Le innovazioni del fondo servente

Corte di Cassazione, sezione seconda civile, Ordinanza 30 luglio 2019, n. 20549.

La massima estrapolata:

Le innovazioni del fondo servente che abbiano impedito o reso più incomodo l’esercizio di facoltà accessorie previste nell’art. 1064 c.c., non sono di per sé riconducibili sotto la disciplina dell’art. 1067 c.c., a meno che non risulti provato l’indispensabilità di quel tale adminiculum rispetto all’esercizio della servitù, in guisa che questa non potrebbe esercitarsi in altro modo

Ordinanza 30 luglio 2019, n. 20549

Data udienza 15 aprile 2019

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CORRENTI Vincenzo – Presidente

Dott. BELLINI Ubaldo – Consigliere

Dott. ABETE Luigi – Consigliere

Dott. TEDESCO Giuseppe – rel. Consigliere

Dott. CRISCUOLO Mauro – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA
sul ricorso 6324/2015 proposto da:
(OMISSIS), (OMISSIS), elettivamente domiciliati in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentati e difesi dall’avvocato (OMISSIS);
– ricorrenti –
contro
CONSORZIO DI (OMISSIS), in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentato e difeso dall’avvocato (OMISSIS);
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 1211/2014 della CORTE D’APPELLO di CATANIA, depositata il 06/09/2014;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 15/04/2019 dal Consigliere GIUSEPPE TEDESCO.

RITENUTO IN FATTO

che:
(OMISSIS) e (OMISSIS), proprietari di un fondo attraversato da una condotta idrica a cielo aperto di proprieta’ del Consorzio (OMISSIS), con annesso fabbricato, hanno chiamato in giudizio il consorzio, lamentando danni al loro fabbricato determinati da carenza di manutenzione e controllo di tale “saia”, protrattasi negli anni.
Hanno chiesto e ottenuto, dal Tribunale di Catania, sezione distaccata di Adrano, un provvedimento cautelare poi confermato con la sentenza di merito.
La Corte d’appello di Catania e’ andata in contrario avviso, riformando la decisione.
Essa ha osservato che il primo giudice, con statuizione non impugnata, aveva riconosciuto che il fondo degli attori era gravato da servitu’ di acquedotto; ha quindi riconosciuto che l’origine dei danni lamentati dagli attori era da identificarsi nella carenza di manutenzione della “saia”; ha aggiunto pero’ che la carenza di manutenzione non era imputabile al Consorzio, ma dipendeva dal fatto che la condotta idrica era stata inglobata nel fabbricato degli attori, realizzato abusivamente sopra un’area agricola nella quale scorreva inizialmente l’acqua della “saia” per cui e’ causa; ha ancora precisato che cio’ aveva reso impossibile effettuare la normale manutenzione, comportando l’impossibilita’ di ispezionare parte della condotta idrica, mentre, quanto alla parte scoperta, si poteva accedere ad essa solo con la collaborazione degli attori, tramite consegna delle chiavi di volta in volta agli incaricati della pulizia; ha concluso che, in dipendenza di tali circostanze, l’esercizio della servitu’ era divenuto piu’ incomodo, con conseguente violazione dell’articolo 1067 c.c..
Ha quindi accolto la domanda riconvenzionale del Consorzio, ordinando la demolizione dell’edificio degli attori nella parte in cui comportava l’inglobamento della “saia”, in modo che essa tornasse ad essere effettivamente e interamente a cielo aperto.
Ha di conseguenza rigettato la domanda degli attori, emergendo che i danni dipendevano esclusivamente dalla loro scelta di realizzare l’immobile abusivo, inglobando nel loro edificio la “saia” e rendendo incomoda la manutenzione.
Ha accolto ancora la domanda del Consorzio di rimborso della somma sostenuta per l’esecuzione dei lavori ordinati con il provvedimento cautelare.
Per la cassazione della sentenza i (OMISSIS) hanno proposto ricorso affidato a quattro motivi.
Il Consorzio ha resistito con controricorso.
I ricorrenti hanno depositato memorie.

CONSIDERATO IN DIRITTO

che:
Il primo motivo denuncia violazione e falsa applicazione dell’articolo 1065 c.c..
La servitu’ di cui discute e’ stata acquistata per usucapione in assenza di titolo negoziale costitutivo.
Quindi al fine di stabilire l’estensione e il contenuto della servitu’ occorre riferirsi al possesso.
In applicazione di tale criterio la Corte di merito avrebbe dovuto escludere che l’innovazione realizzata sul fondo servente avesse diminuito l’esercizio della servitu’, posto che la edificazione era avvenuta ventitre’ anni prima rispetto alla domanda riconvenzionale di riduzione in pristino e nondimeno la servitu’ era stata ugualmente esercitata, in assenza di qualsiasi iniziativa da parte del titolare a tutela della stessa servitu’.
Si lamenta inoltre la corte di merito, nel disporre la demolizione della costruzione nella parte in cui e’ stata inglobata la Saia, e’ incorsa in una pluralita’ di violazioni: a) avrebbe imposto ai titolari del fondo servente una servitu’ ulteriore (di non edificare), non necessaria al soddisfacimento dei bisogni del titolare, in ulteriore violazione dell’articolo 1065 c.c.; b) avrebbe inoltre riconosciuto l’acquisto per usucapione di una servitu’ non apparente, quale quella di non edificare; c) non avrebbe poi considerato che i proprietari del fondo servente avrebbero acquisito per usucapione il diritto di mantenere la propria costruzione sopra la condotta; d) era poi evidente che la modifica non aveva reso impossibile l’esercizio della servitu’, ma al limite l’aveva reso solo piu’ incomodo: il rimedio quindi non era la riduzione in pristino, essendo sufficiente la consegna delle chiavi d’accesso all’immobile ai fini della manutenzione.
Il motivo e’ infondato.
Ai fini dell’usucapione, di una servitu’ di passaggio, il possesso da considerare e’ esclusivamente quello che sia stato posto a base dell’usucapione, non potendo essersi usucapito qualcosa di piu’ o di diverso di cio’ che si e posseduto (tantum praescriptum quantum possessum), donde l’obbligo del giudice di determinare il contenuto della servitu’ unicamente in rapporto alla precisa attivita’ svolta dal possessore e limitarne l’esercizio secondo l’uso che della servitu’ medesima se n’e fatto per tutto il periodo di tempo necessario ad usucapire (Cass. n. 42/1964; n. 5060/1992).
E’ infondato quindi la tesi dei ricorrenti, secondo i quali, al fine di stabilire l’estensione e le modalita’ di esercizio della servitu’ (acquistata nella specie per usucapione), la situazione possessoria rilevante sarebbe quella “provata e documentata nel corso del giudizio di merito”. Si deve infatti considerare come si e’ fatto uso del diritto lungo i dieci o venti anni necessari all’acquisto.
Nel caso in esame e’ un fatto pacifico che la innovazione ha inciso su facolta’ accessorie necessarie per l’esercizio della servitu’ ex articolo 1064 c.c. (manutenzione e pulizia della condotta).
Questa Corte ha chiarito che in tema di servitu’ prediali, le modalita’ di utilizzazione del fondo servente si distinguono in modalita’ estrinseche e modalita’ essenziali. Solo la mancata attuazione delle modalita’ essenziali – cioe’ di quelle condizioni e di quegli elementi che incidono o si riflettono nell’utilitas con deciso carattere fisionomico, in quanto integrano il vantaggio conferito dal titolo al fondo dominante – importa che la servitu’ non sorge, perche’ non si concreta il vantaggio del fondo dominante, mentre “la mancata attuazione, o la modificazione, delle modalita’ estrinseche – che non sono elementi essenziali, ma meramente accessori, non influenti sul contenuto della servitu’, in quanto non incidono sull’utilitas – sono irrilevanti e non importano ne’ la mancanza di costituzione della servitu’ ne’ la sua estinzione (Cass. n. 1031/1967).
Cio’ vuol dire che i diritti accessori ricordati nell’articolo 1064 c.c., seguono le sorte della servitu’ in cui rientrano e percio’ non si estinguono neanche quando non vengano esercitati per venti anni, purche’ la servitu’ non sia perita per non uso.
Consegue che ogni considerazione dei ricorrenti circa il tempo decorso dalla innovazione risultano a priori irrilevanti. Si rileva, per completezza di esame, che le stesse considerazioni sono state proposte dai ricorrenti sotto l’improprio profilo della usucapione del diritto di mantenere il fabbricato, invece che della estinzione del diritto altrui per non uso (estinzione non configurabile per quanto appena detto).
Il secondo motivo denuncia violazione e falsa applicazione dell’articolo 1064 c.c..
Le innovazioni sul fondo servente non avevano inciso negativamente sull’esercizio e sull’utilitas della servitu’. La facolta’ di tenere la condotta a cielo aperto, piuttosto che intubata, e di entrare nel fondo servente per ispezionare la “saia” e provvedere alla pulizia costituivano facolta’ accessorie, che non erano indispensabili per l’esercizio della servitu’, tant’e’ che questa era stata esercitata in conformita’ al possesso anche dopo la realizzazione del fabbricato e nei venti anni successivi.
Il terzo motivo denuncia violazione e falsa applicazione dell’articolo 1067 c.c..
Non qualsiasi innovazione sul fondo servente costituisce diminuzione dell’esercizio della servitu’, ma solo quelle rispetto alle quali sia data la prova di un pregiudizio concreto ed effettivo per il titolare della servitu’.
La costruzione non aveva alterato l’essenza della servitu’, ma ne aveva reso solamente piu’ incomodo in modo trascurabile l’esercizio.
I motivi, da esaminare congiuntamente, sono fondati.
Secondo la giurisprudenza la modifica delle facolta’ accessorie al diritto di servitu’ prediale non si ripercuote ne’ sul vincolo, ne’ sulle modalita’ di attuazione della servitu’, trattandosi di fattori esterni agli elementi costitutivi delle medesime, non riconducibili sotto la disciplina dell’articolo 1067 c.c. (Cass. n. 3097/1979; n. 5048/1986).
La decisione impugnata non e’ linea con tale principio. Essa ha ritenuto che la innovazione avesse reso piu’ incomodo l’esercizio della servitu’ sulla base della considerazione che l’edificazione del fabbricato aveva impedito l’uso di facolta’ accessorie.
Diversamente l’indagine avrebbe dovuto verificare non l’impatto della innovazione sulla facolta’ accessoria in se’ considerata, ma sull’esercizio della servitu’. In questa diversa prospettiva l’innovazione sarebbe vietata solo se la servitu’ non potrebbe esercitarsi diversamente se non mediante quel tale adminiculum.
Il quarto motivo denuncia violazione e falsa applicazione degli articoli 1069 e 1090 c.c..
La sentenza e’ censurata nella parte in cui la Corte di merito ha accolto la domanda di rimborso dei lavori ordinati con il provvedimento cautelare, nonostante si trattasse di spese che, in massima parte, si riferivano a lavori che il Consorzio aveva sostenuto di propria iniziativa, configurandosi pertanto quali spese per la conservazione e la manutenzione della servitu’, poste per legge a carico del titolare della stessa servitu’.
Il motivo e’ assorbito.
In conclusione, rigettato il primo motivo, accolti il secondo e il terzo, assorbito il quarto, la sentenza deve essere cassata in relazione ai motivi accolti con rinvio ad altra sezione della Corte d’appello di Catania, che provvedera’ a nuovo esame attenendosi al seguente principio di diritto:
“le innovazioni del fondo servente che abbiano impedito o reso piu’ incomodo l’esercizio di facolta’ accessorie previste nell’articolo 1064 c.c., non sono di per se’ riconducibili sotto la disciplina dell’articolo 1067 c.c., a meno che non risulti provato l’indispensabilita’ di quel tale adminiculum rispetto all’esercizio della servitu’, in guisa che questa non potrebbe esercitarsi in altro modo”.
Il giudice di rinvio provvedera’ sulle spese del presente giudizio di legittimita’.

P.Q.M.

rigetta il primo motivo; accoglie il secondo e il terzo; dichiara assorbito il quarto; cassa la sentenza in relazione ai motivi accolti; rinvia ad altra sezione della Corte d’appello di Catania anche per le spese.

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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