Ai fini dell’individuazione del valore della causa in fase di impugnazione

Corte di Cassazione, sezione sesta civile, Ordinanza 4 settembre 2018, n. 21613.

La massima estrapolata:

Ai fini dell’individuazione del valore della causa in fase di impugnazione, è qualificante l’effettivo oggetto del gravame, vale a dire il contenuto della questione o delle questioni di cui si può dibattere in quella sede

Ordinanza 4 settembre 2018, n. 21613

Data udienza 12 luglio 2018

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GENOVESE Francesco Antonio – Presidente

Dott. BISOGNI Giacinto – Consigliere

Dott. MARULLI Marco – Consigliere

Dott. LAMORGESE Antonio Pietro – Consigliere

Dott. FALABELLA Massimo – rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA
sul ricorso 16088-2017 proposto da:
(OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA piazza Cavour presso la Cancelleria della Corte di Cassazione, rappresentato e difeso dall’avvocato (OMISSIS);
– ricorrente –
contro
(OMISSIS), elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che la rappresenta e difende;
– controricorrente –
avverso l’ordinanza n. cron. 1543/2017 della CORTE D’APPELLO di CATANZARO, depositata il 18/05/2017;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 12/07/2018 dal Consigliere Dott. MASSIMO FALABELLA;
dato atto che il Collegio ha autorizzato la redazione del provvedimento in forma semplificata.

FATTI DI CAUSA

1. – (OMISSIS), nella qualita’ di avvocato, ha domandato la liquidazione del compenso da lui maturato in relazione al giudizio di appello proposto avanti alla Corte di Catanzaro per ottenere l’annullamento di una sentenza resa in prime cure nella contumacia della sua cliente, (OMISSIS): quest’ultima era stata condannata al pagamento della somma complessiva di Euro 3.431.572,05, oltre rivalutazione monetaria e interessi, in favore del fallimento di (OMISSIS) s.r.l., societa’ di cui era stata amministratrice.
Con ordinanza del 18 maggio 2017 all’attore e’ stato liquidato il compenso di Euro 3.310,00.
2. – Il provvedimento e’ stato impugnato dall’avvocato (OMISSIS) con un ricorso per cassazione che e’ basato su tre motivi. Resiste con controricorso (OMISSIS). Entrambe le parti hanno depositato memoria.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. – Con il primo motivo e’ denunciata la violazione degli articoli 702 bis c.p.c. e ss.. La censura investe il disposto stralcio della memoria depositata dalla parte ricorrente sul presupposto che essa non fosse stata autorizzata. Sostiene il ricorrente che nel rito sommario di cognizione alle parti sarebbe consentito di svolgere ogni attivita’, non essendo applicabili le norme del procedimento ordinario di cognizione che stabiliscono preclusioni. Osserva che nella predetta memoria esso istante aveva svolto argomentazioni incentrate sull’effettivo valore della causa ai fini della liquidazione dell’onorario che gli spettava.
La censura non coglie nel segno.
La Corte di appello ha espunto dal fascicolo la memoria dell’odierna parte ricorrente in considerazione del fatto che la stessa non vi era stata autorizzata. A fronte di tale provvedimento, finalizzato a ripristinare il contraddittorio tra le parti (certamente falsato dall’iniziativa unilaterale del ricorrente, che aveva proceduto al deposito di uno scritto difensivo all’insaputa della controparte), le considerazioni svolte nel ricorso, incentrate sull’inapplicabilita’, al procedimento sommario, delle regole previste per quello ordinario, si rivelano non concludenti e mostrano di non cogliere la ratio detidendi della impugnata statuizione.
2. – Col secondo motivo e’ lamentata la violazione ed errata applicazione del Decreto Ministeriale n. 55 del 2014, articolo 5, in relazione all’articolo 360 c.p.c., nn. 3 e 5. Il ricorrente di duole che la Corte di appello abbia ancorato il valore della causa non gia’ al bene della vita che era stato richiesto da controparte, ma all’eccezione proposta per far venir meno gli effetti della sentenza di primo grado. Osserva l’istante che il dato di cui doveva tenersi conto ai fini della determinazione del valore della controversia era quello risultante dalla sentenza impugnata e che l’eccezione sollevata non poteva rendere indeterminabile tale valore.
Il motivo non ha fondamento.
La Corte di appello, pur riconoscendo che nella liquidazione dei compensi a carico del cliente debba aversi riguardo all’entita’ della domanda, ha ritenuto che lo scaglione applicabile al caso di specie fosse quello relativo alle cause di valore indeterminabile, giacche’ l’unica questione di cui il giudice di appello doveva occuparsi era quella relativa alla regolare instaurazione del contraddittorio in primo grado e alla nullita’ della sentenza pronunciata dal Tribunale.
Secondo la giurisprudenza di questa S.C., nel caso in cui al giudice superiore venga riproposta una parte limitata della domanda, ovvero l’oggetto dell’impugnazione risulti circoscritto per dettato normativo, il valore della causa deve essere rimodulato in relazione all’effettiva entita’ della riforma che si intende conseguire (Cass. 12 agosto 2009, n. 18233, con cui e’ stata confermata la decisione della Corte di appello, che aveva liquidato gli onorari dovuti per prestazioni professionali in secondo grado sulla base del valore indeterminabile riconoscibile ad una controversia ristretta alla sola questione di giurisdizione, ritenendo irrilevante che la parte soccombente avesse reiterato, in via subordinata, la domanda di condanna al pagamento di una somma di denaro, all’unico scopo di non incorrere in preclusioni). Cio’ posto, va rilevato che l’impugnazione, nel caso in esame, poteva avere ad oggetto il solo accertamento dell’eccepita nullita’ della notificazione e che un ipotetico accoglimento del motivo di impugnazione non avrebbe consentito l’esame del merito della controversia da parte del giudice del gravame, giacche’ questi sarebbe stato tenuto a rimettere la causa al giudice di primo grado, giusta l’articolo 354 c.p.c., comma 1. Correttamente, pertanto, la Corte di merito ha attribuito al giudizio valore indeterminabile.
Contrariamente a quanto ritenuto dall’odierno ricorrente (pag. 5 della memoria ex articolo 380 bis c.p.c.), deve del resto escludersi che ai fini dell’individuazione del valore della causa in fase di impugnazione debba aversi riguardo al fatto che nel precedente grado di giudizio sia stata o meno pronunciata condanna. Se cosi’ fosse, si perverrebbe all’illogica conseguenza di una divaricazione dei criteri di liquidazione delle spese processuali dipendente dagli esiti del giudizio nella fase precedente; nel caso di accoglimento della domanda in prime cure si dovrebbe infatti tener conto della somma cui il soccombente e’ stato condannato, mentre nell’opposta ipotesi di rigetto della stessa domanda la quantificazione,dovrebbe essere operata attribuendo alla causa valore indeterminabile. Di contro, l’esito, vittorioso o meno, per la parte, della fase del giudizio trattato avanti al giudice di grado inferiore e’ in se’ irrilevante: ad essere qualificante e’ invece l’effettivo oggetto del gravame, vale a dire il contenuto della questione o delle questioni di cui si puo’ dibattere in quella sede.
3. – Col terzo motivo il ricorrente prospetta la violazione del Decreto Ministeriale n. 55 del 2014, articolo 4, comma 5, lettera c). Rileva che erroneamente la Corte distrettuale aveva escluso il compenso per la fase istruttoria. Sostiene, in particolare, di aver esaminato la comparsa di risposta di controparte, di aver depositato memoria contenente controdeduzioni e di aver partecipato all’udienza fissata per l’inibitoria, insistendo a verbale per l’accoglimento della misura, che era stata poi concessa.
Il motivo va disatteso.
L’esame della comparsa di controparte rientra tra le attivita’ che trovano la loro collocazione nella fase introduttiva giusta l’articolo 4, comma 5, lettera b), d.m. cit.; con riguardo alla memoria e alle deduzioni a verbale non solo e’ mancata alcuna indicazione del loro contenuto, ma il ricorrente non ha nemmeno precisato se la documentazione di tali atti sia stata prodotta nel giudizio di liquidazione del compenso, ne’ ha indicato la localizzazione dei medesimi all’interno dei fascicoli di causa: pertanto, il motivo risulta sul punto carente di specificita’ ex articolo 366 c.p.c., n. 6).
4. – Il ricorso e’ dunque respinto.
5. – Le spese del giudizio di legittimita’ seguono la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso; condanna parte ricorrente al pagamento delle spese processuali in favore di parte controricorrente, liquidandole in Euro 3.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 100,00, ed agli accessori di legge; ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, articolo 1, comma 17, da’ atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.

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