Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|| n. 16383.
Compensi dell’avvocato la quantificazione dello stesso va fatta per iscritto ad substantiam
In tema di compensi dell’avvocato la quantificazione dello stesso va fatta per iscritto, ad substantiam del diritto fatto valere, ai fini probatori non è utilizzabile la prova orale.
Ordinanza|| n. 16383. Compensi dell’avvocato la quantificazione dello stesso va fatta per iscritto ad substantiam
Data udienza 13 aprile 2023
Integrale
Tag/parola chiave: Avvocati – Compensi – Assenza di accordo vincolante – Applicabilità del terzo comma dell’art. 2233 cc – Testo introdotto dall’art. 2 del d.l. n. 223/2006 convertito con modif. dalla l. n. 248/2006 – Forma scritta per l’accordo di determinazione del compenso professionale tra l’avvocato e il suo cliente – Pena di nullità
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. ORILIA Lorenzo – Presidente
Dott. GRASSO Giuseppe – Consigliere
Dott. PAPA Patrizia – rel. Consigliere
Dott. GIANNACCARI Rossana – Consigliere
Dott. AMATO Cristina – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 8146-2019 proposto da:
avv. (OMISSIS), difensore di se’ stessa, elettivamente domiciliata in (OMISSIS);
– ricorrente –
contro
CONDOMINIO (OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che lo rappresenta e difende;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 844-2019 del TRIBUNALE di ROMA, depositata il 14/01/2019;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 13/04/2023 dal consigliere PATRIZIA PAPA.
Compensi dell’avvocato la quantificazione dello stesso va fatta per iscritto ad substantiam
FATTI DI CAUSA
1. Nella lite insorta tra l’avvocato (OMISSIS) e il Condominio di (OMISSIS) per il pagamento di compensi professionali, il Tribunale di Roma, con sentenza n. 844 del 2019, in riforma della decisione di primo grado (sentenza n. 49753/2015 del locale Giudice di Pace), in accoglimento dell’appello proposto dal Condominio, ha revocato il decreto ingiuntivo n. 11002 DEL 2014 emesso per l’importo di Euro. 3.427,54 in favore dell’avvocato e, operata la compensazione tra quanto spettante al difensore a titolo di compenso e quanto ricevuto, ha condannato l’avvocato (OMISSIS) alla restituzione in favore del Condominio della somma di Euro. 5.070,003 oltre interessi; ha altresi’ rigettato l’appello incidentale del professionista (che si era doluto del mancato accoglimento dell’eccezione di tardivita’ dell’opposizione avverso il decreto ingiuntivo).
Per quanto di stretto interesse in questa sede, il Tribunale ha osservato che l’opposizione a decreto ingiuntivo era tempestiva, perche’ dal duplicato della copia dell’avviso di ricevimento relativo alla notifica del decreto ingiuntivo, risultava l’avvenuto ritiro dell’atto in data 31.10.2014 presso l’ufficio postale da parte dell’amministratore; pertanto, considerando da tale data la decorrenza del termine di 40 giorni per l’opposizione, correttamente era stata ritenuta la tempestivita’ della sua proposizione, avvenuta con raccomandata del 28.11.2014.
Ha poi rilevato che tra le parti mancava un accordo sulla misura del compenso e pertanto doveva trovare applicazione la tariffa di cui al DM 124 DEL 2004, tenendo conto della data di emissione del decreto ingiuntivo (26.4.2012).
Avverso questa sentenza l’avvocato (OMISSIS) ha proposto ricorso per cassazione sulla base di due motivi; il condominio ha resistito con controricorso illustrato da memoria.
Compensi dell’avvocato la quantificazione dello stesso va fatta per iscritto ad substantiam
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Con il primo motivo (OMISSIS) ha lamentato la violazione e falsa applicazione dell’articolo 140 c.p.c. in relazione all’articolo 360, comma I n. 3 c.p.c. per non avere il Tribunale correttamente individuato il tempo di perfezionamento della notifica e il termine di decorrenza iniziale dei 40 giorni prescritti per l’opposizione, secondo l’interpretazione resa dalla Corte Costituzionale nella sentenza n. 3 del 2010; la notifica, infatti, avrebbe dovuto intendersi perfezionata dopo dieci giorni dalla spedizione della raccomandata informativa dell’avvenuto deposito e, cioe’, il 17/10/14 e non il 31/10/14, cioe’ nel giorno di ritiro della raccomandata informativa di avviso del deposito presso la Casa comunale.
1.1. Il motivo e’ infondato.
La notifica del decreto ingiuntivo e’ stata effettuata nelle forme previste all’articolo 140 c.p.c. (lo dichiara la stessa ricorrente a pag. 2 del ricorso) e la cartolina di avviso dell’avvenuto deposito presso la Casa comunale e’ stata ricevuta dall’opponente condominio, in persona del suo amministratore, in data 31/10/2014 (v. sentenza pag. 5).
La ricorrente ha sovrapposto, nell’argomentare la sua censura, la disciplina della l. n. 890 del 1982, articolo 8, comma 4, con la disciplina dell’articolo 140 c.p.c. che non sono, invece, pienamente sovrapponibili.
Le notifiche ex articolo 140 c.p.c. presentano un regime che si discosta da quello di cui alla l. n. 890 del 1982, articolo 8, comma 4: le notificazioni a mezzo del servizio postale si perfezionano decorsi dieci giorni dalla spedizione della raccomandata o al momento del ritiro del piego contenente l’atto da notificare, ove anteriore; viceversa, l’articolo 140 c.p.c., all’esito della sentenza n. 3 del 2010 della Corte costituzionale, fa esplicitamente coincidere tale momento con il ricevimento della raccomandata informativa, reputato idoneo a realizzare non l’effettiva conoscenza, ma la conoscibilita’ del deposito dell’atto presso la casa comunale e a porre il destinatario in condizione di ottenere la consegna e di predisporre le proprie difese nel rispetto dei termini eventualmente pendenti per la reazione giudiziale. Tale difformita’ non si espone a dubbi di legittimita’ costituzionale, perche’ il legislatore ordinario non e’ tenuto ad uniformare il trattamento processuale di situazioni soltanto assimilabili, essendo consentita una diversa conformazione degli istituti processuali a condizione che non siano lesi i diritti di difesa.
A tali conclusioni e’ giunta, la stessa Corte costituzionale che ha dichiarato manifestamente infondata la questione di legittimita’ costituzionale dell’articolo 140 c.p.c., posta per violazione della Cost., articoli 3, 24 e 111 proprio per la parte in cui fa decorrere gli effetti della notifica, per il destinatario, dalla data in cui l’ufficiale giudiziario, effettuate le formalita’ di deposito, gliene da’ notizia per raccomandata con avviso di ricevimento.
La Corte Costituzionale ha infatti ritenuto inammissibile il confronto con la disciplina prevista dalla L. 20 novembre 1982, n. 890, articolo 8, comma 4, – secondo cui la notificazione si ha per eseguita decorsi dieci giorni dalla data di spedizione della lettera raccomandata, con cui si avvisa il destinatario dell’avvenuto deposito dell’atto presso la casa comunale, ovvero dalla data dell’effettivo ritiro della copia dell’atto, se anteriore – perche’ le situazioni disciplinate non sono omogenee e la diversa disciplina delle situazioni si giustifica in termini di ragionevolezza.
In particolare, l’articolo 140 del c.p.c., per come dichiarato costituzionalmente illegittimo, presuppone, per il perfezionamento del procedimento di notificazione, l’avvenuta ricezione, da parte del destinatario dell’atto, della raccomandata contenente l’avviso di deposito dell’atto stesso, in tal modo ponendo l’accipiens nelle condizioni di poter prendere prontamente contezza del contenuto del medesimo; conseguentemente, la conoscenza legale dell’atto coincide con il momento in cui puo’ essere conseguita anche la conoscenza effettiva.
La previsione di un termine di dieci giorni per il ritiro dell’atto presso l’ufficio postale, previsto dalla L. n. 890 del 1982, articolo 8 in tema di notificazione degli atti a mezzo del servizio postale, si collega, invece, non al momento di effettiva ricezione dell’avviso, ma alla spedizione dello stesso ovvero alla data di ritiro dell’atto se anteriore, con l’ovvio epilogo di individuare una diversa e ragionevole modulazione del termine per il perfezionamento dell’iter notificatorio (Corte Cost. 220/2016; Cass. Sez. 2, n. 6089 del 04/03/2020).
2. Con il secondo motivo, l’avvocato (OMISSIS) ha denunziato la violazione e falsa applicazione degli articoli 112 e 115 c.p.c. e degli articoli 1173-1174 e 1175 c.c.: ad avviso della ricorrente, il giudice di appello, sostenendo che, in assenza di prova dell’accordo sulla misura del compenso per l’attivita’ professionale svolta, dovesse essere applicata la tariffa forense di cui al Decreto Ministeriale n. 124 del 2004, non avrebbe cosi’ considerato che l’opponente Condominio non aveva mai contestato l’esistenza di questo accordo, come esposto nella comparsa di costituzione di primo grado e si era limitato unicamente ad opporre la erroneita’ della determinazione dei compensi operata dal Tribunale nel decreto ingiuntivo pronunciato nei confronti del singolo condomino; cosi’ motivando, peraltro, il Tribunale avrebbe anche violato l’articolo 112 c.p.c. introducendo elementi di indagine ulteriori e modificando radicalmente i termini della controversia.
2.1 Anche questo motivo e’ infondato.
Innanzitutto, secondo la giurisprudenza di questa Corte, in tema di ricorso per cassazione, il vizio di violazione di legge consiste nella deduzione di un’erronea ricognizione, da parte del provvedimento impugnato, della fattispecie astratta recata da una norma di legge e implica necessariamente un problema interpretativo della stessa; l’allegazione di un’erronea ricognizione della fattispecie concreta a mezzo delle risultanze di causa e’, invece, esterna all’esatta interpretazione della norma e inerisce alla tipica valutazione del giudice di merito, sottratta al sindacato di legittimita’ (v. tra le varie, Sez. 1, Ordinanza n. 3340/2019; Cass. ord. 22707/2017 e altre).
E ancora, in tema di ricorso per cassazione, per dedurre la violazione dell’articolo 115 c.p.c., occorre denunciare che il giudice, in contraddizione espressa o implicita con la prescrizione della norma, abbia posto a fondamento della decisione prove non introdotte dalle parti, ma disposte di sua iniziativa fuori dei poteri officiosi riconosciutigli (salvo il dovere di considerare i fatti non contestati e la possibilita’ di ricorrere al notorio), mentre e’ inammissibile la diversa doglianza che egli, nel valutare le prove proposte dalle parti, abbia attribuito maggior forza di convincimento ad alcune piuttosto che ad altre, essendo tale attivita’ valutativa consentita dall’articolo 116 c.p.c. (v. SSUU n. 20867/2020).
Nel caso in esame, e’ evidente che non ricorre ne’ il vizio di violazione di norma di diritto ne’ la violazione dell’articolo 115 c.p.c..
Il Tribunale, infatti, rilevando che mancava un accordo vincolante, ha applicato in sostanza il comma 3 dell’articolo 2233 c.c., nel testo introdotto dal Decreto Legge n. 223 del 2006, articolo 2, convertito con modif. dalla l. n. 248 del 2006 che ha imposto a pena di nullita’ la forma scritta per l’accordo di determinazione del compenso professionale tra l’avvocato e il suo cliente.
Sul punto, invero, la norma indicata non puo’ ritenersi abrogata con l’entrata in vigore della l. n. 247 del 2012, articolo 13, comma 2, li’ dove ha stabilito che “il compenso spettante al professionista e’ pattuito di regola per iscritto all’atto del conferimento dell’incarico professionale”, poiche’ la novita’ legislativa, lasciando impregiudicata la prescrizione contenuta nell’articolo 2233, ult. comma, c.c., ha inteso disciplinare non la forma del patto, che resta quella scritta a pena di nullita’, ma soltanto il momento in cui stipularlo. Conseguentemente, la scrittura non puo’ essere sostituita con mezzi probatori diversi dal documento e la prova per presunzioni semplici, al pari della testimonianza, sono ammissibili nei soli casi di sua perdita incolpevole ex articoli 2724 e 2725 c.c. (Cass. Sez. 2, n. 717 del 12/01/2023), perche’ l’osservanza dell’onere formale ad substantiam non e’ prescritta esclusivamente ai fini della dimostrazione del fatto, ma per l’esistenza stessa del diritto fatto valere.
La deduzione di un accordo in forma orale, ricavabile “a contrario”, non coglie pertanto nel segno.
E’ infine esclusa la violazione dell’articolo 112 c.p.c., non essendo il Tribunale incorso nel vizio di ultrapetizione laddove, con apprezzamento in fatto, ha ravvisato l’assenza di accordo tra le parti in ordine alla misura del compenso.
3. Il ricorso dev’essere percio’ rigettato, con inevitabile condanna della parte soccombente al pagamento delle spese processuali, liquidate come in dispositivo.
Stante il tenore della pronuncia, va dato atto – ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater – della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, a carico della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo contributo unificato, pari a quello previsto per la proposizione dell’impugnazione, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimita’, che liquida complessivamente in Euro 1.300,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 e agli accessori di legge.
Da’ atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1-bis, se dovuto.
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