Consiglio di Stato, Sezione terza, Sentenza 25 agosto 2020, n. 5198.
La massima estrapolata:
La sospensione dell’erogazione ex art. 33, d.lgs. 228/2001, oltre ad incidere temporaneamente sull’efficacia del provvedimento di concessione del contributo, lungi dall’esaurirsi in una mera verifica dell’esistenza di presupposti oggettivamente riscontrabili, sottende l’esercizio di poteri discrezionali connotati da significativa ampiezza, in ordine alla consistenza ed al significato delle notizie circostanziate circa la percezione indebita acquisite, e dunque alla loro riconduzione alla fattispecie normativa.
Sentenza 25 agosto 2020, n. 5198
Data udienza 30 luglio 2020
Tag – parola chiave: Finanziamenti pubblici – Sospensione erogazione – Art. 33, d.lgs. 228/2001 – Applicazione – Ratio
l.EPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Terza
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 394 del 2020, proposto da -OMISSIS-, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avv. Gi. Da. con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio fisico eletto in Roma alla via (…) presso lo studio Pl.;
contro
Regione Puglia, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato Ca. Pa. Ca., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio fisico eletto in Roma, alla via (…) presso gli uffici della delegazione romana della Regione Puglia; AGEA – Agenzia per le Erogazioni in Agricoltura, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio fisico eletto in Roma, via (…); Ministero Politiche Agricole Alimentari e Forestali, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocatura Generale dello Stato con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio fisico eletto in Roma, via (…);
nei confronti
Autorità di Gestione Psr Puglia, -OMISSIS- non costituiti in giudizio;
per la riforma
della sentenza del TAR Puglia, Bari, Sez. III, n. -OMISSIS-, resa il 16.12.2019;
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio della Regione Puglia, del Ministero delle Politiche Agricole Alimentari Forestali e del Turismo e di Agea – Agenzia per Le Erogazioni in Agricoltura;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore all’udienza del 30 luglio 2020 il Cons. Umberto Maiello e trattenuta la causa in decisione a seguito di camera di consiglio svoltasi in modalità da remoto;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. La società appellante, giusta determinazione dell’Autorità di Gestione n. -OMISSIS-, risulta assegnataria di un aiuto per Euro 959.547,50 su una spesa di Euro 1.919.095,20 nell’ambito della procedura di finanziamento di cui al BURP n. 57/2015 (Misura 123 “Accrescimento del valore aggiunto dei prodotti agricoli e forestali”) per l’attuazione del progetto di potenziamento di un impianto di lavorazione asparagi.
La disciplina delle misure in argomento prevedeva la corresponsione delle suddette somme mediante riconoscimento di un anticipo, garantito da polizza fideiussoria -OMISSIS-, per un importo del 110%, acconti su SAL e saldo, somme tutte già erogate.
1.1. Pur tuttavia, a fronte delle “gravi irregolarità in merito all’utilizzo dei fondi” accertate con rapporto finale redatto a conclusione di un’indagine condotta dallo European Anti-Fraud Office (OLAF), acquisito con protocollo Agea -OMISSIS- del 25.7.2018, e verificate da una Commissione di nomina regionale, Agea, nella qualità di organismo pagatore, da un lato, adottava, con nota prot. -OMISSIS- del 01.03.2019, un provvedimento di sospensione cautelativa del finanziamento in parola ai sensi dell’art. 33 del d.lgs. n. 228/2001, dall’altro, con distinta nota prot. -OMISSIS- del 10.04.2019, compulsava l’odierna appellante onde conseguire la proroga delle polizze accese a garanzia delle erogazioni già effettuate minacciando altrimenti l’incameramento delle polizze in scadenza. I suddetti atti venivano impugnati con il ricorso principale.
Di poi, sopravveniva la determinazione dell’Autorità regionale di gestione -OMISSIS- del 17.10. 2019, di revoca totale degli aiuti e di recupero della somma di Euro 939.665,01 mediante incameramento con richiesta di restituzione in unica soluzione, provvedimento questo attratto nel fuoco della contestazione attorea con i motivi aggiunti notificati il 21.11.2019.
2. Il TAR per la Puglia, con la sentenza qui appellata, assunta in forma semplificata, ha dichiarato il ricorso introduttivo ed i motivi aggiunti inammissibili per difetto di giurisdizione.
3. Avverso la suddetta sentenza, con il mezzo qui in rilievo, la società appellante ha articolato i seguenti motivi di gravame:
a) la sentenza gravata avrebbe erroneamente declinato la giurisdizione sul primo capo di domanda, introdotto con il ricorso principale, sebbene non riferito alla revoca dei contributi solo successivamente disposta dall’Autorità regionale. Di contro, non potrebbe essere revocata in dubbio la giurisdizione dell’adito giudice amministrativo in relazione alle domande di gravame afferenti alla cattiva condotta di AGEA in ordine all’esercizio del potere di accertamento, alla sospensione delle erogazioni e all’avvio della fase di recupero in carenza di potere e dei presupposti di legge.
b) la sentenza appellata meriterebbe di essere riformata anche rispetto ai provvedimenti regionali di revoca, dal momento che i vizi ivi rilevati afferirebbero alla fase antecedente al provvedimento di concessione del beneficio facendo leva su vizi di legittimità e sul contrasto iniziale di tale determinazione con il pubblico interesse essendo in contestazione la creazione artificiosa delle condizioni per fruire di benefici UE, non potendo di contro ipotizzarsi un preteso inadempimento all’interno di rapporti riconducibili all’alveo di cognizione del G.O. D’altro canto, occorrerebbe, altresì, tener conto del fatto che sulle erogazioni oggetto di giudizio vi è pur sempre un potere di controllo da parte della P.A. con conseguente qualificazione dell’atto di concessione del contributo pubblico quale atto amministrativo sospensivamente condizionato (al potere di controllo ad libitum).
3.1. Resistono in giudizio Agea, la Regione Puglia, il Ministero per le Politiche Agricole Alimentari e Forestali che hanno concluso per il rigetto dell’appello.
3.2. La domanda cautelare spiegata dall’appellante è stata respinta da questa Sezione giusta ordinanza -OMISSIS- del 14.2.2020, che riposa sulla seguente motivazione “…. la sentenza di prime cure costituisca pacifica applicazione dei principi affermati dalle Sezioni Unite e da questo Consiglio in relazione al riparto di giurisdizione quando viene in rilievo l’inadempimento delle obbligazioni assunte di fronte alla concessione del contributo (Cons. di Stato, Ad. Plen., n. 6 del 2014; Cass. Sez. Un., ordinanza 25 gennaio 2013, n. 1776);
…..tale assunto non può subire deroghe o temperamenti per il sol fatto che in relazione alla medesima vicenda contenziosa (ma su atti di differente natura e funzione) si sia già pronunciato il giudice amministrativo.”
4. L’appello è parzialmente fondato e, pertanto, va accolto nei limiti di seguito indicati.
5. Va preliminarmente osservato che la domanda spiegata in prime cure rifletteva un contenuto complesso siccome riferito a fasi distinte del complessivo rapporto concessorio qui in rilievo, di cui il TAR ha dato atto solo nella parte narrativa del proprio decisum obliando, però, nel prosieguo, una parte delle pretese azionate in giudizio, che sono state comunque attratte, ancorché in assenza di un’esplicita motivazione, nella cumulativa declinatoria della giurisdizione.
5.1. Segnatamente, il ricorso principale di primo grado involgeva, anzitutto, l’esercizio del potere interdittivo interinalmente esercitato da Agea ai sensi e per gli effetti di cui all’articolo 33 del d.lgs. 228/2001.
5.2. Sulla natura e la portata di tale potere questa Sezione si è di recente soffermata nella sentenza n. -OMISSIS- (che a sua volta richiama diversi precedenti di questa Sezione e del giudice d’appello in generale, Cons. Stato, III, n. 3565 dell’11.6.2018; n. 477/2014; nonché, ivi cit., VI, n. 7377/2010; Consiglio di Stato sez. III, 16/01/2017, n. 114; Consiglio di Stato sez. III, 17/03/2017, n. 1209; Cons. Stato, V, n. 37/2015 e n. 4593/2014; CGA, n. 74/2012) e di cui si riportano, siccome tuttora condivisi, i relativi essenziali snodi argomentativi:
– la misura in argomento riflette una tipica natura cautelare siccome volta a consentire che sia utilmente interrotta la procedura di erogazione di contributi non dovuti ovvero che eventuali obblighi di recupero di sovvenzioni già erogate siano assistiti dalla garanzia di una possibile compensazione con erogazioni ancora in itinere (per tale forma di recupero cfr. articolo 28 Regolamento (CE) del 6.8.2014 e considerando 24);
– la misura in argomento trae il suo presupposto di legittimazione da “notizie circostanziate”, vale a dire dalla sola partecipazione di un’informativa sull’esistenza di fatti concretanti possibili indebite percezioni di erogazioni a carico del bilancio comunitario o nazionale ancora suscettivi di verifica;
– ciò nondimeno, e pur dunque nella pendenza del procedimento di accertamento, genera immediati effetti interdittivi che, però, hanno un’efficacia temporalmente limitata siccome ancorata, a conferma della natura strumentale della misura, alla durata dell’accertamento definitivo;
– l’effetto sospensivo, come sopra anticipato, involge tutti i procedimenti di erogazione di contributi comunque dovuti da organismi pagatori riconosciuti e non solo quelli rispetto ai quali siano sorte contestazioni;
– la valenza provvisoria del regime interdittivo viene ulteriormente confermata dalla previsione del comma successivo che contempla la possibilità che i procedimenti di erogazione sospesi siano “…riavviati a seguito di presentazione di idonea garanzia da parte dei beneficiari”.
– l’applicazione della misura sottende l’esercizio di poteri discrezionali in ordine alla consistenza ed al significato delle notizie circostanziate circa la percezione indebita acquisite e, dunque, alla loro riconduzione alla fattispecie normativa;
– non è necessaria la corrispondenza fra le erogazioni per le quali pende giudizio in sede penale e quelle di cui è stata disposta la sospensione, e nemmeno l’identità dei soggetti coinvolti nelle “notizie circostanziate” e di quelli che operano attualmente per il soggetto colpito dalla sospensione; la sospensione è comunque frutto di valutazione ampiamente discrezionale, e l’apertura di indagini penali e la relativa richiesta di rinvio a giudizio da parte del p.m. garantiscono, in astratto, quel minimo livello di riscontro dei fatti, che consente di adottare il provvedimento cautelare;
– il provvedimento di sospensione ex art. 33, comma 1, cit., avendo carattere cautelare, non necessita della previa comunicazione di avvio del procedimento.
5.3 Orbene, rispetto a tale capo di domanda, la sentenza di primo grado non può essere condivisa, dal momento che, con essa, è stato promosso il sindacato sull’esercizio di un potere ricadente nell’orbita delle prerogative pubblicistiche ed a fronte del quale, stante la posizione di supremazia speciale di cui fruisce Agea, la situazione soggettiva spettante al privato non può che essere qualificata come di interesse legittimo. Com’è noto, la giurisdizione deve essere determinata sulla base della domanda, dovendosi assegnare rilievo dirimente, ai fini del riparto della giurisdizione tra giudice ordinario e giudice amministrativo, non già alla prospettazione compiuta dalle parti, bensì al “petitum sostanziale”. Quest’ultimo deve essere identificato, non solo e non tanto in funzione della concreta pronuncia che si chiede al giudice, quanto, soprattutto, in funzione della “causa petendi”, ossia dell’intrinseca natura della posizione dedotta in giudizio, da individuarsi con riguardo ai fatti allegati (Cass., Sez. Un., n. 15323 del 25/06/2010; Sez. Un., n. 20902 del 11/10/2011; Sez. Un., n. 2360 del 09/02/2015; Sez. Un., n. 11229 del 21/05/2014).
Nel caso in esame, il singolo rapporto obbligatorio di riferimento – cui inerisce il procedimento di liquidazione di somme oggetto di sospensione – resta esterno al procedimento autoritativo qui rilievo che assume una sua dignità autonoma e dispiega i suoi effetti trasversalmente su tutti i crediti attivi in capo al beneficiario.
L’esercizio di tale potere interdittivo si fonda, dunque, su basi proprie, distinte dai singoli rapporti di credito sottostanti ancorandosi esclusivamente alla ricezione di “notizie circostanziate di indebite percezioni di erogazioni a carico del bilancio comunitario o nazionale”, riferibili anche a procedure distinte da quelle sospese e la cui attivazione, pur doverosa, resta, comunque, rimessa all’apprezzamento discrezionale dell’Autorità procedente sulla ricorrenza dei relativi presupposti operativi (Consiglio di Stato sez. III, 16/01/2017, n. 114).
Né può dubitarsi della natura autoritativa della misura adottata che, per effetto di una determinazione unilaterale della detta Autorità, viene ad incidere, comprimendola, sia pur interinalmente, nella sfera giuridica della parte destinataria.
Sul punto questa Sezione si è, d’altro canto, già pronunciata con la sentenza -OMISSIS- del 2.8.2016, che ha confermato in subiecta materia la giurisdizione del giudice amministrativo in quanto:
– la sospensione dell’erogazione, ex art. 33, d.lgs. 228/2001, oltre ad incidere temporaneamente sull’efficacia del provvedimento di concessione del contributo, lungi dall’esaurirsi in una mera verifica dell’esistenza di presupposti oggettivamente riscontrabili, sottende l’esercizio di poteri discrezionali connotati da significativa ampiezza, in ordine alla consistenza ed al significato delle notizie circostanziate circa la percezione indebita acquisite, e dunque alla loro riconduzione alla fattispecie normativa;
– pertanto, a fronte del potere di sospensione, avente finalità cautelari in relazione alla tutela della corretta destinazione delle risorse pubbliche, la situazione soggettiva del destinatario non può che avere consistenza di interesse legittimo.
5.4. Deve, dunque, riaffermarsi rispetto a tale capo della domanda la giurisdizione del TAR, ai sensi del combinato disposto degli articoli 7 comma 4 e 30 comma 2 del c.p.a., di guisa che s’impone, nei limiti suddetti, la riforma, in parte qua, della decisione appellata con conseguente remissione, nei limiti suddetti, della causa al medesimo giudice ai sensi e per gli effetti di cui all’articolo 105 c.p.a., restando ovviamente impregiudicata ogni valutazione sul merito della relativa vicenda.
Non possono, infatti, essere qui apprezzate le eccezioni sollevate dall’Avvocatura erariale secondo cui il ricorso, in parte qua, sarebbe, comunque, carente dell’interesse ad agire, trattandosi di questioni che, comunque, vanno rimesse all’apprezzamento del giudice di primo grado. Laddove sussiste la giurisdizione del giudice amministrativo, invece negata in primo grado, ai sensi dell’art. 105 c.p.a. il giudice di appello deve, infatti, limitarsi ad annullare la sentenza impugnata e a rinviare la causa allo stesso giudice di primo grado, senza procedere ad ulteriore trattazione (Consiglio di Stato sez. VI, 11/07/2017, n. 3418).
6. A diverse conclusioni deve, viceversa, pervenirsi quanto ai residui punti di domanda.
6.1. Segnatamente, va declinata la giurisdizione rispetto ai rapporti intercorsi tra l’appellante ed Agea quanto alla polizza fideiussoria accesa a garanzia delle somme erogate a titolo di anticipo sul contributo concesso.
E’, infatti, di tutta evidenza come in tale evenienza Agea abbia agito nell’ambito di un rapporto privatistico distinto (di garanzia), accessorio ad un rapporto di credito/debito, senza esercitare, neppure mediatamente, pubblici poteri (arg.ex Cassazione, sezioni unite, ordinanza 26 giugno 2020, n. 12866).
6.2. Del pari, merita conferma il capo della decisione appellata che ha rilevato il difetto di giurisdizione del giudice amministrativo avuto riguardo alle censure articolate avverso i provvedimenti regionali con cui l’Autorità di Gestione ha dichiarato la revoca degli aiuti concessi ed il recupero delle somme erogate; tanto in considerazione delle gravi irregolarità nell’utilizzo dei fondi assegnati, così come rilevate dal presupposto rapporto rilasciato dall’Olaf.
6.3. Sul punto, il TAR ha, invero, fatto corretta applicazione dei postulati giurisprudenziali consolidatisi in subiecta materia, vale a dire in materia di controversie riguardanti la concessione e la revoca di contributi e sovvenzioni pubbliche, all’uopo evidenziando come il riparto di giurisdizione tra giudice ordinario e giudice amministrativo deve essere attuato sulla base del generale criterio fondato sulla natura della situazione soggettiva azionata, con la conseguenza che sussiste sempre la giurisdizione del giudice ordinario: (a) – qualora il finanziamento è riconosciuto direttamente dalla legge, mentre alla Pubblica amministrazione è demandato soltanto il compito di verificare l’effettiva esistenza dei relativi presupposti senza procedere ad alcun apprezzamento discrezionale circa l’an, il quid, il quomodo dell’erogazione; (b) – qualora la controversia attenga alla fase di erogazione o di ripetizione del contributo sul presupposto di un addotto inadempimento del beneficiario alle condizioni statuite in sede di erogazione o dall’acclarato sviamento dei fondi acquisiti rispetto al programma finanziato, anche se si faccia questione di atti formalmente intitolati come revoca, decadenza o risoluzione, purché essi si fondino sull’inadempimento alle obbligazioni assunte di fronte alla concessione del contributo. In tal caso, infatti, il privato è titolare di un diritto soggettivo perfetto, come tale tutelabile dinanzi al giudice ordinario, attenendo la controversia alla fase esecutiva del rapporto di sovvenzione e all’inadempimento degli obblighi cui è subordinato il concreto provvedimento di attribuzione. È invece configurabile una situazione soggettiva d’interesse legittimo, con conseguente giurisdizione del giudice amministrativo, solo qualora: (c) – la controversia riguardi una fase procedimentale precedente al provvedimento discrezionale attributivo del beneficio; (d) – a seguito della concessione del beneficio, il provvedimento sia stato annullato o revocato per vizi di legittimità o per contrasto iniziale con il pubblico interesse, ma non per inadempienze del beneficiario (cfr. Cassazione civile sez. un., 07/07/2017, n. 16831; Cass. Civ., SS.UU., n. 25211/2015; Adunanza Plenaria n. 6/2014; Consiglio di Stato sez. III, 09/08/2017, n. 3975; Consiglio di Stato sez. III, 05/07/2017, n. 3325; Consiglio di Stato sez. III, 31/10/2017, n. 5042; Cons. St., sez. VI, 12 settembre 2017, n. 4323).
6.4. Orbene, è acquisito agli atti del giudizio che le qui gravate determine regionali non involgono la fase genetica, sotto i profili di legittimità ed opportunità, che ha portato, attraverso l’adozione del provvedimento di concessione, al riconoscimento del diritto al contributo, ma il successivo sviamento dei fondi assegnati che, lungi dall’essere destinati all’attuazione dell’idea progettuale premiata alle condizioni previste e convalidate, sarebbero stati illecitamente distratti per effetto di una condotta esecutiva che si assume fraudolenta e che avrebbe portato a finanziare prodotti qualitativamente diversi e di valore notevolmente inferiore rispetto a quelli finanziati.
In altri termini, l’ipotesi sostenuta dall’Autorità regionale e che radica nell’economia della determinazione assunta la sanzione della decadenza impinge nel mancato effettivo sostenimento dei costi fatturati, evenienza questa accertata attraverso indagini svolte ex post ed operanti su un piano distinto da quello riferibile all’istruttoria preventiva prescritta dalla procedura concorsuale per la verifica dei requisiti di ammissione agli aiuti comunitari di guisa che non vengono qui in rilievo vizi che afferiscono alla legittimità del provvedimento di ammissione al contributo ma profili ascrivibili alla attuazione dell’idea progettuale ad esso sottesa.
Sul punto, e contrariamente a quanto dedotto dall’appellante, deve ritenersi che la premeditata organizzazione del programma fraudolento non vale di certo a far mutare la correttezza dell’approdo decisorio cui è giunto il giudice di prime cure proiettandosi l’ordito truffaldino sulla fase di attuazione del progetto come peraltro è fatto palese dallo stesso ambito di elezione del provvedimento di ritiro che sanziona giustappunto la deviazione in executivis e non interviene, invece, in funzione correttiva rispetto ad eventuali vizi riferiti all’istruttoria condotta sul business plan compendiato nella domanda e negli atti ad esso allegati.
6.5. Parimenti, ai fini in esame, nemmeno può assegnarsi rilievo alla intestazione nominalistica di “revoca” assegnata dall’Autorità procedente al provvedimento qui in rilievo, essendo di tutta evidenza, sulla scorta di una piana lettura del preambolo di tale provvedimento, come esso non costituisca espressione di un riesame delle ragioni di opportunità sottese all’adozione del provvedimento di concessione in funzione della cura ottimale dell’interesse pubblico, emergendo in modo immediato e diretto la chiara valenza sanzionatoria dell’atto quale reazione al rilevato sviamento dei fondi assegnati. Tanto rende recessive anche le residue argomentazioni incentrate sulla qualificazione della concessione di contributo pubblico quale atto amministrativo sospensivamente condizionato (al potere di controllo ad libitum dell’Amministrazione) dal momento che i profili di controllo qui in rilievo si riferiscono solo alla mera verifica dell’effettiva attuazione del progetto per come finanziato e degli impegni ad esso sottesi, al di fuori cioè dell’ambito di elezione proprio di manifestazioni di carattere autoritativo e di contenuto discrezionale. L’inconfigurabilità di un potere di revoca in senso proprio rende di tutta evidenza anche l’infondatezza della pretesa attorea che impinge nella spettanza del consequenziale indennizzo e, dunque, volta a radicare la giurisdizione ex articolo 133 del c.p.a. comma 1 lettera a) n. 4.
6.6. Nella rilevata ascrivibilità del rapporto controverso alla fase attuativa del provvedimento concessorio e, dunque, al rapporto paritetico declinato dal binomio diritto/obbligo, in luogo di quello autoritativo potere/interesse legittimo, restano assorbite le argomentazioni censoree che fanno leva sulla tempistica dell’atto di ritiro, sulla natura degli elementi probatori valutati ovvero sulle presunte violazioni procedimentali, siccome conoscibili dal giudice innanzi al quale si radica la giurisdizione, che va, invero, affermata esclusivamente in funzione della “causa petendi”, ossia dell’intrinseca natura della posizione dedotta in giudizio, da individuarsi con riguardo ai fatti allegati (Cass., Sez. Un., n. 15323 del 25/06/2010; Sez. Un., n. 20902 del 11/10/2011; Sez. Un., n. 2360 del 09/02/2015; Sez. Un., n. 11229 del 21/05/2014).
Conclusivamente, ribadite le svolte considerazioni, l’appello va parzialmente accolto nei sensi e nei limiti suindicati con conseguente rimessione della causa, nei soli limiti suddetti, al giudice di prime cure.
Le spese, in ragione della reciproca soccombenza, vanno compensate.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
Sezione Terza, definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie parzialmente nei limiti indicati in parte motiva e, per l’effetto, nei soli limiti suddetti, riforma la sentenza appellata con remissione, in parte qua, della causa al giudice di primo grado. Respinge l’appello per il resto.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all’articolo 52, commi 1 e 2, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, e dell’articolo 9, paragrafo 1, del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016, a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all’oscuramento delle generalità nonché di qualsiasi altro dato idoneo ad identificare la società appellante.
Così deciso nella camera di consiglio del giorno 30 luglio 2020 con l’intervento dei magistrati:
Franco Frattini – Presidente
Massimiliano Noccelli – Consigliere
Paola Alba Aurora Puliatti – Consigliere
Giulia Ferrari – Consigliere
Umberto Maiello – Consigliere, Estensore
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
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