Suprema Corte di Cassazione sezione III sentenza 17 aprile 2014, n. 17024 REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE TERZA PENALE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. SQUASSONI Claudia – Presidente Dott. GENTILE Mario – rel. Consigliere Dott. GRILLO Renato – Consigliere Dott. MULLIRI Guicla – Consigliere Dott. PEZZELLA...
Categoria: Cassazione penale 2014
Corte di Cassazione, sezione V, sentenza 8 maggio 2014, n. 18999. Il reato di atti persecutori è strutturalmente una fattispecie di reato abituale, in quanto primo elemento del fatto tipico è il compimento di "condotte reiterate", omogenee od eterogenee tra loro, con cui l'autore minaccia o molesta la vittima, ad evento di danno, che prevede più eventi in posizione di equivalenza, uno solo dei quali è sufficiente ad integrarne gli elementi costitutivi necessari: a) cagionare un perdurante e grave stato di ansia o di paura, ovvero b) ingenerare un fondato timore per l'incolumità propria o di un prossimo congiunto o di persona al medesimo legata da relazione affettiva, ovvero, ancora, c) costringere (la vittima) ad alterare le proprie abitudini di vita. Il perdurante e grave stato di ansia o di paura non integra una condizione di vera e propria patologia, che può assumere rilevanza solo nell'ipotesi di contestazione del concorso formale con l'ulteriore delitto di lesioni: la fattispecie prevista dall'art. 612 bis cod. pen., infatti, non può essere ridotta ad una sorta di mera ripetizione di quella contenuta nell'art. 582 cod. pen. – il cui evento è configurabile sia come malattia fisica che come malattia mentale e psicologica – e per la sua consumazione deve ritenersi dunque sufficiente che gli atti ritenuti persecutori abbiano un effetto comunque destabilizzante dell'equilibrio psicologico della vittima
SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE SEZIONE V SENTENZA 8 maggio 2014, n. 18999 Ritenuto in fatto 1. C.M. e I.P. erano condannati alla pena di giustizia, con sentenza del Tribunale di Torino in data 19 marzo 2012, per i reati di violenza privata, molestia o disturbo alle persone, atti persecutori in danno dei coniugi P.S....
Corte di Cassazione, sezione III, sentenza 14 maggio 2014, n. 19883. Ai fini di presentazione di un ricorso per il riesame di una misura di custodia cautelare, nel caso di comunicazione di copia di atti per mezzo telefax, da ufficio ad ufficio, la data di pervenimento dell’impugnazione, ai fini del decorso dei termini (5 giorni), previsti dall’art. 309, comma 5, c.p.p., è quella in cui il fax con la copia dell’istanza originale perviene alla cancelleria del tribunale del riesame competente
Suprema Corte di Cassazione sezione III sentenza 14 maggio 2014, n. 19883 Svolgimento del processo Con l’ordinanza in epigrafe il tribunale del riesame di Torino confermò l’ordinanza emessa il 21.6.2013 dal Gip del tribunale di Torino, che aveva applicato a T.M. la misura cautelare della custodia in carcere in relazione ai reati di cui all’art....
Corte di Cassazione, sezione III, sentenza 14 maggio 2014, n. 19870. Affinché la condotta di spaccio di stupefacenti possa essere ritenuta di lieve entità, si deve avere riguardo non solo al dato quantitativo dello stupefacente rinvenuto, ma deve operarsi una complessiva valutazione di tutti gli altri parametri previsti dall’art. 73, comma 5, d.P.R. n. 309/1990 (Testo Unico sugli stupefacenti), cioè qualità della sostanza, mezzi, modalità e circostanze dell’azione. La mancanza anche di uno solo di tali elementi, che porti ad escludere una lesione di lieve entità del bene giuridico protetto, comporta l’esclusione della sussistenza dell’attenuante
Suprema Corte di Cassazione sezione III sentenza 14 maggio 2014, n. 19870 Ritenuto in fatto Il Gip presso il Tribunale di Napoli, con sentenza del 26/11/2012, resa a seguito di rito abbreviato, ha dichiarato G.E. responsabile dei reati ex artt. 73, d.P.R. 309/90 e 337 cod. pen., perché illecitamente deteneva a fine di vendita sostanza...
Corte di Cassazione, sezione III, sentenza 14 maggio 2014, n. 19848. Il Tribunale di Vasto dichiarava colpevole la titolare di uno stabilimento balneare della contravvenzione di cui agli artt. 81 cpv, 8 comma 1 e 26 comma 2 della legge n. 977/1967 (come modificati dagli artt. 9 e 14 del D. Lvo 345/1999) per avere, in tempi diversi ed in esecuzione del medesimo disegno criminoso, assunto due minori con le mansioni di bagnino senza sottoporli a preventiva visita medica al fine di stabilire l'idoneità psicofisica all'attività lavorativa cui sarebbero stati adibiti. Accolto il ricorso in cassazione poichè nel caso di specie i due giovani in servizio presso lo stabilimento balneare gestito dall'imputata, essendo risultati in possesso di regolare abilitazione alla attività di "bagnino di salvataggio" circostanza pacifica oltre che documentata, avevano già superato favorevolmente la visita medica finalizzata proprio ad accertarne l'idoneità psicofisica alla particolare attività lavorativa a cui sono stati adibiti e quindi il reato non sussiste
Suprema Corte di Cassazione sezione III sentenza 14 maggio 2014, n. 19848 Ritenuto in fatto 1. Il Tribunale di Vasto con sentenza 14.11.2008 ha dichiarato M.A. colpevole della contravvenzione di cui agli artt. 81 cpv, 8 comma 1 e 26 comma 2 della legge n. 977/1967 (come modificati dagli artt. 9 e 14 del D....
Corte di Cassazione, sezione V, sentenza 14 maggio 2014, n. 19895. E' consentito criticare l'operato di un professionista, indirizzando scritti o comunque comunicazioni al competente organo amministrativo professionale. Va da sé, tuttavia, che le critiche devono riferirsi a fatti realmente accaduti o comunque a fatti che il criticale ritenga, senza sua colpa, essere realmente accaduti. Soltanto su tali aspetti si sarebbe dovuto pronunciare il giudice di pace, invece di indulgere in considerazioni di tutt'altra natura.
Suprema Corte di Cassazione sezione V sentenza 14 maggio 2014, n. 19895 Considerato in fatto 1. Con la sentenza di cui in epigrafe, il giudice di pace di Roma ha assolto C.M.G. dal delitto di cui all’articolo 595 cp in danno dell’avvocato S.R. per non aver commesso il fatto. 1.1. Alla C. è addebitato di...
Corte di Cassazione, sezione VI, sentenza 13 maggio 2014, n. 19674. Il reato di maltrattamenti in famiglia è integrato dalla condotta dell'agente che sottopone la moglie ad atti di vessazione reiterata e tali da cagionarle sofferenza, prevaricazione ed umiliazioni, in quanto costituenti fonti di uno stato di disagio continuo ed incompatibile con normali condizioni di esistenza. Rilevano, entro tale prospettiva, come si è poc'anzi evidenziato, non soltanto le percosse, lesioni, ingiurie, minacce, privazioni ed umiliazioni imposte alla vittima, ma anche gli atti di disprezzo e di offesa arrecati alla sua dignità, che si risolvano nell'inflizione di vere e proprie sofferenze morali
Suprema Corte di Cassazione sezione VI sentenza 13 maggio 2014, n. 19674 Ritenuto in fatto 1. Con sentenza del 14 giugno 2012 la Corte d’appello di Trento – sezione distaccata di Bolzano ha confermato la sentenza emessa il 26 aprile 2011 dal G.u.p. presso il Tribunale di Bolzano, che all’esito di giudizio abbreviato ha ritenuto...
Corte di Cassazione, sezione I, sentenza 5 maggio 2014, n. 18332. In tema di omicidio, la reiterazione di colpi di coltello può integrare l'aggravante dell'avere agito con crudeltà qualora, il numero dei colpi inferti, non sia soltanto funzionale al delitto, ma costituisca espressione della volontà di infliggere alla vittima sofferenze che esulano dal normale processo di causazione dell'evento morte
suprema CORTE DI CASSAZIONE sezione I sentenza 5 maggio 2014, n. 18332 Rilevato in fatto Con sentenza in data 2.2.2012 il GUP del Tribunale di Forlì, a seguito di giudizio abbreviato, ha condannato L.L. alla pena complessiva di anni trenta di reclusione per i seguenti delitti: – capo a) omicidio in danno di G.S. ,...
Corte di Cassaszione, sezione V, sentenza 9 maggio 2014, n. 19203. Il reato di minaccia deve considerarsi reato formale di pericolo e, come tale, non postula la intimidazione effettiva del soggetto passivo, essendo sufficiente che il male minacciato, in relazione alle concrete circostanze di fatto, sia tale potenzialmente da incutere timore e da incidere nella sfera di libertà psichica del soggetto passivo. Quanto alla gravità del male minacciato essa va accertata avendo riguardo a tutte le modalità della condotta, ed in particolare al tenore delle eventuali espressioni verbali e al contesto nel quale esse si collocano, onde verificare se, ed in quale grado, dette espressioni abbiano ingenerato timore o turbamento nella persona offesa
Suprema Corte di Cassazione sezione V sentenza 9 maggio 2014, n. 19203 Rilevato in fatto 1. B.V. fu condannato dal tribunale di Milano alla pena di giustizia in quanto riconosciuto colpevole del delitto di minaccia aggravata in danno di F.A. e P.L., nei confronti dei quali ebbe a pronunciare la frase: “vi sparo e vi...
Corte di Cassazione, S.U.P., sentenza 7 maggio 2014, n.18821. La pena dell'ergastolo inflitta all'esito del giudizio abbreviato, richiesto dall'interessato in base all'art. 30, comma 1, lett. b), legge n. 479 del 1999, ma conclusosi nel vigore della successiva e più rigorosa disciplina dettata dall'art. 7, comma 1, d.l. n. 341 del 2000 e in concreto applicata, non può essere ulteriormente eseguita, essendo stata quest'ultima norma ritenuta, successivamente al giudicato, non conforme al principio di legalità convenzionale di cui all'art. 7, p. 1, CEDU, come interpretato dalla Corte EDU, e dichiarata incostituzionale per contrasto con l'art. 117, comma primo, Cost.
SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE S.U.P. SENTENZA 7 maggio 2014, n.18821 Ritenuto in fatto 1. Con sentenza in data 18 luglio 1998 della Corte di assise di Catania, E.S. era stato condannato alla pena dell’ergastolo con isolamento diurno, perché dichiarato colpevole di due omicidi volontari e della connessa violazione della normativa sulle armi. Tale decisione...