Consiglio di Stato, sezione quarta, Sentenza 24 luglio 2019, n. 5229.
La massima estrapolata:
Il requisito della vicinitas, quale stabile collegamento territoriale che deve legare il ricorrente all’area di operatività del controinteressato per poterne qualificare la posizione processuale e conseguentemente il diritto di azione, si specifica identificandosi nella nozione di stesso bacino d’utenza della concorrente, tale potendo essere ritenuto anche con un raggio di decine di chilometri.
Sentenza 24 luglio 2019, n. 5229
Data udienza 21 febbraio 2019
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Quarta
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 4177 del 2018, proposto da Ta. Società di Ge. Im. S.p.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Fr. Ga. Sc., Al. Gh., Lu. Co. e St. Gh., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio Fr. Ga. Sc. in Roma, via (…);
contro
It. Pe. (già To.) ed altri, in persona dei legali rappresentanti pro tempore, rappresentate e difese dagli avvocati Al. Ma., Al. Ba., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
ed altri;
nei confronti
Il Comune di Genova, in persona del Sindaco pro tempore, non costituito in giudizio;
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Liguria n. 428/2018, resa tra le parti,
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti tutti gli atti di costituzione in giudizio;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 21 febbraio 2019 il Cons. Oberdan Forlenza e uditi per le parti gli avvocati Lu.Co., Al. Gh., An. Se. su delega dichiarata di Fr. Ga. Sc., Al. Ma. e Ca. Bi.;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
1.1.Con l’appello in esame, la società Ta. società di Ge. Im. s.p.a. impugna la sentenza 7 maggio 2018, n. 428, con la quale il TAR per la Liguria, sez. I, in accoglimento dei ricorsi proposti da Au. No. s.p.a., Bl. Ol. s.p.a. ed altri, e da To. s.p.a., ha annullato gli atti impugnati, riguardanti la realizzazione del progetto di un distributore automatizzato di carburanti per autotrazione.
Tale distributore era da realizzare in via Romairone di Genova, nelle immediate vicinanze del centro commerciale “L’Aq.”, di proprietà della stessa società Ta., che comprende un ipermercato alimentare a marchio Ipercoop e una galleria con negozi e servizi.
Per tale progetto la società appellante aveva presentato una prima istanza in data 18 settembre 2014, poi rinnovata in data 19 febbraio 2016, a seguito dell’entrata in vigore del nuovo PUC.
In punto di fatto, occorre sottolineare come nell’ambito del centro commerciale insistono:
– un parcheggio ad uso pubblico realizzato, a scomputo degli oneri di urbanizzazione, nell’ambito della lottizzazione “Sa. Bi. 1 e Sa. Bi. 2”, la quale era stata approvata, sotto forma di programma straordinario integrato ex art. 18 del d.l. n. 152/1991, con accordo di programma del 25 maggio 1994 tra Regione Liguria e Comune di Genova;
– un altro parcheggio ad uso pubblico ubicato nell’autorimessa del centro commerciale.
Il progetto prevedeva che il distributore avrebbe occupato una superficie pari a circa 3.400 mq., con trasferimento del vincolo gravante su tale porzione del parcheggio su pari superficie dell’autorimessa del centro commerciale e con contestuale soppressione di una parte dei posti auto pertinenziali ivi esistenti.
Inoltre, era prevista la sistemazione della restante parte dell’ex parcheggio a verde pubblico e destinata ad uso “sgambatura cani”.
Come si legge in sentenza, “in sostanza, è stata realizzata una sorta di permuta dell’area soggetta al vincolo relativo al parcheggio pubblico con altra area, ubicata all’interno del centro commerciale, sulla quale viene trasferito lo stesso vincolo”.
Sull’istanza della società appellante, si esprimevano:
– la Giunta comunale di Genova che, con deliberazione n. 6 del 21 luglio 2016, disponeva l’avvio del procedimento unico in conferenza di servizi, ai sensi dell’art. 10, comma 3, l.r. Liguria 5 aprile 2012, n. 10, atteso che l’approvazione della proposta progettuale avrebbe comportato una modifica dello strumento urbanistico generale, poiché il sito del nuovo impianto, pur essendo compreso nell’Ambito di riqualificazione urbanistica produttivo-urbano (AR-PU) del PUC, faceva parte del Sistema dei servizi (SIS-S) che individuava le infrastrutture e i servizi di uso pubblico;
– il Consiglio comunale che, con deliberazione 21 marzo 2017, n. 21, dava il proprio assenso all’aggiornamento del PUC, ai sensi dell’art. 43 della l. reg. Liguria n. 36/1997 e riteneva che la variante stessa fosse qualificabile come mero aggiornamento, come tale non implicante il coinvolgimento della Regione;
– infine, dalla conferenza di servizi decisoria, che ha approvato il progetto in modifica del PUC con verbale del 26 aprile 2017.
1.2. Questi atti sono stati oggetto di tre ricorsi proposti: il primo da Au. No. S.p.a., titolare di un distributore di carburanti in località (omissis), a breve distanza dall’impianto in progetto; il secondo, dalla Federazione Autonoma Italiana Benzinai, dall’Ascom, da numerosi gestori di stazioni di rifornimento e da conduttori di immobili che paventano pregiudizi determinati dall’incremento del traffico; il terzo, da To. S.p.a., anch’essa titolare di un impianto di distribuzione di carburanti in località (omissis).
Sono stati, inoltre, proposti ricorsi per motivi aggiunti avverso il permesso di costruire 22 giugno 2017, n. 189, rilasciato alla società Ta. per la realizzazione del distributore di carburanti.
1.3. La sentenza impugnata – ricordato che, per effetto del d.lgs. n. 32/1998, è stata sostanzialmente “liberalizzata” l’installazione dei distributori di carburanti per autotrazione, prevedendo che la loro localizzazione in tutte le zone del territorio comunale (fatta eccezione per quelle sottoposte a speciali vincoli paesaggistici, ambientali, monumentali e non comprese nelle zone territoriali omogenee A), non costituisce variante allo strumento urbanistico generale, ma adeguamento dello stesso – afferma, in particolare:
– se è vero che gli impianti di distribuzione di carburanti, “avendo natura di opere di urbanizzazione secondaria e di infrastrutture complementari al servizio della circolazione stradale, sono compatibili con qualunque destinazione urbanistica, salvo espressi divieti”, nondimeno “lo spirito di liberalizzazione del settore non può implicare che la localizzazione di questo tipo di impianti benefici di una sorta di immunità totale dall’applicazione delle regole dettate in sede di pianificazione urbanistica”; ciò comporta “che, nel caso in esame, non è possibile prescindere dalle previsioni del PUC che destinavano l’area de qua a servizio pubblico”;
– la variante di cui si controverte è riconducibile alla previsione di cui all’art. 43, comma 3, lett. a), l.r. Liguria 4 settembre 1997, n. 36, e, pertanto, è stata legittimamente approvata mediante la procedura di aggiornamento del PUC; poiché, se è vero, che essa comporta una “modifica localizzativa” del servizio pubblico (ossia uno scostamento della sua localizzazione rispetto a quella prevista dal PUC) e che tale ipotesi, a rigore, sembrerebbe esulare dal perimetro applicativo della disposizione citata, concernente soltanto le modifiche della tipologia dei servizi pubblici esistenti e la localizzazione di nuovi servizi pubblici, e che “l’incremento del carico urbanistico determinato dall’insediamento di un distributore di carburanti di notevolissime dimensioni (definito dalla proponente come una “sorta di barriera autostradale parallela al Polcevera”) esclude, comunque, che l’intervento possa ritenersi compreso nei margini di flessibilità del PUC., “tuttavia, la (ri)localizzazione del servizio pubblico non possiede, all’evidenza, alcuna capacità di incidere sulla descrizione fondativa e sugli obiettivi del PUC, sicché non era necessario, anche in ragione dell’invarianza della dimensione complessiva degli spazi che concorrono alla formazione del “bilancio” dei parcheggi pubblici, esperire la procedura di variante ex art. 44 l.u.r., con i correlati aggravi di natura procedimentale”;
– “non è comprensibile la ragione per cui, anziché sopprimere il vincolo funzionale, l’Amministrazione abbia optato per il suo trasferimento in un sito distante pochi metri”; e ciò “tanto più che il nuovo parcheggio pubblico, essendo ubicato all’interno di una struttura di proprietà privata, sarà verosimilmente vincolato all’orario di apertura del centro commerciale e, in conseguenza, meno fruibile dagli abitanti della zona e da coloro che accedono al limitrofo impianto sportivo” ma, soprattutto, “l’area occupata dal parcheggio “a raso” (appartiene) solo formalmente al privato che, giusta la previsione di cui all’art. 5 della convenzione urbanistica stipulata il 14 marzo 1996, era obbligato a cederla gratuitamente al Comune, a fronte di “semplice richiesta” dello stesso Ente locale”;
– da ciò consegue che “elementari esigenze di buona amministrazione imponevano all’Amministrazione di avvalersi di tale facoltà onde poter successivamente cedere l’area al miglior offerente, eventualmente alla stessa Società interessata alla realizzazione del nuovo distributore che, in tal caso, avrebbe dovuto corrispondere un prezzo assai superiore all’importo di Euro 273.652,50 quantificato a titolo di contributo straordinario. La soluzione concretamente attuata, invece, sembra tradursi a tutto vantaggio del privato il quale, da un lato, acquisisce la piena disponibilità di un’area che avrebbe dovuto cedere gratuitamente al Comune e, dall’altro, rinuncia ad una quota di parcheggi privati pertinenziali che vengono trasformati in parcheggi pubblici, ma, essendo ubicati all’interno del centro commerciale, non dismettono il rapporto di strumentalità con le esigenze dello stesso. (E ciò ) in assenza, peraltro, di alcun rapporto di coerenza logica con il disegno urbanistico che, in relazione alle esigenze del territorio, aveva contemplato la destinazione dell’area esterna a servizio degli edifici residenziali (e non solo commerciali) assentiti con il programma straordinario di intervento”.
2. Avverso tale decisione vengono proposti i seguenti motivi di appello (come desumibili dalle pagg.6-11 app.):
a) error in iudicando, poiché la sentenza non ha rilevato il difetto di legittimazione o di interesse “in capo a FAIB ed a UMCP ASCOM, “in quanto associazioni di categoria non direttamente incise nella loro sfera giuridica dagli effetti dei provvedimenti impugnati”;
b) error in iudicando, poiché la sentenza non ha ritenuto “inammissibile l’impugnativa dei titolari di impianti di distribuzione localizzati sul territorio, poiché non sono stati offerti “seri elementi di prova e/o istruttori relativi al reale pregiudizio derivanti dalla realizzazione del nuovo intervento assentito”;
c) error in iudicando, poiché “nella specie non si è trattato di eliminazione di una infrastruttura di servizio pubblico – e cioè il parcheggio pubblico oggi localizzato sull’area destinata ad impianto di erogazione – ma di semplice traslazione del vincolo da un’area ad altra area coperta – prossima, del tutto irrilevante (anche per la prossimità delle due aree) sui profili funzionali e sulle esigenze delle utenze”;
d) error in iudicando, poiché la pretesa di sindacare la scelta operata dalla P.A. con riguardo al – legittimo e consentito – trasferimento del servizio ed alla identità di situazione giuridica di disponibilità dello stesso (servitù pubblica), attiene al merito dell’esercizio di piena ed ampia discrezionalità dell’amministrazione”;
e) error in iudicando, poiché, in ogni caso, “la scelta del trasferimento della localizzazione del servizio di parcheggio pubblico, tra l’altro ampiamente motivata, non appariva e non appare né incongruente né illogica sotto il profilo urbanistico, in considerazione della accertata equivalenza funzionale degli effetti e della migliore fruibilità del servizio medesimo”, ed allo stesso tempo la scelta non appare “né illogica né inadeguata attesa l’identica struttura del titolo di disponibilità dell’area di servizio (servitù pubblica)”, gravando sul Comune di Genova la scelta di non avere esercitato per 15 anni la facoltà di richiedere “il trasferimento della nuda proprietà dell’area”.
3.1. Si è costituita in giudizio, proponendo altresì appello incidentale e riproponendo i motivi dichiarati assorbiti, la società It. Pe. s.p.a.. Quest’ultima ha innanzi tutto concluso richiedendo il rigetto dell’appello principale, stante la sua infondatezza.
La società ha inoltre proposto i seguenti motivi di appello incidentale:
a1) invalidità della sentenza per error in iudicando; errata applicazione e/o violazione artt. 43 e 44 l. reg. n. 36/1997; travisamento; contraddittorietà, poiché : a1.1) la sentenza impugnata qualificando l’intervento come variante di aggiornamento, ha ammesso l’iter semplificato di approvazione, senza intervento della Regione, laddove, in primo luogo, “la destinazione a parcheggio a raso impressa all’area dai piani attuativi Sa. Bi. 1 e Sa. Bi. 2 costituiva un’opera di urbanizzazione prevista in convenzione e non era affatto riconducibile alla categoria dei vincoli urbanistici a finalità espropriativa destinati a decadere ove non attuati nel quinquennio”; in secondo luogo, “la non incidenza (dell’intervento) sulla descrizione fondativa e sugli obiettivi del PUC non è di per sé il requisito necessario e sufficiente affinché … una certa modifica possa fruire del procedimento semplificato di aggiornamento del PUC”, poiché “il requisito della non incidenza ha carattere aggiuntivo e necessario affinché le varie categorie di modifiche contemplate dalla lett. a) alla lett. c-bis) del co. 3 siano classificabili come aggiornamento del PUC”; a1.2) la sentenza, ragionando “esclusivamente in termini di rilocalizzazione del parcheggio pubblico dall’area esterna al piano terra dell’edificio del centro commerciale” non ha colto che la variante “trasforma un parcheggio pubblico costituente opera di urbanizzazione a servizio dei piani attuativi in insediamento commerciale ad uso privato con connesso incremento… di carico urbanistico”.
La società ha, infine, riproposto le censure dichiarate assorbite dalla sentenza:
b1) violazione e falsa applicazione art. 27 l. n. 142/1990, oggi art. 34 TUEL; violazione art. 18 d.l. n. 152/1991 e art. 8 d.l. n. 398/1993; violazione e falsa applicazione accordo di programma del 25 maggio 1994 tra Regione e Comune di Genova; eccesso di potere per difetto di istruttoria e dei presupposti legittimanti; poiché “la Regione Liguria non è stata invitata a partecipare alle due conferenze di servizi né ha avuto altro modo di potersi pronunciare sull’intervento”;
c1) violazione e falsa applicazione art. 17 l. n. 1150/1942; violazione art. 43 l. reg. n. 36/1997; travisamento della normativa urbanistica applicabile; eccesso di potere per difetto dei presupposti; poiché “l’area di Ta. non poteva essere sottratta alla sua destinazione di parcheggio pubblico all’aperto asservito come standard urbanistico agli insediamenti Sa. Bi. 1 e Sa. Bi. 2”; ù
d1) violazione e falsa applicazione artt. 43 e 44 l. reg. Liguria n. 36/1997, poiché “l’area in questione diversamente da quanto asserito dal Comune non ricade in ambito AR-PU dove sarebbero ammessi i distributori di carburante”, ma è compresa nel sistema delle infrastrutture e dei servizi SIS-S, quale servizio di uso pubblico esistente”;
e1) violazione e falsa applicazione artt. 43 e 44 l. reg. Liguria n. 36/1997; violazione art. 10 l. reg. n. 10/2012; eccesso di potere per difetto di istruttoria e dei presupposti legittimanti; travisamento dei fatti; contraddittorietà intrinseca dell’azione amministrativa; poiché il caso di specie non costituisce un mero aggiornamento del PUC, ma “una vera e propria variante che aumenta il carico urbanistico”;
f1) violazione e falsa applicazione art. 43 l. reg. Liguria n. 6/1997 sotto altro profilo; violazione e falsa applicazione dell’accordo di programma 25 maggio 1994; illogicità ; eccesso di potere per difetto di istruttoria;, poiché lo spostamento dei parcheggi “determina la diminuzione dei parcheggi pertinenziali alla struttura commerciale di oltre 3.400 mq, in contrasto con il SUA approvato con l’accordo di programma”;
g1) violazione artt. 6 e 12 d.lgs. n. 115/2006; violazione e falsa applicazione l. reg. n. 32/2012, della Direttiva 2001/42/CEE, della delibera GR 28 febbraio 2014 n. 223, concernente il campo di applicazione della verifica di assoggettabilità a VAS; eccesso di potere per difetto di idonea motivazione; violazione e falsa applicazione l. reg. n. 38/1998; poiché la variante doveva essere sottoposta a VAS;
h1) invalidità derivata del permesso di costruire 22 giugno 2017.
3.2. Si sono costituiti in giudizio, proponendo anch’essi appello incidentale, la società Black Oil s.p.a. ed altri, come indicati in epigrafe, che hanno innanzi tutto concluso richiedendo il rigetto dell’appello proposto, ed hanno altresì proposto appello incidentale e riproposto i motivi di ricorso, assorbiti dalla sentenza impugnata.
Quanto all’appello incidentale, viene proposto il seguente motivo:
a2) error in iudicando; violazione e falsa applicazione artt. 43 e 44 l. reg. Liguria n. 37/1997; difetto di presupposto e travisamento; ciò in quanto “l’approvazione del progettato intervento avrebbe comunque imposto una variante (propria) al PUC e non un semplice aggiornamento dello stesso”; nel caso di specie “il vincolo a servizio di uso pubblico imposto sull’area in questione è diverso da quello ex art. 9 DPR 327/2001, non costituendo un vincolo urbanistico a carattere espropriativo soggetto a decadenza, e dunque non sussisteva questo necessario presupposto per qualificare la modifica del PUC come semplice aggiornamento”.
Vengono riproposti, come si è detto, i motivi del ricorso di primo grado assorbiti dalla sentenza impugnata (pagg. 16 – 26 app.):
b2) violazione e falsa applicazione art. 10 l. reg. Liguria n. 10/2012; dell’Accordo di programma approvato con DPGR 26 maggio 1994 n. 577; degli atti di asservimento e della convenzione urbanistica 14 marzo 1996; difetto di presupposto; difetto di istruttoria e di motivazione; ciò in quanto “l’area (di mq. 8060) è infatti destinata a parcheggio di uso pubblico, realizzato a scomputo degli oneri di urbanizzazione della lottizzazione Sa. Bi. 1 e Sa. Bi. 2, approvata con accordo di programma in variante al PRG del 1980 e del PUC in itinere”, ed il parcheggio era vincolato all’uso pubblico ed “era al servizio di un limitrofo campo sportivo e sarebbe stato ceduto gratuitamente al Comune a semplice richiesta di questo”; ne consegue che “non era dunque possibile la modifica dell’accordo di programma, senza il coinvolgimento degli originari sottoscrittori (id est la Regione Liguria) e senza seguire la procedura originaria”; in ogni caso, “non era comunque possibile l’eliminazione del vincolo ad uso pubblico, il parcheggio essendo stato realizzato a scomputo degli oneri di urbanizzazione e potendo solo essere ceduto gratuitamente al Comune”;
c2) violazione art. 4 d.lgs. n. 50/2016 e 10 l. n. 241/1990; difetto di presupposto, di istruttoria e di motivazione; illogicità ; sviamento; poiché l’eliminazione del vincolo di uso pubblico “avrebbe dovuto essere preceduta da una procedura di evidenza pubblica per la vendita (o affitto/concessione) dell’area che il Comune aveva il diritto di farsi cedere gratuitamente ed a semplice richiesta”;
d2) violazione e falsa applicazione art. 10 l. reg. n. 10/2012, art. 43 l. reg. n. 36/1997, in relazione all’accordo di programma approvato con DPGR n. 577/1994 ed agli atti di asservimento, alla disciplina del sistema di infrastrutture e dei servizi (SIS-S) e dell’ambito AR-PU del PUC di Genova; difetto di presupposto, di istruttoria e di motivazione; illogicità ; sviamento; ciò in quanto “il progetto della società Ta. è stato approvato… sul presupposto che l’intervento sia conforme al PUC, come peraltro non è, e che fosse sufficiente solo un aggiornamento del piano”, laddove era invece necessaria una variante al Piano; d2.1) in primo luogo, non vi è stata “la dismissione alla data di adozione del PUC del servizio pubblico… dunque non può trovare applicazione la disciplina dell’ambito AR-PU”; d2.2) l’aggiornamento del piano è possibile “se vi sia una semplice modifica della tipologia dei servizi pubblici o di interesse pubblico, mentre nel caso di specie il parcheggio di uso pubblico, in quanto ritenuto inutile, doveva essere eliminato e non già illogicamente traslato e sostituito da un parcheggio privato pertinenziale del centro commerciale (come è stato evidentemente fatto solo per giustificare una procedura di aggiornamento del Piano invece della necessaria variante”;
e2) violazione e falsa applicazione Direttiva 27 giugno 2001 n. 2001/42/CE, l. reg. n. 32/2012, l. reg. n. 38/1998, delibera GR 28 febbraio 2014 n. 223; difetto di presupposto; difetto di istruttoria e di motivazione; illogicità ; sviamento; poiché il progetto “e la relativa, necessaria variante urbanistica avrebbe dovuto essere soggetta alla procedura di VAS”, ed inoltre il progetto “imponendo anche modifiche alla viabilità di pertinenza… avrebbe dovuto essere valutato nell’ambito del Piano urbano della mobilità “, oltre che “dalla valutazione di impatto ambientale o di verifica di screening”;
f2) violazione e falsa applicazione art. 16, co. 4, lett. d-ter, DPR n. 380/2001 e art. 38 l. reg. n. 16/2008; difetto di istruttoria e di motivazione; illogicità manifesta; poiché l’intervento, in quanto approvato ai sensi delle norme citate, “è dunque riconosciuto dalla stessa amministrazione porsi in variante al PUC, dunque non approvabile con un semplice aggiornamento”;
g2) violazione e falsa applicazione art. 10 l. reg. n. 10/2012, anche in relazione all’art. 43, co. 6, l. reg. n. 36/1997; difetto di presupposto; difetto di istruttoria e di motivazione; poiché “le osservazioni del sindacato dei distributori FAIB non sono state valutate e perché alla società Bl. Oi. non è stata consentita la partecipazione alla conferenza di servizi decisoria”, né la pubblicità prevista per quest’ultima è stata sufficiente;
h2) violazione e falsa applicazione art. 10 l. reg. n. 10/2012; difetto di istruttoria e di motivazione; contraddittorietà ; poiché non si è tenuto conto dell’impatto dell’intervento sul traffico, né in ordine alla sicurezza degli utenti del centro commerciale e del nuovo distributore, in particolare quanto alle vie di fuga;
i2) violazione e falsa applicazione art. 10, l. reg. n. 10/2012, anche in relazione agli artt. 3 e 77 l. reg. n. 1/2007 e DPR n. 340/2003; difetto di presupposto; difetto di istruttoria e di motivazione; poiché il nuovo impianto di distribuzione è incompatibile con i “criteri di programmazione commerciale ed urbanistica dei distributori (delibera CC Genova n. 27/2009), laddove si prevede una incompatibilità assoluta degli impianti “con accessi su più strade pubbliche”, come avviene nel caso in questione.
3.3. Si è, infine, costituita in giudizio la società Au. No. s.p.a., che ha anch’essa concluso per il rigetto dell’appello principale, nonché per l’accoglimento dell’appello incidentale e delle sue censure di I grado, riproposte nel presente grado di giudizio.
Quanto all’appello incidentale, vengono proposti i seguenti motivi:
a3) error in iudicando; errata applicazione e/o violazione artt. 43 e 44 l. reg. n. 36/1997; travisamento; contraddittorietà ; ciò in quanto la sentenza è errata nella parte in cui “afferma che il Comune avrebbe correttamente approvato la variante seguendo l’iter semplificato di mero aggiornamento del PUC dell’art. 43 l. reg. n. 36/1997, anziché quello della variante ordinaria dell’art. 44 che, a differenza del primo, prevede la partecipazione della Regione”; laddove “non vi è stata una mera modifica di servizio pubblico ma soprattutto la destinazione a parcheggio a raso impressa all’area dei piani attuativi Sa. Bi. 1 e Sa. Bi. 2 costituiva un’opera di urbanizzazione prevista in convenzione e non era affatto riconducibile alla categoria dei vincoli urbanistici a finalità espropriativa”. Inoltre, “la non incidenza sulla descrizione fondativa e sugli obiettivi del PUC non è di per sé il requisito necessario e sufficiente affinché, ai sensi del co. 3, una certa modifica possa usufruire del procedimento semplificato di aggiornamento del PUC”, e non si considera che la variante “trasforma un parcheggio pubblico costituente opera di urbanizzazione a servizio dei piani attuativi in insediamento commerciale ad uso privato”.
Quanto alla riproposizione delle censure dichiarate assorbite, vengono riproposte le seguenti:
b3) violazione e falsa applicazione art. 27 l. n. 142/1990, oggi art 34 TUEL; violazione art. 18 d.l. n. 162/1991 e art. 8 d.l. n. 398/1993; violazione e/o falsa applicazione accordo di programma 25 maggio 1994 tra Regione e Comune di Genova; eccesso di potere per difetto di istruttoria e dei presupposti legittimanti; stante la mancata partecipazione della Regione alle due conferenze di servizi convocate;
c3) violazione e falsa applicazione art. 17 l. n. 1150/1942; violazione art. 43 l. reg. n. 36/1997; travisamento della normativa urbanistica applicabile; eccesso di potere per difetto dei presupposti; poiché “il progetto è stato approvato illegittimamente perché l’area di Ta. non poteva essere sottratta alla sua destinazione di parcheggio pubblico all’aperto asservito come standard urbanistico”;
d3) violazione e falsa applicazione art. 43 e 44 l. reg. n. 36/1997; art. 4 d.lgs. n. 50/2016 e 12 l. n. 241/1990; sviamento di potere; ciò in quanto “l’area in questione, diversamente da quanto assentito dal Comune, non ricade in ambito AR-PU dove sarebbero ammessi i distributori di carburante”;
e3) violazione e/o falsa applicazione artt. 43 e 44 l. reg. n. 36/12997; violazione art. 10 l. reg. n. 10/2012; eccesso di potere per difetto di istruttoria e dei presupposti legittimanti; travisamento dei fatti; contraddittorietà intrinseca all’azione amministrativa; poiché, nel caso di specie, “si tratta di una vera e propria variante che aumenta il carico urbanistico con la quale si assiste alla trasformazione di un’area destinata a servizi pubblici in area per la realizzazione di una struttura commerciale di per sé idonea ad esercitare una autonoma attrazione di clientela in aggiunta a quella del centro commerciale”;
f3) violazione e falsa applicazione art. 43 l. reg. n. 36/1997; violazione e falsa applicazione accordo di programma del 25 maggio 1994; eccesso di potere per difetto di istruttoria; poiché, spostando “la superficie destinata a parcheggio pubblico dall’ubicazione odierna al piano terra del centro commerciale…. (si) determina la diminuzione dei parcheggi pertinenziali alla struttura commerciale di oltre 3400 mq. in contrasto con lo SUA approvato con l’accordo di programma”;
g3) violazione e falsa applicazione artt. 6 e 12 d.lgs. n. 152/2006; violazione e falsa applicazione l. reg. n. 32/2012, direttiva 2001/42/CEE; delibera G.R. 28 febbraio 2014 n. 223; eccesso di potere per difetto di idonea motivazione; violazione e/o falsa applicazione l. reg. n. 38/1998; ciò in quanto la variante doveva essere sottoposta a VAS, poiché comporta “l’introduzione di una nuova fonte di inquinamento atmosferico per emissione da traffico indotto perché al posto di un parcheggio viene realizzato un grande distributore di carburante”;
h3) invalidità derivata del permesso di costruire 22 giugno 2017 assentito a Ta..
3.4. Il Comune di Genova non si è costituito in giudizio.
4. All’udienza pubblica di trattazione, la causa è stata riservata in decisione.
DIRITTO
5. L’appello principale è infondato e deve essere, pertanto, respinto, mentre sono fondati, nei sensi e limiti di seguito indicati, gli appelli incidentali proposti; il che comporta la conferma della sentenza impugnata, quanto al suo dispositivo, ma con la diversa motivazione conseguente all’accoglimento dei predetti appelli incidentali (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 1 febbraio 2017, n. 409).
6. Preliminarmente, devono essere rigettati i primi due motivi dell’appello principale, con i quali la società Ta. – lamentando che il primo giudice non avrebbe esaminato “questioni relative all’interesse dei ricorrenti e alla loro legittimazione”, risolte invece “implicitamente in senso affermativo” – deduce:
– sia (motivo sub a) dell’esposizione in fatto) il difetto di legittimazione e/o interesse “in capo a FAIB ed a UMCP ASCOM, “in quanto associazioni di categoria non direttamente incise nella loro sfera giuridica dagli effetti dei provvedimenti impugnati”;
– sia (motivo sub b) che erroneamente la sentenza non ha ritenuto “inammissibile l’impugnativa dei titolari di impianti di distribuzione localizzati sul territorio, poiché non sono stati offerti “seri elementi di prova e/o istruttori relativi al reale pregiudizio derivante dalla realizzazione del nuovo intervento assentito”.
6.1. Quanto al primo motivo, occorre osservare, in adesione a quanto già affermato da questo Consiglio di Stato (sez. IV, 18 novembre 2013, n. 5451, e 9 gennaio 2014, n. 36, alle cui più ampie considerazioni si rinvia), che:
— in primo luogo, le associazioni sono titolari di interessi collettivi in quanto i singoli associati si caratterizzano non già per essere una aggregazione meramente seriale ed occasionale, ma per essere identificabili in relazione ad un vincolo che, in quanto afferente ad una realtà territoriale o ad una medesima manifestazione non occasionale della vita di relazione, si presenti come concreto (quanto al suo oggetto) e temporalmente persistente (quanto alla sua durata);
– in secondo luogo, la legittimazione attiva delle associazioni titolari di interessi collettivi non abbisogna di un espresso e speciale riconoscimento normativo, e si riferisce alla titolarità di posizioni sostanziali nella sua proiezione processuale. Ciò in quanto l’ente esponenziale – oltre ad essere titolare di posizioni giuridiche proprie quale persona giuridica, non diversamente dai singoli soggetti dell’ordinamento, persone fisiche e giuridiche – risulta altresì titolare sia di posizioni giuridiche che appartengono anche a ciascun componente della collettività da esso rappresentata, tutelabili dunque sia dall’ente sia da ciascun singolo componente – ed in questo senso l’interesse collettivo assume connotazioni proprie di interesse “superindividuale”-; sia posizioni giuridiche di cui è titolare in via esclusiva, cioè interessi collettivi propriamente detti, la cui titolarità è solo dell’ente, proprio perché risultanti da un processo di soggettivizzazione dell’interesse altrimenti diffuso ed adespota.
Tale è, nel caso di specie, la situazione delle associazioni di categoria, per le quali, dunque, può essere pacificamente riconosciuta la sussistenza delle condizioni dell’azione (legittimazione attiva, interesse ad agire).
6.2. Quanto al secondo motivo, l’appellante principale sostiene, come si è detto, il difetto di interesse dei ricorrenti in primo grado, poiché non risulterebbe provato “uno specifico, concreto ed attuale danno” che essi subirebbero per effetto del nuovo impianto di distribuzione di carburante.
6.2.1.Questa Sezione ha già avuto modo di affrontare (Cons. Stato, sez. IV, 29 marzo 2018, n. 1977, cui si rinvia per ogni ulteriore approfondimento), il tema dei presupposti che sorreggono la sussistenza dell’interesse ad agire nel caso in cui ad impugnare il permesso di costruire correlato/finalizzato ad una autorizzazione commerciale sia un operatore economico, pervenendo a conclusioni che si intendono ribadire nella presente sede.
Si è affermato che il requisito della vicinitas, quale stabile “collegamento territoriale” che deve legare il ricorrente all’area di operatività del controinteressato per poterne qualificare la posizione processuale e conseguentemente il diritto di azione, si specifica identificandosi nella nozione di stesso bacino d’utenza della concorrente, tale potendo essere ritenuto anche con un raggio di decine di chilometri (Cons. St. Sez. IV 12 settembre 2007, n. 4821; 20 novembre 2007, n. 6613).
Pertanto, nell’ipotesi in cui ad impugnare il permesso di costruire sia il titolare di una struttura di vendita, potrà sussistere la legittimazione ad agire (salvo poi verificare, in concreto, la sussistenza anche dell’interesse), le volte in cui:
– o sussista una evidente prossimità tra le strutture (valutata nei modi innanzi esposti), di modo che la compromissione derivante dalla nuova costruzione è di tipo prettamente edilizio e, dunque, attiene al diritto reale (o personale) del proprietario della struttura preesistente (nel caso di persone giuridiche esercenti attività commerciale o comunque imprenditoriale, non diversamente da un comune proprietario/persona fisica);
– ovvero sussiste un titolo consistente nel diritto di libertà economica dell’impresa preesistente, che vede compromessa la propria attività non già dall’altrettanto libero esercizio concorrenziale, bensì da una attività che verrebbe a svolgersi grazie a provvedimenti amministrativi che – se pur non direttamente incidenti sull’attività commerciale – ne costituiscono l’immediato (ed indubitabile) presupposto.
Ma in questa seconda ipotesi, non potendosi ex se negare al proprietario del suolo o a chi di questo possa disporre l’esercizio dello jus aedificandi e, quindi, l’interesse ad ottenere un (legittimo) titolo edilizio, la sussistenza della legittimazione ad agire da parte di altro imprenditore che mediante l’impugnazione di titoli edilizi rilasciati al concorrente tende a tutelare la propria posizione imprenditoriale si fonda su una rigorosa dimostrazione della “inevitabilità ” dell’uso commerciale del fabbricato realizzando nello stesso settore, con le stesse caratteristiche e nello stesso bacino di utenza del ricorrente, sulla base della destinazione urbanistica di zona e delle caratteristiche concrete dell’immobile.
E ciò proprio perché, come si è detto, non è possibile, sussistendo solo un interesse di tipo “imprenditoriale”, negare l’esercizio dello jus aedificandi e, quindi, il conseguimento della volumetria legittimamente assentibile al proprietario dell’area.
A ciò, poi, occorre aggiungere la dimostrazione dell’interesse ad agire, mediante indicazione della lesione all’attività commerciale (possibile sviamento di clientela, etc.) concretamente sussistente o ragionevolmente ipotizzabile in base a dati certi.
In questi sensi, è stato già affermato (Cons. Stato, sez. IV, n. 5278/2015 cit.) che
“il riconoscimento della legittimazione ad agire non è genericamente ammesso nei confronti di tutti gli esercenti commerciali, ma è subordinato al riconoscimento di determinati presupposti, e ciò al fine di poter ritenere giuridicamente rilevante, nonché qualificato e differenziato, l’interesse all’impugnazione. Pertanto, è necessario che l’operatore economico che intende impugnare un titolo edilizio a cui accede una valida e formale autorizzazione commerciale eserciti nelle immediate adiacenze, che l’attività commerciale esercitata sia dello stesso tipo in tutto o in parte di quella relativa ai provvedimenti in contestazione, e che le due attività vengano a servire uno stesso bacino di clientela oggettivamente circoscritto o comunque circoscrivibile con sufficiente certezza”.
6.1.2. Nel caso di specie, occorre innanzi tutto osservare che la lamentata “carenza di prova” in ordine ad “uno specifico, concreto ed attuale danno” e dunque in ordine alla sussistenza dell’interesse ad agire, non può essere attribuita ai ricorrenti in primo grado (ora appellati), poiché la prova dell’insussistenza dell’interesse ad agire avrebbe dovuto essere fornita in primo grado da chi avesse formulato in quella sede la relativa eccezione e, nel presente grado di appello, dalla parte (appellante principale) che ha proposto lo specifico motivo con il quale la sentenza impugnata viene censurata per non avere ex officio rilevato il predetto difetto di interesse.
Ne consegue che, non potendosi invertire l’onere della prova, è proprio il motivo di appello che – limitandosi apoditticamente ad affermare l’insussistenza di un danno “specifico, concreto ed attuale” (v. pag. 7 app.) – risulta essere sprovvisto del necessario corredo probatorio.
6.1.3. A quanto innanzi esposto, occorre comunque aggiungere che, nel caso di specie, risultano presenti gli elementi, indicati dalla giurisprudenza ed innanzi riportati, che comprovano la sussistenza dell’interesse ad agire. E ciò in quanto risultano:
– l’identità di attività commerciale esercitata nel settore della distribuzione di carburanti;
– la vicinitas secondo i criteri innanzi indicati: in particolare, Au. No. afferma, senza contestazioni, di essere proprietaria di un impianto posizionato a circa 1 Km di distanza (v. pag. 10 controricorso); It. Pe. afferma di essere titolare di impianto “adiacente… con ingresso veicolare che precede a distanza zero sulla medesima carreggiata” (v. pag. 10 controric.);
– il danno che deriverebbe dalla realizzazione del nuovo impianto sia per gli esercenti attività commerciali analoghe, sia per i titolari di attività ubicate in zona, quale conseguenza di ragionevole aumento del traffico e di peggioramento della qualità dell’aria e dell’ambiente.
7.1. Tanto precisato in ordine alla sussistenza delle condizioni dell’azione in capo agli attuali appellati/appellanti incidentali (già ricorrenti in I grado), giova ricordare che la sentenza impugnata, prescindendo per vero da un analitico esame dei motivi di ricorso:
– per un verso, ha rigettato i motivi afferenti “la legittimità del procedimento posto in essere per modificare la destinazione dell’area”, affermando che, poiché “la (ri)localizzazione del servizio pubblico non possiede, all’evidenza, alcuna capacità di incidere sulla descrizione fondativa e sugli obiettivi del PUC… non era necessario, anche in ragione dell’invarianza della dimensione complessiva degli spazi che concorrono alla formazione del bilancio dei parcheggi pubblici, esperire la procedura di variante ex art. 44 l.u.r., con i correlativi aggravi di natura procedimentale”;
– per altro verso, ha accolto i motivi afferenti alla illegittimità della “traslazione del parcheggio”, sia in quanto, se vi era una valutazione di “non utilità ” del servizio pubblico, non si comprende perché l’amministrazione, “anziché sopprimere il vincolo funzionale… abbia optato per il suo trasferimento in un sito distante pochi metri”; sia in quanto il nuovo parcheggio “essendo ubicato all’interno di una struttura di proprietà privata, sarà verosimilmente vincolato all’orario di apertura del centro commerciale”, sia in quanto l’area destinata a parcheggio apparteneva solo formalmente al privato, poiché quest’ultimo era obbligato a cederla al Comune a semplice richiesta, in base all’art. 5 della convenzione urbanistica del 14 marzo 1996.
7.2. Avverso il primo capo della decisione innanzi riportato, vengono proposti i motivi degli appelli incidentali riportati sub lett. a1), a2), a3) dell’esposizione in fatto, con i quali, in sostanza, le società appellanti incidentali sostengono l’illegittimità della scelta di seguire nel caso di specie – da parte del Comune – il procedimento di mera variante di aggiornamento del PUC, ex art. 43 l. reg. n. 36/1997).
7.3. Avverso il secondo capo della decisione sono, invece, rivolti gli ulteriori tre motivi dell’appello principale proposto dalla società Ta. s.p.a., con i quali:
– si lamenta, innanzi tutto, una indebita ingerenza nel merito dell’azione amministrativa (motivo sub lett. d) dell’esposizione in fatto);
– si sostiene che “nella specie non si è trattato di eliminazione di una infrastruttura di servizio pubblico – e cioè il parcheggio pubblico oggi localizzato sull’area destinata ad impianto di erogazione – ma di semplice traslazione del vincolo da un’area ad altra area coperta – prossima, del tutto irrilevante (anche per la prossimità delle due aree) sui profili funzionali e sulle esigenze delle utenze” (motivo sub lett. c);
– infine, si afferma che, in ogni caso, “la scelta del trasferimento della localizzazione del servizio di parcheggio pubblico, tra l’altro ampiamente motivata, non appariva e non appare né incongruente né illogica sotto il profilo urbanistico, in considerazione della accertata equivalenza funzionale degli effetti e della migliore fruibilità del servizio medesimo”, ed allo stesso tempo la scelta non appare “né illogica né inadeguata attesa l’identica struttura del titolo di disponibilità dell’area di servizio (servitù pubblica)”, gravando sul Comune di Genova la scelta di non avere esercitato per 15 anni la facoltà di richiedere “il trasferimento della nuda proprietà dell’area” (motivo sub lett. e).
8. Tanto precisato, appare opportuno scrutinare innanzi tutto i motivi di gravame di cui agli appelli incidentali, in quanto essi, nel contestare il primo capo della decisione impugnata, prospettano illegittimità inerenti alla scelta, effettuata dal Comune di Genova, di intervenire nel caso di specie per il tramite della cd. variante semplificata (e relativo procedimento ex art. 43 l. reg. n. 36/1997), di modo che essi ineriscono ad una questione “antecedente” sul piano logico-giuridico, rispetto alla verifica della legittimità (o meno) dell’oggetto della variante.
Tali motivi sono fondati e devono essere, pertanto, accolti.
8.1. La legge regionale Liguria n. 36 del 1997 (legge urbanistica regionale) prevede due diversi tipi di variante al Piano urbanistico comunale (PUC), quali la variante di aggiornamento di cui all’art. 43 e la variante propriamente detta, di cui al successivo art. 44.
Per quel che interessa nella presente sede, l’art. 43 prevede:
“3. Costituiscono aggiornamento le seguenti modifiche al PUC in quanto non incidenti sulla descrizione fondativa e sugli obiettivi del PUC e sempreché conformi ai piani territoriali e di settore di livello sovraordinato e nel rispetto delle disposizioni in materia di VAS di cui alla L.R. n. 32/2012 e successive modificazioni e integrazioni e delle indicazioni applicative:
a) modifiche della tipologia dei servizi pubblici o di interesse pubblico di livello comunale localizzati dal PUC ove i relativi vincoli siano operanti a norma dell’articolo 9 del decreto del Presidente della Repubblica 8 giugno 2001, n. 327 (Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di espropriazione per pubblica utilità ) e successive modificazioni e integrazioni, nonché la localizzazione di nuovi servizi pubblici o di interesse pubblico di livello comunale;
b) modifiche per l’adeguamento del PUC ad atti legislativi, di programmazione e di indirizzo statali o regionali che non comportino incremento del carico urbanistico complessivo già previsto dal PUC;
c) modifiche della disciplina urbanistico-edilizia degli ambiti di conservazione, di riqualificazione, di completamento e dei distretti di trasformazione nonché dei relativi perimetri purché non comportanti l’individuazione di nuovi distretti e l’incremento del carico urbanistico complessivo già previsto dal PUC;
c-bis) modifiche della disciplina urbanistico-edilizia degli ambiti di conservazione e di quelli di riqualificazione finalizzate a incentivare o a realizzare interventi di rinnovo urbano, di recupero del patrimonio edilizio ed interventi di contrasto all’abbandono del territorio di produzione agricola e di presidio ambientale, a condizione che non sia consentita la nuova costruzione, anche per trasferimento di volumetrie preventivamente demolite, su aree libere destinate a orti o a colture agricole in attività o dismesse.
4. Il mero recepimento nel PUC di indicazioni aventi contenuto prescrittivo e valore vincolante derivanti da atti normativi statali e regionali non costituisce aggiornamento ed è effettuato mediante atti tecnici dei competenti uffici.
5. L’aggiornamento del PUC è adottato con deliberazione del Consiglio comunale alla quale deve essere allegata specifica attestazione della compatibilità delle relative modifiche rispetto alla descrizione fondativa e agli obiettivi del Piano, della conformità ai piani territoriali e di settore di livello sovraordinato, nonché la documentazione necessaria in applicazione delle disposizioni in materia di VAS di cui alla L.R. n. 32/2012 e successive modificazioni e integrazioni.
6. L’aggiornamento adottato, unitamente al relativo atto deliberativo, è pubblicato, mediante inserimento nel sito informatico comunale per un periodo di trenta giorni consecutivi, durante il quale chiunque può prenderne visione, estrarne copia e presentare osservazioni, previo avviso, contenente l’indicazione della data di inserimento nel ridetto sito informatico e di messa a disposizione a libera visione presso la segreteria comunale, da pubblicarsi nel BURL e nel medesimo sito informatico, nonché, in via facoltativa, divulgato con manifesti od altro mezzo di diffusione ritenuto idoneo.
7. Il Comune decide sulle osservazioni pervenute con deliberazione del Consiglio comunale da assumere entro il termine di quarantacinque giorni dalla scadenza del periodo di pubblicità di cui al comma 6. Nel caso in cui non siano pervenute osservazioni il Comune, entro il termine di trenta giorni dalla conclusione della fase di pubblicità -partecipazione di cui al comma 6, ne dà attestazione e l’aggiornamento del PUC o del PUC semplificato è da ritenersi approvato.
8. Il Comune, nel caso siano pervenute osservazioni, entro sessanta giorni dalla conclusione della fase di pubblicità -partecipazione approva l’aggiornamento con deliberazione del Consiglio comunale.
9. Gli atti deliberativi e gli elaborati dell’aggiornamento sono inseriti nel sito informatico del Comune, depositati presso la segreteria comunale a libera e permanente visione del pubblico, e trasmessi alla Regione, alla Città metropolitana ed alla Provincia.
9-bis. Le disposizioni di cui al presente articolo sono applicabili anche con riferimento al PUC semplificato approvato a norma dell’articolo 39”.
Come è dato osservare, l’art. 43 prevede una pluralità di ipotesi (lett. a – cbis del comma 3), sussistendo le quali non è necessario seguire il procedimento di adozione di variante al PUC, altrimenti previsto dall’art. 44, il quale al comma 1 prevede:
“1. Costituiscono varianti al PUC e al PUC semplificato le modifiche non rientranti nei margini di flessibilità o nell’aggiornamento di cui all’articolo 43. Le varianti sono adottate e approvate secondo le procedure rispettivamente stabilite agli articoli 38 o 39 e sono assoggettate a VAS o a verifica di assoggettabilità a VAS, a seconda dell’oggetto della variante, in base alle disposizioni della L.R. n. 32/2012 e successive modificazioni e integrazioni e delle relative indicazioni applicative”.
Tale procedimento prevede (si veda art. 38 l. reg. n. 36/1997) un pervasivo coinvolgimento della Regione, sin dalla adozione di un “progetto di PUC” che deve esserle preventivamente sottoposto.
In sostanza, il legislatore regionale ha inteso prevedere la possibilità di ricorrere al procedimento semplificato di adozione di variante solo nei casi descritti alle lettere da a) a c-bis) del comma 3, e sempre che questi ultimi siano tali, nel concreto, da non incidere “sulla descrizione fondativa e sugli obiettivi del PUC” e siano altresì “conformi ai piani territoriali e di settore di livello sovraordinato e nel rispetto delle disposizioni in materia di VAS di cui alla L.R. n. 32/2012”.
In altre parole, perché si possa legittimamente ricorrere al procedimento semplificato ex art. 43, è prevista una duplice “griglia” di compatibilità :
– in primo luogo, la variante deve fattualmente rientrare in uno dei quattro casi legislativamente previsti;
– in secondo luogo, una volta che ciò sia obiettivamente riscontrato, occorre altresì che essa non sia incoerente con gli ulteriori due elementi indicati nell’alinea del comma 3, e cioè, come si è detto, che essa non sia in contrasto con descrizione fondativa ed obiettivi del PUC e sia altresì conforme alla pianificazione sovraordinata e alle disposizioni in materia di VAS.
8.2.1. Alla luce della descritta interpretazione dell’art. 43 l. reg. n. 36/1977, non risulta condivisibile la sentenza impugnata, laddove ritiene legittimo il ricorso al procedimento semplificato da parte del Comune di Genova.
Ed infatti, è la stessa sentenza ad affermare che l’intervento, per le sue caratteristiche, “sembrerebbe esulare dal perimetro applicativo della disposizione”, cioè dall’ambito dell’art. 43, co. 3, lett. a), e che esso certamente non può “ritenersi ricompreso nei margini di flessibilità del PUC”.
Risulta, quindi, evidente che, se – come afferma la sentenza – l’intervento esula da una delle quattro ipotesi di cui al comma 3 (e segnatamente da quella di cui alla lett. a), esso non può poi essere fatto rientrare in tale casistica sol perché si afferma che esso “non possiede alcuna capacità di incidere sulla descrizione fondativa e sugli obiettivi del PUC”.
Per un verso, tale affermazione appare contraddittoria con quella, di poco antecedente nel testo della sentenza, secondo la quale l’intervento, per l’incremento di carico urbanistico che comporta, non può “ritenersi ricompreso nei margini di flessibilità del PUC”: infatti, non appare conciliabile definire un intervento da un lato “pesante” al punto da escluderlo dai margini di flessibilità del PUC, e dall’altro ritenerlo tale da non incidere su descrizione fondativa ed obiettivi del medesimo PUC, né appare sostenibile che un riconosciuto incremento di carico urbanistico sia tale da sfuggire al livello di ordinaria pianificazione, anche in variante, normativamente previsto.
Per altro verso, le considerazioni espresse sul punto dalla sentenza impugnata contrastano con l’interpretazione dell’art. 43, comma 3, innanzi offerta, poiché, se la natura dell’intervento è tale, come affermato in sentenza, da escluderne l’appartenenza ad una delle quattro ipotesi di cui al citato comma 3 (che costituisce il primo livello di verifica), allora non è possibile né passare al secondo livello di verifica, come innanzi illustrato, né tantomeno “riattribuire ex post” una appartenenza casistica anteriormente esclusa.
Alla luce di quanto esposto, deve convenirsi con gli appellanti incidentali, sia dove essi sottolineano le incoerenze dell’argomentazione della sentenza impugnata (v. pag. 27 app. inc. Bl. Oi. ed altri), sia dove affermano che “la non incidenza sulla descrizione fondativa e sugli obiettivi del PUC non è di per sé il requisito necessario e sufficiente affinché, ai sensi del comma 3, una certa modifica possa usufruire del procedimento semplificato di aggiornamento del PUC”; e ciò in quanto “il requisito della non incidenza ha carattere aggiuntivo e necessario affinché le varie categorie di modifiche contemplare dalla lett. a) alla lett. c-bis) del comma 3 siano classificabili come aggiornamento del PUC” (v. pag. 15 app. inc. Au. No.; pag. 15 app. inc. It. Pe.).
8.2.2. Fermo quanto innanzi rilevato, occorre altresì osservare che, in ogni caso, l’intervento oggetto della presente controversia non può essere fatto rientrare nei casi che possono consentire (nella presenza di tutti presupposti di legge), ai sensi della lett. a) del comma 3 dell’art. 43, il procedimento semplificato di variante.
Come si è detto, tale lettera contempla le ipotesi di “modifiche della tipologia dei servizi pubblici o di interesse pubblico di livello comunale localizzati dal PUC ove i relativi vincoli siano operanti a norma dell’articolo 9 del decreto del Presidente della Repubblica 8 giugno 2001, n. 327 (Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di espropriazione per pubblica utilità ) e successive modificazioni e integrazioni, nonché la localizzazione di nuovi servizi pubblici o di interesse pubblico di livello comunale”.
Nessuna delle due ipotesi considerate dalla norma è riscontrabile nel caso di specie.
Il progetto assentito consiste nella realizzazione di una grande stazione di rifornimento di carburanti per autotrazione, che comporta, in particolare, la traslazione di un parcheggio ad uso pubblico – già a suo tempo realizzato a scomputo degli oneri di urbanizzazione, gravato da servitù di uso pubblico con impegno di cessione al Comune a semplice richiesta – a parità di superficie, al piano terra della struttura del centro commerciale (v., per riscontro, pag. 3 app. Ta.).
Tale essendo lo stato dell’area destinata a parcheggio, quest’ultima non è, dunque, gravata da vincoli espropriativi, né risulta intervenuta una localizzazione di nuovi servizi pubblici o di interesse pubblico.
E ciò in disparte ogni considerazione sulla circostanza – dedotta dagli appellanti incidentali – della fattuale trasformazione di “un parcheggio pubblico costituente opera di urbanizzazione a servizio dei piani attuativi in insediamento commerciale ad uso privato con connesso incremento… di carico urbanistico”.
8.3. Alla luce di quanto sin qui esposto, gli appelli incidentali sono fondati e devono essere, pertanto, accolti (con riferimento ai motivi sub lett. a1, a2, a3 dell’esposizione in fatto), in quanto il Comune di Genova non poteva procedere all’adozione degli atti di approvazione del progetto Ta., seguendo il procedimento “semplificato” di cui all’art. 43, l. reg. n. 36/1997, così escludendo, in particolare, la partecipazione della Regione Liguria al procedimento e non consentendo l’esercizio dei poteri attribuiti alla medesima dal successivo art. 44 l. cit.
L’accoglimento degli appelli incidentali, nel comportare la parziale riforma della sentenza impugnata, e l’accoglimento dei ricorsi instaurativi del giudizio di primo grado per motivi ulteriori e diversi da quelli accolti dalla predetta sentenza, già renderebbe ex se irrilevante l’esame degli ulteriori motivi dell’appello principale della soc. Ta., motivi che, tuttavia, si ritiene comunque di scrutinare, pervenendo, per le ragioni di seguito esposte, al rigetto dei medesimi, stante la loro infondatezza.
9. Si è già descritto, sia pur sommariamente, l’intervento oggetto degli atti impugnati con i ricorsi instaurativi del giudizio di primo grado.
In particolare, la sentenza impugnata, nell’accogliere alcuni dei motivi proposti con detti ricorsi, evidenzia:
– in primo luogo, la contraddittorietà della decisione dell’amministrazione, che, a fronte di una affermata “scarsa utilità e fruizione pubblica” del parcheggio, anziché sopprimere il vincolo funzionale, ha invece “optato per il suo trasferimento in un sito distante pochi metri”;
– in secondo luogo, una sorta di “riduzione” della finalità pubblica del parcheggio, poiché ubicato all’interno di una struttura di proprietà privata, e quindi “verosimilmente vincolato all’orario di apertura del centro commerciale” e quindi ancor meno fruibile dagli abitanti della zona;
– in terzo luogo, la circostanza che l’area a parcheggio apparteneva “solo formalmente al privato”, giusta la previsione della convenzione urbanistica di sua cessione al Comune a fronte di semplice richiesta di quest’ultimo;
– in ultimo, il fatto che il privato “acquisisce la piena disponibilità di un’area che avrebbe dovuto cedere gratuitamente al Comune” ed inoltre che lo stesso “rinuncia ad una quota di parcheggi privati pertinenziali che vengono trasformati in parcheggi pubblici ma, essendo ubicati all’interno del centro commerciale, non dismettono il rapporto di strumentalità con le esigenze dello stesso”.
9.1. A fronte dei rilievi che sorreggono l’accoglimento dei ricorsi da parte della sentenza impugnata, non risulta fondato il motivo dell’appello Ta. (sub lett. d), con il quale si lamenta un illegittimo esercizio da parte del Giudice del sindacato di merito sull’azione amministrativa.
Invero, nel caso di specie, il primo giudice, lungi dall’invadere l’ambito delle scelte riservate all’amministrazione (il cd. merito amministrativo), ha evidenziato, nell’ambito proprio del sindacato di legittimità attivato dai motivi di ricorso, le ragioni che hanno reso l’esercizio del potere provvedimentale inficiato dal vizio di eccesso di potere per contraddittorietà ed irragionevolezza del medesimo.
9.2. Anche gli ulteriori due motivi di appello (sub lett. c) ed e) dell’esposizione in fatto) sono infondati e devono essere, pertanto, respinti.
Quanto al primo motivo, se è incontestato che il parcheggio era stato realizzato a scomputo degli oneri di urbanizzazione con servitù di uso pubblico, non appare condivisibile l’affermazione dell’appellante, secondo la quale si tratterebbe di semplice “traslazione del vincolo da un’area ad altra area coperta”, poiché, innanzi tutto, tale area “scoperta” – e proprio essa – costituiva la realizzazione (un “pagamento in natura”) degli oneri di urbanizzazione dovuti.
Trasferire gli spazi parcheggio al piano terra del centro commerciale (cioè in una superficie compresa nell’ambito di una volumetria comunque realizzata) non può essere considerato “sostitutivo” di un “quantum” dovuto all’amministrazione dal privato e che, proprio in ragione delle sue caratteristiche (di superficie e di localizzazione) è stato a suo tempo valutato come valido equivalente del pagamento monetario degli oneri.
Quanto al secondo motivo, per un verso risulta viziata da eccesso di potere per illogicità una scelta amministrativa che attribuisce una maggiore fruibilità ad aree parcheggio allocate all’interno di un immobile adibito a centro commerciale rispetto ad aree parcheggio già esistenti e ubicate al di fuori di immobili di proprietà privata e liberamente accessibili.
Per altro verso, non è condivisibile l’argomento, pur prospettato dall’appellante principale, secondo il quale non potrebbe avere conseguenze per il privato la scelta del Comune di non esercitare la facoltà di richiedere il trasferimento della proprietà dell’area.
Il mancato esercizio di una facoltà, convenzionalmente attribuita al Comune, rileva, nel caso di specie, come ulteriore elemento di irragionevolezza della scelta operata (e dunque viziata da eccesso di potere), poiché il Comune, mediante la “traslazione” del parcheggio da un lato incide senza corrispettivo sul proprio patrimonio; dall’altro, con il privarsi di un diritto potestativo acquisito, incide anche sulla complessiva valutazione, a suo tempo effettuata, di quanto attuato dal privato a pagamento degli oneri di urbanizzazione.
10. In conclusione, per tutte le ragioni esposte, l’appello proposto dalla società Ta. deve essere respinto e, in accoglimento degli appelli incidentali proposti, la sentenza impugnata deve essere confermata, quanto al suo dispositivo, ma con la diversa motivazione conseguente all’accoglimento dei predetti appelli incidentali.
Il rigetto dell’appello principale e l’accoglimento degli appelli incidentali esimono il Collegio dall’esame dei motivi dichiarati assorbiti dalla sentenza impugnata e riproposti nel presente grado di giudizio.
Le spese seguono la soccombenza e vanno liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
Sezione Quarta, definitivamente pronunciando sull’appello proposto da Ta. società di Ge. Im. s.p.a. (n. 4177/2018 r.g.):
a) rigetta l’appello principale;
b) accoglie gli appelli incidentali;
c) per l’effetto, conferma con diversa motivazione il dispositivo della sentenza impugnata;
d) condanna l’appellante principale al pagamento, in favore di ciascuna delle parti appellate (e precisamente: Au. No. s.p.a. e It. Pe. s.p.a., in solido; nonché Bl. Oi. ed altri, in solido), delle spese ed onorari del presente grado di giudizio, che liquida, per ciascuna di esse, fermo il vincolo di solidarietà attiva, in complessivi Euro 5.000,00 (cinquemila/00), oltre accessori come per legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del giorno 21 febbraio 2019, con l’intervento dei magistrati:
Luigi Maruotti – Presidente
Oberdan Forlenza – Consigliere, Estensore
Daniela Di Carlo – Consigliere
Roberto Caponigro – Consigliere
Giuseppa Carluccio – Consigliere
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