Suprema Corte di Cassazione sezione I sentenza 16 giugno 2015, n. 25230 Rilevato in fatto 1. Con sentenza resa in data 3 ottobre 2013, il Tribunale di Agrigento in composizione monocratica, investito dei giudizio nei confronti di A.M. imputato del reato di truffa, dichiarava la propria incompetenza territoriale in favore del Tribunale di Brescia, nella...
Categoria: Cassazione penale 2015
Corte di Cassazione, sezione V, sentenza 18 giugno 2015, n. 25756. La circostanza aggravante della finalità di discriminazione o di odio etnico, nazionale, razziale o religioso è integrata quando – anche in base alla Convenzione di New York del 7 marzo 1966, resa esecutiva in Italia con la legge n. 654 dei 1975 – l’azione si manifesti come consapevole esteriorizzazione, immediatamente percepibile, nel contesto in cui è maturata, avuto anche riguardo al comune sentire, di un sentimento di avversione o di discriminazione fondato sulla razza, l’origine etnica o il colore e cioè di un sentimento immediatamente percepibile come connaturato alla esclusione di condizioni di parità, non essendo comunque necessario che la condotta incriminata sia destinata o, quanto meno, potenzialmente idonea a rendere percepibile all’esterno – e quindi a suscitare – il riprovevole sentimento o, comunque, il pericolo di comportamenti discriminatori o di atti emulatori, anche perché ciò comporterebbe l’irragionevole conseguenza di escludere l’aggravante in questione in tutti i casi in cui l’azione lesiva si svolgesse in assenza di terze persone
Suprema Corte di Cassazione sezione V sentenza 18 giugno 2015, n. 25756 Ritenuto in fatto 1. Con sentenza in data 9 novembre 2012 del Tribunale di Cremona, confermata dalla Corte d’appello di Brescia il 19 novembre 2013, M.G. era condannata alla pena di giustizia per il reato di atti persecutori, aggravato dalla finalità di discriminazione...
Corte di Cassazione, sezione I, sentenza 18 giugno 2015, n. 25799. La condotta di partecipazione ad associazione di tipo mafioso è riferibile a colui che si trovi in rapporto di stabile e organica compenetrazione con il tessuto organizzativo del sodalizio, tale da implicare, più che uno “status” di appartenenza, un ruolo dinamico e funzionale, in esplicazione del quale l’interessato “prende parte” al fenomeno associativo, rimanendo a disposizione dell’ente per il perseguimento dei comuni fini criminosi. Pertanto, la “mera contiguità compiacente”, la “vicinanza” o “disponibilità” nei riguardi di singoli esponenti, anche di spicco, dei sodalizio mafioso, non qualificano la condotta del partecipe.
Suprema Corte di Cassazione sezione I sentenza 18 giugno 2015, n. 25799 Ritenuto in fatto 1. Con sentenza resa il 9 dicembre 2013 la Corte di Appello di Palermo confermava quella pronunciata il 14 febbraio 2013 dal GUP del Tribunale della sede e con essa la condanna alla pena di anni cinque di reclusione di...
Corte di Cassazione, sezione I, sentenza 8 giugno 2015, n. 24431. La condotta di postare un commento sulla bacheca facebook realizza la pubblicizzazione e la diffusione di esso, per la idoneità del mezzo utilizzato a determinare la circolazione del commento tra un gruppo di persone comunque apprezzabile per composizione numerica, di guisa che, se offensivo tale commento, la relativa condotta rientra nella tipizzazione codicistica descritta dal terzo comma dell’art. 595 c.p.p.
SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE SEZIONE I PENALE sentenza 8 giugno 2015, n. 24431 La Corte, ritenuto in fatto e considerato in diritto 1. Il 18 luglio 2013 il Giudice di pace di Roma, chiamato a giudicare una fattispecie diffamatoria, dichiarava la sua incompetenza per materia a decidere in ordine al reato di cui all’art. 595...
Corte di Cassazione, sezione V, sentenza 18 giugno 2015, n. 25748. Ad integrare l’elemento psicologico dei delitto di lesioni personali non è necessario che la volontà dell’agente sia diretta alla produzione di determinate conseguenze lesive, ma è sufficiente la volontà consapevole di far subire all’altrui persona fisica una violenza
Suprema Corte di Cassazione sezione V sentenza 18 giugno 2015, n. 25748 Ritenuto in fatto Con sentenza in data 12.11.13 la Corte di Appello di Firenze pronunziava la parziale riforma della sentenza emessa dal Tribunale di Firenze in data 6.4.10 che aveva condannato B.P.P., quale responsabile del reato di lesioni colpose;- in accoglimento dell’appello proposto...
Corte di Cassazione, sezione VI, sentenza 18 giugno 2015, n. 25903. Ai fini della valutazione in punto di idoneità offensiva delle espressioni utilizzate nei confronti del pubblico ufficiale, non ci deve limitare a valutare il mero significato obiettivo delle parole, ma si deve tenere conto anche dei criteri etico sociali comunemente condivisi e, soprattutto, della evoluzione del linguaggio nella società. Il che peraltro non significa che l’obiettiva capacità offensiva delle parole possa ritenersi elisa dalla facilità con cui nella società contemporanea vengono abitualmente usate espressioni volgari o dal fatto che una data locuzione ricorra frequentemente nel linguaggio comune, potendo questa integrare il reato allorché sia inserita in un contesto che esprima, senza possibilità di equivoci, disprezzo e disistima per le funzioni del pubblico ufficiale
Suprema Corte di Cassazione sezione VI sentenza 18 giugno 2015, n. 25903 Ritenuto in fatto 1. Con pronuncia del 24 giugno 2014, la Corte d’appello di Palermo ha confermato la sentenza del 13 dicembre 2011, con la quale il Tribunale di Marsala ha condannato D.G. alla pena di mesi uno di reclusione, in relazione ai...
Corte di Cassazione, sezione I, sentenza 18 giugno 2015, n. 25848. Le garanzie previste dall’art. 103 cod. proc. pen., non sono volte alla tutela personale e privilegiata del soggetto esercente la professione legale, ma sono previste a favore di colui che riveste la qualità di difensore in forza di specifico mandato conferitogli nelle forme di legge, essendo essenzialmente apprestate in funzione di garanzia dei diritto di difesa dell’imputato; pertanto, esse non possono trovare applicazione qualora gli atti di cui all’art. 103 cod. proc. pen. ( ispezioni, perquisizioni, sequestri) debbano essere compiuti nei confronti di esercente la professione legale sottoposto ad indagine e non siano attinenti all’oggetto di alcuna difesa
Suprema Corte di Cassazione sezione I sentenza 18 giugno 2015, n. 25848 Ritenuto in fatto In data 3.6.2014 veniva data esecuzione all’ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa dai Giudice delle indagini preliminari dei Tribunale di Latina nei confronti di C.E., esercente la professione legale, indagato per i reati previsti da: art.12 d.lgs n.286 dei...
Corte di Cassazione, sezione V, sentenza 18 giugno 2015, n. 25746. Ai fini dell’integrazione del reato di bancarotta documentale di cui all’art. 216, primo comma n. 2 seconda ipotesi, della legge fallimentare (che prevede la condotta di chi tiene i libri e le scritture contabili in modo da non rendere possibile la ricostruzione del patrimonio o del movimento degli affari) è sufficiente il dolo generico, rappresentato dalla consapevolezza che la confusa e caotica tenuta della contabilità renderà o potrà rendere impossibile la ricostruzione delle vicende del patrimonio
Suprema Corte di Cassazione sezione V sentenza 18 giugno 2015, n. 25746 Ritenuto in fatto Con sentenza in data 17.7.12 la Corte di Appello di Ancona confermava a carico di C.P. la sentenza emessa dal Tribunale di Pesano, in data 2.2.2011 con la quale l’imputato era stato condannato quale responsabile del reato di cui agli...
Corte di Cassazione, sezione VI, sentenza 19 giugno 2015, n. 25958. Ai fini della configurabilità del delitto di concussione, la nozione di abuso della qualità postula una condotta che, indipendentemente dalle competenze proprie del soggetto attivo, si manifesti quale strumentalizzazione della posizione di preminenza dallo stesso ricoperta nei confronti del privato, e che tale forma di strumentalizzazione debba d’altro canto comunque attenere ad un possibile (e pure prospettato) esercizio abusivo da parte dell’agente dei suoi poteri di pubblico ufficiale
Suprema Corte di Cassazione sezione VI sentenza 19 giugno 2015, n. 25958 Premesso che con la decisione indicata in epigrafe il G.U.P. del Tribunale di Avellino ha disposto non doversi procedere nei confronti di A.G. in ordine al reato di tentata concussione perché il fatto non sussiste; che l’imputazione veniva contestata al G. con riferimento...
Corte di Cassazione, sezione II, sentenza 11 giugno 2015, n. 24785. La confisca per equivalente assolve ad una funzione sostanzialmente ripristinatoria della situazione economica modificata in favore del reo dalla commissione del fatto illecito, mediante l’imposizione di un sacrificio patrimoniale di corrispondente valore a carico del responsabile
SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE SEZIONE II SENTENZA 11 giugno 2015, n. 24785 Fatto Con ordinanza del 07/01/2015, il Tribunale del Riesame di Monza – su ricorso proposto da STAN s.r.l., M.G. e G.F. avverso il decreto di sequestro per equivalente ordinato dal giudice per le indagini preliminari del medesimo Tribunale in data 05/12/2014 – rigettava...