Costituzione di servitù aventi ad oggetto il parcheggio di un’autovettura su un immobile di proprietà altrui

Corte di Cassazione, sezione seconda civile, Sentenza 18 marzo 2019, n. 7561.

La massima estrapolata:

In tema di servitù, lo schema previsto dall’art. 1027 c.c. non preclude in assoluto la costituzione di servitù aventi ad oggetto il parcheggio di un’autovettura su un immobile di proprietà altrui, a condizione che, in base all’esame del titolo, tale facoltà risulti essere stata attribuita a diretto vantaggio del fondo dominante, per la sua migliore utilizzazione, quale “utilitas” di carattere reale.
Il diritto di parcheggiare un’autovettura in un dato posto-auto è definibile come “servitù” se la situazione concreta sia configurabile come utilità oggettiva per il fondo dominante (e cioè per l’edificio al cui servizio è destinato il posto-auto) e non come utilità personale del soggetto che ha interesse a parcheggiare.

Sentenza 18 marzo 2019, n. 7561

Data udienza 20 settembre 2018

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MATERA Lina – Presidente

Dott. ORILIA Lorenzo – Consigliere

Dott. TEDESCO Giuseppe – Consigliere

Dott. GIANNACCARI Rossana – Consigliere

Dott. FORTUNATO Giuseppe – rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 18766/2014 R.G. proposto da:
(OMISSIS) s.r.l., in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dall’Avv. (OMISSIS), con domicilio eletto in (OMISSIS);
– ricorrente –
contro
(OMISSIS) s.r.l., in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dall’avv. (OMISSIS), con domicilio eletto in (OMISSIS);
– controricorrente –
avverso la sentenza della Corte d’appello di Venezia n. 57/2014, depositata in data 13.1.2014;
Udita la relazione svolta nella pubblica udienza del 20.9.2018 dal Consigliere Giuseppe Fortunato;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Dott. SGROI Carmelo, che ha concluso chiedendo la rimessione della causa alle sezioni unite o, in subordine, il rigetto del ricorso;
udito l’avv. (OMISSIS), per delega dell’avv. (OMISSIS), per la ricorrente.

FATTI DI CAUSA

La (OMISSIS) s.a.s ha adito il Tribunale di Venezia, quale titolare di uno spazio scoperto, suddiviso in 27 posti auto, ubicato (OMISSIS), esponendo che la (OMISSIS) s.r.l. aveva illegittimamente occupato quattro posti auto di sua proprieta’.
Ha chiesto il rilascio dei beni, con vittoria di spese.
La societa’ convenuta, costituitasi in giudizio, ha sostenuto di aver acquistato, con atto del 15.2.1995, taluni locali facenti parte dello stabile denominato (OMISSIS), a cui vantaggio era stato precedentemente costituito il diritto di parcheggio con convenzione del 23.1.1979 tra la (OMISSIS) s.r.l., e la (OMISSIS) s.r.l. all’epoca proprietarie degli immobili.
Ha eccepito l’acquisto del diritto di parcheggio in base al titolo o, in subordine, per intervenuta usucapione.
Il Tribunale di Venezia ha accolto la domanda ed ha ordinato il rilascio dei posti auto, con pronuncia confermata in appello.
La Corte territoriale di Venezia, rigettando l’impugnazione principale della (OMISSIS) s.r.l. e quello incidentale della (OMISSIS) s.a.s., ha affermato che non e’ configurabile nel nostro ordinamento una servitu’ di parcheggio, mancando il requisito della realita’, poiche’, in tali ipotesi, l’utilitas non e’ riferibile ai fondi, ma alle persone che esercitano il diritto.
Ha ritenuto che con la convenzione del 1979 fosse stato costituito un diritto reale di uso senza prevedere alcuna deroga al divieto di cessione di cui all’articolo 1024 c.c., per cui la (OMISSIS) s.r.l., in virtu’ del rogito del 15.2.1995, non aveva acquisito anche il diritto di utilizzare i posti auto.
Ha respinto l’eccezione di usucapione ventennale, affermando che, proprio in virtu’ del divieto di cessione, l’acquirente non poteva unire il proprio possesso a quello della dante causa, e che non era maturata l’usucapione abbreviata in base al contratto di compravendita del 15.2.1995 poiche’, a tale data, la venditrice non era proprietaria dell’area ove insistono i posti auto, l’atto non era astrattamente idoneo a trasferire il diritto e l’acquirente non era in buona fede, non essendo stata trascritta la precedente convenzione del 23.1.1979.
Per la cassazione di questa sentenza la (OMISSIS) s.r.l. ha proposto ricorso sulla base di due motivi, illustrati con memoria.
La (OMISSIS) s.r.l., quale incorporante della (OMISSIS) s.a.s., ha depositato controricorso e memoria ex articolo 378 c.p.c..

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Il primo motivo censura la violazione degli articoli 1027, 1140, 1158 e 1159 c.c., in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5, lamentando che erroneamente la Corte distrettuale abbia escluso la configurabilita’ della servitu’ di parcheggio per carenza del carattere reale dell’utilitas, trascurando che la convenzione del 23.1.1979 prevedeva il diritto di parcheggio a favore dell’intero edificio denominato (OMISSIS) e aveva dato luogo ad una vera e propria servitu’, la quale si era trasmessa ai successivi acquirenti del fondo dominante o era stata, comunque, acquistata per usucapione, avendo la ricorrente esercitato il possesso in modo continuo, pacifico ed interrotto per oltre un ventennio ed essendo i singoli posti auto individualmente delimitati.
Il secondo motivo censura la violazione degli articoli 1021, 1024, 1158, 1146 e 1147 c.c., in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, lamentando che la Corte di merito abbia ritenuto che con la convenzione del 1979 fosse stato costituito un diritto reale di uso insuscettibile di cessione a terzi, trascurando che, trattandosi di diritto reale sui generis, le parti ne potevano liberamente disporre, come poteva desumersi – in via interpretativa – dal confronto con la disciplina fissata dalla L. n. 765 del 1967, articolo 18, al fine di evitare disparita’ di trattamento per i posti auto, quali quelli oggetto di causa, sottoposti al regime previgente.
Non poteva escludersi neppure la possibilita’ di unire il possesso della ricorrente a quello della dante causa ai fini dell’usucapione, non operando alcun divieto di cessione, ed inoltre sussistevano tutte le condizioni dell’usucapione abbreviata, poiche’ tutti i titoli prodotti in giudizio contemplavano il diritto di parcheggio gia’ oggetto della convenzione del 1979, diritto che era stato trasferito a non domino ed era stato acquistato dalla ricorrente in buona fede.
2. Il motivo e’ fondato.
La Corte distrettuale ha ritenuto che non fosse stata costituita alcuna servitu’ di parcheggio in forza della convenzione del 23.1.1979 tra la (OMISSIS) s.p.a. (proprietaria, all’epoca, del Condominio Bucintoro) e la (OMISSIS) s.p.a. (originaria titolare dello spazio scoperto suddiviso in posti auto), poiche’ difettava “la caratteristica reale di tale diritto, ovverossia la realita’ (inerenza al fondo dominante dell’utilita’, cosi’ come al fondo servente del peso), in quanto la comodita’ di parcheggiare l’auto per specifiche persone che accedono al fondo non puo’ valutarsi come un’utilita’ del fondo stesso, trattandosi di vantaggio del tutto personale dei proprietari”.
Ha soggiunto che non solo “la convenzione non ha costituito un diritto di servitu’ di parcheggio”, ma che tale diritto non era “sorto per usucapione perche’ non e’ configurabile ne’ la servitu’ di parcheggio ne’, quindi, il relativo possesso”, sostenendo che le parti avevano costituito un diritto reale di uso disciplinato dal codice civile, non trasmissibile ai successivi acquirenti in mancanza di una deroga pattizia al divieto contemplato dall’articolo 1024 c.c..
2.1. La decisione nel punto in cui ha escluso l’astratta configurabilita’ di una servitu’ di parcheggio e’ incorsa nel vizio denunciato.
Occorre anzitutto premettere che non e’ in discussione la ricostruzione della volonta’ delle parti come operata dalla Corte d’appello in base all’esame della convenzione del gennaio 1079, ma la premessa giuridica da cui ha preso le mosse la sentenza impugnata per stabilire la natura del diritto controverso.
Il procedimento di qualificazione giuridica consta – difatti – di due fasi: la prima – consistente nella ricerca e nella individuazione della comune volonta’ dei contraenti – e’ un tipico accertamento di fatto riservato al giudice di merito, sindacabile in sede di legittimita’ solo per vizi di motivazione in relazione ai canoni di ermeneutica contrattuale di cui all’articolo 1362 c.c. e ss.; la seconda attiene alla qualificazione che procede secondo il modello della sussunzione, cioe’ del confronto tra la fattispecie contrattuale concreta ed il tipo astrattamente definito sul piano normativo.
Tale seconda fase implica l’applicazione di norme giuridiche e non e’, quindi, sottratta al controllo di legittimita’ per violazione di legge (Cass. 13399/2005; Cass. 5387/1999; Cass. 21064/2004).
2.1. Cio’ posto, per l’indirizzo assolutamente prevalente nella giurisprudenza di legittimita’, il diritto di parcheggiare le auto su uno spazio di proprieta’ altrui sottenderebbe sempre un’utilitas di carattere personale, inidonea a sostanziare il contenuto di una servitu’, mancando l’essenziale requisito della realita’, intesa come inerenza dell’utilitas al fondo dominante.
Stante la natura personale del diritto di parcheggio, il suo esercizio non sarebbe suscettibile di possesso ad usucapionem e non potrebbe determinare alcun acquisto a titolo originario di una servitu’ (Cass. 5769/2013; Cass. 1551/2009; Cass. 20409/2009; Cass. 8137/2004).
Si e’ anche asserito che il contratto costituivo di una servitu’ di parcheggio e’ nullo per impossibilita’ dell’oggetto (Cass. 23708/2014), stante il divieto di dar vita a servitu’ meramente personali, potendo inquadrarsi detta convenzione nell’ambito dei negozi costitutivi di un diritto d’uso o in altro schema contrattuale tipico (locazione, affitto o comodato).
Tuttavia, questa Corte, a chiarimento dell’effettiva portata del principio enunciato dai precedenti che si sono esaminati, ha di recente escluso un’assoluta preclusione alla configurabilita’ della servitu’ volontaria di parcheggio, osservando che la relativa utilita’ puo’ esser legittimamente prevista dal titolo a diretto vantaggio del fondo dominante (per la sua migliore utilizzazione), piuttosto che delle persone che concretamente ne beneficino.
In tal caso, ove le parti abbiano inteso costituire una vera e propria servitu’, il diritto e’ trasmissibile unitamente alla cessione dei fondi secondo il principio di ambulatorieta’.
2.2 Tale indirizzo il Collegio ritiene di dover dare continuita’, non occorrendo (per quanto gia’ osservato dalla sentenza n. 16698/2017), rimettere la questione alle sezioni unite.
Secondo il disposto dell’articolo 1027 c.c., la servitu’ consiste nel peso imposto sopra un fondo per l’utilita’ di un altro fondo, appartenente ad un diverso proprietario.
La formulazione della norma non tipizza – in modo tassativo – le utilita’ suscettibili di concretizzare il contenuto della servitu’ volontaria, ma si limita a stabilire le condizioni che valgono a distinguere queste ultime dai rapporti di natura strettamente personale, non derivando alcun ostacolo dal principio di tassativita’ dei diritti reali, il quale si connette alle connotazioni strutturali della situazione di vantaggio esercitabile erga omnes ed e’ indipendente dal contenuto di quest’ultima.
Difatti, secondo il consolidato orientamento di questa Corte, per l’esistenza di una servitu’ non rileva la natura del vantaggio previsto dal titolo ma il fatto che esso sia concepito come qualitas fundi in virtu’ del rapporto, istituito convenzionalmente, di strumentalita’ e di servizio tra gli immobili, in modo che l’incremento di utilizzazione che ne consegue deve poter essere fruito da chiunque sia proprietario del fondo dominante, non essendo imprescindibilmente legato ad una attivita’ personale del singolo beneficiario (Cass. 505/1974; Cass. 2413/1982; Cass. 9232/1991).
Entro tali limiti, qualunque utilita’ che non sia di carattere puramente soggettivo e che si concretizzi in un vantaggio per il fondo dominante, in relazione alle caratteristiche e alla destinazione del diritto, puo’ assumere carattere di realita’ (Cass. 16698/2017; Cass. 10370/1997; Cass. 832/1993; Cass. 9232/1991).
E’ dunque una mera questio facti stabilire, in base all’esame del titolo, se le parti abbiano inteso costituire una servitu’ o un diritto meramente obbligatorio, non sussistendo alcun ostacolo di carattere concettuale ad ammettere che il diritto parcheggio sia strutturato secondo lo schema dell’articolo 1027 c.c..
La sentenza impugnata e’ quindi errata nel punto in cui ha ritenuto che il diritto oggetto della convenzione del 1979 non fosse inquadrabile nello schema della servitu’ per l’assoluta impossibilita’ di ravvisare – nella facolta’ di parcheggiare le auto sullo spazio scoperto della societa’ resistente – un’utilitas di carattere reale, mentre avrebbe dovuto accertare se detta utilitas fosse stata costituita a diretto vantaggio del fondo dominante e se ricorressero le ulteriori condizioni prescritte dall’articolo 1027 c.c. e ss., (l’altruita’ della cosa, l’assolutezza del diritto, l’immediatezza del vantaggio, la sua inerenza al fondo servente e a quello dominante, la specificita’ dell’utilitas, la localizzazione, intesa quale individuazione del luogo di esercizio della servitu’).
2.3. Il secondo motivo e’ assorbito, poiche’ il giudice di merito dovra’ integralmente rivalutare i fatti di causa, attenendosi al principio di diritto enunciato.
Segue accoglimento del primo motivo di ricorso con assorbimento del secondo.
La sentenza impugnata e’ cassata in relazione al motivo accolto, con rinvio della causa ad altra sezione della Corte d’appello di Venezia, anche per la pronuncia sulle spese del giudizio di legittimita’.

P.Q.M.

accoglie il primo motivo di ricorso, dichiara assorbito il secondo, cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia la causa ad altra sezione della Corte d’appello di Venezia anche per la pronuncia sulle spese del presente giudizio di legittimita’.

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