI Stefano – Consigliere
Dott. SCARANO Luigi Alessandro – Consigliere
Dott. PELLECCHIA Antonella – rel. Consigliere
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 20613-2016 proposto da:
(OMISSIS), elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che la rappresenta e difende giusta procura speciale in calce al ricorso;
– ricorrente –
contro
(OMISSIS) SRL IN LIQUIDAZIONE, in persona del liquidatore e legale rappresentante pro tempore Dott. (OMISSIS), elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato (OMISSIS) giusta procura speciale in calce al controricorso;
– controricorrente –
e contro
(OMISSIS) SCARL IN LIQUIDAZIONE, (OMISSIS);
– intimati –
avverso la sentenza n. 2326/2016 della CORTE D’APPELLO di MILANO, depositata il 10/06/2016;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 10/01/2019 dal Consigliere Dott. ANTONELLA PELLECCHIA.
RILEVATO
che:
Nel 2009, la (OMISSIS) S.c.r.l. convenne in giudizio, dinanzi al Tribunale di Pavia, (OMISSIS) e la di lui moglie (OMISSIS), chiedendo che venisse dichiarata l’inefficacia nei propri confronti ai sensi dell’articolo 2901 c.c. dell’atto di costituzione di fondo patrimoniale del 30.9.2008, avente ad oggetto tutti i beni immobili di proprieta’ dello stesso.
Si costitui’ in giudizio il solo (OMISSIS), chiedendo in via preliminare la dichiarazione di incompetenza territoriale del Tribunale adito, nonche’ la sospensione del procedimento per contestuale pendenza del giudizio di opposizione avverso il decreto ingiuntivo del Tribunale di Pavia n. 1880/2009, posto a fondamento dell’azione revocatoria. Nel merito, chiese il rigetto delle domande di parte attrice.
La (OMISSIS) non si costituiva in giudizio e veniva dichiarata contumace.
Nel corso del giudizio intervenne la (OMISSIS) S.r.l., in qualita’ di cessionaria del credito vantato dall’attrice nei confronti del (OMISSIS).
Il Tribunale di Pavia, rigettata l’eccezione di incompetenza territoriale, dichiaro’ inefficace nei confronti dell’attrice l’atto di costituzione del fondo patrimoniale.
2. La pronuncia e’ stata confermata dalla Corte di appello di Milano, con la sentenza n. 2326/2016, depositata il 10 giugno 2016.
La Corte di appello ha condiviso la decisione del primo giudice in ordine alla competenza territoriale, in base al principio che l’obbligazione da considerare non e’ quella di cui si chiede l’inefficacia, bensi’ quella principale dalla quale sorge la posizione creditizia compromessa dall’atto di trasferimento posto in essere dal debitore.
Nel merito, quanto alla sussistenza del credito della (OMISSIS), la Corte di Milano ha evidenziato che il 10.9.2008, in data antecedente alla costituzione del fondo patrimoniale (avvenuta il 30.9.2008), la stessa (OMISSIS) aveva inviato diffida al (OMISSIS) per Euro 6.056.552,66, che tale credito era stato giudizialmente azionato e che era stato confermato, all’esito di un lungo giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo, con sentenza n. 488/2016 del Tribunale di Pavia.
Inoltre, secondo la Corte, la destinazione del fondo patrimoniale alla soddisfazione dei bisogni della famiglia non si concilia con il fatto che lo stesso sia stato costituito ad oltre cinquant’anni dal matrimonio, con figli in maggiore eta’ ed indipendenti. Del resto, trattandosi di atto a titolo gratuito, e’ sufficiente la semplice conoscenza, da parte del debitore, del pregiudizio che l’atto arrecava alle ragioni del creditore.
3. Avverso tale decisione propone ricorso in Cassazione, sulla base di due motivi, la signora (OMISSIS).
3.1. Resiste con controricorso la (OMISSIS) S.r.l. in liquidazione. La (OMISSIS) S.c.a r.l. in liquidazione ed il curatore del Fallimento di (OMISSIS) (rimasto contumace in appello, in seguito alla riassunzione del giudizio) non hanno formulato difese.
CONSIDERATO
che:
4.1. Con il primo motivo, la ricorrente lamenta la “violazione e falsa applicazione dell’articolo 2901 c.c. e dell’articolo 18 c.p.c. in relazione all’articolo 360c.p.c., comma 2”.
Il Tribunale di Pavia avrebbe errato nello stabilire che la domanda ex articolo 2901 c.c. introdotta dalla (OMISSIS) fosse accessoria rispetto a quella, ritenuta principale, di accertamento del credito e nell’individuare di conseguenza la norma regolatrice della competenza nell’articolo 31 c.p.c.
La (OMISSIS) avrebbe chiesto solo in via eventuale l’accertamento del credito (peraltro gia’ chiesto in altro giudizio). Pertanto, la domanda principale dedotta nel giudizio sarebbe stata quella di revoca del fondo patrimoniale.
Del resto, se la domanda principale fosse stata quella dell’accertamento del credito, il Tribunale avrebbe dovuto rimettere la causa dinanzi al giudice preventivamente adito.
La competenza territoriale avrebbe dovuto essere determinata in base al criterio di collegamento previsto dall’articolo 18 c.p.c. (e quindi il giudizio incardinato dinanzi al Tribunale di Vigevano, ove avevano la residenza entrambi i convenuti) ovvero ex articolo 20 c.p.c., in base al luogo in cui era stato concluso l’atto dispositivo (ovvero Milano, ove era stato stipulato l’atto costitutivo del fondo patrimoniale).
La Corte d’appello non avrebbe tenuto conto di tali argomentazioni, limitandosi a ratificare la sentenza di primo grado.
Inoltre, in sede di precisazione delle conclusioni dinanzi al Tribunale, l’odierna ricorrente aveva chiesto che venisse pronunciata ordinanza di estinzione del processo ex articolo 306 c.p.c. o., in subordine, il rigetto della domanda attorea. La declaratoria di cessazione della materia del contendere presupporrebbe invece che le parti concludano concordemente (cioe’ che manchi qualsiasi necessita’ di componimento giudiziale della vicenda processuale).
Il motivo e’ infondato.
E’ indiscusso, essendo peraltro ammesso anche dalla ricorrente, il carattere personale dell’azione revocatoria proposta.
In tale giudizio, infatti, viene dedotta l’obbligazione il cui adempimento si vuole tutelare attraverso la dichiarazione di inefficacia del negozio che si assume fraudolentemente posto in essere, indipendentemente dalla natura del negozio stesso.
E’ quindi all’obbligazione da tutelare che deve farsi riferimento, come del resto viene costantemente affermato da questa Corte in tema di competenza per valore (cfr. Cass. civ. Sez. I, 17/03/2004, n. 5402; cfr., in precedenza Cass. 9 maggio 1956, n. 1527; 13 gennaio 1958, n. 72; 22 maggio 1963, n. 1341; 8 febbraio 1971, n. 329; 18 maggio 1973, n. 1440; Cass. 9 maggio 1981, n. 3076; Cass. 6 dicembre 1986, n. 7250).
Orbene, e’ principio costante della giurisprudenza di questa Corte quello secondo cui, nelle cause relative a diritti di obbligazione, il convenuto che intende eccepire l’incompetenza per territorio, al di fuori delle ipotesi previste dall’articolo 28 c.p.c., ha l’onere non solo di indicare nella comparsa di risposta, secondo quanto e’ dato desumere dall’articolo 38 c.p.c., comma 2, il giudice competente, ma anche di contestare la competenza di quello concretamente adito in relazione a tutti i singoli profili di competenza ipotizzabili con riferimento ai criteri facoltativi di collegamento rinvenibili negli articoli 18, 19 e 20 c.p.c., la cui scelta e’ rimessa alla discrezione dell’attore, salvo che quest’ultimo non abbia indicato un determinato foro quale unico idoneo a determinare la scelta del giudice (Cass. civ. Sez. III, 09/06/2003, n. 9192; Cass. nn. 2307 del 1988, 6934 del 1986, 4538 del 1985).
Pertanto, l’eccezione di incompetenza per territorio avrebbe dovuto essere formulata – mentre non lo e’ stato – anche con riferimento al criterio del luogo di esecuzione dell’obbligazione per la tutela della quale la (OMISSIS) aveva promosso l’azione ex articolo 2901 c.c.
Correttamente, dunque, la Corte d’appello ha confermato il rigetto della eccezione di incompetenza sollevata dal (OMISSIS) e dalla (OMISSIS).
4.2. Con il secondo motivo, la ricorrente lamenta la “violazione e falsa applicazione dell’articolo 2901 c.c. in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 3”.
La motivazione della sentenza impugnata sarebbe insufficiente anche nella parte in cui ritiene raggiunta la prova dei presupposti dell’azione revocatoria.
In particolare, non sarebbe sussistente il requisito dell’eventus damni, in quanto, con la costituzione del fondo patrimoniale il (OMISSIS) non avrebbe trasferito la proprieta’ o il possesso dei beni immobili (peraltro di poca entita’ rispetto al residuo patrimonio, consistente nel valore della farmacia di cui era titolare), ma solo l’assoggettamento degli stessi beni al soddisfacimento dei bisogni della famiglia relativi ai diritti di mantenimento, assistenza e contribuzione.
Sarebbe altresi’ insussistente il diritto di credito vantato dalla (OMISSIS) nei confronti del (OMISSIS). Infatti, i documenti contabili provenienti dalla stessa societa’ proverebbero l’avvenuta estinzione dell’obbligazione di pagamento dedotta in giudizio.
Inoltre, in altro procedimento cautelare promosso dalla (OMISSIS) nei confronti del (OMISSIS), il Tribunale di Pavia avrebbe rigettato la domanda, ritenendo che le alterazioni e le manomissioni della contabilita’ della societa’, ammesse dalla stessa, sarebbero state tali da inficiare il principio di presunzione di persistenza del credito.
Ne’ sarebbe vero che le ragioni creditorie del credito sarebbero consacrate in un decreto ingiuntivo confermato all’esito di un giudizio di opposizione. In realta’, il giudizio di opposizione si sarebbe concluso non con l’accertamento del credito azionato in via monitoria, ma con ordinanza di estinzione (all’epoca del ricorso in cassazione, ancora impugnabile) per mancata tempestiva riassunzione a seguito dell’interruzione del processo conseguente alla dichiarazione di fallimento del (OMISSIS).
L’unico accertamento nel merito, invece, sarebbe quello compiuto dal Giudice penale che con sentenza del Tribunale di Pavia n. 173/2014, di assolvimento del (OMISSIS) dal reato di truffa nei confronti dei soci della (OMISSIS), avrebbe accertato definitivamente che le ragioni di quest’ultima erano inesistenti perche’ le scritture della stessa erano quasi totalmente false.
Infine, mancherebbe anche il requisito del consilium fraudis.
Il motivo e’ inammissibile perche’, pur censurando la sentenza per un’asserita violazione di norme di diritto, si risolve in realta’ nella richiesta di riesame dell’accertamento operato in fatto dal giudice di merito e, quindi, di rivisitazione nel merito della vicenda processuale.
Il motivo e’ comunque infondato.
Come noto, sui beni oggetto del fondo patriimoniale non e’ possibile agire forzosamente se non a determinate condizioni. I beni ed i frutti rispondono solo per obbligazioni contratte nell’interesse della famiglia.
Di conseguenza, riducendo la garanzia generale spettante ai creditori sul patrimonio dei costituenti, la costituzione del fondo patrimoniale e’ soggetta ad azione revocatoria se in concreto pregiudizievole alle ragioni del creditore (come indubitabilmente e’ quando siano conferiti nel fondo tutti i beni immobili di proprieta’ del debitore, restando viceversa indimostrate – ed anzi sconfessate dall’apertura della procedura concorsuale – le allegazioni di parte ricorrente secondo cui il restante patrimonio del (OMISSIS) sarebbe stato piu’ cospicuo).
Non assume poi rilevanza la circostanza che il fondo patrimoniale fosse stato costituito per soddisfare le esigenze della famiglia.
Con l’azione revocatoria non si disconosce la validita’ del fondo patrimoniale e la sua causa (il soddisfacimento dei bisogni della famiglia) ma se ricorre l’elemento della consapevolezza del pregiudizio alle ragioni del creditore, la tutela delle ragioni quest’ultimo (realizzata riattribuendo al patrimonio separato la sua funzione di garanzia generica del credito) diventa prevalente nei limiti di quanto serva per il suo soddisfacimento (Cass. civ. Sez. VI – 2, 18-07-2014, n. 16498).
Quanto alla sussistenza del credito, e’ sufficiente ricordare che ai fini dell’accoglimento di detta azione non e’ necessaria la sussistenza di un credito certo, liquido ed esigibile, essendo sufficiente una ragione di credito anche eventuale, rilevando a tal fine anche i crediti litigiosi o comunque oggetto di contestazioni, purche’ non manifestamente fondate.
Infine, sotto il profilo dell’elemento soggettivo, trattandosi di ipotesi di costituzione in fondo patrimoniale successiva all’assunzione del debito (poiche’, nel caso di specie, la diffida e’ precedente di 20 giorni al rogito dell’atto), e’ sufficiente la mera consapevolezza di arrecare pregiudizio agli interessi del creditore (scientia damni), la cui prova puo’ essere fornita anche tramite presunzioni, senza che assumano, viceversa, rilevanza l’intenzione del debitore medesimo di ledere la garanzia patrimoniale generica del creditore (consilium fraudis), ne’ la relativa conoscenza o partecipazione da parte del terzo.
6. In conclusione, il ricorso deve essere respinto. Le spese seguono la soccombenza.
P.Q.M.
la Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimita’ che liquida in Euro 7.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200, ed agli accessori di legge.
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, articolo 1, comma 17, da’ atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente principale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del citato articolo 13, comma 1 bis.
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
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