Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|| n. 29492.
Ai fini dell’appartenenza di un’area rivierasca al demanio marittimo
Ai fini dell’appartenenza di un’area rivierasca al demanio marittimo, si ritengono essenziali i seguenti requisiti: a) che l’area sia normalmente coperta dalle mareggiate ordinarie; b) che almeno in passato sia stata sommersa e che tuttora sia utilizzabile per uso marittimo; c) che, comunque, il bene sia necessariamente adibito ad usi attinenti alla navigazione, anche solo potenzialmente.
Ordinanza|| n. 29492. Ai fini dell’appartenenza di un’area rivierasca al demanio marittimo
Data udienza 28 settembre 2023
Integrale
Tag/parola chiave: DEMANIO E PATRIMONIO – Marittimo – Area rivierasca – Requisiti essenziali – Bene adibito potenzialmente alla navigazione – Necessità. (C.N., articoli 42 e 49)
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. LOMBARDO Luigi G. – Presidente
Dott. PAPA Patrizia – rel. Consigliere
Dott. PICARO Vincenzo – Consigliere
Dott. OLIVA Stefano – Consigliere
Dott. PIRARI Valeria – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 11520 – 2019 proposto da:
(OMISSIS) s.r.l., in persona dell’amministratore pro tempore, elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avv. (OMISSIS), rappresentata e difesa dagli avv. (OMISSIS), e (OMISSIS), giusta procura in calce al ricorso, con indicazione degli indirizzi pec;
– ricorrente –
contro
(OMISSIS) s.p.a. in liquidazione, in persona del liquidatore, elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avv. (OMISSIS), rappresentata e difesa dagli avv. (OMISSIS), e (OMISSIS), giusta procura in calce al controricorso, con indicazione degli indirizzi pec;
– controricorrente –
e contro
AUTORITA’ DI SISTEMA PORTUALE DEL MARE TIRRENO CENTRALE, gia’ AUTORITA’ PORTUALE DI NAPOLI, in persona del legale rappresentante pro tempore;
– intimata –
avverso la sentenza n. 4446/2018 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI, pubblicata il 4/10/2018;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 28/9/2023 dal consigliere Dott. PATRIZIA PAPA;
lette le conclusioni del P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. TRONCONE FULVIO, che ha chiesto il rigetto del ricorso;
lette le memorie del ricorrente.
Ai fini dell’appartenenza di un’area rivierasca al demanio marittimo
FATTI DI CAUSA
1. La (OMISSIS) s.r.l. convenne in giudizio, dinnanzi al Tribunale di Napoli, la (OMISSIS) s.p.a. e l’Autorita’ portuale di Napoli, per sentir dichiarare il suo diritto di proprieta’ esclusiva e, in conseguenza, il suo diritto alla rimozione dei massi di pietra lavica costituenti la scogliera della zona est di Napoli, chiamata (OMISSIS), con ordine alle convenute di non opporre ostacoli; in via subordinata, chiese di accertare il suo diritto al rimborso delle spese sostenute per l’acquisto e il posizionamento dei massi e il risarcimento dei danni.
A sostegno della sua domanda, (OMISSIS) dedusse di aver gestito la zona dell’Arenile per oltre vent’anni, in virtu’ di successive concessioni demaniali e di aver creato nel (OMISSIS), con il posizionamento dei massi e la costruzione della scogliera, un efficiente porto turistico di circa 12.442 mq., con una capienza di oltre 180 imbarcazioni e relativo cantiere di rimessaggio; rappresento’ quindi che, a seguito del mancato rinnovo della concessione e dell’attribuzione della gestione della zona, per la sua riqualificazione e ampiamento, alla (OMISSIS), aveva inutilmente chiesto la restituzione dei massi costituenti la scogliera di protezione, senza ottenere il rilascio della relativa autorizzazione a rimuoverli da parte della Autorita’ portuale di Napoli.
Per quel che qui rileva ancora, con sentenza n. 3954/2013, il Tribunale di Napoli, dichiaro’ la proprieta’ di (OMISSIS) dei massi lavici e il suo diritto alla loro rimozione, rigettando, per inapplicabilita’ del Regio Decreto 30 marzo 1942, n. 327, articolo 49 (c.n.), l’eccezione della natura demaniale della scogliera opposta dalla stessa Autorita’ portuale.
2. Con sentenza n. 4446/2018, la Corte d’appello di Napoli, in accoglimento dell’appello principale di (OMISSIS) e dell’appello incidentale adesivo dell’Autorita’ Portuale, ritenne che, ai fini della qualificazione dell’opera, non andassero considerati i massi singolarmente, ma la scogliera come un unicum: costruita a protezione del porto nel (OMISSIS) attraverso un’attivita’ complessa, la scogliera costituiva opera stabile per le sue modalita’ costruttive e per la sua potenzialita’ a realizzare pubblici usi del mare; la sua funzione era infatti la protezione del porto, bene demaniale ex articolo 822 c.c. e articolo 28 c.n.; come tale, l’opera era acquisibile ipso iure al termine della concessione ex articolo 49 codice navale e la domanda era percio’ infondata.
3. Avverso questa sentenza (OMISSIS) ha proposto ricorso in cassazione, affidato a sette motivi.
La (OMISSIS) s.p.a. in liquidazione si e’ difesa con controricorso. L’Autorita’ portuale non ha svolto difese.
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RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Con il primo motivo la (OMISSIS) ha prospettato, in riferimento all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la falsa applicazione dell’articolo 49 codice navale perche’ la disposizione costituirebbe eccezione al principio generale del diritto all’indennizzo spettante a colui che subisce l’accessione ex articolo 936 c.c. e non sarebbe percio’ suscettibile, ex articoli 12 e 14 preleggi, dell’applicazione analogica operata invece dalla Corte territoriale.
In particolare, la Corte d’appello avrebbe errato ad affermare la possibilita’ dell’Autorita’ Portuale di acquisire, senza la corresponsione di alcun rimborso, la scogliera perche’ opera non inamovibile, seppure di difficile rimozione, laddove l’articolo 49 espressamente prevede l’inamovibilita’ a presupposto della acquisizione dell’opera al demanio senza compenso o rimborso; in ogni caso, secondo un’interpretazione costituzionalmente orientata in riferimento all’articolo 42 Cost., comma 3, la stessa Corte avrebbe dovuto quanto meno riconoscere un indennizzo a fronte del sostanziale esproprio dei massi.
2. Con il secondo motivo, la societa’ ricorrente ha lamentato, in riferimento all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la falsa applicazione dell’articolo 49 codice navale con riferimento all’articolo 42 c.n.: la Corte territoriale avrebbe interpretato l’articolo 49, senza considerare che il precedente articolo 42 codice navale – che disciplina l’ipotesi della revoca delle concessioni – pone una distinzione fra opere non amovibili o stabili ed opere di difficile sgombero e prevede la corresponsione di un indennizzo in ipotesi di opere stabili; negando l’indennizzo per un’opera di difficile rimozione, ma non inamovibile, pertanto, la Corte territoriale avrebbe violato il canone di interpretazione logico-sistematica.
2.1. I due motivi, che possono essere esaminati congiuntamente per continuita’ di argomentazione, sono infondati, seppure la motivazione della Corte territoriale dev’essere parzialmente corretta.
Nella sentenza impugnata, infatti, la Corte d’appello ha dapprima esplicitamente affermato la inamovibilita’ della scogliera “se complessivamente considerata” e a prescindere dalla possibilita’ della “rimozione fisica di parte di essa”, in riferimento alla sua funzione e alle sue caratteristiche: a sostegno del suo giudizio, ha percio’ considerato la complessita’ della sua posa in opera, dal necessario lavoro di imbonimento del fondale fino alla sistemazione dei massi di differenti dimensioni; ha, quindi, individuato le caratteristiche delle opere inamovibili in riferimento alla descrizione delle opere “aventi struttura stabile” come espressa dalla stessa autorita’ amministrativa nella circolare dell’Agenzia del Demanio n. prot. 2007/71/62/DAO del 21 febbraio 2007, sottolineando che l’inamovibilita’ ricorre, come nella specie, ogni qualvolta la rimozione degli elementi, anche prefabbricati, utilizzati per la costruzione implichi la distruzione dell’opera stessa.
Questa ricostruzione della nozione e’, invero, corretta, sol che si consideri che il significato del vocabolo e’ delineato dalla sua stessa etimologia, cioe’ la sua immediata derivazione dal verbo latino amovere (rimuovere): perche’ la rimozione sia possibile, l’opera deve comunque mantenere nel suo complesso la sua identita’ e la sua funzione, non risultando invece significativo che i materiali o gli elementi di cui si compone siano a loro volta materialmente individuabili e rimovibili; e’ quel che accade, ad esempio, in una qualsiasi costruzione in mattoni che certamente e’ suscettibile di essere smontata, ma altrettanto certamente, in tale evenienza, risulta distrutta.
In questi stessi termini l’interpretazione della “inamovibilita’” e’ stata interpretata dalla giurisprudenza amministrativa (Consiglio di Stato, sez. VI, 26/05/2010, n. 3348).
In disparte, dunque, l’utilizzo del sintagma avverbiale “o quantomeno di difficile rimozione” espresso nella motivazione della sentenza qui impugnata, la Corte territoriale, ricostruendo nel senso descritto la inamovibilita’ caratteristica della scogliera per cui e’ giudizio, ha percio’ fondatamente affermato l’acquisizione ipso iure dell’opera al demanio dello Stato senza indennizzo o compenso, in corretta applicazione dell’articolo 49 c.n.
2.2. Una diversa interpretazione dell’articolo 49 non potrebbe derivare dalla lettura combinata del precedente articolo 42, come invocata dal ricorrente.
L’articolo 49 codice navale opera alla cessazione della concessione ed esprime un principio di ordine generale per cui le opere costruite dal concessionario sull’area demaniale sono acquisite ipso iure allo Stato concedente, se inamovibili, “senza alcun compenso o rimborso”, cioe’ per devoluzione gratuita, in eccezione all’articolo 936 c.c. (cfr. Cass. Sez. 1, n. 3842 del 14/02/2017, Sez. 3, n. 5842 del 24/03/2004).
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Il precedente articolo 42 – che disciplina invece la revoca della concessione – individua in riferimento a tale ipotesi le tre diverse categorie di opere realizzate dal concessionario, secondo che siano “di facile sgombero”, “di difficile sgombero” o “stabili”: in riferimento, quindi, ad un provvedimento concessorio di durata non superiore al quadriennio, nel primo caso prevede la revocabilita’ “a giudizio discrezionale dell’amministrazione marittima”, nel secondo caso la revocabilita’ “per specifici motivi inerenti al pubblico uso del mare o per altre ragioni di pubblico interesse”, nel terzo caso, salvo che non sia diversamente stabilito, la corresponsione di “un indennizzo pari al rimborso di tante quote parti del costo delle opere quanti sono gli anni mancanti al termine di scadenza fissato”.
Le prime due ipotesi sono state distinte dal legislatore soltanto per delineare quando sia o non necessaria una specifica motivazione della revoca (gli specifici motivi inerenti al pubblico uso del mare o le altre ragioni di pubblico interesse).
La terza ipotesi, con la previsione dell’indennizzo in eccezione alla regola del comma 3 per cui “la revoca non da’ diritto a indennizzo”, si spiega invece proprio con la cessazione della concessione prima del tempo originariamente stabilito: quando la concessione dura fino alla scadenza, il privato, a fronte del pagamento del canone di concessione, ottiene il diritto di sfruttare e gestire in via esclusiva quel bene e quindi puo’ gia’ rivalersi sui proventi che derivano dallo sfruttamento dell’area del costo delle opere che ha realizzato e non potra’ rimuoverle; al contrario, in ipotesi di scadenza anticipata, egli non ha a disposizione il numero di anni preventivato per recuperare quei costi gia’ sostenuti.
L’articolo 42 non e’ pertanto pertinente nella fattispecie, ne’ la tripartizione di tipologia di opere individuate nella norma e’ necessaria alla soluzione della controversia e, prima ancora, all’interpretazione dell’articolo 49 applicato, perche’ la concessione alla societa’ ricorrente non e’ stata revocata, ma e’ stata piu’ volte rinnovata ed e’ poi giunta a scadenza e l’opera realizzata era certamente inamovibile perche’ a seguito della rimozione dei massi lavici con cui era stata realizzata sarebbe risultata distrutta.
3. Con il terzo motivo la societa’ ha quindi sostenuto, in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione dell’articolo 2697 c.c., per avere la Corte fondato il giudizio di inamovibilita’ sulla valutazione non della possibilita’ e delle conseguenze della rimozione dell’opera, ma sulla complessita’ dell’attivita’ necessaria alla realizzazione dell’opera, cosi’ invertendo il tema di indagine.
Per altro profilo, avrebbe inoltre erroneamente trascurato che nella concessione n. 120 del 2000, rilasciata in aggiunta a quella piu’ risalente con cui sono stati concessi l’area demaniale e lo specchio d’acqua per il mantenimento di una cabina elettrica e della scogliera posta a protezione del cantiere, sarebbe stato proprio previsto che, in caso di revoca o di concessione, il concessionario avrebbe avuto l’obbligo di sgomberare il bene, “asportando i manufatti e le attrezzature di facile rimozione”.
4. Le considerazioni in fatto poste a fondamento di questo profilo di censura sono riproposte nel quarto motivo, in riferimento all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5 come elementi decisivi di prova non esaminati dell’amovibilita’ dei massi; vi e’ aggiunta pure la previsione della rimozione della scogliera nel progetto di riqualificazione a realizzarsi da (OMISSIS).
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4.1. Entrambi i motivi, esaminati congiuntamente per stretta connessione, sono inammissibili per loro prospettazione.
Quanto al primo profilo del terzo motivo, per principio consolidato (in ultimo, Cass. Sez. L, n. 17313 del 19/08/2020; Sez. 3, n. 13395 del 29/05/2018), la violazione del precetto di cui all’articolo 2697 c.c., censurabile per cassazione ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, e’ configurabile soltanto nell’ipotesi in cui il giudice abbia attribuito l’onere della prova ad una parte diversa da quella che ne era onerata secondo le regole di scomposizione delle fattispecie basate sulla differenza tra fatti costitutivi ed eccezioni e non invece laddove oggetto di censura sia la valutazione che il giudice abbia svolto delle prove proposte dalle parti (sindacabile, quest’ultima, in sede di legittimita’, entro i ristretti limiti dei n. 4 e 5 del c.p.c.):
l’asserita inversione dei termini di indagine, pertanto, si risolve in una inammissibile rivalutazione dei fatti, preclusa in questa sede di legittimita’.
4.2. Quanto al secondo profilo del terzo motivo e al quarto motivo, la concessione evidenziata non presenta alcun carattere di decisivita’ per escludere l’inamovibilita’ o la natura demaniale: al contrario, nella suddetta concessione la concessione dello specchio d’acqua e’ testualmente finalizzata al “mantenimento della scogliera posta a protezione del cantiere”, ne’ e’ significativa la previsione dell’obbligo di “asportare i manufatti e le attrezzature di facile rimozione” perche’ non si prevede che tra questi ultimi debba intendersi la scogliera o i massi lavici che la compongono.
Neppure decisiva articolo 360 c.p.c., comma 1, ex n. 5 risulta la previsione di rimozione della scogliera nel progetto di riqualificazione perche’ non idonea a scalfire il giudizio di inamovibilita’ in se’ dell’opera, nel senso che questa rimozione della scogliera, ove attuata, certamente – come detto – ne implicherebbe la distruzione.
5. Con il quinto motivo la societa’ ha prospettato, in riferimento all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la falsa applicazione degli articolo 822 c.c. e 28 c.n., in quanto la scogliera non rientrerebbe nel novero dei beni demaniali, essendo artificialmente costruita dal privato concessionario demaniale per fini privatistici d’impresa, quale la protezione di un cantiere e, dunque, di un ricovero per barche privato; solamente il porto sarebbe parte del demanio.
5.1. Il motivo e’ in parte inammissibile e in parte infondato.
E’ inammissibile laddove non si confronta con la ratio decidendi principale, secondo cui l’acquisizione della scogliera al demanio e’ avvenuta ipso iure in conseguenza della sua inamovibilita’.
E’, poi, infondato perche’ non considera che il lido del mare di cui all’articolo 28 e’ quella porzione di litorale che si trova ad immediato contatto con il mare e che si estende fin dove arrivano le massime mareggiate invernali, con esclusione dei momenti di tempesta e nella nozione di lido rientrano anche le scogliere, gli scogli, i massi scogliosi, le dighe naturali, i promontori e le punte, in quanto si presentano in aderenza con il mare. Per giurisprudenza consolidata (Cass. Sez. 2, n. 2417 del 23 aprile 1981), ai fini dell’appartenenza di un’area rivierasca al demanio marittimo, si ritengono essenziali i seguenti requisiti: a) che l’area sia normalmente coperta dalle mareggiate ordinarie; b) che almeno in passato sia stata sommersa e che tuttora sia utilizzabile per uso marittimo; c) che, comunque, il bene sia necessariamente adibito ad usi attinenti alla navigazione, anche solo potenzialmente.
Nel caso di specie, ricorrono evidentemente gli usi attinenti alla navigazione e il porto e’ una delle modalita’ in cui possono estrinsecarsi pubblici usi del mare (a prescindere dal carattere pubblico o privato delle barche).
6. Con il sesto motivo la ricorrente ha poi lamentato, in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3 la violazione e falsa applicazione dell’articolo 2697 c.c. con riferimento alle caratteristiche ed all’uso pubblico della scogliera ai fini della sua eventuale demanialita’; sarebbe sfornita di prova la convinzione che il cantiere costruito da C.N. F. in ragione della concessione era un porto e che, dunque, la scogliera era parte di quest’ultimo, assumendo la caratterizzazione di bene demaniale.
6.1. Anche questa censura e’ inammissibile per sua formulazione. Ancora una volta la societa’ ricorrente non ha formulato la sua censura secondo i criteri fissati dalla giurisprudenza di questa Corte, come esposti al precedente punto 4.1., sovrapponendo i piani del principio dell’onere probatorio con l’esercizio del potere di valutazione delle prove, non piu’ sindacabile in sede di legittimita’, come detto, se non nei ristretti limiti dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5.
7. Con il settimo motivo il ricorrente ha riproposto i fatti evidenziati con la quinta censura in riferimento all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5 come elementi decisivi per escludere la demanialita’ della scogliera, ribadendo, come gia’ prospettato con il quarto motivo, che nel progetto del porto turistico sarebbe stata prevista la rimozione della scogliera.
7.1. La censura e’ ugualmente inammissibile. La Corte territoriale non ha affatto trascurato l’originaria sussistenza di un cantiere, ma l’ha esplicitamente ritenuta irrilevante; ha infatti riscontrato l’avvenuta creazione di un porto turistico e ha, di conseguenza, affermato che “il bene, a prescindere dalle ragioni per il quale e’ stato creato, e’ adibito ad usi attinenti la navigazione e non puo’ non essere considerato demaniale” (pag. 6 della sentenza).
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Della non decisivita’ della previsione della rimozione, invece, si e’ gia’ detto al punto 4.2.
8. Il ricorso risulta, percio’, infondato e va rigettato, con conseguente condanna della societa’ ricorrente (OMISSIS) s.r.l. al rimborso, in favore di (OMISSIS) s.p.a., delle spese processuali di questo giudizio di legittimita’, liquidate in dispositivo in relazione al valore indeterminabile della domanda. Non vi e’ luogo a statuizione delle spese dell’Autorita’ portuale che non ha svolto difese.
Stante il tenore della pronuncia, va dato atto, ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso articolo 13, comma 1 bis se dovuto.
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P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso; condanna la (OMISSIS) s.r.l. al rimborso, in favore di (OMISSIS) s.p.a., delle spese processuali di questo giudizio di legittimita’, liquidate in Euro 8.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 e agli accessori di legge.
Da’ atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, se dovuto.
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
Le sentenze sono di pubblico dominio.
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