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Corte di Cassazione, sezione I, sentenza 19 maggio 2015, n. 10196. La nomina, nel corso del giudizio, di un secondo procuratore non autorizza, di per sè sola, in difetto di univoche espressioni contrarie, a presumere che la stessa sia fatta in sostituzione del primo procuratore i dovendosi invece presumere che sia stato aggiunto al primo un secondo procuratore, e che ognuno di essi sia munito di pieni poteri di rappresentanza processuale della parte, in base al principio del carattere ordinariamente disgiuntivo del mandato stabilito dall’art. 1716, secondo comma, cod. civ. Il principio secondo il quale la volontà di revocare il precedente mandato deve essere espressa costituisce un corollario interpretativo dell’art. 1716 cod. civ., relativo alla natura tipicamente disgiuntiva del mandato ed alla conseguente necessità di provarne in concreto il carattere congiunto. La presunzione in questione non può essere superata dalla mera designazione di un nuovo procuratore, non potendo tale atto, alla luce dei principi sopr richiamati, essere ritenuto una manifestazione tacita della volontà di revoca.

Suprema Corte di Cassazione sezione I sentenza 19 maggio 2015, n. 10196 Svolgimento del processo In un giudizio avente ad oggetto una denuncia di danno temuto per infiltrazioni in un appartamento, veniva citato in giudizio dalla condomina I.P. il condominio ed il proprietario del terrazzo dal quale si riteneva originasse il danno, R.C.. Veniva inoltre...

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Corte di Cassazione, sezione III, sentenza 8 maggio 2015, n. 9312. Ai sensi dell’art. 1680 c.c. le disposizioni del capo Vili del titolo III del libro IV si applicano anche ai trasporti ferroviari in quanto non derogate da leggi speciali. Costituisce legislazione speciale al riguardo il R.D.L. 11 ottobre 1934, n 1948, convertito nella legge 4 aprile 1935, n. 911, recante le Condizioni generali e Tariffe per il trasporto di persone su Ferrovie dello Stato e sul punto questa Corte ha affermato il principio secondo cui, in deroga all’art. 1681 c.c. – e in forza dell’art. 1680 dello stesso codice – l’art. 11, paragrafo quarto, del R.D.L. 11 ottobre 1934, n 1948, convertito nella legge 4 aprile 1935, n 911, subordina la responsabilità dell’amministrazione ferroviaria per danno alla persona del viaggiatore al verificarsi di una “anormalità nel servizio”, e cioè ad un irregolare funzionamento o ad un’anomalia strutturale del mezzo tecnico con cui venga effettuata la prestazione del vettore, cui sia eziologicamente ricollegabile il danno stesso secondo l’accertamento insindacabile del giudice del merito. Proprio il predetto R.D.L., tuttora in vigore (v. legge 18 febbraio 2009, n. 9, art. 3, comma 1 bis, lett. e), di conversione del d.l. n. 200 del 2008 nonché D.Lgs. n. 179 del 2009 allegato I), all’art. 11 rubricato “Responsabilità e sue limitazioni”, in relazione alla “responsabilità per ritardi o interruzioni” prevede che “il viaggiatore ha diritto al risarcimento del danno derivatogli dal ritardo, dalla soppressione del treno, da mancata coincidenza, da interruzioni, soltanto nei casi e nei limiti previsti dagli articoli 9 e 10, qualunque sia la causa dell’inconveniente che da luogo all’indennizzo”. Pertanto il danno patrimoniale da ritardo ferroviario o da cancellazione del treno trova tutela o nell’art. 9 del citato R.D.L. (diritto di valersi di un treno successivo per l’effettuazione o la prosecuzione del viaggio) o nell’art. 10 del medesimo testo normativo (rimborsi), precisandosi che, comunque, l’utente ha accettato le predette condizioni generali di contratto nel momento in cui ha deciso di avvalersi del servizio

Suprema Corte di Cassazione sezione III sentenza 8 maggio 2015, n. 9312 Svolgimento del processo Nel 2008 O.M. conveniva in giudizio, innanzi al Giudice di pace di Barra, Trenitalia S.p.a. chiedendo l’accertamento dell’inadempimento contrattuale della convenuta e la condanna della stessa al risarcimento dei danni. Deduceva l’attore di aver acquistato, in data 11 gennaio 2008,...

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Corte di Cassazione, sezione VI, ordinanza 11 maggio 2015, n. 9448. La clausola che esclude dall’obbligo dell’indennizzo anche i sinistri agevolati da dolo o colpa grave riproduce un dettato di legge e quindi non abbisogna di alcuna forma speciale

Suprema Corte di Cassazione sezione VI ordinanza 11 maggio 2015, n. 9448 Svolgimento del processo e motivi della decisione E’ stata depositata in cancelleria la seguente relazione: « 1. Con sentenza n. 2508 in data 17 giugno 2013 la Corte di appello di Milano ha confermato la sentenza in data 3 marzo 2010 di rigetto...

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Corte di Cassazione, sezione III, 8 maggio 2015, n. 9328. In tema di rappresentanza, possono essere invocati i principi dell’apparenza del diritto e dell’affidamento incolpevole allorché non solo vi sia la buona fede del terzo che ha stipulato con il falso rappresentante, ma ricorra anche un comportamento colposo del rappresentato, tale da ingenerare nello stesso terzo la ragionevole convinzione che il potere di rappresentanza sia stato effettivamente e validamente conferito al rappresentante apparente. In tema di rappresentanza apparente, il terzo contraente ha soltanto la facoltà, e non anche l’obbligo, di controllare, a mente dell’art. 1393 c.c., se colui che si qualifichi rappresentante sia in realtà tale, sicché non basta il semplice comportamento omissivo del medesimo terzo per costituirlo in colpa nel caso di abuso della procura (o di mancanza della stessa), occorrendo, per converso, ai fini dell’affermazione che egli abbia agito senza la dovuta diligenza, il concorso di altri elementi

SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE SEZIONE III SENTENZA 8 maggio 2015, n. 9328 Ritenuto in fatto   La s.r.l. Epil Beauty Center convenne in giudizio dinanzi al Giudice di Pace di Rimini la Coop Service s.c. a r.l., opponendosi al decreto ingiuntivo n. 1896, emesso il 25 novembre 2004 e notificato il 15 gennaio 2005, con...

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Corte di Cassazione, sezione III, sentenza 28 febbraio 2015, n. 8711. Mora accipiendi e liberazione del debitore non coincidono, in quanto la costituzione in mora e la conseguente offerta di restituzione valgono unicamente a stabilire il momento di decorrenza degli effetti della mora, specificamente indicati dall’art. 1207 cod. civ., nel passaggio del rischio della cosa a carico del creditore, nella cessazione del corso degli interessi, nel particolare regolamento della corresponsione dei frutti, negli obblighi di risarcimento del danno propter moram e di rimborso delle spese; tra gli effetti della mora del creditore non vi è la liberazione del debitore, subordinata, dalla legge, all’esecuzione del deposito accettato dal creditore o dichiarato valido con sentenza passata in giudicato. Fintantoché il debitore non è liberato dall’obbligazione con l’esecuzione del deposito accettato dal creditore o dichiarato valido con sentenza passata in giudicato, il creditore è legittimato all’azione esecutiva, anche se costituito in mora credendi.

SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE SEZIONE III SENTENZA 28 febbraio 2015, n. 8711 Motivi della decisione 1.- Col primo motivo si deduce violazione e/o falsa applicazione degli artt. 1206, 1207, 1209, 1210, 1218, 1220, 2043, 2740, 2910 cod. civ., 474 e 615 cod. proc. civ., in relazione all’art. 360, comma primo, n. 3 cod. proc. civ.....

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Corte di Cassazione, sezione I, sentenza 16 aprile 2015, n. 7761. L’assegno circolare, pur costituendo un mezzo di pagamento, in quanto il creditore non ha normalmente ragione di dubitare della regolarità e dell’autenticità del titolo né un apprezzabile interesse a pretendere l’adempimento in danaro, conserva la natura di titolo di credito, la cui consegna non equivale al pagamento, essendo l’estinzione dell’obbligazione subordinata al buon fine dell’assegno, salvo che risulti una diversa volontà delle parti

Suprema Corte di Cassazione sezione I sentenza 16 aprile 2015, n. 7761 REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE PRIMA CIVILE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. FORTE Fabrizio – Presidente Dott. DOGLIOTTI Massimo – Consigliere Dott. SCALDAFERRI Andrea – Consigliere Dott. ACIERNO Maria – rel. Consigliere Dott. MERCOLINO...

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Corte di Cassazione, sezione III, sentenza 16 aprile 2015, n. 7696. L’acquirente di immobile locato può chiedere lo sfratto per finita locazione cessata prima della vendita, in mancanza di contraria volontà dei contraenti, la vendita dell’immobile locato determina di diritto la cessione del contratto di locazione al terzo acquirente, senza necessità del consenso del conduttore, anche nel caso in cui la locazione sia cessata in data anteriore alla vendita

Suprema Corte di Cassazione sezione III sentenza 16 aprile 2015, n. 7696 REPUBBLICA ITALIANAIN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE TERZA CIVILE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. RUSSO Libertino Alberto – Presidente Dott. SPIRITO Angelo – Consigliere Dott. SESTINI Danilo – Consigliere Dott. LANZILLO Raffaella – rel. Consigliere Dott. D’AMICO...