Suprema Corte di Cassazione
Sezione VI penale
Sentenza 25 ottobre 2012, n. 41675
Reati contro l’amministrazione della giustizia – Tutela arbitraria delle proprie ragioni – Estinzione dei contratti di somministrazione delle forniture di energia e di acqua relative all’appartamento affittato – Realizzazione del mutamento di destinazione dei beni “portati” dalle utenze (gas metano, energia elettrica, acqua) integrante il reato di cui all’articolo 392 c.p.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. AGRO’ Antonio S. – Presidente
Dott. SERPICO Francesco – Consigliere
Dott. CORTESE Arturo – Consigliere
Dott. PAOLONI Giacomo – Consigliere
Dott. CITTERIO Carlo – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nata a (OMISSIS);
avverso la sentenza in data 15/10/2010 della Corte di Appello di Firenze;
esaminati gli atti, la sentenza impugnata ed il ricorso;
udita in pubblica udienza la relazione del consigliere Dott. Giacomo Paoloni;
udito il pubblico ministero in persona del sostituto P.G. Dott. STABILE Carmine, che ha concluso per il rigetto del ricorso.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. Con la sentenza indicata in epigrafe la Corte di Appello di Firenze ha confermato la decisione resa il 26.10.2007, a conclusione del giudizio con rito ordinario, dal Tribunale di Livorno sezione di Cecina, che ha dichiarato (OMISSIS) colpevole dei reati di esercizio arbitrario delle proprie ragioni e di danneggiamento, condannandola alla pena – con le attenuanti generiche ed unificati dalla continuazione i due reati – di euro trecento di multa e al risarcimento del danno in favore di una delle tre costituite parti civili; risarcimento che la Corte territoriale, in accoglimento del loro appello, ha esteso anche alle altre due parti civili.
2. La condotta criminosa della (OMISSIS) e’ agevolmente ricostruibile.
Con sentenza del 6.4.2005 (divenuta definitiva dopo i fatti penalmente rilevanti ascritti all’imputata) il Tribunale civile di Livorno rigettava la domanda della (OMISSIS) di risoluzione per inadempimento (sfratto per morosita’) del contratto di locazione turistica di un suo immobile di (OMISSIS) stipulato con (OMISSIS) e dichiarava inammissibile la connessa domanda della stessa (OMISSIS) volta ad ottenere il pagamento di somme versate per le forniture domestiche di gas, elettricita’ ed acqua relative alle utenze a lei intestate. La stessa sentenza dichiarava, tuttavia, scaduto il contratto di locazione immobiliare alla data del 29.5.2004, condannando il conduttore (OMISSIS) al rilascio dell’immobile “entro il termine di sei mesi dalla pubblicazione della sentenza”.
In tale contesto l’imputata allo scopo di ottenere un piu’ rapido “rilascio” dell’appartamento, per riaffittarlo in vista dell’imminente stagione estiva, nel maggio del (OMISSIS) ha proceduto a disdire i contratti di fornitura, a lei intestati, del gas metano, dell’energia elettrica e dell’acqua serventi l’appartamento occupato dal (OMISSIS) con la moglie e due bambini, cosi’ determinando la cessazione della loro erogazione, durata circa una settimana fino alla riattivazione delle utenze con autonomi contratti di fornitura stipulati dal locatario (OMISSIS). I giudici di merito di primo e di secondo grado hanno ritenuto il comportamento della (OMISSIS), oggetto di querela del (OMISSIS) in proprio e nell’interesse dei due figli minori (tutti e tre costituitisi parti civili nel giudizio), integrare il reato di ragion fattasi in relazione alla “violenza sulle cose” esercitata ex articolo 392 c.p., comma 2 dall’imputata, intesa come “mutamento di destinazione dell’energia elettrica, dell’acqua e del gas, beni mobili distolti dal servizio all’appartamento concesso in locazione, con interruzione dell’erogazione delle forniture”. Violenza deliberatamente attuata dall’imputata e correlata alla sua possibilita’ di “ricorrere al giudice” per far valere il proprio diritto al rilascio dell’immobile, atteso che la (OMISSIS) aveva la possibilita’ di proporre appello contro l’indicata sentenza civile che, negata la morosita’ del (OMISSIS) per la durata del cessato contratto di locazione, aveva concesso allo stesso un termine di sei mesi per il definitivo “rilascio” dell’appartamento, termine ancora lontano dalla scadenza nel momento in cui la proprietaria ha effettuato la disdetta dei contratti di fornitura energetica e dell’acqua relativi all’abitazione locata. Nel medesimo quadro dei conflittuali rapporti instauratisi tra le parti i giudici di merito hanno inscritto l’ulteriore concorrente condotta della (OMISSIS) qualificata come danneggiamento (capo B della rubrica), consistita nel recidere un filo stendibiancheria collocato, come confermato da piu’ testimoni, dal (OMISSIS) e dalla moglie all’esterno dell’appartamento.
3. Contro la sentenza di appello ha proposto ricorso per cassazione l’imputata di persona, prospettando le seguenti censure per violazione di legge e carenza ed illogicita’ della motivazione con riguardo alla sola contestata fattispecie di cui all’articolo 392 c.p..
3.1. Erronea applicazione dell’articolo 392 c.p. e illogicita’ della decisione in riferimento alla effettiva possibilita’ della prevenuta di adire l’autorita’ giudiziaria e alla sua ritenuta volonta’ lesiva.
Il diritto al rilascio dell’immobile ceduto in locazione non era in realta’ oggetto di contrasto o di una controversia di fatto tra le parti. Dopo la sentenza del giudice civile la (OMISSIS) non avrebbe avuto motivo e titolo per impugnare la decisione (“…non potendo ella ottenere piu’ di quanto gia’ ottenuto”) che aveva gia’ riconosciuto il suo diritto al rilascio dell’immobile, sancendo l’avvenuta scadenza del contratto di locazione del (OMISSIS). Ne’ appare logico ritenere che la (OMISSIS) avrebbe “dovuto tollerare l’utilizzo delle utenze da parte della famiglia (OMISSIS) a suo nome” (a lei intestate). I giudici di secondo grado, del resto, evocando la possibilita’ di impugnazione della sentenza civile da parte dell’imputata, non hanno saputo individuare quale specifico diritto, reale o supposto, l’imputata avrebbe potuto azionare in sede giudiziaria per far valere le proprie ragioni. Difetta, quindi, un presupposto indefettibile del contestato reato di cui all’articolo 392 c.p..
3.2. Illogicamente la sentenza impugnata ha trascurato di esaminare l’effettiva sussistenza dell’elemento soggettivo del reato e di rilevare come l’intero contegno dell’imputata sia stato improntato alla “buona fede”, nella convinzione della intervenuta cessazione di ogni suo obbligo verso il conduttore (OMISSIS) e nella stessa certezza che sicuramente il (OMISSIS) avrebbe provveduto a volturare le utenze a suo nome. Per altro, se la violenza sulle cose e’ integrata – come afferma la giurisprudenza di legittimita’ – anche da un mutamento della loro destinazione che si traduca nell’impedirne l’uso, tale violenza deve – come chiarisce quella stessa giurisprudenza – possedere, ai fini dell’articolo 392 c.p., un carattere di permanenza o di sufficiente stabilita’ temporale, che nel caso di specie manca (per la descritta rapida riattivazione delle utenze energetiche a cura del locatario).
4. L’impugnazione va respinta per infondatezza dei delineati motivi di ricorso.
4.1. L’elemento oggettivo del reato non e’ oggetto di contestazione da parte della ricorrente, se non sotto il profilo della sua significativita’ temporale.
L’azione della (OMISSIS) manifestatasi attraverso l’estinzione dei contratti di somministrazione delle forniture di energia e di acqua relative all’appartamento affittato realizza un concreto e specifico mutamento di destinazione dei beni “portati” dalle utenze (gas metano, energia elettrica, acqua) integrante il reato di cui all’articolo 392 c.p., tradottosi nel modificarne o impedirne l’originaria utilizzazione loro propria, funzionale ad un normale uso della stessa unita’ abitativa concessa in locazione (cfr. Cass. Sez. 6, 17.12.2008 n. 6187/09, Perucci, rv. 243053). Correttamente i giudici di merito hanno inquadrato la condotta della ricorrente nella categoria della violenza realizzatrice del reato nella sua manifestazione di “mutamento di destinazione” della cosa oggetto dell’arbitraria autotutela del soggetto agente. Non e’ dubitabile che la cessazione delle utenze intestate alla proprietaria locatrice, senza l’assenso del legittimo conduttore, operata dalla (OMISSIS) ha determinato, quale effetto automatico, secondo la palese intenzione della donna (questo essendo il suo obiettivo, strumentale ad un anticipato rilascio dell’immobile da parte del locatario), l’immediato distacco delle forniture in favore dell’appartamento abitato dal (OMISSIS) e dalla sua famiglia. Un esito lesivo che, in forma derivata, ha dato luogo ad una non breve inutilizzabilita’ del bene immobile concesso in locazione, rendendolo in sostanza “invivibile” per un apprezzabile tempo (una settimana o poco piu’), necessario al conduttore per ottenere il ripristino delle erogazioni dell’energia e dell’acqua, nonche’ inducendo l’intera famiglia (con due bambini piccoli) ad avvalersi dell’ausilio di terzi per le loro elementari esigenze di vita. Il dato per cui il (OMISSIS), al momento dei fatti legittimo locatario dell’abitazione, sia stato in grado di provvedere alla riattivazione delle forniture non elide l’oggettiva rilevanza del periodo di durata della “violenza” (mutamento di destinazione/inutilizzabilita’ del bene) costitutiva del contestato reato (v. Cass. Sez. 6, 28.10.2008 n. 4373/09, Sola, rv. 242775).
4.2. Non hanno pregio i rilievi sulla asserita indeterminatezza della pretesa giuridica che l’imputata avrebbe potuto far valere “ricorrendo al giudice”. Posto che l’interesse anche patrimoniale della (OMISSIS) afferiva alla possibilita’ di riaffittare per l’estate l’appartamento gia’ locato al (OMISSIS), non risponde al vero che l’imputata non avesse titolo per adire nuovamente l’autorita’ giudiziaria, che pure aveva gia’ riconosciuto, in forma indiretta (dichiarata scadenza del contratto di locazione), il suo diritto alla riconsegna dell’immobile ceduto in locazione. Il suo interesse anticipato alla riconsegna, potenzialmente contestabile dal (OMISSIS) (autorizzato ad occupare l’appartamento per ulteriori sei mesi dalla pronuncia-pubblicazione della sentenza civile), ben le consentiva, infatti, come chiarisce la sentenza impugnata, di rivolgersi all’autorita’ giudiziaria, in luogo di esercitare la personale indebita opera “persuasiva” nei confronti del conduttore con il provocato distacco delle forniture energetiche.
Non soltanto la sentenza civile del Tribunale di Livorno era appellabile (essendo passata in giudicato soltanto dopo i fatto integranti l’odierna regiudicanda penale), si’ che la (OMISSIS) ben avrebbe potuto invocare la modifica del capo della decisione concernente la durata del periodo di c.d. comporto semestrale riconosciuto al (OMISSIS). Ma la stessa (OMISSIS) avrebbe ancor piu’ efficacemente (in termini di tempestivita’) potuto adire il giudice dell’esecuzione civile in virtu’ del conseguito titolo esecutivo per il rilascio dell’appartamento formato dalla sentenza civile (Legge n. 392 del 1978, articolo 56 in tema di locazioni urbane), richiedendo la riduzione del termine di postergazione della riconsegna concesso al locatario. Ovvero, ancora, avrebbe potuto esperire la particolare procedura di opposizione innanzi al Tribunale a norma dell’articolo 618 c.p.c., secondo quanto previsto – sempre in tema di locazioni immobiliari – dalla Legge 9 dicembre 1998, n. 431, articolo 6, comma 4.
E’ appena il caso di aggiungere, in vero, che la possibilita’ di fare ricorso al giudice limitante ex articolo 392 c.p. l’autotutela giuridica del titolare di un preteso diritto (putativo o reale) non puo’ certo considerarsi circoscritta al solo giudizio di cognizione del merito della controversia, effettiva o potenziale, necessariamente involgendo essa anche la fase degli effetti susseguenti, in executivis, dell’azione giudiziaria promossa dal titolare del preteso diritto. Anche in tale fase esecutiva persistono immutate le esigenze, sottese alla norma incriminatrice, di impedire e di prevenire – per ragioni di ordinata convivenza collettiva e di pace sociale – che il soggetto privato si faccia ragione da se stesso, non avvalendosi dei mezzi che l’ordinamento giuridico gli offre per la tutela dei suoi interessi personali.
4.3. Analogamente prive di fondamento sono le censure attinenti alla mancata dimostrazione della volonta’ lesiva della ricorrente, che avrebbe agito nella convinzione di esercitare un proprio legittimo diritto, improduttivo di supposti danni a terzi e in particolare al proprio locatario (OMISSIS).
L’analisi del dolo specifico del reato ascritto alla ricorrente sviluppata dalla sentenza di appello e’ corretta e conforme agli indirizzi ermeneutici di questa Corte regolatrice in tema di accertamento del dolo specifico del reato di ragion fattasi.
La buona fede del soggetto agente, che e’ condizione o presupposto dell’esistenza stessa dei reati previsti dagli articoli 392 e 393 c.p. (convinzione del legittimo esercizio di un proprio diritto), non va fraintesa come indice dell’assenza di volonta’ colpevole, questa essendo caratterizzata dall’attuazione di una condotta con la consapevolezza di poter ricorrere al giudice per difendere un diritto che si ritiene di vantare e che si esercita e realizza – invece – in via personale e diretta alla scopo di raggiungere i medesimi risultati favorevoli che si conseguirebbero con il rivolgersi all’autorita’ giudiziaria. Non e’ necessario che il diritto oggetto dell’arbitraria tutela privata sia realmente esistente, essendo sufficiente che l’autore agisca nella ragionevole opinione di difendere un suo diritto e nella consapevolezza degli effetti, diretti o indiretti, discendenti da siffatta difesa o autotutela. Nel caso di specie, come gia’ visto, la (OMISSIS) ha agito, ben sapendo e anzi volendo determinare proprio tale effetto, che l’estinzione dei contratti di fornitura a lei intestati avrebbe causato, in diretta causalita’ efficiente, il “taglio” o cessazione delle erogazioni di gas, elettricita’ e acqua all’appartamento abitato dalla famiglia del (OMISSIS). Effetto tale da rendere l’immobile seriamente inutilizzabile per lo scopo abitativo suo proprio per un tempo significativo e comunque non breve, nella dissimulata aspettativa – proprio a causa del contegno scientemente attuato dalla prevenuta (estinzione dei contratti di somministrazione)- di un anticipato rilascio dell’appartamento da parte del (OMISSIS).
Come rilevano le due conformi sentenze di merito sulla base dei dati conoscitivi ampiamente offerti dalla istruttoria dibattimentale, la (OMISSIS) ha agito con piena contezza degli effetti causali della sua condotta e con la volonta’ di produrli, si’ da non potersi dubitare del dolo del reato connotante il comportamento dell’imputata globalmente valutato (v. sentenza di appello: “… logica alla base della complessiva condotta della (OMISSIS), intesa a rendere disagevole la permanenza del nucleo familiare del (OMISSIS) nell’immobile”).
Al rigetto del ricorso segue per legge la condanna della ricorrente al pagamento delle spese del procedimento.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali.
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