Suprema Corte di Cassazione sezione III sentenza 26 marzo 2015, n. 1296 REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE TERZA PENALE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. FIALE Aldo – Presidente Dott. DI NICOLA Vito – Consigliere Dott. RAMACCI Luca – Consigliere Dott. PEZZELLA Vincenzo – Consigliere Dott. ANDRONIO...
Categoria: Cassazione penale 2015
Corte di Cassazione, sezione VI, sentenza 25 marzo 2015, n.12656. Sono sottoposti a vincolo di indisponibilità le garanzie finanziarie prestate dall’appaltatore quale condizione per l’ottenimento dell’autorizzazione alla gestione di un servizio pubblico di discarica rifiuti, in quanto volte a garantire la copertura dei costi per la gestione dell’impianto dopo la chiusura. Al contrario, la componente del corrispettivo pagato per ciascun rifiuto, anche se diretta a compensare i costi necessari per l’ottenimento delle garanzie finanziarie, entra immediatamente nella piena disponibilità dell’appaltatore, non avendo alcun carattere di altruità rispetto al patrimonio del gestore
SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE SEZIONE VI SENTENZA 25 marzo 2015, n.12656 Ritenuto in fatto Con ordinanza del 13 ottobre 2014, il Gip presso il Tribunale di Latina ha applicato a D.E. , L.S. , R.A. , C.V. , G.A. e T.P. , in relazione al reato di peculato commesso in concorso tra loro...
Corte di Cassazione, sezione III, sentenza 24 marzo 2015, n. 12244. Applicabilità dell’art. 275, comma 2-bis, c.p.p. (che vieta l’applicazione di misure cautelari privative della libertà personale se il giudice ritiene che con la sentenza definitiva potrà essere concessa la sospensione condizionale della pena) anche rispetto alle misure cautelari previste per i minorenni.
Suprema Corte di Cassazione sezione III sentenza 24 marzo 2015, n. 12244 REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE TERZA PENALE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. FIALE Aldo – Presidente Dott. FRANCO Amedeo – Consigliere Dott. MULLIRI Guicla – Consigliere Dott. ACETO Aldo – Consigliere Dott. GENTILI Andrea...
Corte di Cassazione, sezione II, sentenza 10 aprile 2015, n. 14876. In tema di estorsione il delitto deve considerarsi consumato e non solo tentato allorché la cosa estorta venga consegnata dal soggetto passivo all’estorsore, e ciò anche nelle ipotesi in cui sia predisposto l’intervento della polizia giudiziaria che provveda immediatamente all’arresto del reo ed alla restituzione del bene all’avente diritto. Nessun rilievo in senso contrario che l’operazione fosse concordata con le forze di polizia; quel che rileva è la condotta dell’imputato e dei suoi complici diretta a percepire l’ingiusto profitto, condotta del tutto idonea e portata a termine, tanto è vero che il danaro è stato ricevuto, anche se sotto il controllo degli operanti.
Suprema Corte di Cassazione sezione II sentenza 10 aprile 2015, n. 14876 Svolgimento del processo Con sentenza del 21.2.2014, la Corte d’Appello di Torino in parziale riforma della decisione di primo grado, concesse a R.V. le circostanze attenuanti generiche prevalenti sulle contestate aggravanti, rideterminava la pena per il reato di estorsione aggravata in anni tre...
Corte di Cassazione, sezione IV, sentenza 8 aprile 2015, n. 14145. L’utente della strada è responsabile della sicurezza della circolazione ed assume, pertanto, posizione di garanzia anche nei confronti di terze persone che vengono in contatto con lui, ogni qualvolta la sua condotta determini situazioni di pericolo eccedenti il normale rischio collegato alla circolazione stradale. Ne consegue che l’utente della strada è chiamato a rispondere per colpa della mancata adozione delle misure necessarie a prevenire il verificarsi di eventi lesivi della incolumità anche di queste persone. In tema di reato colposo, per attribuire ad una condotta omissiva una efficacia causale è necessario accertare che l’agente abbia in capo a sé la c.d. “posizione di garanzia”: cioè che, in ragione della sua prossimità con il bene da tutelare, sia titolare di poteri ed obblighi che gli consentano e gli impongano di attivarsi onde evitare la lesione o messa in pericolo del bene giuridico la cui integrità egli deve garantire, giusta il disposto dell’articolo 40, comma 2, c.p., secondo cui “non impedire un evento, che si ha l’obbligo giuridico di impedire, equivale a cagionarlo”. La posizione di garanzia, nel rispetto del principio di legalità, può avere una fonte normativa non necessariamente di diritto pubblico, ma anche privatistica [negoziale], anche non scritta, e può trarre anche origine da una situazione di fatto, da un atto di volontaria determinazione, da una precedente condotta illegittima che costituisca il dovere di intervento e il corrispondente potere, giuridico, o di fatto, che consenta al soggetto garante, attivandosi, di impedire l’evento. La posizione di garanzia, ovviamente, richiede l’esistenza in capo al garante di poteri impeditivi dell’evento, i quali, peraltro, possono essere anche diversi e di minore efficacia rispetto quelli direttamente e specificamente volti ad impedire il verificarsi dell’evento: nel senso che è necessario e sufficiente che il garante abbia il potere, con la propria condotta, di indirizzare il decorso degli eventi indirizzandoli verso uno sviluppo atto ad impedire la lesione del bene giuridico da lui preso in carico, esercitando, quindi, i poteri da lui esigibili anche laddove questi non siano da soli impeditivi dell’event
Suprema Corte di Cassazione sezione IV sentenza 8 aprile 2015, n. 14145 Ritenuto in fatto Con la sentenza in epigrafe la Corte di appello di Bologna confermava la sentenza di primo grado, resa a seguito di giudizio abbreviato, che aveva affermato la responsabilità di G.M. per i reati di omicidio colposo aggravato dalla violazione della...
Corte di Cassazione, sezione III, 12 marzo 2015, n. 10487. Risponde di tentata fruizione della prostituzione minorile, e non già di tentata induzione alla prostituzione, colui che compie atti idonei ad intrattenere atti sessuali con un minore di età compresa tra 14 e 18 anni in cambio di denaro o altra utilità, atteso che la seconda fattispecie presuppone che il reo solleciti il minorenne a compiere rapporti sessuali con un soggetto terzo. Non ricorre la desistenza volontaria se detti rapporti non vengono consumati a causa di eventi del tutto estranei alla volontà dell’agente
SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE SEZIONE III SENTENZA 12 marzo 2015, n. 10487 Considerato in diritto Il ricorso è solo parzialmente fondato. 3.1. – Il primo motivo di doglianza – con cui si deduce la nullità delle sentenze di primo e secondo grado ex art. 522 cod. proc. pen., essendo stata effettuata una modificazione del capo...
Corte di Cassazione, sezione III, sentenza 9 aprile 2015, n. 14247. I reati di violenza sessuale sono procedibili senza necessità di querela anche nell’ipotesi di collegamento investigativo rilevante a norma dell’art. 371, comma secondo, cod. proc. pen. con altra fattispecie procedibile di ufficio sul rilievo che la ragione della perseguibilità d’ufficio dei delitti contro la libertà sessuale non risiede nel disinteresse dello Stato al perseguimento degli stessi, ma nella necessità di bilanciare l’esigenza del perseguimento dei colpevoli con l’esigenza della riservatezza delle persone offese, data la particolarissima natura di tali reati, in relazione ai molteplici contesti socioculturali nei quali gli stessi possono essere commessi. Tale esigenza viene meno proprio nel caso in cui le indagini su fatti perseguibili d’ufficio abbiano attinto alla riservatezza delle persone offese per connessi reati sessuali, nel caso in cui questi siano stati commessi in occasione degli altri, o per conseguirne o assicurarne al colpevole o ad altri il profitto, il prezzo, il prodotto o l’impunità, ovvero – e questo è il caso più frequente – se la prova di un reato o di una circostanza influisce sulla prova di un altro reato o di un’altra circostanza o se la prova di più reati deriva anche parzialmente dalla stessa fonte
Suprema Corte di Cassazione sezione III sentenza 9 aprile 2015, n. 14247 Ritenuto in fatto 1. M.R. ricorre per cassazione avverso la sentenza del 26 novembre 2013 con la quale la Corte di appello di Torino, in parziale riforma della sentenza emessa dal tribunale della medesima città, ha rideterminato in anni sette e mesi sei...
Corte di Cassazione, sezione III, sentenza 9 aprile 2015, n. 14250. Reato di abbandono di animale (art. 727, II comma, c.p.) per chi lascia chiuso la povera vittima in auto per lungo tempo ad elevate temperature
Suprema Corte di Cassazione sezione III sentenza 9 aprile 2015, n. 14250 Ritenuto di fatto 1. Vicenda processuale e provvedimento impugnato – Con la sentenza impugnata, il Tribunale ha condannato i ricorrenti alla pena di 1100 € di ammenda ciascuno per avere violato gli artt. 727 e 651 c.p. Ai fini della comprensione dei motivi...
Corte di Cassazione, sezione V, sentenza 9 aprile 2015, n. 14548. Sussiste il dolo eventuale nella condotta di chi, pur affetto da vizio parziale di mente, programmi e attui un incendio a locali occupati da persone, cagionando ad esse la morte in quanto l’evento letale è probabile, date le circostanze, costituendo una conseguenza collaterale, un prezzo eventuale della condotta voluta e tenuta dall’agente che, tuttavia, realizza l’azione nonostante l’evento ulteriore sia percepibile come diretta conseguenza della propria azione
Suprema Corte di Cassazione sezione V sentenza 9 aprile 2015, n. 14548 Ritenuto in fatto 1. L’11/04/2011, la Corte di appello di Genova riformava la sentenza emessa dal Gup del Tribunale della stessa città in data 08/04/2010 nei confronti di M.G. : l’imputato, condannato in primo grado alla pena di anni 16 di reclusione per...
Corte di Cassazione, sezione III, sentenza 24 marzo 2015, n. 12228. In tema di prevenzione degli infortuni sui lavoro, quantunque l’obbligo di cooperazione tra committente e appaltatore (o tra appaltatore e subappaltatore) ai fini della prevenzione antinfortunistica con informazione reciproca, previsto specificamente dall’art. 7 comma 2 Dlgs 626/1994, non esiga che il committente intervenga costantemente in supplenza dell’appaltatore quando costui, per qualunque ragione, ometta di adottare le misure di prevenzione prescritte, deve tuttavia ritenersi che, quando tale omissione sia immediatamente percepibile (consistendo essa nella palese violazione delle norme antinfortunistiche), il committente, che è in grado di accorgersi senza particolari indagini, come nel caso in esame, dell’inadeguatezza delle misure dl sicurezza, risponde anch’egli delle conseguenze dell’infortunio eventualmente determinatosi
Suprema Corte di Cassazione sezione III sentenza 24 marzo 2015, n. 12228 REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE TERZA PENALE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. FIALE Aldo – Presidente Dott. GRAZIOSI Chiara – Consigliere Dott. PEZZELLA Vincenzo – rel. Consigliere Dott. SCARCELLA Alessio – Consigliere Dott. MENGONI...