Corte di Cassazione, sezione prima penale, Sentenza 28 gennaio 2019, n. 4119.
La massima estrapolata:
Non vi è ragione per negare la configurabilità dell’unitarietà del disegno criminoso che fonda la disciplina del reato continuato, allorché uno dei reati facenti parte dell’ideazione e programmazione unitaria abbia avuto un esito aberrante rispetto all’originaria determinazione delittuosa, in quanto per un mero errore esecutivo l’evento voluto dall’agente si sia verificato in danno di una persona diversa da quella alla quale era rivolta l’offesa: tale evenienza non muta, infatti, i termini dell’accertamento dell’elemento psicologico richiesto per l’integrazione della continuazione, che deve riguardare la riconducibilità a una comune e unitaria risoluzione criminosa del fatto-reato così come in origine programmato, il cui contenuto volitivo, attuativo di quella risoluzione, rimane uguale e non subisce alcuna modifica per il solo fatto che l’oggetto materiale della condotta è accidentalmente caduto su una persona diversa.
Sentenza 28 gennaio 2019, n. 4119
Data udienza 15 gennaio 2019
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. DI TOMASSI Mariastefani – Presidente
Dott. SIANI Vincenzo – Consigliere
Dott. SANDRINI Enrico – rel. Consigliere
Dott. BIANCHI Michele – Consigliere
Dott. MANCUSO Luigi Fabriz – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
avverso l’ordinanza del 21/11/2017 della CORTE ASSISE APPELLO di MESSINA;
udita la relazione svolta dal Consigliere, Dott. ENRICO GIUSEPPE SANDRINI;
lette le conclusioni del PG, Dott. FILIPPI PAOLA, che ha chiesto il rigetto del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1. Con l’ordinanza indicata in rubrica la Corte d’assise d’appello di Messina, in funzione di giudice dell’esecuzione, ha rigettato l’istanza ex articolo 671 c.p.p. con cui (OMISSIS) aveva chiesto l’applicazione della disciplina del reato continuato in sede esecutiva tra i fatti giudicati con quattro diverse sentenze di condanna emesse nei suoi confronti, consistiti rispettivamente:
– nella partecipazione al sodalizio mafioso “clan dei (OMISSIS)”, in due tentati omicidi in danno di (OMISSIS) e nell’omicidio di quest’ultimo e di (OMISSIS) (giudicati con sentenza 28.11.2009 della Corte d’assise d’appello di Messina);
– nell’omicidio di (OMISSIS) e (OMISSIS) (giudicato con sentenza 14.12.2004 della Corte d’assise di Messina);
– nell’omicidio di (OMISSIS) (giudicato con sentenza 30.06.2001 della Corte d’assise d’appello di Messina);
– nell’omicidio di (OMISSIS) (giudicato con sentenza 27.10.2000 della Corte d’assise d’appello di Messina).
Dopo aver richiamato i principi di diritto in materia di riconoscimento della continuazione, con particolare riguardo ai fatti commessi in ambito associativo, e individuato il reato piu’ grave nell’omicidio di (OMISSIS), commesso il (OMISSIS), per il quale era stata inflitta la pena dell’ergastolo con isolamento diurno per la durata di mesi tre, il giudice dell’esecuzione riteneva il relativo omicidio estraneo, per contesto e causale, all’operativita’ dell’associazione partecipata dal (OMISSIS); escludeva la configurabilita’ della continuazione tra gli omicidi di (OMISSIS) e (OMISSIS), commessi il (OMISSIS), e gli altri delitti, in quanto le due vittime erano state uccise per errore di persona (essendo invece (OMISSIS) la vittima designata del gruppo di fuoco), con conseguente occasionalita’ ed estemporaneita’ della relativa azione criminosa; giudicava parimenti occasionale e contingente, quanto al momento della sua attuazione e all’insorgenza della relativa determinazione delittuosa, l’omicidio di (OMISSIS), commesso il (OMISSIS), che si inseriva nella strategia perseguita da (OMISSIS) di eliminazione dei fuoriusciti dal sodalizio mafioso da lui capeggiato, e non poteva percio’ costituire frutto di una originaria preordinazione, insorta al momento dell’adesione del (OMISSIS) al sodalizio, comune ad altri omicidi dallo stesso commessi per ragioni diverse.
2. Ricorre per cassazione (OMISSIS), a mezzo del difensore, deducendo tre motivi di doglianza, coi quali lamenta:
– erronea applicazione delle norme sulla continuazione e illogicita’ della motivazione, con riguardo al diniego del riconoscimento del vincolo ex articolo 81 c.p. relativamente all’omicidio di (OMISSIS); premesso che l’istanza formulata ex articolo 671 c.p.p. concerneva esclusivamente la continuazione c.d. orizzontale tra i reati-scopo (e non quella c.d. verticale col reato associativo), il ricorrente rileva che l’affiliazione al clan (OMISSIS) risaliva agli anni (OMISSIS), nel ruolo di killer, allorche’ era gia’ stata programmata l’eliminazione fisica dei fuoriusciti dal sodalizio mafioso, tra i quali (OMISSIS) e (OMISSIS), nei confronti dei quali erano immediatamente iniziati gli attentati e le esecuzioni con la partecipazione del (OMISSIS), che aveva allora assentito anche al patto di mutua assistenza stipulato – per la commissione dei delitti di sangue con (OMISSIS), nell’interesse del quale il (OMISSIS) era stato ucciso nel (OMISSIS);
– violazione di legge in relazione all’articolo 82 c.p., comma 1 e articolo 81 c.p., comma 2, con riferimento al diniego della continuazione tra gli omicidi (dapprima tentati e poi consumati) di (OMISSIS) e (OMISSIS), da un lato, e quelli di (OMISSIS) e (OMISSIS), dall’altro; il ricorrente censura l’idoneita’ dell’aberratio ictus che aveva caratterizzato questi ultimi due omicidi a escludere il vincolo della continuazione con quelli del (OMISSIS) e del (OMISSIS), posto che la vittima designata dell’erronea azione delittuosa era proprio (OMISSIS) e l’errore, verificatosi nella fase esecutiva del delitto, non incideva percio’ sul momento deliberativo e volitivo dello stesso, del quale l’autore doveva rispondere come se avesse commesso il reato in danno della persona che aveva programmato di offendere;
– vizio della motivazione, perche’ illogica e contraddittoria, con riferimento al diniego della continuazione rispetto all’omicidio di (OMISSIS), delitto di cui l’ordinanza impugnata aveva riconosciuto la riconducibilita’ alla strategia di eliminazione dei fuoriusciti dal clan (OMISSIS), con conseguente irrilevanza della natura occasionale del momento in cui era stato commesso il reato, attinente alla fase della sua esecuzione e non a quella della sua ideazione, originaria e comune alla deliberazione di uccidere (OMISSIS), tanto che il (OMISSIS) era gia’ stato oggetto nell'(OMISSIS) di un attentato, del quale il (OMISSIS) si era assunto la responsabilita’.
3. Il Procuratore Generale ha rassegnato conclusioni scritte, con cui chiede il rigetto del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso e’ fondato, per le ragioni che seguono.
2. Con riguardo alle censure dedotte nel primo e nel terzo motivo di ricorso, che possono essere esaminate congiuntamente, va rilevato che la motivazione dell’ordinanza impugnata si rivela effettivamente carente e incongrua rispetto all’oggetto dell’istanza formulata dal ricorrente ex articolo 671 c.p.p., che come emerge dal relativo dato testuale – riguardava dichiaratamente il riconoscimento della continuazione tra i soli reati-fine commessi nell’arco temporale compreso tra il (OMISSIS) nell’ambito della c.d. “guerra di mafia” che aveva contrapposto il sodalizio criminale partecipato dal (OMISSIS) (clan (OMISSIS)) a quello dei “(OMISSIS)”, e che sono costituiti da omicidi, consumati e tentati e violazioni della disciplina delle armi.
Il giudice dell’esecuzione, invece, ha argomentato il rigetto dell’istanza del (OMISSIS) con riferimento, essenzialmente, alla ritenuta insussistenza di una continuazione c.d. verticale tra il reato associativo e i singoli delitti contro la persona, sotto il profilo dell’assenza di una riconducibilita’ di questi ultimi, anche ove commessi nell’ambito delle attivita’ del clan mafioso e finalizzati al suo rafforzamento, a una programmazione originaria insorta fin dal momento dell’adesione del ricorrente al sodalizio; tale motivazione, pero’, non si confronta in modo adeguato e non risponde puntualmente alla richiesta di riconoscimento della continuazione c.d. orizzontale (e cioe’ tra i reati-scopo dell’associazione) formulata dal (OMISSIS) e incorre percio’ nel vizio di incoerenza logica denunciato nei motivi di ricorso.
3. Anche la censura dedotta nel secondo motivo di ricorso e’ fondata.
L’aberratio ictus, prevista dall’articolo 82 c.p., che si verifica quando, per errore nell’uso dei mezzi di esecuzione del reato o per un’altra causa, l’offesa – tipica della fattispecie criminosa – e’ cagionata a una persona diversa da quella alla quale era diretta, postula la completa estraneita’ dell’errore, nel quale e’ incorso l’agente, al momento ideativo e volitivo del reato, e dunque alla relativa determinazione delittuosa, in quanto l’errore incide esclusivamente sull’oggetto materiale della condotta, la quale, invece di ledere il bene-interesse della persona nei cui confronti l’offesa era diretta (e voluta), lede il medesimo bene di una persona diversa.
Nella giurisprudenza di questa Corte costituisce percio’ principio consolidato, in coerenza alla ricostruzione pacifica dell’istituto di cui all’articolo 82 c.p., che l’accertamento dell’elemento psicologico del reato deve essere effettuato con riferimento alla persona nei cui confronti l’offesa era diretta (e non a quella effettivamente lesa); il dolo, dunque, deve sussistere esclusivamente (operando altrimenti il differente istituto del concorso di reati) nei riguardi della vittima programmata dell’azione delittuosa, avendosi poi per una sorta di fictio iuris la translatio del medesimo elemento psichico nei confronti della diversa persona concretamente offesa, nei cui riguardi il dolo sussiste ugualmente, con le stesse caratteristiche e intensita’, perche’, se questo era l’originario elemento soggettivo dell’agente, l’offesa di una persona invece di un’altra non vale a mutare la direzione della volonta’ e i suoi contenuti (ex plurimis, Sez. 1 n. 15990 del 6/04/2006, Rv. 234132; Sez. 1 n. 8353 del 27/06/1988, Rv. 178925; nonche’ Sez. 1 n. 18378 del 2/04/2008, Rv. 240374, secondo cui nel dolo, inteso come rappresentazione del fatto-reato normativamente tipizzato, non ricade l’identita’ personale della vittima prefigurata, che rimane dato esterno al fatto costituente reato).
Coerenti a tale ricostruzione sono le affermazioni di principio, tratte da questa Corte, per cui l’aggravante della premeditazione e’ compatibile col reato commesso in danno di persona diversa da quella alla quale l’offesa era diretta (Sez. 1 n. 16711 del 17/01/2014, Rv. 259521) ed e’ configurabile il concorso morale, nell’omicidio della persona diversa da quella alla quale l’offesa era diretta, del soggetto che non ha materialmente eseguito l’azione delittuosa nel corso della quale si e’ verificata l’aberratio, in quanto l’errore esecutivo non ha alcuna incidenza sull’elemento soggettivo del partecipe morale, essendosi comunque realizzata l’azione concordata con l’autore materiale, il cui esito aberrante e’ privo di rilevanza ai fini della qualificazione del reato sotto il profilo oggettivo e soggettivo (Sez. 1 n. 38549 dell’8/07/2014, Rv. 260797).
Non vi e’ percio’ ragione di negare la configurabilita’ dell’unitarieta’ del disegno criminoso che fonda la disciplina del reato continuato, allorche’ uno dei reati facenti parte dell’ideazione e programmazione unitaria abbia avuto un esito aberrante rispetto all’originaria determinazione delittuosa, in quanto per un mero errore esecutivo l’evento voluto dall’agente si sia verificato in danno di una persona diversa da quella alla quale era rivolta l’offesa: tale evenienza non muta, infatti, i termini dell’accertamento dell’elemento psicologico richiesto per l’integrazione della continuazione, che deve riguardare la riconducibilita’ a una comune e unitaria risoluzione criminosa del fatto-reato cosi’ come in origine programmato, il cui contenuto volitivo, attuativo di quella risoluzione, rimane uguale e non subisce alcuna modifica per il solo fatto che l’oggetto materiale della condotta e’ accidentalmente caduto su una persona diversa.
L’ordinanza impugnata e’ dunque incorsa nell’errore di diritto lamentato dal ricorrente, laddove ha escluso la configurabilita’ dell’identita’ di disegno criminoso tra i fatti delittuosi in danno di (OMISSIS) e l’omicidio di (OMISSIS) e (OMISSIS) (accertatamente uccisi per un errore di persona nel contesto della sequenza criminosa finalizzata all’uccisione del (OMISSIS), il cui omicidio aveva costituito l’epilogo di una serie di attentati in suo danno nei quali erano rimasti incidentalmente coinvolti il (OMISSIS) e il (OMISSIS), cosi’ come emerge chiaramente dalla lettura della sentenza 14.12.2004 della Corte d’assise di Messina) sul solo presupposto che la sussistenza della continuazione doveva essere valutata con riguardo ai soggetti materialmente uccisi e non all’identita’ del reale obiettivo dell’azione delittuosa.
4. L’ordinanza impugnata deve pertanto essere annullata, con rinvio alla Corte di assise di appello di Messina (in diversa composizione: Corte Cost. sentenza n. 183 del 2013), per un nuovo esame dell’istanza di (OMISSIS) che non incorra nei vizi di legittimita’ sopra indicati.
P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per nuovo esame alla Corte di assise di appello di Messina.
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