Distanze legali, le disposizioni dei regolamenti edilizi locali e la tutela risarcitoria

Corte di Cassazione, sezione seconda civile, Ordinanza 21 febbraio 2019, n. 5142.

La massima estrapolata:

In tema di distanze legali, sono da ritenere integrative del codice civile le disposizioni dei regolamenti edilizi locali relative alla determinazione della distanza tra i fabbricati in rapporto all’altezza e che regolino, con qualsiasi criterio o modalità, la misura dello spazio che deve essere osservato tra le costruzioni, mentre le norme che, avendo come scopo principale la tutela d’interessi generali urbanistici, disciplinano solo l’altezza in sé degli edifici, senza nessuna relazione con le distanze intercorrenti tra gli stessi, proteggono, nell’ambito degli interessi privati, esclusivamente il valore economico della proprietà dei vicini. Ne consegue che, nel primo caso, sussiste, in favore del danneggiato, il diritto alla riduzione in pristino, nel secondo, invece, è ammessa unicamente la tutela risarcitoria.

Ordinanza 21 febbraio 2019, n. 5142

Data udienza 28 settembre 2018

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ORICCHIO Antonio – Presidente

Dott. FEDERICO Guido – rel. Consigliere

Dott. TEDESCO Giuseppe – Consigliere

Dott. DONGIACOMO Giuseppe – Consigliere

Dott. BESSO MARCHEIS Chiara – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA
sul ricorso 13278/2015 proposto da:
(OMISSIS) s.r.l., in persona del Presidente del C.d.A. e legale rappresentante pro tempore elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentato e difeso dagli avvocati (OMISSIS), (OMISSIS);
– ricorrente –
contro
(OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), elettivamente domiciliati in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che li rappresenta e difende unitamente agli avvocati (OMISSIS), (OMISSIS);
– controricorrenti –
avverso la sentenza n. 36/2013 del TRIBUNALE SEDE DISTACCATA DI di OLBIA, depositata il 26/02/2015;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 28/09/2018 dal Consigliere Dott. GUIDO FEDERICO.

ESPOSIZIONE DEL FATTO

Con atto di citazione ritualmente notificato (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), premesso di essere comproprietari dell’immobile sito in (OMISSIS), indicato in lotto (OMISSIS), convenivano in giudizio (OMISSIS) srl in persona del legale rappresentante pro tempore al fine di far accertare e far dichiarare l’illegittimita’ delle opere dalla medesima realizzate in violazione delle distanze legali tra costruzioni e sentir ordinare la demolizione delle stesse, mediante arretramento.
Il Tribunale di Tempio Pausania, con sentenza n. 36/2013 accoglieva la domanda di parte attrice di arretramento della costruzione dal confine, rigettando la domanda di risarcimento per equivalente.
La Corte d’Appello di Cagliari – sezione distaccata di Sassari, con ordinanza del 20.02.2015 dichiarava l’inammissibilita’ dell’appello proposto avverso la sentenza di primo grado, ai sensi dell’articolo 348 bis c.p.c., comma 1.
(OMISSIS) srl propone ex articolo 348 ter c.p.c., ricorso per cassazione avverso la sentenza di primo grado.
Resistono con controricorso (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS).

CONSIDERATO IN DIRITTO

Con il primo motivo di ricorso si censura la violazione e falsa applicazione degli articoli 99 e 112 c.p.c., nonche’ violazione dell’articolo 277 c.p.c., deducendo il vizio di ultra-petizione della sentenza di primo grado, per avere il Tribunale accertato la violazione della distanza dal confine della costruzione eretta dalla ricorrente, domanda che non era mai stata proposta dai resistenti, i quali si erano limitati a far valere la violazione della distanza tra costruzioni.
Il motivo di ricorso e’ infondato.
Gli odierni resistenti hanno fatto valere la violazione degli strumenti urbanistici da parte della ricorrente, deducendo la violazione della distanza legale di 5 mt dal confine prevista dal regolamento edilizio del Comune di Olbia.
Il riferimento generico contenuto nell’atto di citazione alla violazione della distanza tra costruzioni, e’ infatti pienamente compatibile con la specifica violazione lamentata dagli odierni resistenti, avente ad oggetto la violazione del Regolamento edilizio quale norma integratrice, ex articolo 873 c.c., delle disposizioni del codice civile in materia di distanze.
Ed invero secondo il consolidato indirizzo di questa Corte, in tema di interpretazione delle domande giudiziali, il giudice non e’ condizionato dalle parole utilizzate dalla parte e deve tener conto dell’intero contesto dell’atto, senza alterarne il senso letterale ma, allo stesso tempo, valutandone la formulazione testuale e il contenuto sostanziale in relazione all’effettiva finalita’ che la parte intende perseguire (Cass. 19435/2018).
E’ invece inammissibile, considerata la natura ed i limiti del presente giudizio, la doglianza avverso le allegazioni poste dalla Corte d’Appello a fondamento della pronuncia ex articolo 348 bis c.p.c..
Con il secondo motivo di ricorso si censura la violazione dell’articolo 112 c.p.c., nonche’ la violazione e falsa applicazione dell’articolo 872 c.c., per non avere il Tribunale accolto la domanda risarcitoria, in luogo di quella ripristinatoria, non potendo ad avviso della ricorrente darsi luogo alla demolizione in ipotesi di violazione delle norme integrative di quelle del codice civile.
Il motivo e’ infondato.
Secondo il consolidato indirizzo di Questa Corte, infatti, le norme degli strumenti urbanistici che prescrivono le distanze nelle costruzioni, o come spazio tra le medesime, o come distacco dal confine, o in rapporto con l’altezza delle stesse, ancorche’ inserite in un contesto normativo volto a tutelare il paesaggio o a regolare l’assetto del territorio, conservano il carattere integrativo delle norme del codice civile, perche’ tendono a disciplinare i rapporti di vicinato e ad assicurare in modo equo l’utilizzazione edilizia dei suoli privati, e pertanto la loro violazione consente al privato di ottenere la riduzione in pristino. (Cass. 7384/2001).
In particolare, le disposizioni dei regolamenti edilizi locali relative alla determinazione della distanza tra i fabbricati in rapporto all’altezza e che regolino con qualsiasi criterio o modalita’ la misura dello spazio che deve essere osservato tra le costruzioni sono da ritenere integrative delle norme del codice civile, mentre non lo sono le norme che, avendo come scopo principale la tutela d’interessi generali urbanistici, disciplinano solo l’altezza in se’ degli edifici, senza nessun rapporto con le distanze intercorrenti tra gli stessi. Ne consegue che nel primo caso sussiste, in favore del danneggiato, il diritto alla riduzione in pristino, mentre nel secondo e’ ammessa la sola tutela risarcitoria (Cass. 1073/2009).
Nel caso di specie, il regolamento urbanistico locale, disciplinando in modo esplicito la distanza dei fabbricati dal confine, ha carattere integrativo delle norme del codice civile e come tale e’ suscettibile di tutela ripristinatoria.
Con il terzo motivo di ricorso si denuncia la violazione dell’articolo 880 c.c. nonche’ degli articoli 116 e 277 c.p.c., per avere il Tribunale stabilito che la distanza dal confine della facciata ovest dell’albergo di proprieta’ della convenuta doveva essere misurata rispetto alla facciata esterna(facciata rivolta verso l’albergo) del muro di confine, anziche’ dalla linea di mezzeria.
Il motivo e’ inammissibile.
Nell’atto di citazione in appello, come accertato nell’ordinanza ex articolo 348 bis, della Corte d’Appello, l’odierna ricorrente non aveva censurato l’ulteriore ratio decidendi della sentenza di primo grado, che, sulla base delle indagini dell’espletata consulenza tecnica, ha accertato la violazione della distanza dal confine anche prendendo quale base di calcolo la linea di mezzeria dell’attuale muro di confine, dello spessore di 20 cm.
Poiche’ tale accertamento del primo giudice non e’ stato censurato mediante impugnazione si e’ sul punto formato il giudicato interno, con conseguente effetto preclusivo della proposizione della censura nella presente sede.
Il ricorso va dunque respinto e le spese, regolate secondo soccombenza, si liquidano come da dispositivo.
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, sussistono i presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso articolo 13, comma 1 bis.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso.
Condanna la ricorrente alla refusione delle spese del presente giudizio, che liquida in complessivi 4.400,00 Euro, di cui 200,00 Euro per esborsi oltre a rimborso forfettario spese generali, in misura del 15% ed accessori di legge.
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, da’ atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso articolo 13, comma 1 bis.

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