Suprema Corte di Cassazione sezione lavoro sentenza 2 febbraio 2016, n. 1978 REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE LAVORO Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. ROSELLI Federico – Presidente Dott. MAMMONE Giovanni – Consigliere Dott. BRONZINI Giuseppe – Consigliere Dott. NEGRI DELLA TORRE Paolo – rel. Consigliere Dott....
Categoria: Diritto del Lavoro e della Previdenza sociale
Corte di Cassazione, sezione lavoro, sentenza 29 gennaio 2016, n. 1756. Attesa la natura mista, tanto risarcitoria quanto retributiva, propria dell’indennità sostitutiva delle ferie non godute, ai fini della verifica della prescrizione, è necessario che il diritto che l’indennità in esame tende a soddisfare possa essere esercitato in maniera ampia, per cui non può che considerarsi prevalente a tale scopo, la natura risarcitoria della stessa, per la quale è prevista la durata ordinaria decennale della prescrizione
Suprema Corte di Cassazione sezione lavoro sentenza 29 gennaio 2016, n. 1756 REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE LAVORO Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. AMOROSO Giovanni – Presidente Dott. VENUTI Pietro – Consigliere Dott. NOBILE Vittorio – Consigliere Dott. BERRINO Umberto – rel. Consigliere Dott. GHINOY Paola...
Corte di Cassazione, sezioni unite, sentenza 3 febbraio 2016, n. 2055. Sussiste la giurisdizione dei giudice ordinario riguardo all’impugnazione proposta dal direttore generale di una azienda sanitaria locale in relazione alla risoluzione del contratto di lavoro
Suprema Corte di Cassazione sezioni unite sentenza 3 febbraio 2016, n. 2055 Svolgimento del processo 1. Con ricorso al Tribunale di P.A.S. esponeva: che aveva svolto funzioni di direttore generale della Azienda Sanitaria 1 di Paola in virtù di un contratto di durata triennale stipulato con la Regione Calabria in data 8 aprile 2004; con...
Corte di Cassazione, sezione lavoro, sentenza 26 gennaio 2016, n. 1347. In tema di previdenza di ingegneri e architetti, l’imponibile contributivo va determinato alla stregua dell’oggettiva riconducibilità alla professione dell’attività concreta, ancorché questa non sia riservata per legge alla professione medesima, rilevando che le cognizioni tecniche di cui dispone il professionista influiscono sull’esercizio dell’attività. La limitazione dell’imponibile contributivo ai soli redditi da attività professionali tipiche non trova dunque fondamento nell’art. 7 della legge n. 1395 del 1923 e negli artt. 51, 52 e 53 del r.d. n. 2537 del 1925, che riguardano soltanto la ripartizione di competenze tra ingegneri e architetti, mentre l’art. 21 della legge n. 6 del 1981 stabilisce unicamente che l’iscrizione alla Cassa è obbligatoria per tutti gli ingegneri e gli architetti che esercitano la libera professione con carattere di continuità, conseguendone il rigetto del ricorso avverso la decisione di merito che aveva incluso nell’imponibile contributivo di un ingegnere elettronico i redditi a lui derivati dalle attività di consulente nell’elaborazione dati e di amministratore di una società automobilistica
SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE SEZIONE LAVORO sentenza 26 gennaio 2016, n. 1347 Svolgimento del processo Con ricorso al Tribunale di Roma, l’ing. M. ha chiesto dichiararsi nei confronti della INARCASSA che egli non era obbligato al pagamento di alcuna somma in favore della resistente, neppure a titolo di contributi, sanzioni ed interessi, annullando o dichiarando...
Corte di Cassazione, sezione lavoro, sentenza 22 gennaio 2016, n. 1186. Anche ai fini del giudizio sulla riduzione della capacità di lavoro richiesta per l’attribuzione dell’assegno ordinario di invalidità previsto dall’art. 1 della legge 12 giugno 1984, n. 222, assume rilievo il carattere usurante dell’impegno in attività confacenti alle attitudini dell’interessato
Suprema Corte di Cassazione sezione lavoro sentenza 22 gennaio 2016, n. 1186 REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE LAVORO Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. VENUTI Pietro – Presidente Dott. TRIA Lucia – rel. Consigliere Dott. BALESTRIERI Federico – Consigliere Dott. BERRINO Umberto – Consigliere Dott. GHINOY Paola...
Corte di Cassazione, sezione lavoro, sentenza 19 gennaio 2016, n. 836. Il datore di lavoro è obbligato a mente dell’art. 2087 c.c. ad assicurare condizioni di lavoro idonee a garantire la sicurezza delle lavorazioni ed è tenuto ad adottare nell’esercizio dell’impresa le misure che, secondo la particolarità del lavoro, l’esperienza e la tecnica, sono necessarie a tutelare l’integrità fisica e la personalità morale dei prestatori di lavoro. La violazione di tale obbligo legittima i lavoratori a non eseguire la prestazione, eccependo l’inadempimento altrui. La protezione, anche di rilievo costituzionale, dei beni presidiati dall’art. 2087 c.c. postula meccanismi di tutela delle situazioni soggettive potenzialmente lese in tutte le forme che l’ordinamento conosce. Dunque, per garantire l’effettività della tutela in ambito civile, non solo azioni volte all’adempimento dell’obbligo di sicurezza o alla cessazione del comportamento lesivo ovvero a riparare il danno subito, ma anche il potere di autotutela contrattuale rappresentato dall’eccezione di inadempimento, rifiutando l’esecuzione della prestazione in ambiente nocivo soggetto al dominio dell’imprenditore. In caso di violazione da parte del datore di lavoro dell’obbligo di sicurezza di cui all’art. 2087 cod. civ., non solo è legittimo, a fronte dell’inadempimento altrui, il rifiuto del lavoratore di eseguire la propria prestazione, ma costui conserva, al contempo, il diritto alla retribuzione in quanto non possono derivargli conseguenze sfavorevoli in ragione della condotta inadempiente del datore
SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE SEZIONE LAVORO sentenza 19 gennaio 2016, n. 836 Svolgimento del processo 1.- Con ricorso al Tribunale di Torino D.A.A. ed altri 13 dipendenti della Fiat Group Automobiles Spa indicati in epigrafe convenivano la datrice di lavoro esponendo che erano addetti all’assemblaggio delle portiere delle auto presso il reparto denominato “lite 11”;...
Corte di Cassazione, sezione lavoro, sentenza 4 febbraio 2016, n. 2209. Il datore di lavoro è responsabile dell’infortunio occorso al lavoratore, sia quando ometta di adottare le idonee misure protettive, sia quando non accerti e vigili che di queste misure venga fatto effettivamente uso da parte dei dipendenti. Di conseguenza, ai fini dell’accertamento della responsabilità datoriale per infortunio occorso al lavoratore sul luogo di lavoro, mentre incombe sul lavoratore che lamenti di aver subito, a causa dell’attività lavorativa, un danno alla salute, l’onere di provare l’esistenza di tale danno, come pure la nocività dell’ambiente di lavoro, nonché il nesso tra l’uno e l’altro elemento, grava sul datore di lavoro – una volta che il lavoratore abbia provato le predette circostanze – l’onere di provare di aver fatto tutto il possibile per evitare il danno, ovvero di aver adottato tutte le cautele necessarie per impedire il verificarsi del danno medesimo
Suprema Corte di Cassazione sezione lavoro sentenza 4 febbraio 2016, n. 2209 Svolgimento del processo 1. Con sentenza del 25/1-26/3/2012 la Corte d’Appello di Lecce, sezione distaccata di Taranto, in riforma della decisione di primo grado, ha rigettato la domanda avanzata da S.G. nei confronti di Fintecna S.p.A. diretta ad ottenere il risarcimento dei danni...
Corte di Cassazione, sezione lavoro, sentenza 18 gennaio 2016, n. 709. In caso di licenziamento illegittimo, ove il lavoratore, nel regime della c.d. tutela reale – nella specie, quello dell’art. 18 dello Statuto dei lavoratori – opti per l’indennità sostitutiva della reintegrazione, avvalendosi della facoltà prevista dal comma 5 della citata norma, il rapporto di lavoro, con comunicazione al datore di lavoro di tale scelta, si estingue anche se non è intervenuto il pagamento dell’indennità, senza che permanga – per il periodo successivo, in cui la prestazione lavorativa non è dovuta né può essere pretesa – alcun obbligo retributivo. Ne consegue che l’obbligo di pagamento dell’indennità è soggetto alla disciplina della mora debendi del datore di lavoro, con applicazione dell’art. 429 cod. proc. civ., salva la prova del maggior danno, a carico del lavoratore
Suprema Corte di Cassazione sezione lavoro sentenza 18 gennaio 2016, n. 709 REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE LAVORO Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. ROSELLI Federico – rel. Presidente Dott. MAMMONE Giovanni – Consigliere Dott. BRONZINI Giuseppe – Consigliere Dott. NEGRI DELLA TORRE Paolo – Consigliere Dott....
Corte di Cassazione, sezione lavoro, sentenza 13 gennaio 2016, n. 360. Il medico ospedaliero che svolge attività libero professionale intra moenia presso l’Asl non è tenuto a corrispondere in prima persona l’Irap. Il tributo, infatti, è di esclusiva competenza dell’azienda sanitaria
Suprema Corte di Cassazione sezione lavoro sentenza 13 gennaio 2016, n. 360 REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE LAVORO Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. MACIOCE Luigi – Presidente Dott. D’ANTONIO Enrica – Consigliere Dott. TORRICE Amelia – Consigliere Dott. BLASUTTO Daniela – Consigliere Dott. BUFFA Francesco –...
Corte di Cassazione, sezione lavoro, sentenza 12 gennaio 2016, n. 281. In materia di licenziamento disciplinare, l’immediatezza della contestazione integra elemento costitutivo del diritto di recesso del datore di lavoro in quanto, per la funzione di garanzia che assolve, l’interesse del datore di lavoro ad acquisire ulteriori elementi a conforto della colpevolezza del lavoratore non può pregiudicare il diritto di quest’ultimo ad una pronta ed effettiva difesa, sicché ove la contestazione sia tardiva, resta precluso l’esercizio del potere e la sanzione irrogata è invalida. In particolare, ove sussista un rilevante intervallo temporale tra i fatti contestati e l’esercizio del potere disciplinare, la tempestività di tale esercizio deve essere valutata in relazione al tempo necessario per acquisire conoscenza della riferibilità del fatto, nelle sue linee essenziali, al lavoratore medesimo, la cui prova è a carico del datore di lavoro, senza che possa assumere rilievo autosufficiente la pendenza di un procedimento penale, attesa l’autonomia tra i due procedimenti
Suprema Corte di Cassazione sezione lavoro sentenza 12 gennaio 2016, n. 281 REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE LAVORO Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. VENUTI Pietro – Presidente Dott. TRIA Lucia – Consigliere Dott. BALESTRIERI Federico – Consigliere Dott. BERRINO Umberto – Consigliere Dott. TRICOMI Irene –...