Corte di Cassazione, sezione quinta penale, Sentenza 4 febbraio 2019, n. 5462.
La massima estrapolata:
L’amministratore di societa’ ricopra un ruolo di garanzia, ai sensi dell’articolo 2392 cod. civ., dovendo adempiere ai doveri impostigli dalla legge o dallo statuto con la diligenza richiesta dalla natura dell’incarico e dalle specifiche competenze. Tra questi rientrano senza dubbio i doveri di impedire gli atti svantaggiosi per la societa’ e quelli pregiudizievoli per i soci, i creditori o i terzi, anche sotto il profilo della mancata attivazione ai fini della richiesta di fallimento della societa’ amministrata.
In tema di bancarotta semplice – l’inerzia del singolo amministratore, quand’anche da sola insufficiente ad impedire l’evento deleterio, nell’unirsi all’identico atteggiamento omissivo – sia esso colposo o doloso – degli altri componenti dell’organo amministrativo, acquista efficacia causale rispetto al dissesto, o all’aggravamento del dissesto, in quanto l’idoneita’ dell’opposizione del singolo a impedire l’evento deve essere considerata non isolatamente, ma nella sua attitudine a rompere il silenzio e a sollecitare, con il richiamo agli obblighi imposti dalla legge ed ai principi di corretta amministrazione, un analogo atteggiamento degli altri amministratori
Sentenza 4 febbraio 2019, n. 5462
Data udienza 10 ottobre 2018
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE QUINTA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. SABEONE Gerardo – Presidente
Dott. MAZZITELLI Caterina – Consigliere
Dott. DE GREGORIO Eduardo – rel. Consigliere
Dott. CATENA Rossella – Consigliere
Dott. MICHELI Paolo – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS) nato a (OMISSIS);
avverso la sentenza del 10/03/2016 della CORTE APPELLO di TRENTO;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere EDUARDO DE GREGORIO;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore MOLINO PIETRO;
Il Proc. Gen. conclude per l’inammissibilita’ del ricorso.
udito il difensore.
RITENUTO IN FATTO
Con la sentenza impugnata la Corte d’Appello di Trento ha confermato la pronunzia di primo grado nei confronti del ricorrente (OMISSIS), amministratore delegato della (OMISSIS) srl, per il reato di bancarotta semplice, per aver aggravato il dissesto della societa’, astenendosi dal chiederne il fallimento. Sentenza dichiarativa di fallimento del Tribunale di Trento del Settembre 2014.
1.Avverso la decisione ha proposto ricorso la difesa, lamentando col primo motivo violazione ed erronea applicazione degli articoli 521 e 522 c.p.p. in primo grado e articoli 522 e 604 c.p.p. per il secondo grado.
1.1 Ha sostenuto il ricorrente che l’imputato era stato tratto a giudizio per aver aggravato il dissesto societario, non avendo richiesto il fallimento della societa’ ex articolo 217, n. 4 e articolo 224, comma 1, n. 1, LF ma era stato condannato per il diverso fatto di cui all’articolo 224, comma 1, n. 2 LF, per aver aggravato il dissesto in violazione degli obblighi imposti dalla legge.
Era, cosi’, realizzata la violazione del diritto di difesa, poiche’ il ricorrente non si sarebbe potuto difendere in relazione alla diversa condotta contestata, ne’ sul nesso causale tra la violazione e lo stato di dissesto. Peraltro il primo Giudice non aveva chiarito quali fossero stati gli obblighi cui l’imputato sarebbe venuto meno e la Corte d’Appello non aveva accolto l’eccezione inerente la diversita’ del fatto, derivandone la nullita’ di entrambe le sentenze ai sensi delle norme gia’ citate.
2. Col secondo motivo il ricorso ha censurato la violazione di legge in relazione alle stesse norme della Legge fallimentare in combinazione con gli articoli 2475 e 2479 cod. civ.. La Corte territoriale aveva affermato che (OMISSIS), in qualita’ di socio di maggioranza, marito del Presidente del CdA ed a sua volta amministratore delegato, avrebbe avuto l’obbligo di convocare l’assemblea dei soci per deliberare la presentazione del ricorso di fallimento. Ha affermato il ricorrente che non sarebbe nei poteri dell’amministratore presentare istanza di auto fallimento ma solo al consiglio di amministrazione spetterebbe tale potere, anche in base allo statuto societario, ed il compito di convocarlo spettava solo alla Presidente, moglie dell’imputato, ragion per cui non poteva configurarsi una responsabilita’ omissiva nei suoi confronti.
3. Tramite il terzo motivo e’ stata dedotta la violazione di legge in relazione all’articolo 224 L.Fall., poiche’ la Corte territoriale avrebbe legato la responsabilita’ del giudicabile alla sua qualita’ di socio di maggioranza, trascurando che il delitto ex articolo 224 LF e’ reato proprio ed il socio non e’ rientra tra le figure tipiche indicate come possibili soggetti attivi del reato.
4. Nel quarto motivo e’ stata criticata la motivazione per illogicita’ manifesta riguardo alla stessa ragione di cui al motivo precedente, in quanto la sentenza non avrebbe spiegato come (OMISSIS), detentore del 90% delle quote, avrebbe potuto ottenere agevolmente la convocazione dell’assemblea dei soci.
All’odierna udienza il PG, dr Molino, ha concluso per l’inammissibilita’.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso e’ inammissibile, in quanto ripetitivo delle doglianze gia’ presentate in fase di appello, affrontate e risolte dai Giudici di secondo grado, oltre che sviluppato sul merito delle argomentazioni impiegate.
1. I primi due motivi di ricorso possono essere esaminati congiuntamente, poiche’ strettamente connessi, essendo incentrati in definitiva, sul tema dei poteri e dei doveri incombenti sull’amministratore delegato, per come ricostruiti nei giudizi di merito.
Deve, in primis, osservarsi che il ricorrente e’ stato tratto a giudizio per il delitto di bancarotta semplice in qualita’ di amministratore delegato della srl (OMISSIS), per aver aggravato il dissesto della societa’, astenendosi dal richiederne tempestivamente il fallimento, nonostante un deficit patrimoniale che – come si ricava dalle sentenze – si era iniziato a formare fin dalla chiusura del bilancio del 2006, mentre l’istanza di autofallimento era stata avanzata dall’amministrazione solo nel 2014.
1.1 Al fine della declaratoria di responsabilita’ i Giudici hanno valorizzato razionalmente la qualita’ di amministratore del giudicabile, con specifica delega alla gestione finanziaria, agli investimenti, alle compravendite immobiliari ed ai contratti, mansioni che lo avevano reso responsabile dell’intero andamento economico-finanziario della societa’, essendo, pertanto, egli nella condizione di essere ben a conoscenza della reale situazione societaria sotto il predetto profilo.
1.2 Nel contempo e’ stato sottolineato che dagli accertamenti condotti dal curatore fallimentare era risultato chiaro come gia’ nel 2011 il patrimonio netto era negativo per quasi duecentomila Euro e la situazione era definita pericolosamente deficitaria, tale da indurre alla richiesta di fallimento, per poi precipitare nel biennio successivo.
La Corte territoriale ha rimarcato, altresi’, come (OMISSIS) fosse stato componente del consiglio di amministrazione, formato da lui stesso con la qualifica di consigliere e dalla moglie, come presidente, e che lo stesso ricorrente fosse socio per quote pari al 90% del capitale sociale.
2. Nel predetto quadro dimostrativo, incontestato dal ricorrente, questi ha imbastito un’improbabile doglianza di violazione dei diritti di difesa, in relazione al dedotto mutamento del fatto ex articolo 521 c.p.p., come riportato sub 1.1, che mostra di ignorare il piu’ che consolidato orientamento espresso in proposito da questa Corte regolatrice.
2.1 Invero, e’ principio di diritto vivente quello per il quale per aversi mutamento del fatto occorre una trasformazione radicale negli elementi essenziali della fattispecie concreta nella quale si riassume l’ipotesi astratta prevista dalla legge, in modo che si configuri un’incertezza sull’oggetto dell’imputazione; oppure si verifica quando il fatto accertato si trovi, rispetto a quello contestato, in rapporto di eterogeneita’ o di incompatibilita’ sostanziale da cui scaturisca un reale pregiudizio dei diritti della difesa; ne consegue che l’indagine volta ad accertare la violazione del principio suddetto non va esaurita nel pedissequo e mero confronto puramente letterale fra contestazione e sentenza – come sembra aver fatto il ricorrente – perche’, vertendosi in materia di garanzie e di difesa, la violazione e’ del tutto insussistente quando l’imputato, attraverso l’iter del processo, sia venuto a trovarsi nella condizione concreta di difendersi in ordine all’oggetto dell’imputazione. Sez. U, Sentenza n. 36551 del 15/07/2010 Ud. (dep. 13/10/2010) Rv. 248051; Sez. 4, Sentenza n. 4497 del 16/12/2015 Ud. (dep. 03/02/2016) Rv. 265946.
3.Applicando tali principi ermeneutici – che occorre ribadire – alla fattispecie in esame va osservato che l’oggetto dell’imputazione e’ stato precisato in modo adeguato fin dalla formulazione del capo di imputazione, consistendo la condotta addebitata al ricorrente e coerentemente accertata nella fase del merito, nella mancata presentazione di istanza di fallimento al momento giusto e necessario, e l’evento nell’aggravamento del dissesto, e di conseguenza l’imputato ha avuto modo di spiegare ampiamente le sue deduzioni difensive rispetto al tema d’accusa.
3.1 Peraltro, e’ pacifico che l’amministratore di societa’ ricopra un ruolo di garanzia, ai sensi dell’articolo 2392 cod. civ., dovendo adempiere ai doveri impostigli dalla legge o dallo statuto con la diligenza richiesta dalla natura dell’incarico e dalle specifiche competenze. Tra questi rientrano senza dubbio i doveri di impedire gli atti svantaggiosi per la societa’ e quelli pregiudizievoli per i soci, i creditori o i terzi, anche sotto il profilo della mancata attivazione ai fini della richiesta di fallimento della societa’ amministrata. Sez. 5, Sentenza n. 36764 del 24/05/2006 Ud. (dep. 07/11/2006) Rv. 234607.
3.2 In tal senso e’ stato anche affermato – in tema di bancarotta semplice – che l’inerzia del singolo amministratore, quand’anche da sola insufficiente ad impedire l’evento deleterio, nell’unirsi all’identico atteggiamento omissivo – sia esso colposo o doloso – degli altri componenti dell’organo amministrativo, acquista efficacia causale rispetto al dissesto, o all’aggravamento del dissesto, in quanto l’idoneita’ dell’opposizione del singolo a impedire l’evento deve essere considerata non isolatamente, ma nella sua attitudine a rompere il silenzio e a sollecitare, con il richiamo agli obblighi imposti dalla legge ed ai principi di corretta amministrazione, un analogo atteggiamento degli altri amministratori. Sez. 5, Sentenza n. 32352 del 07/03/2014 Ud. (dep. 22/07/2014) Rv. 261941.
3.3 La Corte territoriale ha fatto corretta applicazione del suindicato sistema di principi, sottolineando come la qualita’ di amministratore delegato alla gestione complessiva della societa’ sotto il profilo economico-finanziario rendesse il giudicabile titolare del potere di iniziativa per la dichiarazione di fallimento oppure titolare di un potere di sollecitare gli organi competenti ad adottare tale iniziativa e responsabile, ai sensi delle norme gia’ indicate e dei principi innanzi esposti, in caso di mancato adempimento al dovere di impedire atti dannosi per i creditori, come l’aggravamento dello stato di disseto, nella realta’ verificatosi in maniera molto significativa, a seguito della mancata tempestiva attivazione della procedura per l’autofallimento.
4. Anche il terzo e quarto motivo del ricorso risultano collegati, essendo incentrati sulla critica al valore che la Corte, nella conferma di responsabilita’, avrebbe dato alla qualita’ di socio di maggioranza di (OMISSIS).
4.1 L’approccio metodologico a fondamento delle doglianze non appare corretto, in quanto le censure si sono appuntate sulla predetta argomentazione della condizione di socio, che nell’economia della motivazione della Corte territoriale non ha assunto peso decisivo, essendo il riferimento alla predetta qualita’ solo formulato ad abundantiam, allo scopo di sottolineare una situazione di grande vicinanza dell’imputato alle cose societarie, peraltro gia’ emergente dagli elementi di fatto in precedenza ricordati. Tale condizione rendeva ancor piu’ chiara – secondo il congruo discorso giustificativo dei Giudici del merito – la mancata attivazione dei poteri/doveri ascrivibili a (OMISSIS) in funzione della tutela delle garanzie patrimoniali dei creditori, ma non e’ sulla qualita’ di socio di maggioranza che la Corte ha fondato la dichiarazione di responsabilita’, bensi’ su quella di amministratore delegato all’essenziale settore economico-finanziario, nonche’ sull’accertata sua piena consapevolezza della molto antica situazione di deficit societario.
Alla luce delle considerazioni e dei principi che precedono il ricorso deve essere dichiarato inammissibile ed, ai sensi dell’articolo 616 c.p.p., il ricorrente va condannato al pagamento delle spese del procedimento ed al versamento di Euro duemila alla Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali ed al versamento di Euro duemila alla Cassa delle ammende.
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