Corte di Cassazione, sezione quinta penale, Sentenza 5 marzo 2019, n. 9723.
La massima estrapolata:
La circostanza aggravante della destrezza di cui all’articolo 625 c.p., comma 1, n. 4, richiede un comportamento dell’agente, posto in essere prima o durante l’impossessamento del bene mobile altrui, caratterizzato da particolare abilita’, astuzia o avvedutezza, idoneo a sorprendere, attenuare o eludere la sorveglianza sul bene stesso, non essendo sufficiente che l’agente si limiti ad approfittare di situazioni, dallo stesso non provocate, di disattenzione o di momentaneo allontanamento del detentore dalla cosa. L’elemento specializzante dell’aggravante in parola e’, dunque, la condizione di minorata difesa in cui il possessore viene a trovarsi di fronte alla particolare abilita’ dell’agente nel distogliere l’attenzione della persona offesa dal controllo sulla cosa o, comunque, nel neutralizzare le ordinarie difese o la vigile attenzione dell’uomo medio, o nell’approfittare della disattenzione del possessore provocata dall’agente
Sentenza 5 marzo 2019, n. 9723
Data udienza 30 gennaio 2019
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE QUINTA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. PALLA Stefano – Presidente
Dott. DE GREGORIO Eduardo – Consigliere
Dott. PISTORELLI Luca – Consigliere
Dott. BELMONTE Maria T – rel. Consigliere
Dott. RICCARDI Giuseppe – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
avverso la sentenza del 04/07/2018 della CORTE APPELLO di BOLOGNA;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Dott.ssa BELMONTE MARIA TERESA;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Dott. DALL’OLIO MARCO, che ha concluso chiedendo l’inammissibilita’ del ricorso;
udito il difensore:
nessuno e’ comparso.
RITENUTO IN FATTO
1. Con la sentenza impugnata la Corte di appello di Bologna confermava la decisione del Tribunale di quella citta’ che aveva ritenuto (OMISSIS) colpevole del reato di tentato furto aggravato ai sensi degli articoli 56, 624 c.p. e articolo 625 c.p., n. 4 e, riconosciute le circostanze attenuanti generiche equivalenti alla contestata aggravante, la condannava alla pena di mesi sei di reclusione ed Euro 200 di multa, oltre al pagamento delle spese processuali.
2. Avverso tale sentenza ha proposto ricorso l’imputato, con il ministero del difensore, il quale ne ha chiesto l’annullamento deducendo, con un unico articolato motivo, violazione di legge e connesso vizio della motivazione con riferimento alla aggravante di cui all’articolo 625 c.p., n. 4, assumendo che, erroneamente, la Corte territoriale aveva ritenuto il fatto aggravato dalla destrezza, come ritenuto gia’ dal giudice di primo grado, mancando, nel caso di specie, il predetto requisito della destrezza, cosi’ come definito dal recente arresto delle Sezioni Unite. Conseguentemente, invoca la declaratoria di improcedibilita’ dell’azione per difetto di querela, che, pur proposta dalla persona offesa, e’ stata poi, da questa, rimessa, nel corso dell’udienza del 06/05/2014.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso e’ fondato.
2. Preliminarmente, e’ opportuno richiamare la ricostruzione dei fatti operata dalla Corte di merito, secondo cui l’imputato, che si trovava all’interno di un supermercato, aveva offerto aiuto alla (OMISSIS), intenta a prelevare un prodotto posto sullo scaffale piu’ alto, ricevendo un rifiuto dalla donna, la quale utilizzava uno sgabello per fare da sola, cosi’ voltando le spalle al carrello della spesa, al quale aveva lasciato appesa la propria borsa. Di tale momentanea disattenzione approfittava il ricorrente che, lestamente, si appropriava del telefono cellulare riposto nella borsa. Allertata da un cliente del supermercato, che aveva seguito con lo sguardo la scena, la (OMISSIS), verificata l’asportazione del telefono cellulare, avvisava una guardia giurata che, individuato il borseggiatore, sulla base della descrizione fornita dalla vittima, lo raggiungeva potendo osservare che questi, vistosi scoperto, lasciava cadere il telefono, estratto da una tasca, tra i bancali dell’acqua, prima di venire fermato.
3. Come premesso gia’ il primo giudice qualificava il fatto quale tentativo, operazione ermeneutica confermata dalla Corte di appello che, investita dell’impugnazione con riferimento alla sussistenza dell’aggravante di cui all’articolo 625 c.p., n. 4, confermava, anche sotto tale profilo, la decisione del primo grado.
4. Il ricorrente ha richiamato la giurisprudenza delle Sezioni Unite di questa Corte, secondo cui la circostanza aggravante della destrezza di cui all’articolo 625 c.p., comma 1, n. 4, richiede un comportamento dell’agente, posto in essere prima o durante l’impossessamento del bene mobile altrui, caratterizzato da particolare abilita’, astuzia o avvedutezza, idoneo a sorprendere, attenuare o eludere la sorveglianza sul bene stesso, non essendo sufficiente che l’agente si limiti ad approfittare di situazioni, dallo stesso non provocate, di disattenzione o di momentaneo allontanamento del detentore dalla cosa. (Sez. U. n. 34090 del 27/04/2017, Quarticelli, Rv. 270088). L’elemento specializzante dell’aggravante in parola e’, dunque, la condizione di minorata difesa in cui il possessore viene a trovarsi di fronte alla particolare abilita’ dell’agente nel distogliere l’attenzione della persona offesa dal controllo sulla cosa (Sez. 2 n. 9374 del 1802/2015, P.G. in proc. Di Battista, Rv. 263235) o, comunque, nel neutralizzare le ordinarie difese o la vigile attenzione dell’uomo medio (Sez. 4 n. 13491 del 13/11/1998, Gatto, Rv. 212361; Sez. 4 n. 14992 del 17/02/2009, Scalise, Rv. 243207), o nell’approfittare della disattenzione del possessore provocata dall’agente (Sez. 5 n. 640 del 30/10/2013, Rainart, Rv. 257948).
5. Nella delineata cornice ermeneutica, ritiene il Collegio che l’aggravante della destrezza non sussista poiche’ l’agente si e’ limitato ad approfittare di una condizione di assenza di vigilanza sulla res da parte del possessore: l’imputato, infatti, non ha fatto altro che approfittare dell’allontanamento – non importa se momentaneo o prolungato – della proprietaria della borsetta, lasciata priva di vigilanza, ovvero, di una situazione da lui non volontariamente creata. Egli, dunque, non ha dimostrato un particolare ingegno predatorio che abbia neutralizzato le cautele del detentore del bene, di fatto insussistenti, avendo la vittima perso di vista la borsetta lasciata appesa al carrello. Tale distacco del bene dalla vista, esclude, per un verso, la perdurante vigilanza diretta e immediata della persona offesa sul bene, e dall’altro, la particolare abilita’ dell’agente idonea a neutralizzare le ordinarie difese dell’uomo medio, venute meno proprio nel momento in cui la borsa e’ stata lasciata sostanzialmente senza custodia e sfuggendo al controllo e alla vigilanza del possessore. Cio’ che ha caratterizzato, in concreto, l’azione dell’imputato e’, piuttosto, la prontezza dell’agente di aver saputo approfittare di un’opportunita’ favorevole in assenza di controlli (Sez. 5 n. 12473 del 18/02/2014, Rapposelli, Rv. 259877). Di qui, la conclusione che non sussiste l’aggravante della destrezza, nel caso di specie.
6. Dalla conclusione a cui si e’ giunti, e dalla conseguente riqualificazione del reato in furto semplice, discende la procedibilita’ a querela del reato; tuttavia, come si rileva dalla lettura della sentenza impugnata, la querela, pur presentata dalla persona offesa, nel corso del dibattimento nel giudizio di primo grado, all’udienza del 6 maggio 2014, e’ stata rimessa.
7. Pertanto, il ricorso deve trovare soluzione nell’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata, perche’ il reato di furto semplice non e’ procedibile per carenza di querela, rimessa dalla persona offesa.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata perche’ l’azione penale non poteva essere iniziata per mancanza di querela.
Motivazione semplificata.
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