Ai fini del riconoscimento del modico valore di una donazione

Corte di Cassazione, sezione seconda civile, Ordinanza 17 febbraio 2020, n. 3858.

La massima estrapolata:

Ai fini del riconoscimento del modico valore di una donazione, l’art. 783 c.c. non detta criteri rigidi cui ancorare la relativa valutazione, dovendosi essa apprezzare alla stregua di due elementi di valutazione la cui ricorrenza, involgendo un giudizio di fatto ed imponendo il contemperamento di dati analitici, è rimessa all’apprezzamento del giudice di merito, insindacabile in sede di legittimità, se non ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c.: quello obiettivo, correlato al valore del bene che ne è oggetto, e quello soggettivo, per il quale si tiene conto delle condizioni economiche del donante. Ne consegue che l’atto di liberalità, per essere considerato di modico valore, non deve mai incidere in modo apprezzabile sul patrimonio del donante.

Ordinanza 17 febbraio 2020, n. 3858

Data udienza 3 dicembre 2019

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GORJAN Sergio – Presidente

Dott. SCARPA Antonio – rel. Consigliere

Dott. DE MARZO Giuseppe – Consigliere

Dott. FORTUNATO Giuseppe – Consigliere

Dott. CARBONE Enrico – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA
sul ricorso 2041/2016 proposto da:
(OMISSIS), elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che la rappresenta e difende;
– ricorrente –
contro
(OMISSIS), (OMISSIS), rappresentati e difesi dall’avvocato (OMISSIS);
– controricorrenti –
Avverso la sentenza n. 1160/2015 della CORTE D’APPELLO di TORINO, depositata il 12/06/2015;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 03/12/2019 dal Consigliere Dott. ANTONIO SCARPA.

FATTI DI CAUSA E RAGIONI DELLA DECISIONE

(OMISSIS) propone ricorso articolato in tre motivi avverso la sentenza n. 1160/2015 della Corte d’appello di Torino, depositata il 12 giugno 2015.
(OMISSIS) e (OMISSIS) resistono con controricorso.
Con citazione del 25 marzo 2011, (OMISSIS) convenne davanti al Tribunale di Mondovi’ la figlia (OMISSIS) e la nipote (OMISSIS), domandandone la condanna alla restituzione della somma di Euro 140.000,00, data in mutuo in piu’ rate, negli anni dal 2003 al 2007, con denaro contante o assegni circolari, per consentire la ristrutturazione dell’immobile di (OMISSIS) dove le convenute risiedevano. In subordine l’attrice domando’ il pagamento dell’indicato importo a titolo di ingiustificato arricchimento. (OMISSIS) e (OMISSIS) replicarono che le ripetute dazioni di denaro dovessero imputarsi, piuttosto, in parte alla divisione del ricavato di una vendita di un immobile rientrante nel patrimonio familiare ed in parte a liberalita’ di cui la nonna (OMISSIS) aveva beneficiato la nipote (OMISSIS). Il Tribunale, con sentenza del 30 gennaio 2013, ritenne che l’elargizione degli importi dedotti in lite non fosse stata contestata dalle convenute, e che, tuttavia, neppure era stata raggiunta la prova dell’impegno restitutorio di queste ultime, e percio’ accolse la sola domanda ex articolo 2041 c.c., avanzata in via subordinata. Proposero appello in via principale (OMISSIS) e (OMISSIS), deducendo le gia’ menzionate causali delle attribuzioni di denaro, mentre (OMISSIS) formulo’ appello incidentale per l’accoglimento della sua pretesa principale fondata sulla configurabilita’ di un mutuo.
La Corte d’appello di Torino riformo’ la decisione di primo grado e rigetto’ le domande proposte da (OMISSIS), considerando non inverosimili le allegazioni di (OMISSIS) e (OMISSIS), secondo cui le elargizioni di denaro oggetto di lite trovavano spiegazione nei rapporti interni al nucleo familiare, tenuto conto della morte di (OMISSIS), marito di (OMISSIS) e padre di (OMISSIS) e delle conseguenze patrimoniali della stessa successione, nonche’ della situazione di (OMISSIS), che era stata abbandonata dal padre. Tale conclusione era avvalorata, ad avviso della Corte di Torino, dal difetto di prova di un impegno restitutorio assunto da (OMISSIS) e (OMISSIS), non valendo a tanto la circostanza che fossero stati emessi assegni circolari in favore dell’una o dell’altra, ovvero, in un’occasione, e per l’importo di Euro 10.000,00, a favore di (OMISSIS), incaricato della ristrutturazione dell’immobile. Ancora, ad avviso dei giudici di secondo grado occorreva riconoscere significativita’ complementare al dimostrato ricorso al mutuo bancario da parte di (OMISSIS) proprio per sostenere i costi delle opere di manutenzione edile. Le elargizioni di denaro per la Corte d’appello non risultavano, pertanto, sfornite di causa, visti i plurimi elementi di valenza contraria emersi nel giudizio. Le stesse risultanze istruttorie indussero la Corte di Torino a negare altresi’ la pretesa restitutoria ex mutuo. Infine, la Corte d’appello escluse la necessita’ del requisito dell’atto pubblico per le liberalita’, in quanto di valore modico ed in un caso avente forma di donazione indiretta (l’assegno al (OMISSIS)).
La trattazione del ricorso e’ stata fissata in Camera di consiglio, a norma dell’articolo 375 c.p.c., comma 2 e articolo 380 bis.1 c.p.c..
La ricorrente ha depositato memoria ai sensi dell’articolo 380 bis.1 c.p.c..
I. Il primo motivo di ricorso di (OMISSIS) denuncia la violazione e/o falsa applicazione degli articoli 115, 167 e 183 c.p.c., dell’articolo 2697 c.c. e dell’articolo 24 Cost.. Si evidenzia che le convenute (OMISSIS) e (OMISSIS) avessero allegato soltanto nella terza memoria ex articolo 183 c.p.c., comma 6 e dunque tardivamente, che le dazioni di denaro dovessero imputarsi in parte alla divisione del ricavato di una vendita di un immobile rientrante nel patrimonio familiare ed in parte a liberalita’ in favore della nipote, non avendo le medesime contestato dapprima nei loro scritti difensivi le prospettazioni dell’attrice. Si richiama anche la valenza dimostrativa della testimonianza resa da (OMISSIS), cugino della (OMISSIS), che invece secondo la Corte d’appello aveva deposto su mere circostanze de relato circa i prestiti oggetto di causa.
Il secondo motivo di ricorso di (OMISSIS) deduce la violazione e/o falsa applicazione degli articoli 115, 167 e 183 c.p.c., nonche’ degli articoli 1813, 1817, 2041 e 2697 c.c., quanto alla verosimiglianza attribuita dalla Corte d’appello alle tesi difensive delle convenute, dovendo comunque queste ultime provare il difetto di un impegno restitutorio, giacche’ era indubbia l’avvenuta consegna delle somme di denaro. Peraltro, pur a considerare mancante la prova del mutuo, occorreva concludere che le dazioni di denaro ricevute da (OMISSIS) e (OMISSIS) fossero sprovviste di giusta causa, e quindi legittimassero la pretesa ai sensi dell’articolo 2041 c.c..
Il terzo motivo di ricorso di (OMISSIS) e (OMISSIS) allega la violazione e/o falsa applicazione degli articoli 115, 167 e 183 c.p.c., nonche’ degli articoli 782, 783 e 2041 c.c., dovendosi ritenere le dazioni di denaro non di modico valore e percio’ nulle per difetto di atto pubblico, considerate le condizioni economiche della (OMISSIS), con conseguente diritto alla restituzione ex articolo 2041 c.c..
II. I tre motivi di ricorso vanno esaminati congiuntamente, in quanto connessi, e si rivelano del tutto infondati.
Secondo consolidato orientamento di questa Corte, rispetto al quale la ricorrente non fornisce elementi che ne consentano il superamento, e’ proprio l’attore che chiede la restituzione di somme date a mutuo ad essere onerato, ex articolo 2697 c.c., comma 1, di provare gli elementi costitutivi della domanda e, quindi, non solo la consegna, ma anche il titolo da cui derivi l’obbligo della vantata restituzione. L’esistenza di un contratto di mutuo non puo’ infatti desumersi dalla mera consegna di assegni circolari o somme di denaro (che, ben potendo avvenire per svariate ragioni, non vale, di per se’, a fondare una richiesta di restituzione allorquando l’accipiens – ammessa la ricezione – non confermi, altresi’, il titolo posto dalla controparte a fondamento della propria pretesa), essendo l’attore tenuto a dimostrare per intero il fatto costitutivo della sua pretesa, senza che la contestazione del convenuto (il quale, pur riconoscendo di aver ricevuto la somma, ne deduca una diversa ragione) possa tramutarsi in eccezione in senso sostanziale e, come tale, determinare l’inversione dell’onere della prova (Cass. Sez. 2, 16/10/2017, n. 24328; Cass. Sez. 3, 28/07/2014, n. 17050; Cass. Sez. 2, 24/02/2004, n. 3642; Cass. Sez. 3, 19/08/2003, n. 12119; Cass. Sez. 3, 06/07/2001, n. 9209; Cass. Sez. 3, 03/02/1995, n. 1321).
E’ dunque evidente che la prova data da (OMISSIS) di aver consegnato tra il 2003 ed il 2007 alla figlia (OMISSIS) ed alla nipote (OMISSIS) la somma di Euro 140.000,00, mediante dazioni di denaro contante o assegni circolari, non conferma affatto l’esistenza di un contratto di mutuo.
Le mere difese (ovvero, le contestazioni dei fatti costitutivi della domanda, in quanto tali non soggette ai limiti ed alle preclusioni di cui agli articoli 167 e 183 c.p.c.) avanzate da (OMISSIS) e (OMISSIS), secondo cui le dazioni di denaro erano spiegabili in relazione alla divisione del ricavato di una vendita di un immobile familiare ed alle liberalita’ disposte da (OMISSIS) in favore della nipote, non potevano certo comportare un onere probatorio invertito da porre a carico alle convenute.
Circa i riferimenti fatti nelle censure all’articolo 115 c.p.c., comma 1, e’ percio’ del tutto irrilevante che le convenute non avessero contestato le dazioni degli assegni e del denaro contante, mentre comunque la ricorrente non adempie l’onere, imposto dall’articolo 366 c.p.c., comma 1, n. 6, di trascrizione degli atti processuali sulla cui base il giudice di merito avrebbe dovuto ritenere integrata, piuttosto, la non contestazione della specifica circostanza che tali dazioni fossero avvenute a titolo di mutuo, consistente o nell’ammissione esplicita di detta causale o, quanto meno, nell’impostazione di un sistema difensivo incompatibile con la sua negazione.
La Corte d’appello, nel rigettare la domanda restitutoria di (OMISSIS), ha cosi’ congruamente rinvenuto nei rapporti conseguenti alla successione di (OMISSIS) e nell’assistenza alla nipote (OMISSIS), abbandonata dal padre, circostanze idonee a giustificare la causa delle elargizioni di denaro effettuate da (OMISSIS). La valutazione delle risultanze delle prove ed il giudizio sull’attendibilita’ dei testi (nella specie, quanto alle dichiarazioni rese da (OMISSIS), considerate non significative dalla Corte d’appello) come la scelta, tra le varie emergenze probatorie, di quelle ritenute piu’ idonee a sorreggere la motivazione, involgono apprezzamenti di fatto riservati al giudice di merito, il quale e’ libero di attingere il proprio convincimento da quelle prove che ritenga piu’ attendibili, senza essere tenuto ad un’esplicita confutazione degli altri elementi istruttori non accolti, anche se allegati dalle parti; tale attivita’ selettiva si estende pure all’effettiva idoneita’ di un teste a riferire circostanze determinanti, e cioe’ al convincimento sull’efficacia dimostrativa della fonte-mezzo di prova.
Quanto poi alla domanda di indebito arricchimento, va sottolineato dapprima che, ove si domandi la restituzione di un pagamento che si assume ab origine privo di causa, ricorrono gli estremi, piuttosto, dell’azione di ripetizione dell’indebito oggettivo ex articolo 2033 c.c., e che, comunque, l’azione ex articolo 2041 c.c., non puo’ configurarsi allorche’, come nel caso in esame, il giudice del merito, con apprezzamento di fatto delle risultanze di causa non sindacabile in sede di legittimita’, abbia ravvisato idonei titoli costitutivi dello spostamento patrimoniale da un soggetto ad un altro.
Circa il difetto della forma solenne di cui all’articolo 782 c.c., la sentenza impugnata ha reputato le singole donazioni di denaro di modico valore. Deve a tal fine richiamarsi l’orientamento costante di questa Corte secondo cui, ai fini del riconoscimento del modico valore di una donazione, per la quale non si richiede la forma dell’atto pubblico ad substantiam, l’articolo 783 c.c., non detta criteri rigidi cui ancorare la relativa valutazione, dovendosi essa apprezzare alla stregua di due criteri: quello obiettivo, correlato al valore del bene che ne e’ oggetto, e quello soggettivo, per il quale si tiene conto delle condizioni economiche del donante, di tal che l’atto di liberalita’, per essere considerato di modico valore, non deve mai incidere in modo apprezzabile sul patrimonio del donante. Il terzo motivo di ricorso, strutturato come violazione di norme di diritto e non come omesso esame di fatto, nulla espone circa la deduzione nelle pregresse fasi di merito dei dati analitici essenziali attinenti al valore delle somme di denaro consegnate (indicate nell’esposizione delle vicende di causa come oscillanti tutte tra Euro 20.000,0 ed Euro 5.000,00), nonche’ alla potenzialita’ economica di (OMISSIS), onde far affermare, ovvero escludere, che le liberalita’ incidessero in modo apprezzabile sul patrimonio della donante. Poiche’ dell’articolo 783 c.c., comma 2, stabilisce che la modicita’ del valore della donazione deve essere valutata anche in rapporto alle condizioni economiche del donante, cio’ importa che, sulla base della varia potenzialita’ reddituale di quest’ultimo, puo’ venire meno il carattere della modicita’ se quelle condizioni siano modeste, come, viceversa, puo’ ricorrere quel carattere se quelle condizioni siano particolarmente prospere. Si tratta, in ogni modo, di indagine rimessa all’apprezzamento del giudice di merito la cui valutazione, involgendo un giudizio di fatto, ed imponendo un contemperamento di dati analitici, e’ insindacabile in sede di legittimita’, se non ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5 (Cass. Sez. 2, 12/06/2001, n. 7913; Cass. Sez. 1, 30/12/1994, n. 11304; Cass. Sez. 2, 21/04/1989, n. 1873; Cass. Sez. 2, 24/02/1982, n. 1134; Cass. Sez. 1, 27/02/1980, n. 1400; Cass. Sez. 2, 16/03/1976, n. 967).
III. Il ricorso va percio’ rigettato e la ricorrente va condannata a rimborsare alle controricorrenti le spese del giudizio di cassazione nell’importo liquidato in dispositivo.
Sussistono i presupposti processuali per il versamento – ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, articolo 13, comma 1-quater – da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per l’impugnazione, se dovuto.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente a rimborsare alle controricorrenti le spese sostenute nel giudizio di cassazione, che liquida in complessivi Euro 6.000,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre a spese generali e ad accessori di legge.
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, da’ atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso articolo 13, comma 1-bis, se dovuto.

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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