Corte di Cassazione, sezione lavoro, Sentenza 15 gennaio 2019, n. 832.
La massima estrapolata:
Ai fini dell’applicazione dell’istituto della decadenza alla rivalutazione contributiva per esposizione all’amianto, il riferimento alla natura non autonoma, rispetto al diritto a pensione, non solo deve ritenersi riferito al beneficio contributivo previsto originariamente dall’art. 13 della legge n. 257/1992 (mentre tale natura non può ritenersi comune alla nuova misura introdotta dal legislatore del 2003 con il l’art. 47 del d.l. n. 269 conv. in l. n. 326/2003 e successivo art. 3 comma 132 della legge n. 350/2003), ma non è affermazione logicamente necessaria al fine di sostenere il percorso argomentativo adottato dalla Corte nell’interpretare la disciplina transitoria
Sentenza 15 gennaio 2019, n. 832
Data udienza 17 ottobre 2018
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. MANNA Antonio – Presidente
Dott. RIVERSO Roberto – Consigliere
Dott. MANCINO Rossana – Consigliere
Dott. CALAFIORE Daniela – rel. Consigliere
Dott. BELLE’ Roberto – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 22378/2017 proposto da:
(OMISSIS), domiciliato in ROMA presso la cancelleria della Corte Suprema di Cassazione, rappresentato e difeso dall’avvocato (OMISSIS);
– ricorrente –
contro
I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE PREVIDENZA SOCIALE, in persona del legale rapp.te p.t.;
– intimato –
avverso la sentenza n. 2808/2017 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI, pubblicata il 04/04/2017 R.G.N. 2129/2013;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 17/10/2018 dal Consigliere Dott. DANIELA CALAFIORE;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. VISONA’ Stefano, che ha concluso per il rigetto del ricorso.
FATTI DI CAUSA
1. La Corte d’appello di Napoli, con sentenza n. 2808 del 4 aprile 2017, ha respinto l’appello proposto da (OMISSIS) nei confronti dell’INPS avverso la sentenza del Tribunale di Torre Annunziata di rigetto, per intervenuta decadenza Decreto del Presidente della Repubblica n. 639 del 1970, ex articolo 47, della domanda proposta dal medesimo al fine di ottenere il riconoscimento dei benefici previdenziali previsti dalla L. n. 257 del 1992, articolo 13, comma 8, in relazione all’attivita’ lavorativa svolta presso la societa’ (OMISSIS) s.r.l..
2. Ad avviso della Corte territoriale, dovendo ritenersi che anche i benefici in oggetto abbiano consistenza giuridica di diritto autonomo seppure incidente sul diritto a pensione, correttamente il primo giudice aveva ritenuto applicabile la indicata fattispecie di decadenza dal diritto alla prestazione, ricorrendone anche i concreti presupposti fattuali.
3. Avverso tale sentenza ricorre per cassazione (OMISSIS) con tre motivi, illustrati da memoria ed accompagnati dalla richiesta di trattazione del ricorso dinanzi alle Sezioni Unite.
4. L’Inps e’ rimasto intimato.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Con il primo motivo, il ricorrente denuncia la violazione e o falsa applicazione del Decreto del Presidente della Repubblica n. 639 del 1970, articolo 47, sulla base dell’interpretazione della norma fatta propria dalla giurisprudenza di questa Corte di cassazione e di merito la quale dimostrerebbe che l’operativita’ della decadenza di cui alla norma citata sarebbe limitata ai soli ratei del trattamento pensionistico interessati dal decorso del tempo intercorso prima dell’esercizio dell’azione e non al diritto alla maggiorazione contributiva in se’ considerato.
2. Con il secondo motivo il ricorrente denuncia la violazione della L. n. 257 del 1992, articolo 13, comma 8, derivante dalla violazione di cui al motivo precedente, posto che tale previsione assicurava il diritto al beneficio in caso di esposizione qualificata ultradecennale, anche al ricorrente, lavoratore esposto alle polveri derivanti dalla presenza dell’amianto, in quanto “autista chilotrilista” nel proprio ambiente di lavoro ed prescindere dalla natura dell’attivita’ svolta dal datore di lavoro.
3. Con il terzo motivo il ricorrente si duole della violazione della L. n. 257 del 1992, articolo 13, comma 8, sotto il profilo del mancato accertamento dell’effettiva esposizione qualificata derivante dalla declaratoria di decadenza adottata dalla Corte d’appello.
4. Con la memoria depositata ai sensi dell’articolo 378 c.p.c., il ricorrente ha sollecitato nuovamente (avendo gia’ proposto l’istanza al momento del deposito del ricorso) la rimessione del ricorso al Primo Presidente per la trattazione da parte delle Sezioni Unite in ragione di una contrasto ravvisato nella giurisprudenza di legittimita’ in ordine alla natura del diritto al beneficio contributivo oggetto di causa. L’istanza non e’ accoglibile posto che questa Corte di cassazione ha ormai consolidato il proprio orientamento relativamente alle questioni inerenti al regime della decadenza applicabile al diritto ai benefici contributivi da esposizione all’amianto, come si dira’ in seguito, ed il ricorso non propone ragioni per indurre questa Corte di Cassazione a modificare l’orientamento medesimo.
5. Il primo motivo e’ infondato. Si e’, infatti, ormai consolidato il principio secondo cui la decadenza dall’azione giudiziaria prevista dall’art 47, d.P.R. n. 639/1970, nel testo sostituito dal Decreto Legge n. 384 del 1992, articolo 4 (conv. con L. n. 438 del 1992), trova applicazione anche per le controversie aventi ad oggetto il riconoscimento del diritto alla maggiorazione contributiva per esposizione all’amianto, siano esse promosse da pensionati ovvero da soggetti non titolari di alcuna pensione, potendo l’articolo 47 citato, per l’ampio riferimento alle controversie in materia di trattamenti pensionistici in esso contenuto, comprendere tutte le domande giudiziarie in cui venga in discussione l’acquisizione del diritto a pensione ovvero la determinazione della sua misura, cosi’ da doversi ritenere incluso nella previsione di legge anche l’accertamento relativo alla consistenza dell’anzianita’ contributiva utile ai fini in questione, sulla quale incide il sistema piu’ favorevole di calcolo della contribuzione in cui si sostanzia il beneficio previdenziale previsto dalla L. n. 257 del 1992, articolo 13, comma 8 (cfr. tra le piu’ recenti Cass. nn. 618 del 2018, 19729 del 2017, 17433 del 2017).
6. Altrettanto consolidato e’ il principio secondo cui con la domanda intesa all’accertamento del diritto alla rivalutazione contributiva non si fa valere il diritto al ricalcolo della prestazione pensionistica, ovvero alla rivalutazione dell’ammontare dei singoli ratei, in quanto erroneamente (o ingiustamente) liquidati in sede di determinazione amministrativa, bensi’ il diritto a un beneficio che, seppure previsto dalla legge ai fini pensionistici, e dunque intimamente collegato alla pensione, in quanto strumentale ad agevolarne l’accesso (ovvero, nel caso dei gia’ pensionati, ad ottenerne un arricchimento, ove la contribuzione posseduta sia inferiore al tetto massimo dei quarant’anni), e’ dotato di una sua specifica individualita’ e autonomia, operando sulla contribuzione ed essendo ancorato a presupposti propri e distinti da quelli pertinenti al diritto al trattamento pensionistico (cosi’, in specie, Cass. n. 17433 del 2017, cit., ove ulteriori riferimenti alla giurisprudenza di questa Corte).
7. Peraltro, va dato conto che, pronunciandosi su ricorsi vertenti su analoga materia e discussi alla presente udienza, questa Corte di cassazione ha avuto modo di esaminare la questione della natura giuridica del beneficio di cui si discute quanto al regime transitorio ed all’applicabilita’ della prescrizione e della decadenza, come sollecitato da talune ordinanze interlocutorie della Sesta Sezione, cui anche il ricorrente ha fatto cenno in memoria. Esse hanno messo in evidenza una contraddizione nella giurisprudenza di questa Corte di legittimita’ consistente nell’aver negato l’attribuzione di natura autonoma al citato beneficio di cui alla L. n. 257 del 1992, articolo 13, comma 8, ritenendolo coincidente con il diritto alla pensione, laddove si e’ individuato il regime transitorio tra la disciplina originaria e quella successiva di cui alla L. n. 326 del 2003, articolo 47.
Al contrario, laddove si tratta di applicare alla pretesa relativa alla rivalutazione in oggetto gli istituti della decadenza e della prescrizione, la stessa giurisprudenza di legittimita’ muove,come si e’ sopra riferito, dal presupposto che con la domanda intesa all’accertamento del diritto alla rivalutazione contributiva non si fa valere il diritto al ricalcolo della prestazione pensionistica, ovvero alla rivalutazione dell’ammontare dei singoli ratei, in quanto erroneamente (o ingiustamente) liquidati in sede di determinazione amministrativa, bensi’ il diritto a un beneficio che, seppure previsto dalla legge ai fini pensionistici e, dunque, intimamente collegato alla pensione, in quanto strumentale ad agevolarne l’accesso (ovvero, nel caso dei gia’ pensionati, ad ottenerne un arricchimento, ove la contribuzione posseduta sia inferiore al tetto massimo dei quarant’anni), e’ dotato di una sua specifica individualita’ e autonomia, operando sulla contribuzione ed essendo ancorato a presupposti propri e distinti da quelli pertinenti al diritto al trattamento pensionistico (cosi’ a partire da Cass. sent. n. 12685 del 2008 e nn. 3605, 4695 e 6382 del 2012; ord. nn. 7138, 8926, 12052 del 2011, n. 1629 del 2012 Cass. 04/04/2014 n. 7934; Cass. 30/06/2015; n. 17433 del 2017).
8. Viene, dunque, sollecitato un approfondimento relativo alla natura giuridica dei benefici contributivi legati alla esposizione all’amianto al fine di ricondurre l’interpretazione complessiva dell’istituto al parametro logico della coerenza, che impone di mantenere ferma la natura giuridica degli istituti senza che tale natura possa essere mutata a seconda delle concrete applicazioni.
6. La prima operazione da compiere e’ quella della verifica della effettiva esistenza di una reale antinomia, deve cioe’ accertarsi che, al di la’ delle espressioni linguistiche utilizzate, l’aver affermato, al fine di interpretare la disciplina transitoria, che il diritto alla maggiorazione contributiva non ha alcun autonomia rispetto al diritto alla pensione, sia espressione necessaria al fine di interpretare la disposizione transitoria nel senso fatto proprio dalle decisioni di questa Corte sopra citate.
7. Va, quindi, ripercorso lo schema logico utilizzato dai precedenti di questa Corte di legittimita’ nell’interpretazione della disciplina transitoria con la necessaria precisazione che il quadro normativo relativo al beneficio contributivo in oggetto e’ del tutto peculiare ed influenzato, quanto alla natura giuridica assunta dal beneficio, dalle mutate esigenze avvertite dal legislatore nel corso del tempo che si sono tradotte in precise modifiche normative.
8. Si discute dell’interpretazione relativa agli effetti riconnessi al peculiare quadro normativo frutto del succedersi delle seguenti fonti:
a) la legge di conversione n. 326 del 2003, che aggiunge del Decreto Legge n. 269 del 2003, articolo 47, il comma 6 bis, del seguente tenore: “6.-bis. Sono comunque fatte salve le previgenti disposizioni per i lavoratori che abbiano gia’ maturato, alla data di entrata in vigore del presente decreto, il diritto al trattamento pensionistico anche in base ai benefici previdenziali di cui alla L. 27 marzo 1992, n. 257, articolo 13, comma 8, nonche’ coloro che alla data di entrata in vigore del presente decreto, fruiscono di mobilita’, ovvero che abbiano definito la risoluzione del rapporto di lavoro in relazione alla domanda di pensionamento”.
b) la, di poco, successiva L. n. 350 del 2003, articolo 3, comma 132, che ha stabilito che: “in favore dei lavoratori che abbiano gia’ maturato, alla data del 3 ottobre 2003, il diritto al conseguimento dei benefici previdenziali di cui alla L. 27 marzo 1992, n. 257, articolo 13, comma 8 e successive modificazioni, sono fatte salve le disposizioni previgenti alla medesima data del 2 ottobre 2003. La disposizione di cui al primo periodo si applica anche a coloro che hanno avanzato domanda di riconoscimento all’I.N.A.I.L. o che ottengono sentenze favorevoli per cause avviate entro la stessa data. Restano salve le certificazioni gia’ rilasciate dall’I.N.A.I.L.”.
9. La giurisprudenza di questa Corte (cfr., ex plurimis, Cass. nn. 21862/2004; 15008/2005; 15679/2006; 24998/2014, 11046/2017), ha ritenuto che la disciplina previgente si applica: 1) a coloro che alla data del 2 ottobre 2003 avessero gia’ maturato il diritto al piu’ favorevole beneficio previdenziale di cui alla L. n. 257 del 1992 e tale diritto aveva maturato solo chi avesse maturato il diritto alla pensione oppure avesse ottenuto il riconoscimento del diritto alla rivalutazione in via amministrativa o giudiziaria; 2) a coloro che alla data del 2 ottobre 2003 avessero gia’ avviato un procedimento amministrativo o giudiziario per l’accertamento del diritto.
10. Occorre concentrarsi sulle ragioni sottese al formarsi del convincimento che la vecchia regolamentazione sia stata fatta salva solo in favore di chi avesse maturato il diritto alla pensione e non al solo beneficio previdenziale. In sintesi puo’ affermarsi che la giurisprudenza di questa Corte di Cassazione ha dato rilievo:
a) alla diversita’ strutturale e funzionale esistente tra il beneficio originariamente previsto dalla L. n. 257 del 1992 (consistente nel favorire l’esodo dei lavoratori dopo la sentenza di condanna della Corte di Giustizia CE n. 240 del 1990 e nella necessita’ di accelerare la cessazione dell’impiego dell’amianto mitigando le ricadute sul piano occupazionale derivanti dalla suddetta dismissione) e la nuova disciplina introdotta con la riforma del 2003 (dettata, anche secondo Corte Costituzionale n. 376/2008, dalla avvenuta realizzazione della dismissione delle lavorazioni dell’amianto e dalla dimostrazione in sede epidemiologia e scientifica che gli effetti dannosi della suddetta esposizione possono prodursi anche a lunga distanza di tempo con la conseguente utilita’ sociale dell’estensione del beneficio previdenziale a coloro che erano stati esposti in occasione dell’attivita’ di lavoro, anche se non obbligatoriamente assoggettata all’assicurazione INAIL);
b) alla nuova consistenza del beneficio che non vale al fine del raggiungimento della anzianita’ contributiva, ma e’ attribuito, in presenza delle altre condizioni di legge, a coloro che abbiano maturato il diritto al trattamento di quiescenza secondo gli ordinari criteri di calcolo, al solo fine della misura della pensione. In coerenza con la nuova finalita’ e’ prevista la riduzione del coefficiente di rivalutazione da 1,50 a 1,25, dovuta alla non irragionevole previsione che vi sarebbe stato un allargamento della platea degli aventi diritto e, quindi, a una nuova valutazione delle esigenze di bilancio;
c) alla mera differenza lessicale tra il Decreto Legge n. 269 del 2003, articolo 47, comma 6 bis (“diritto al trattamento pensionistico”) e la L. n. 350 del 2003, articolo 3, comma 132(“diritto al conseguimento dei benefici previdenziali di cui alla L. 27 marzo 1992, n. 257, articolo 13, comma 8, dalla quale non puo’ desumersi che la seconda locuzione varrebbe a far salva l’applicazione della disciplina previgente per tutti coloro che al momento dell’entrata in vigore della novella fossero risultati in possesso dei requisiti cui era condizionato il riconoscimento del beneficio previdenziale, indipendentemente dal fatto che avessero maturato il diritto alla pensione, in quanto, come si puo’ evincere anche dagli atti dei lavori preparatori parlamentari (vd. parere reso dall’11 Commissione Permanente con riferimento al Decreto Legge n. 269 del 2003, articolo 47, comma 6 bis – contenente il testuale riferimento all’ottenimento del diritto a pensione – nel senso della salvezza del mantenimento del vecchio regime “per le situazioni giuridiche soggettive dei lavoratori che avevano gia’ maturato, anteriormente alla data di entrata in vigore del decreto, il diritto al conseguimento dei benefici previdenziali di cui alla L. n. 257 del 1992, articolo 13, comma 8”, con cio’ mostrando di intendere la sostanziale sinonimia fra le due locuzioni;
d) alla considerazione che a voler seguire la tesi non condivisa, si sarebbe giunti alla sostanziale inapplicabilita’ del Decreto Legge n. 269 del 2003, articolo 47, comma 1, ai lavoratori adibiti ad attivita’ assoggettate all’assicurazione obbligatoria contro le malattie professionali dell’Inail, in palese contrasto con il carattere generale di tale disposizione, che non distingue affatto tra lavoratori addetti o non addetti ad attivita’ assoggettate alla suddetta assicurazione obbligatoria.
e) alla natura dei benefici previdenziali in oggetto giacche’ la giurisprudenza della Corte di cassazione si era ripetutamente espressa nel senso che “la rivalutazione contributiva non rappresenta una prestazione previdenziale autonoma, ma determina i contenuti del diritto alla pensione” (cfr., ex plurimis: Cass., nn. 21257/2004; 21862/2004; 15007/2005; 15008/2005; 16179/2005; 441/2006; 15679/2006; 23068/2007; 18135/2010; 3122/2011; 8649/2012).
11. Cosi’ enucleati i passaggi logici dei precedenti in esame, appare evidente che l’affermazione della natura non autonoma del diritto al beneficio contributivo da esposizione all’amianto non riveste un valore essenziale nel sostenere il percorso interpretativo prescelto ma si aggiunge ad altre considerazioni di per se’ idonee a condurre alla conclusione indicata.
12. Soprattutto e’ evidente che l’annotazione del carattere necessariamente non autonomo del beneficio e’, e non potrebbe essere altrimenti data la natura transitoria della norma da interpretare finalizzata a creare un’area di salvezza nel traghettamento verso la nuova misura, riferita alla fisionomia strutturale e funzionale del beneficio originariamente previsto dalla L. n. 257 del 1992, articolo 13, comma 8. Lo dimostra il richiamo alla giurisprudenza piu’ risalente (Cass. nn. 21257 e 21862 del 2004 ed ancor prima Cass. n. 2677 del 2002) che e’ riferita appunto all’originario beneficio che, per quanto sopra riferito, era certamente concepito come misura finalizzata essenzialmente ad agevolare il completamento della fattispecie costitutiva del diritto alla pensione attraverso l’incremento della base contributiva necessaria ma che non risponde pienamente alla nuova fisionomia del beneficio.
13. In definitiva, volendo ricondurre a coerenza il quadro interpretativo che caratterizza la disciplina in oggetto, va affermato che il riferimento alla natura non autonoma, rispetto al diritto alla pensione, non solo deve ritenersi riferito al beneficio contributivo previsto originariamente dalla L. n. 257 del 1992, articolo 13, mentre tale natura non puo’ ritenersi comune alla nuova misura introdotta dal legislatore del 2003, ma non e’ affermazione logicamente necessaria al fine di sostenere il percorso argomentativo adottato da questa Corte di legittimita’ nell’interpretare la disciplina transitoria in oggetto.
14. L’infondatezza del primo motivo determina l’assorbimento del secondo e del terzo, giacche’ essi presuppongono logicamente la sua fondatezza.
15. Il ricorso, conclusivamente, va rigettato. Nulla deve statuirsi sulle spese del giudizio di legittimita’ per non avere l’intimato svolto attivita’ difensiva. In considerazione dell’esito del giudizio, sussistono i presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1-quater, da’ atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso articolo 13, comma 1-bis.
Leave a Reply