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Corte di Cassazione, sezione III, sentenza 24 settembre 2014, n. 18879. Nell’affrontare il problema interpretativo circa la sussistenza o meno della volontà abdicativa del creditore insita nel riconoscimento dell’altrui diritto, ai sensi dell’art. 2944 cod. civ., il giudice deve tenere conto che: a) il riconoscimento del diritto altrui può essere anche meramente parziale; b) il silenzio sulla sussistenza o meno della responsabilità può essere significativo dell’avvenuto riconoscimento, ove si riferisca a fattispecie in cui la responsabilità del debitore derivi da una presunzione di legge, in mancanza di prova contraria; c) l’indagine sui comportamenti delle parti durante le trattative deve essere accurata e completa: anche per quanto concerne le ragioni per le quali le trattative sono state interrotte, sì da evitare di dare corso ad interpretazioni che ratifichino l’eventuale mala fede di una delle parti in danno dell’altra; sì da evitare, soprattutto, che un’interpretazione ingiustificatamente rigorosa e formalistica dei requisiti del “riconoscimento” di cui all’art. 2944 cod. civ. sì traduca nell’ingiustificato diniego al creditore dell’esercizio dei suoi diritti: soprattutto nei casi in cui il termine di prescrizione sia particolarmente breve – qual è quello della prescrizione biennale – e l’illecito da cui deriva il diritto al risarcimento dei danni sia particolarmente grave, come nel caso di specie, ove si è trattato di omicidio colposo, dichiarato estinto per morte del reo pochi giorni dopo il compimento del fatto

Suprema Corte di Cassazione sezione III sentenza 24 settembre 2014, n. 18879 Svolgimento del processo Con atto di citazione notificato il 5 ottobre 1993 M.E., D. e R.R., tutti fratelli del defunto M.G., nonché la madre dello stesso, S.A.T. , hanno convenuto davanti al Tribunale di Napoli la s.p.a. Citroen e la s.p.a. Intercontinentale Assicurazioni,...

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Corte di Cassazione, sezioni unite, sentenza 25 giugno 2015, n. 13144. La prescrizione presuntiva triennale del diritto dei professionisti, per il compenso dell’opera prestata e per il rimborso delle spese correlative – art. 2956 n. 2) cod. civ.- trova la sua giustificazione nella particolare natura del rapporto di prestazione d’opera intellettuale dal quale, secondo la valutazione del legislatore del 1942, derivano obbligazioni il cui adempimento suole avvenire senza dilazione, o comunque in tempi brevi, e senza rilascio di quietanza scritta. Ne consegue, in un regime nel quale il contratto d’opera professionale sia caratterizzato dalla personalità della prestazione, non solo che ad una società può essere conferito soltanto l’incarico di svolgere attività diverse da quelle riservate alle professioni c.d. protette, ma anche che deve necessariamente essere utilizzato uno strumento diverso dal contratto d’opera professionale e che perciò alla società non può essere opposta la prescrizione presuntiva triennale

Suprema Corte di Cassazione sezioni unite sentenza 25 giugno 2015, n. 13144 REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONI UNITE CIVILI Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. ROVELLI Luigi Antonio – Primo Presidente f.f. Dott. ODDO Massimo – Presidente Sezione Dott. RORDORF Renato – Presidente Sezione Dott. DI AMATO...

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Corte di Cassazione, sezione III, sentenza 26 giugno 2015, n. 13184. A norma dell’art. 2944 cod. civ., la prescrizione è interrotta dal riconoscimento dei diritto, da parte di colui contro il quale il diritto stesso può essere fatto valere. Occorre pertanto che il riconoscimento provenga dal soggetto che abbia poteri dispositivi del diritto e non già da un terzo, che non sia stato autorizzato dal primo a rendere tale riconoscimento: riconoscimento che deve essere univoco ed incompatibile con la volontà di negare il diritto stesso là dove il semplice invito a sottoporsi a visita medico-legale non presenta assolutamente la valenza che gli vorrebbe attribuire il ricorrente, costituendo una mera tappa della procedura di liquidazione che non è incompatibile con la volontà di avvalersi della causa estintiva del diritto vantato. Giova aggiungere che la valutazione dell’idoneità di un atto ad interrompere la prescrizione costituisce apprezzamento di fatto rimesso al giudice di merito e, come tale, è insindacabile in sede di legittimità se immune da vizi logici ed errori giuridici

Suprema Corte di Cassazione sezione III sentenza  26 giugno 2015, n. 13184   Svolgimento del processo Roberto R. convenne in giudizio G.C. e la Compagnia di Assicurazioni la Fondiaria s.p.a. chiedendo il risarcimento dei danni subiti per un incidente avvenuto il 17 luglio 1990. Espose l’attore di essere stato investito da un motoveicolo condotto dal...

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Corte di Cassazione, sezione III, sentenza 22 giugno 2015, n. 12876. Poiché nel nostro ordinamento le eccezioni in senso stretto, cioè quelle rilevabili soltanto ad istanza di parte, si identificano o in quelle per le quali la legge espressamente riservi il potere di rilevazione alla parte o in quelle in cui il fatto integratore dell’eccezione corrisponde all’esercizio di un diritto potestativo azionabile in giudizio da parte del titolare e, quindi, per svolgere l’efficacia modificativa, impeditiva od estintiva di un rapporto giuridico suppone il tramite di una manifestazione di volontà della parte (da sola o realizzabile attraverso un accertamento giudiziale), l’eccezione di interruzione della prescrizione integra un’eccezione in senso lato e non in senso stretto e, pertanto, può essere rilevata d’ufficio dal giudice sulla base di elementi probatori ritualmente acquisiti agli atti, dovendosi escludere, altresì, che la rilevabilità ad istanza di parte possa giustificarsi in ragione della (normale) rilevabilità soltanto ad istanza di parte dell’eccezione di prescrizione, giacché non ha fondamento di diritto positivo assimilare al regime di rilevazione di una eccezione in senso stretto quello di una controeccezione, qual è l’interruzione della prescrizione. Il rilievo d’ufficio delle eccezioni in senso lato non è subordinato alla specifica e tempestiva allegazione della parte ed è ammissibile anche in appello, dovendosi ritenere sufficiente che i fatti risultino documentati ex actis, in quanto il regime delle eccezioni si pone in funzione del valore primario del processo, costituito dalla giustizia della decisione, che resterebbe svisato ove anche le questioni rilevabili d’ufficio fossero subordinate ai limiti preclusivi di allegazione e prova previsti per le eccezioni in senso stretto

SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE SEZIONE III SENTENZA 22 giugno 2015, n. 12876 Ritenuto in fatto L’AMPAC spa (con atto del 20, 21, 22 dicembre 2005 e del 26 aprile 2006, in rinnovazione nei confronti del C. ), premesso di aver incorporato la Canavesana Finanziaria spa, convenne in giudizio quali fideiussori A.B. , P.W. , C.E....

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Corte di Cassazione, sezione lavoro, sentenza 4 giugno 2015, n. 11545. Non è ritualmente sollevata l’eccezione di prescrizione attraverso il deposito, insieme all’atto di costituzione in giudizio (muto sul punto) di documentazione medica in cui si parla di prescrizione del diritto azionato. L’eccezione processuale deve essere formulata in modo esplicito e chiaro sì da rendere possibile la replica della controparte

Suprema Corte di Cassazione sezione lavoro sentenza 4 giugno 2015, n. 11545 REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE LAVORO Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. ROSELLI Federico – Presidente Dott. VENUTI Pietro – Consigliere Dott. MAISANO Giulio – Consigliere Dott. BLASUTTO Daniela – Consigliere Dott. TRICOMI Irene –...

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