Suprema Corte di Cassazione sezione II sentenza 19 maggio 2015, n. 10202 REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE SECONDA CIVILE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. MAZZACANE Vincenzo – Presidente Dott. PARZIALE Ippolisto – Consigliere Dott. D’ASCOLA Pasquale – rel. Consigliere Dott. ORICCHIO Antonio – Consigliere Dott. ABETE...
Categoria: Contratti – Obbligazioni
Corte di Cassazione, sezione III, sentenza 8 giugno 2015, n. 11769. Il prestatore d’opera, prendendo in consegna il bene dal committente per l’esecuzione della prestazione principale.
SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE SEZIONE III SENTENZA 8 giugno 2015, n. 11769 Motivi della decisione 1. Con il primo motivo, in riferimento al capo della sentenza Prestige/T. si deduce la violazione degli artt. 1218, 1177, 2222 e ss., 1655 e ss. cod. civ. e illogicità della motivazione. 1.1. La Corte di merito ha ritenuto il...
Corte di Cassazione, sezioni unite, sentenza 3 giugno 2015, n. 11377. Poiché la sussistenza del potere rappresentativo in capo a chi ha speso il nome altrui è elemento costitutivo della pretesa che il terzo contraente intenda far valere in giudizio sulla base di detto negozio, non costituisce eccezione, e pertanto non ricade nelle preclusioni previste dagli artt. 167 e 345 cod. proc. civ., la deduzione della inefficacia per lo pseudo rappresentato del contratto concluso dal falsus procurator; ne consegue che, ove il difetto di rappresentanza risulti dagli atti, di esso il giudice deve tener conto anche in mancanza di specifica richiesta della parte interessata, alla quale, a maggior ragione, non è preclusa la possibilità di far valere la mancanza del potere rappresentativo come mera difesa
Suprema Corte di Cassazione sezioni unite sentenza 3 giugno 2015, n. 11377 Ritenuto in fatto 1. – I rappresentanti di F.A. (cioè i suoi due figli, F.C. e Ch. , muniti di procura del padre) e Hypo Vorarlberg Leasing s.p.a. hanno concluso, con due distinti contratti del 21 dicembre 2002, una compravendita immobiliare. Non tutto...
Corte di Cassazione, sezione I, sentenza 18 maggio 2015, n. 10076. In tema di appalto di opere pubbliche, le ragioni di pubblico interesse o necessità che, ai sensi dell’art. 30, comma 2, del d.P.R. n. 1063/1962, – quale disciplina applicabile ratione temporis legittimano l’ordine di sospensione dei lavori vanno identificate esclusivamente in esigenze pubbliche oggettive e sopravvenute non previste né prevedibili dall’amministrazione con l’uso dell’ordinaria diligenza, così che esse non possono essere invocate al fine di porre rimedio a negligenza o imprudenza dell’Amministrazione medesima nella predisposizione e nella verifica del progetto dell’opera ovvero nella definizione del cronoprogramma dei lavori
Suprema Corte di Cassazione sezione I sentenza 18 maggio 2015, n. 10076 REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE PRIMA CIVILE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. SALVAGO Salvatore – Presidente Dott. NAPPI Aniello – Consigliere Dott. ANIELLO Roberto – Consigliere Dott. CAMPANILE Pietro – Consigliere Dott. LAMORGESE Antonio...
Corte di Cassazione, sezione II, sentenza 14 maggio 2015, n. 9879. Allorché è stata proposta una domanda di risarcimento per equivalente in caso di inadempimento dell’appaltatore/prestatore d’opera, ai sensi dell’articolo 1668, 1 comma, ultima parte, c.c., il giudice del merito deve esaminarla anche se con la stessa possano prodursi i medesimi effetti di una non proposta domanda di risarcimento in forma una volta accertati i presupposti soggettivi ed oggettivi tipici della stessa
Suprema Corte di Cassazione sezione II sentenza 14 maggio 2015, n. 9879 REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE SECONDA CIVILE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. MAZZACANE Vincenzo – Presidente Dott. BIANCHINI Bruno – rel. Consigliere Dott. PROTO Cesare Antonio – Consigliere Dott. PARZIALE Ippolisto – Consigliere Dott....
Corte di Cassazione, sezione I, sentenza 12 maggio 2015, n. 9636. La pubblica amministrazione deve tenere un comportamento corretto in tutte le fasi della procedura pubblica che portano al consenso contrattuale e informare il contraente privato di tutte le circostanze che potrebbero determinare l’invalidità o l’inefficacia del contratto. Se ciò non avviene sussiste responsabilità precontrattuale in capo all’ente pubblico. Nel caso di specie, la Cassazione ha ritenuto sussistente la responsabilità della stazione appaltante che in seguito a licitazione privata, aveva stipulato un importante contratto di appalto con una società di costruzioni chiedendo la consegna immediata dei lavori per ragioni di urgenza, salvo poi sospenderli dopo 17 mesi perché la Corte dei conti aveva negato la registrazione, rendendo il contratto inefficace.
Suprema Corte di Cassazione sezione I sentenza 12 maggio 2015, n. 9636 REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE PRIMA CIVILE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. SALVAGO Salvatore – Presidente Dott. NAPPI Aniello – Consigliere Dott. DOGLIOTTI Massimo – Consigliere Dott. CAMPANILE Pietro – Consigliere Dott. LAMORGESE Antonio...
Corte di Cassazione, sezione III, sentenza 12 maggio 2015, n. 9595. Il tratto peculiare del contratto per persona da nominare (art. 1401 c.c.), in cui la riserva di nomina del terzo determina una parziale indeterminatezza soggettiva del contratto a soggetto alternativo, va ravvisato nel subentrare nel contratto di un terzo – per effetto della nomina e della sua contestuale accettazione – che, prendendo il posto del contraente originario (lo stipulante), acquista i diritti ed assume gli obblighi correlativi nei rapporti con l’altro contraente (promittente) determinando, inoltre, la contemporanea fuoriuscita dal contratto dello stipulante, con effetto retroattivo, per cui il terzo si considera fin dall’origine unica parte contraente contrapposta al promittente ed a questa legata dal rapporto costituito dall’originario stipulante
Suprema Corte di Cassazione sezione III sentenza 12 maggio 2015, n. 9595 REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE TERZA CIVILE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. CARLEO Giovanni – Presidente Dott. DE STEFANO Franco – Consigliere Dott. CIRILLO Francesco Maria – Consigliere Dott. VINCENTI Enzo – rel. Consigliere...
Corte di Cassazione, sezione III, sentenza 6 maggio 2015, n. 9006. In tema di interpretazione del negozio, anche unilaterale d’impegno, ai fini della ricerca dell’intenzione dell’obbligato il primo e principale strumento è rappresentato dal senso letterale delle parole e delle espressioni utilizzate, da verificarsi alla luce dell’intero contesto, ponendo le singole clausole in correlazione tra loro ai sensi dell’art. 1363 c.c., in quanto per senso letterale delle parole va intesa tutta la formulazione letterale della dichiarazione negoziale, in ogni sua parte ed in ogni parola che la compone, e non già in una parte soltanto, dovendo il giudice collegare e raffrontare tra loro frasi e parole al fine di chiarirne il significato. Il giudice deve in proposito fare applicazione altresì degli ulteriori criteri dell’interpretazione funzionale (art. 1369 c.c.) e dell’interpretazione secondo buona fede o correttezza (art. 1366 c.c.), quali primari criteri d’interpretazione soggettiva (e non già oggettiva) del negozio, il primo essendo volto a consentire di accertarne il significato in coerenza con la relativa ragione pratica o causa concreta, il secondo consentendo di escludere interpretazioni cavillose delle espressioni letterali contenute nelle clausole negoziali deponenti per un significato in contrasto con la ragione pratica o causa concreta del negozio
Suprema Corte di Cassazione sezione III sentenza 6 maggio 2015, n. 9006 REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE TERZA CIVILE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. SALME’ Giuseppe – Presidente Dott. CARLEO Giovanni – Consigliere Dott. SCARANO Luigi Alessandro – rel. Consigliere Dott. STALLA Giacomo Maria – Consigliere...
Corte di Cassazione, sezione I, sentenza 15 maggio 2015, n. 10022. La traditio del titolo al portatore legittima il possessore del titolo stesso all’esercizio del diritto in esso menzionato, ma nei rapporti interni tra il tradens (e i suoi eredi) e l’accipiens, l’appartenenza della titolarità del diritto è condizionata all’esistenza e validità del rapporto sottostante tra essi intercorso. Ne deriva, pertanto, che, in caso di opposizione avverso decreto di ammortamento, l’opponente detentore è tenuto a provare soltanto di avere acquistato la titolarità del credito da esso portato anteriormente all’ammortamento, onere che – nel caso di libretto al portatore – può essere assolto dimostrando di aver posseduto quest’ultimo prima dell’ammortamento, spettando quindi all’ammortante dare la prova contraria (attesa la presunzione di buona fede ex art. 1147 c.c.) che l’acquisto del possesso sia avvenuto in mala fede, ovvero (stante la presunzione di possesso intermedio ex art. 1142 c.c.) che il credito sia stato successivamente trasferito dal detentore
SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE SEZIONE I SENTENZA 15 maggio 2015, n. 10022 Ritenuto in fatto In data 16.11.1992, su ricorso di M.B. , nella qualità di curatore dell’eredità giacente di V.G. , il Presidente del Tribunale di Savona ha emesso un decreto di ammortamento del certificato di deposito al portatore n. (omissis) di L....
Corte di Cassazione, sezione II, sentenza 19 maggio 2015, n. 10202. A fronte di quietanza in forma tipica, cioè di atto rilasciato dal creditore al debitore, al creditore quietanzante non è sufficiente, per superare la vincolatività della dichiarazione, provare di non avere ricevuto il pagamento, perché il modello di riferimento non è quello della “relevatio ab onere probandi” e dell’inversione dell’onere della prova che caratterizza le dichiarazioni ricognitive asseverative di diritti ex art. 1988 cod. civ.. Il creditore è ammesso ad impugnare la quietanza non veridica soltanto attraverso la dimostrazione – con ogni mezzo – che il divario esistente tra realtà e dichiarato è conseguenza di errore di fatto o di violenza. Fuori di questi casi, vale il principio di autoresponsabilità, che vincola il quietanzante alla “contra se pronuntiatio” asseverativa del fatto dell’intervenuto pagamento, seppure non corrispondente al vero
SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE SEZIONE II SENTENZA 19 maggio 2015, n. 10202 Motivi della decisione 2) La Corte d’appello ha ritenuto che la quietanza rilasciata nel rogito valeva a liberare gli acquirenti da ogni debito, essendo richiamata la pienezza del saldo, con rinuncia del venditore all’ipoteca legale. Ha osservato che era onere dell’attore fornire la...