Corte di Cassazione, sezione tributaria, Sentenza 9 maggio 2018, n. 11041
La massima estrapolata
Ai fini della deducibilità dell’onere fiscale è necessario che le somme siano state percepite da un ente erogatore, assoggettate a tassazione negli anni precedenti e che siano state restituite.
Sentenza 9 maggio 2018, n. 11041
Data udienza 18 gennaio 2018
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CRUCITTI Roberta – Presidente
Dott. GIUDICEPIETRO Andreina – Consigliere
Dott. CONDELLO Pasqualina Anna Piera – Consigliere
Dott. FEDERICO Guido – Consigliere
Dott. D’ORAZIO Luigi – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 15915/2011 R.G. proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore p.t., elettivamente domiciliata in Roma, via dei Portoghesi n. 12, presso l’Avvocatura Generale dello Stato che la rappresenta e difende ope legis;
– ricorrente –
contro
(OMISSIS), rappresentato e difeso dall’Avv. (OMISSIS) e dall’avv. (OMISSIS), con domicilio eletto presso il loro studio in (OMISSIS);
– controricorrente e ricorrente incidentale –
avverso la sentenza n. 46/04/10 della Commissione Tributaria regionale della Emilia Romagna depositata il 4/5/2010.
Udita la relazione svolta nella pubblica udienza del 18/1/2018 dal Consigliere Condello Pasqualina Anna Piera;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Dott. Del Core Sergio, che ha concluso chiedendo l’accoglimento del ricorso principale ed il rigetto del ricorso incidentale;
udito il difensore della parte ricorrente Avv. (OMISSIS);
udito il difensore della parte controricorrente, Avv. (OMISSIS), per delega dell’avv. (OMISSIS).
FATTI DI CAUSA
A seguito di accertamento per “reddito diverso” relativo all’anno di imposta 1994 derivante da utilizzazione di somme nella disponibilita’ della societa’ (OMISSIS) s.r.l., la Agenzia delle Entrate, in data 29/11/2000, notificava a (OMISSIS) avviso di accertamento, ai sensi della L. n. 537 del 1993, articolo 14 e del Decreto del Presidente della Repubblica n. 917 del 1986, articolo 95, ratione temporis vigente, al quale il contribuente in data 13/4/2001 aderiva, con conseguente pagamento delle maggiori imposte determinate a titolo di Irpef.
Nel corso dell’anno 2002 il (OMISSIS) si accordava, mediante contratto di transazione, per la restituzione alla societa’ Alfa 95 s.r.l. in liquidazione (gia’ (OMISSIS) s.r.l.) degli importi provenienti dalle casse della societa’ a suo tempo utilizzati e inseriva nella dichiarazione dei redditi 2003, relativa all’anno di imposta 2002, al rigo RP25, a titolo di “onere deducibile” a norma del Decreto del Presidente della Repubblica n. 917 del 1986, articolo 10, comma 1, lettera d-bis la somma di Euro 452.985,00 pari a quanto restituito alla predetta societa’, nonche’ al rigo RP21, a titolo di “onere deducibile” ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 917 del 1986, articolo 10, lettera i), l’erogazione liberale di Euro 1.033,00 a favore della Parrocchia dei (OMISSIS).
La Agenzia delle Entrate, all’esito di controllo formale del Decreto del Presidente della Repubblica n. 917 del 1986, ex articolo 36 – ter invitava il contribuente ad esibire documentazione relativa agli oneri deducibili indicati nella dichiarazione dei redditi; a seguito di trasmissione della documentazione, la Agenzia delle Entrate comunicava che l’importo di Euro 452.985,00 e quello di Euro 1.033,00 non erano deducibili e procedeva alla iscrizione a ruolo delle somme dovute e, ai fini della riscossione, il competente concessionario notificava cartella di pagamento.
Il contribuente proponeva ricorso dinanzi alla Commissione Tributaria provinciale di Modena, eccependo la illegittimita’ dell’atto impugnato per carenza di motivazione e per violazione del Decreto del Presidente della Repubblica n. 917 del 1986, articolo 10, comma 1, lettera d-bis, ma il ricorso veniva integralmente respinto.
Avverso la sentenza proponeva appello (OMISSIS) reiterando le medesime censure, mentre l’Agenzia delle Entrate ribadiva la legittimita’ della cartella di pagamento.
La Commissione Tributaria regionale, pur dichiarando infondati i vizi formali denunciati, annullava l’atto impugnato, ritenendo sussistenti i presupposti per la deducibilita’ della somma di euro 452.985,00, ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 917 del 1986, articolo 10, comma 1, lettera d-bis; precisava, al riguardo, che ricorreva il requisito della erogazione volontaria di somme e che era pacifico che, sebbene il reddito non fosse stato inserito nella relativa dichiarazione, questa era stata rettificata dall’Ufficio a seguito di accertamento e che neppure era in contestazione che il contribuente avesse restituito la somma portata in detrazione.
La Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso per cassazione affidandosi ad un unico motivo.
Il contribuente resiste con controricorso e propone ricorso incidentale condizionato.
L’Agenzia delle Entrate ed il contribuente hanno depositato memorie ex articolo 378 c.p.c..
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. Con l’unico motivo di ricorso la Agenzia delle Entrate censura la sentenza impugnata per violazione e falsa applicazione del Decreto del Presidente della Repubblica n. 917 del 1986, articolo 10, comma 1, lettera d-bis), nonche’ della L. n. 537 del 1993, articolo 14, in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3.
In particolare, la ricorrente, richiamando la Circolare del Ministero delle Finanze n. 326 del 23.12.1997, con la quale e’ stato precisato che la introduzione dell’onere deducibile di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 917 del 1986, articolo 10, lettera d-bis), intende rispondere alla esigenza di risolvere il problema del rimborso delle imposte pagate su somme percepite e assoggettate a tassazione secondo il criterio di cassa e poi restituite al soggetto erogatore, sostiene che nel caso di specie, non ricorrono i presupposti per la applicazione della predetta disposizione normativa, risultando evidente che a) non vi e’ un ente erogatore, ne’ una volontaria erogazione di somme da parte della societa’ (OMISSIS) s.r.l. in favore del (OMISSIS) b) il reddito non e’ stato inserito in dichiarazione dal (OMISSIS), ne’ puo’ essere considerato inserimento in dichiarazione la tassazione dei redditi avvenuta a seguito di verifica della Guardia di Finanza ed emissione dell’avviso di accertamento c) non sussiste alcun obbligo di restituzione della somma a carico del (OMISSIS), il quale si e’ volontariamente impegnato a restituirla in forza di un accordo transattivo raggiunto con la societa’ (OMISSIS) s.r.l. in liquidazione.
Assume, inoltre, che la indeducibilita’ di detto onere discende anche dalla L. n. 537 del 1993, articolo 14, comma 4-bis, secondo cui “nella determinazione dei redditi di cui all’articolo 6, comma 1, del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al Decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, non sono ammessi in deduzione i costi o le spese riconducibili a fatti, atti o attivita’ qualificabili come reato, fatto salvo l’esercizio di diritti costituzionalmente riconosciuti”, considerato che l’operazione trae origine dalla indebita distrazione di somme ed e’ stata oggetto di procedimento penale, secondo quanto emerge dal processo verbale di constatazione redatto in data 29.9.00 dalla Guardia di Finanza.
La ricorrente, pur trattandosi di sentenza di merito pubblicata in data successiva al 4 luglio 1999, ha formulato il seguente quesito di diritto: “Non costituisce onere legittimamente deducibile dal reddito la somma versata da un contribuente ad una societa’ di capitali, a titolo di restituzione di somme in precedenza distratte dalla predetta societa’ in favore del contribuente medesimo nell’ambito di una complessa operazione finanziaria volta alla illecita acquisizione di vantaggi fiscali; cio’ in quanto: per un verso tale corresponsione non rientra nel novero delle “somme restituite al soggetto erogatore” di cui al T.U.I.R. n. 917 del 1986, articolo 10, comma 1, lettera d-bis); comunque in virtu’ della L. n. 537 del 1993, articolo 14, comma 4 bis, secondo cui “non sono ammessi in deduzione i costi o le spese riconducibili a fatti, atti o attivita’ qualificabili come reato”; in ogni caso, poiche’ l’esclusione dall’imponibilita’ della tassazione dei proventi derivanti da attivita’ illecite, ai sensi della L. n. 537 del 1993, articolo 14, comma 4, puo’ operare esclusivamente qualora la restituzione dei proventi avvenga nel medesimo periodo di imposta cui il provento si riferisce”.
1.1. Nel controricorso il contribuente ha eccepito la inammissibilita’ del motivo di censura fatto valere dalla Agenzia delle Entrate, sottolineando che nei precedenti gradi di giudizio l’Ufficio si era limitato ad escludere l’esistenza dei presupposti per la deducibilita’ della somma a titolo di onere, senza addurre la circostanza fattuale della riconducibilita’ di tale somma ad “atti, fatti o attivita’ qualificabili come reato”, con la conseguenza che la richiesta di applicazione del dell’articolo 14 citato, comma 4-bis costituisce questione nuova proposta per la prima volta nel giudizio di legittimita’.
Ha pure posto in rilievo che nel provvedimento impugnato non e’ stata mai addotta a giustificazione della pretesa impositiva l’imputabilita’ di un reato a suo carico e che in ogni caso la sussistenza di una condotta integrante reato richiederebbe l’accertamento di una serie di elementi di fatto incompatibili con la procedura di controllo formale di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 600 del 1973, articolo 36-ter, attivata dall’Ufficio, che legittima la emanazione della cartella di pagamento soltanto se essa deriva dalla correzione di errori rilevabili sulla base di un mero riscontro cartolare della documentazione presentata dal contribuente.
1.2. La eccezione di inammissibilita’ sollevata dal contribuente non e’ fondata.
1.3. Come evidenziato dallo stesso contribuente (pag. 12 del controricorso), con il ricorso introduttivo dinanzi alla Commissione Tributaria provinciale a fondamento della deducibilita’ dell’onere e’ stato posto proprio l’avviso di accertamento n. (OMISSIS) notificato nel 2000, con il quale la Agenzia delle Entrate ha ritenuto che la utilizzazione della somma di Euro 452.985,00 proveniente dalle casse della societa’ (OMISSIS) s.r.l. fosse assoggettabile ad Irpef, a titolo di “reddito diverso”, ai sensi della L. n. 537 del 1993, articolo 14 e il Decreto del Presidente della Repubblica n. 917 del 1986, articolo 95, ratione temporis vigente; inoltre, come evidenziato dal giudice di appello nella motivazione della sentenza impugnata, nel giudizio di merito l’Ufficio ha sostenuto la non deducibilita’ dell’onere sul presupposto che non si verteva in ipotesi di erogazione volontaria di somme.
Ne consegue che, contrariamente a quanto sostenuto dal contribuente, la provenienza dalle casse della societa’ (OMISSIS) s.r.l. delle somme costituenti il maggior reddito accertato con l’avviso di accertamento notificato nel 2000 non costituisce questione nuova, tardivamente introdotta dalla Agenzia delle Entrate solo nel giudizio di legittimita’.
2. Il motivo di ricorso proposto dalla Agenzia delle Entrate non e’ fondato nella parte in cui si lamenta la violazione della L. n. 537 del 1993, articolo 14, comma 4- bis.
2.1. La disposizione di legge richiamata dalla Agenzia delle Entrate non e’ applicabile alla fattispecie in esame, considerato che essa e’ entrata in vigore in data 1.1.2003.
Infatti, l’articolo 14 citato comma 4-bis e’ stato introdotto dalla L. 27 dicembre 2002, n. 289, articolo 2, comma 8, e, ai sensi dell’articolo 95, comma 3, della medesima legge, e’ entrato in vigore il 1 gennaio 2003 e non e’, pertanto, invocabile con riguardo a spese e costi sostenuti dal contribuente prima di tale data.
Secondo il principio stabilito dalla L. 27 luglio 2000, n. 212, articolo 3, comma 1, salvo il caso di disposizioni di interpretazione autentica, le disposizioni tributarie non hanno effetto retroattivo; non puo’ ritenersi che la L. n. 573 del 1973, articolo 2, comma 8, articolo 14, comma 4-bis, in quanto norma recante l’interpretazione autentica delle disposizioni del Testo Unico delle imposte dirette, abbia efficacia retroattiva, atteso il carattere sanzionatorio della disposizione che introduce il divieto di deducibilita’ di costi o spese riconducibili ad atti, fatti, o attivita’ qualificabili come reato (Cass. n. 16750 del 19/6/2008).
3. Il motivo di ricorso e’, invece, fondato laddove si censura la sentenza per violazione del Decreto del Presidente della Repubblica n. 917 del 1986, articolo 10, primo comma, lettera d-bis).
3.1. La sentenza impugnata ha annullato l’atto impugnato ritenendo sussistenti i presupposti di legge per la deducibilita’ della somma di Euro 452.985,00 portata in detrazione nella dichiarazione dei redditi del 2003 (anno di imposta 2002).
A fronte delle deduzioni difensive svolte dalla Agenzia delle Entrate, la Commissione tributaria regionale ha motivato: “Merita invece di essere condivisa la doglianza di merito. Il Decreto del Presidente della Repubblica n. 917 del 1986, articolo 10, lettera d-bis, consente la deduzione dell’onere se: a) si tratti di somme percepite da un ente erogatore: l’Ufficio assume che nel caso in esame non si tratto’ di una erogazione volontaria, bensi’ di una distrazione illecita ma, a parte il fatto che la norma non contempla affatto tale requisito, richiedendo soltanto la mera “percezione da ente erogatore” e non gia’ la consapevolezza e volonta’ del versamento, nel caso di specie non vi e’ dubbio che sussista anche detta volontarieta’ e consapevolezza, poiche’ stante la struttura del rapporto organico la condotta dell’amministratore, ancorche’ infedele, va riportata direttamente alla societa’ amministrata. Deve quindi concludersi nel senso della sussistenza del requisito in esame; b) inserimento del reddito in dichiarazione: e’ pacifico che il reddito non sia stato inserito nella relativa dichiarazione, ma e’ altrettanto pacifico che la dichiarazione sia stata rettificata dall’Ufficio a seguito dell’accertamento, dovendosi ritenere che il contenuto della dichiarazione vada inteso non gia’ come riferito alla sola attestazione della parte, ma anche ai successivi interventi dell’Amministrazione; nel caso in esame e’ certo che l’Ufficio ha proceduto con la propria attivita’ di verifica a modificare la dichiarazione del (OMISSIS) ed a percepire il relativo tributo, a seguito dell’adesione del contribuente; c) obbligo di restituzione del reddito cosi’ percepito e dichiarato: l’obbligo di restituzione non va inteso, come ritiene l’Ufficio, soltanto in relazione agli sporadici casi previsti espressamente da specifiche normative di legge , ma anche in relazione al generico dovere giuridico di restituzione dell’indebito ex articolo 2033 c.c.; nel caso di specie non e’ contestato che il (OMISSIS) abbia restituito alla societa’ la somma poi portata in detrazione…”.
3.2. Il giudice di appello non ha fatto corretta applicazione della disposizione normativa richiamata, se si considera che essa richiede, ai fini della deducibilita’ fiscale dell’onere, che le somme siano state percepite da un ente erogatore, che siano state assoggettate a tassazione negli anni precedenti e che siano state restituite.
Con riguardo al primo presupposto, risulta evidente che nella fattispecie in esame le somme non provengono da un ente erogatore, ma, come emerge dallo stralcio del processo verbale di constatazione redatto dalla Guardia di Finanza, ritrascritto nel ricorso, dalle casse della societa’ (OMISSIS) s.r.l., che non le ha elargite volontariamente.
Inoltre, sebbene il Decreto del Presidente della Repubblica n. 917 del 1986, articolo 10, comma 1, lettera d-bis, trovi applicazione in tutti i casi in cui la somma restituita sia stata inclusa nell’imponibile Irpef secondo il principio di cassa e, dunque, non soltanto a titolo di reddito da lavoro dipendente, ma anche a titolo di reddito da lavoro autonomo o a titolo di redditi diversi, nel caso in esame la dazione delle somme alla societa’ (OMISSIS) s.r.l. in liquidazione non e’ avvenuta in adempimento dell’obbligo di restituzione dell’indebito di cui all’articolo 2033 c.c., ma, secondo quanto dedotto dallo stesso contribuente, in adempimento di una obbligazione volontariamente assunta con il contratto di transazione concluso con la (OMISSIS) s.r.l. in liquidazione.
Non ricorre, quindi, il presupposto della “restituzione” richiesto dalla norma in esame per la deducibilita’ dell’onere.
La Commissione tributaria regionale ha dunque erroneamente applicato la norma ad una fattispecie che esula dal suo ambito applicativo, pur trattandosi di disposizione normativa che, consentendo la deducibilita’ di costi, deve essere interpretata in modo restrittivo e rigoroso.
Il ricorso principale deve dunque essere accolto.
4. Passando all’esame del ricorso incidentale condizionato proposto dal contribuente, con il primo motivo di ricorso si deduce la violazione e falsa applicazione del Decreto del Presidente della Repubblica n. 917 del 1986, articolo 10, comma 1, lettera d-bis, articoli 36 ter e 38 in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3.
Il contribuente lamenta che il giudice di appello ha erroneamente ritenuto applicabile la speciale procedura di controllo formale ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 600 del 1973, articolo 36-ter, sebbene la Amministrazione non si sia limitata ad una mera attivita’ di controllo materiale della corrispondenza tra quanto esposto in dichiarazione e quanto riportato nei documenti prodotti dal contribuente, ma abbia svolto attivita’ interpretativa, ritenendo la indeducibilita’ dell’onere.
Ha, quindi, formulato il seguente quesito di diritto: “Stabilisca Codesta Ecc.ma Corte se risponde al vero il seguente principio: in un caso in cui, come nella specie, l’Ufficio, mediante la procedura di controllo formale di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 600, articolo 36 ter, disconosca la deducibilita’ del reddito complessivo di somme restituite dal contribuente al soggetto erogatore, sul presupposto che l’articolo 10, comma 1, lettera d-bis del T.U.I.R. consentirebbe la deduzione soltanto di somme esposte in una precedente dichiarazione dei redditi a titolo di redditi da lavoro dipendente, nonche’ sull’ulteriore presupposto che la deducibilita’ di tali somme risulterebbe preclusa dalla L. n. 537 del 1993, articolo 14, comma 4-bis, in quanto tali somme sarebbero riconducibili ad atti, fatti, o attivita’ qualificabili come reato; incorra in violazione e falsa applicazione dell’articolo 36-ter del d.P.R. n. 600 la sentenza della Commissione Tributaria Regionale che, come nella specie, ritenga che ricorrano nel caso di specie i presupposti applicativi della predetta norma; anziche’ ritenere violate tali disposizioni perche’ l’Ufficio, nel disconoscere la deducibilita’ degli oneri in questione per le suesposte ragioni, ha compiuto un’attivita’ di interpretazione degli articoli 10 del Tuir e la L. n. 537 del 1993, 14, comma 4-bis, nonche’ di valutazione della documentazione reperita nel corso di tale controllo al fine di valutare pretesi profili di rilevanza penale dei fatti e degli atti da cui e’ derivato l’obbligo di restituzione da parte del contribuente delle somme dedotte”.
4.1. Il motivo e’ infondato.
4.2. L’Ufficio, come previsto dal Decreto del Presidente della Repubblica n. 600 del 1973, articolo 36-ter, ha proceduto ad un controllo formale della dichiarazione, disconoscendo la deducibilita’ dell’onere esposto nella stessa dichiarazione dei redditi, previo esame della documentazione richiesta; cosi’ operando, si e’ attenuto alla procedura prevista dalla disposizione normativa richiamata, non potendosi dubitare che del Decreto del Presidente della Repubblica n. 600 del 1973, articolo 36 – ter, laddove prevede la possibilita’ per l’Ufficio di escludere, sulla base dei documenti richiesti al contribuente, le deduzioni di imposta non spettanti, consenta anche l’esame di detta documentazione e la conseguente valutazione in termini di attendibilita’, come avvenuto nella fattispecie.
Infatti, e’ vero che l’attivita’ di cui all’articolo 36-ter citato, sebbene non strettamente liquidatoria come quella di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 600 del 1973, articolo 36-bis, si deve esaurire nell’esame testuale dei dati emergenti dalla dichiarazione che devono essere raffrontati con la documentazione, senza profili di tipo valutativo o interpretativo (Cass. 17631 del 6/8/2014), ma cio’ non preclude all’Amministrazione di esaminare detta documentazione e, all’esito, di ritenerla inidonea per carenza di forma e/o di contenuto.
5. Con il secondo motivo il contribuente censura la sentenza impugnata per omessa motivazione circa un fatto controverso e decisivo in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5, per avere la sentenza omesso di motivare se nella cartella di pagamento fossero state adeguatamente esposte le ragioni giuridiche che avevano indotto l’Ufficio a disconoscere la deducibilita’ degli oneri esposti nella dichiarazione dei redditi.
6. Con il terzo motivo si deduce “violazione e falsa applicazione della L. n. 241 del 1990, articolo 3, della L. n. 212 del 2000, articolo 7, del Decreto del Presidente della Repubblica n. 600 del 1973, articolo 36-ter, il Decreto del Presidente della Repubblica n. 602 del 1973, in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3”, lamentando che il giudice di appello non ha individuato i presupposti di fatto e le ragioni giuridiche che sono alla base della maggior pretesa dell’Ufficio e che in ogni caso non risulta soddisfatta la esigenza di motivazione della cartella di pagamento, poiche’ essa non contiene le indicazioni necessarie a consentire al contribuente di effettuare un controllo sulla correttezza della imposizione.
6.1. Il secondo ed il terzo motivo, che, essendo tra loro connessi, possono essere trattati congiuntamente, sono infondati.
6.2. Risulta dallo stesso contenuto del controricorso depositato dal contribuente che l’Ufficio, dopo avergli inviato del Decreto del Presidente della Repubblica n. 600 del 1973, ex articolo 36-ter, richiesta di chiarimenti e di esibizione della documentazione relativa ai dati esposti nella dichiarazione dei redditi per l’anno 2002, ha comunicato, ai sensi del comma 4 della medesima disposizione, l’esito del controllo formale, ossia il mancato riconoscimento della deducibilita’ degli oneri per insussistenza dei presupposti.
La Agenzia delle Entrate si e’ dunque attenuta alle regole procedimentali previste dal Decreto del Presidente della Repubblica n. 600 del 1973, articolo 36-ter, posto che la cartella esattoriale e’ stata emessa solo all’esito del preventivo invito a fornire chiarimenti ed all’esito della successiva comunicazione di cui al comma 4, nella quale sono stati indicati gli oneri non riconosciuti in detrazione per il contribuente.
La cartella notificata al contribuente rinvia, quanto ai motivi, alla pregressa comunicazione il Decreto del Presidente della Repubblica n. 600 del 1973, ex articolo 36-ter, comma 4, per cui deve ritenersi rispettato l’obbligo di motivazione, essendo stato il contribuente posto nelle condizioni di conoscere le ragioni della pretesa erariale e di esercitare il proprio diritto di difesa.
Anche la motivazione resa dalla Commissione tributaria regionale e’ adeguata e sufficiente, avendo sul punto precisato che la motivazione della cartella deve essere “rapportata all’intero procedimento sfociato nella emanazione dell’atto, ben conosciuto dal contribuente che ebbe modo di difendersi ampiamente e fu in grado di rappresentare le proprie posizioni ed argomentazioni…”.
7. Con il quarto motivo di ricorso si denuncia la nullita’ della sentenza per omessa pronuncia e violazione dell’articolo 112 c.p.c., in relazione all’articolo 360 cod. proc. civ., comma 1, n. 4 o, in subordine, per omessa motivazione in ordine ad un fatto controverso e decisivo, in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5.
Il contribuente lamenta che la sentenza impugnata sarebbe incorsa in un vizio di extrapetizione, in quanto avrebbe del tutto omesso di pronunciarsi sul motivo di appello con cui e’ stata eccepita la violazione dell’articolo 7, comma 3, dello Statuto dei diritti del contribuente, per avere l’Ufficio operato un rinvio per relationem ad un avviso bonario anziche’, come previsto da tale disposizione normativa, ad un atto di accertamento dotato di congrua motivazione; in via subordinata, deduce che la sentenza avrebbe omesso di accertare un fatto decisivo e controverso, ossia “se la motivazione della cartella di pagamento impugnata rinvii per relationem ad uno degli atti tassativamente ritenuti idonei a ricevere tale rinvio ai sensi dell’articolo 7, comma 3, dello Statuto dei diritti del contribuente”.
7.1. I motivi che, per evidente connessione, possono essere esaminati congiuntamente, sono infondati.
7.2. Al riguardo deve considerarsi che la cartella di pagamento/emessa a seguito di controllo formale del Decreto del Presidente della Repubblica n. 600 del 1973, ex articolo 36 ter, non e’ stata preceduta da un “atto di accertamento”, e, pertanto, ad essa non e’ estensibile la disposizione di cui alla L. n. 212 del 2000, articolo 7, comma 3, essendo sufficiente ai fini della motivazione della cartella e della tutela del diritto alla informazione e di difesa del contribuente il richiamo per relationem in essa contenuto alla pregressa comunicazione il Decreto del Presidente della Repubblica n. 600 del 1973, ex articolo 36- ter, comma 4.
Infatti, la specifica indicazione nella pregressa comunicazione il Decreto del Presidente della Repubblica n. 600 del 1973, ex articolo 36, comma 4, degli oneri in ordine ai quali l’Ufficio ha ritenuto di non riconoscere al contribuente la deducibilita’, per carenza dei presupposti, era idonea a consentirgli l’esercizio del diritto di difesa gia’ in fase precontenziosa.
La Commissione tributaria regionale, affermando la insussistenza del difetto di motivazione della cartella di pagamento perche’ emessa all’esito di una procedura che aveva consentito al contribuente di esporre le proprie ragioni e di difendersi in modo adeguato, si e’ pronunciata rendendo una motivazione esaustiva e logicamente argomentata, avendo ritenuto che la questione prospettata dal contribuente non fosse rilevante, poiche’ da essa non poteva farsi discendere la nullita’ della cartella di pagamento, ne’ la violazione del diritto di difesa del contribuente.
Il ricorso incidentale deve, quindi, essere respinto.
8. Considerato che non vi e’ motivo di ricorso per cassazione in merito al recupero della deduzione dell’altro onere, pure ripreso a tassazione con la cartella di pagamento impugnata, riguardante l’erogazione a titolo di liberalita’ dell’importo di Euro 1.033,00 in favore della Parrocchia dei (OMISSIS) (eposta al rigo RP21 della dichiarazione dei redditi Modello Unico 2003 presentata per il periodo di imposta 2002), sicche’ e’ preclusa ogni valutazione al riguardo, cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa alla Commissione tributaria dell’Emilia Romagna, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimita’.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso principale e rigetta il ricorso incidentale; cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa alla Commissione tributaria dell’Emilia Romagna, in diversa composizione, anche per la liquidazione delle spese del giudizio di legittimita’.
Leave a Reply