Consiglio di Stato, Sentenza|18 gennaio 2021| n. 560.
In materia disciplinare la contestazione disciplinare deve delineare l’addebito e quindi la condotta ritenuta disciplinarmente rilevante, anche al fine di consentire un’effettiva attività difensiva dell’interessato.
Sentenza|18 gennaio 2021| n. 560
Data udienza 14 gennaio 2021
Integrale
Tag – parola chiave: Pubblico impiego – Sanzione disciplinare – Contestazione dell’addebito – Contenuto – Individuazione
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Sesta
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 5730 del 2020, proposto da
Ministero dell’Istruzione, Università degli Studi G. D’Annunzio – Chieti, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentati e difesi dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via (…);
contro
-OMISSIS-, rappresentato e difeso dagli avvocati Pi. Ze. e Mi. Di., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per l’Abruzzo n. -OMISSIS-/2020.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio di -OMISSIS-;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 14 gennaio 2021 il Cons. Giordano Lamberti e uditi per le parti gli avvocati Mi. Di. e Pi. Ze., in collegamento da remoto, ai sensi dell’art. 4, comma.1, del Decreto Legge n. 28 del 30 aprile 2020 e dell’art. 25, comma 2, del Decreto Legge n. 137 del 28 ottobre 2020;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1 – L’appellato, professore ordinario e presidente del consiglio di laurea in -OMISSIS- presso l’Università Gabriele D’Annunzio di Chieti e Pescara, ha impugnato la deliberazione n. 241 del 25.6.2019 del Consiglio di Amministrazione del predetto Ateneo, mediante la quale gli è stata irrogata la sanzione disciplinare della sospensione dall’ufficio e dallo stipendio per la durata di un anno, con conseguente pena accessoria ex art. 89 comma 2 RD n. 1592/1933 (oltre la perdita degli emolumenti, l’esonero dall’insegnamento, dalle funzioni accademiche e da quelle ad esse connesse, e la perdita, ad ogni effetto, dell’anzianità per tutto il tempo della sua durata).
2 – Con la sentenza n. -OMISSIS-/2020, il T.A.R. per l’Abruzzo ha accolto il ricorso, in ragione della ritenuta genericità degli addebiti (“la contestazione degli addebiti è avvenuta senza alcuna verifica previa (…) e, soprattutto, senza nemmeno un riordino schematico e giuridico-disciplinare delle affollate, confuse e retoriche denunce, scaturite da esposto anonimo di studenti nei confronti del loro Professore di riferimento”).
3 – L’Università ha appellato tale sentenza.
Si è costituito in giudizio il ricorrente in primo grado, eccependo l’inammissibilità dell’appello e riproponendo le censure svolte in primo grado.
4 – L’appello – costituito da un unico motivo rubricato “Violazione e/o falsa applicazione dell’art. 55 comma 9, del C.P.A. e contraddittorietà della motivazione” – è inammissibile e in ogni caso infondato.
In primo luogo, deve evidenziarsi come nel corpo dell’unico motivo di impugnazione dedotto siano contenute censure di diverso tenore avverso differenti punti della sentenza impugnata, rendendo non completamente delineabile il thema decidendum devoluto nel presente grado di giudizio, in violazione dei principi di chiarezza e specificità dei motivi di appello desumibili dall’art. 101 c.p.a. (cfr. Cons. St., sez. V, 2.12.2015, n. 5459; Cons. St., sez. V, 22.1.2015, n. 274; Cons. St., sez. VI, 24.06.2010, n. 4016).
4.1 – Nello specifico, l’appello risulta inoltre inammissibile nella parte in cui si rivolge (anche contenutisticamente, oltre che perché recepita dalla sentenza appellata) all’ordinanza cautelare n. 123/2019 resa dal T.A.R., che aveva sospeso gli effetti del provvedimento impugnato.
Tale ordinanza non è mai stata impugnata ed in ogni caso i suoi effetti risultano superati dalla successiva sentenza che ha definito il merito del giudizio ed impugnata nel presente giudizio.
Il fatto che l’ordinanza venga esplicitamente richiamata dalla sentenza impugnata risulta del tutto irrilevante, così come è irrilevante, ai fini del presente giudizio, la dedotta non sussistenza dei presupposti per la concessione della detta misura cautelare ed in particolare la contestata motivazione circa la sussistenza del “pregiudizio grave ed irreparabile”, che non assume alcuna rilevanza ai fini della decisione del merito del ricorso.
5 – Quanto al dedotto errore di “valutazione dei fatti” in cui sarebbe incorso il T.A.R. nel richiamare la motivazione posta alla base dell’ordinanza n. 123/2019, secondo cui la contestazione dell’addebito disciplinare non sarebbe stata formulata in maniera “autonoma dall’amministrazione enucleando condotte specificatamente e temporalmente circostanziate in riferimento alle norme violate, bensì con mera riproduzione della “lettera-segnalazione” pervenuta da 29 studenti del corso di Laurea in -OMISSIS- e mera menzione delle norme ritenute violate”, deve osservarsi quanto segue.
Tra i requisiti fondamentali della contestazione di un addebito disciplinare riveste primario rilievo quello della specificità : i fatti addebitati devono essere individuati con sufficiente precisione in modo che vi sia certezza sulle questioni per le quali l’interessato è chiamato a difendersi. La mancata precisazione e/o omessa indicazione di uno o di più elementi di fatto determina un’insuperabile incertezza nell’individuazione del fatto da cui trae origine la contestazione, tale da pregiudicare il diritto di difesa dell’incolpato (Cassazione civile, 6.12.2017 n. 29240 “In tema di sanzioni disciplinari, la contestazione dell’addebito ha lo scopo di consentire al lavoratore incolpato l’immediata difesa e deve, conseguentemente, rivestire il carattere della specificità, senza l’osservanza di schemi prestabiliti e rigidi, purché siano fornite al lavoratore le indicazioni 6 necessarie per individuare, nella sua materialità, il fatto o i fatti addebitati”).
5.1 – Nel caso in esame, la contestazione dell’addebito di cui alla nota n. 4474 del 25.01.2019 si limita a riprodurre testualmente il contenuto di un esposto anonimo a cui segue la formale contestazione delle “mancanze di cui all’art. 89 del Regio Decreto 31 agosto 1933, n. 1592 -ovvero: a) grave insubordinazione; b) abituale mancanza ai doveri di ufficio; c) abituale irregolarità di condotta; d) atti in genere, che comunque ledono la dignità o l’onore del professore- che, se accertate all’esito dell’istruttoria già in corso, prevedono l’applicazione delle punizioni di cui ai numeri 2,3,4 e 5 dell’art. 87 del R.D. medesimo”.
Così come formulata detta contestazione non risulta conforme al requisito, inteso quale principio-cardine dei procedimenti disciplinari, della specificità degli addebiti.
Risulta invero evidente dalla semplice lettura della stessa, e cioè dalla fedele trascrizione dell’esposto anonimo, come – oltre a denunciarsi fatti potenzialmente molto gravi, ma privi di una precisa contestualizzazione temporale – venga sottoposta a critica l’organizzazione complessiva del Corso di laurea sotto plurimi e differenti aspetti, oltretutto in buona parte certamente non tutti riconducibili direttamente all’interessato, relativamente ad un arco temporale di più anni (dal 2014 al 2019).
Il T.A.R. ha colto tale aspetto mettendo in luce che “le domande retoriche a più riprese formulate finiscono per rappresentare una carenza di riguardo non solo nei confronti del professore -diretto destinatario della denuncia studentesca- ma anche nei confronti dello stesso Rettore, al quale i ragazzi chiedono per l’appunto come mai qualcuno (ed in specie i vertici universitari) non si fosse accorto nel tempo di quei comportamenti del docente”.
5.2 – Tanto precisato, deve ribadirsi che la contestazione disciplinare deve delineare l’addebito e quindi la condotta ritenuta disciplinarmente rilevante, anche al fine di consentire un’effettiva attività difensiva dell’interessato (cfr. Corte Cass., 24/07/2018 n. 19632; 1/04/2017 n. 10154; 13/06/2013 n. 14880; 6/05/2011 n. 10015).
Nel caso di specie, la nota di contestazione (ovvero l’esposto anonimo, in ciò sostanziandosi la comunicazione) evidenzia la potenziale sussistenza di disfunzioni gravi all’interno del Corso di studio, sotto diversi e plurimi profili, seppur non tutti come detto direttamente riconducibili all’appellato.
Tale denuncia, proprio per i plurimi e differenti fatti denunciati (a mero titolo di esempio possono citarsi: presenza di un docente non in servizio presso l’Ateneo; utilizzo degli studenti in attività improprie; assenze del docente; problemi nella gestione degli esami e delle tesi di laurea, immissione di studenti italiani provenienti da Atenei esteri) imponeva ad adeguato approfondimento e soprattutto una sistematizzazione delle plurime e differenti criticità ivi evidenziate che, laddove riscontrate, dovevano poi essere specificamente correlate a ciascun addebito contestato all’appellato, attraverso il loro inquadramento giuridico-disciplinare.
In base al principio di specificità, la contestazione disciplinare deve fornire le indicazioni necessarie ed essenziali per individuare, nella sua materialità, il fatto o i fatti nei quali il datore di lavoro abbia ravvisato infrazioni disciplinari, in modo che non ci sia incertezza circa l’ambito delle questioni sulle quali il lavoratore è chiamato a difendersi.
In ciò risiede il vizio riscontrato, essendo del tutto irrilevanti gli argomenti di parte appellante volti a giustificare il recepimento integrale dello scritto anonimo all’interno della lettera di contestazione, posto che ciò che si censura non è la modalità formale “per relationem” con la quale è stata formulata la lettera di contestazione, bensì il contenuto della stessa, che non permette di individuare una precisa ed immediata relazione tra i fatti evidenziati nella denuncia – come rilevato dal TAR: “i fatti in contestazione risultano “affollati”, nel confuso lessico studentesco dell’esposto, in un arco temporale tutt’altro che esiguo che va dal 2014 al 2019″ – e le contestazioni, genericamente rilevate senza alcun inquadramento giuridico fattuale specifico delle stesse.
A scanso di equivoci, deve ribadirsi come anche esposti anonimi possano far emergere fattispecie rilevanti dal punto di vista disciplinare (come potenzialmente anche nel caso in esame). E’ tuttavia necessaria una loro rielaborazione al fine di individuare in modo compiuto le specifiche responsabilità individuali dell’incolpato, al fine di un preciso inquadramento dei fatti storici rispetto alla fattispecie giuridica contestata.
Altrimenti, seppur dalla narrazione dei fatti emergano dei fatti rilevanti, ed addirittura potenzialmente molto gravi (come nel caso di specie), il diritto di difesa dell’incolpato viene ad esserne compromesso, in quanto le condotte non risultano adeguatamente definite nelle loro modalità essenziali.
La giurisprudenza ha chiarito che, seppur il requisito di specificità non obbedisce ai rigidi canoni che presiedono alla formulazione dell’accusa nel processo penale, né deve rimanere imbrigliato all’interno di schemi rigidi e prestabiliti, la contestazione deve comunque individuare i fatti addebitati con sufficiente precisione (cfr. Corte Cass. 2021/2015; Cass. 29235/2017; Cass. 6889/2018).
6 – Infine, deve darsi atto che, per quanto riferito in atti, l’Università pare aver lasciato spirare i termini per la conclusione degli altri tre procedimenti disciplinari originati dai medesimi esposti per dichiararli poi estinti (nella nota n. 87013 del 27 novembre 2019 si legge che: “la segnalazione anonima posta a base dell’iniziale contestazione era divenuta generica… e dunque il procedimento disciplinare improcedibile… il Collegio non si è attivato ed ha lasciato decorrere i termini affinché il procedimento disciplinare medesimo si estinguesse”).
7 – Le spese di lite, ad una valutazione complessiva della vicenda, possono essere compensate.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
Sezione Sesta respinge l’appello e compensa le spese di lite.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all’articolo 52, commi 1 e 2, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196 (e degli articoli 5 e 6 del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016), a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all’oscuramento delle generalità .
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 14 gennaio 2021 con l’intervento dei magistrati:
Sergio De Felice – Presidente
Diego Sabatino – Consigliere
Vincenzo Lopilato – Consigliere
Alessandro Maggio – Consigliere
Giordano Lamberti – Consigliere, Estensore
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
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