Suprema Corte di Cassazione 

sezione IV

sentenza n. 35221 del 13 settembre 2012

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

A seguito di giudizio abbreviato, i Tribunale di Vercelli ha affermato la penale responsabilità dell’imputato in epigrafe in ordine ai reati di omicidio colposo in danno di V.S., di omissione di soccorso di cui all’art. 189, commi 6 e 7, e di guida in stato di ebbrezza di cui all’art. 186 C.d.S., lett. C. La pronunzia è stata confermata dalla Corte d’appello di Torino.
All’imputato è stata riconosciuta l’attenuante del risarcimento del danno equivalente all’aggravante di cui all’art. 61 cod. pen., n. 3 ed alla recidiva. Con riguardo all’aggravante di cui all’art. 589 cod. pen., comma 3 è stato applicato l’art. 590 bis cod. pen..
Secondo quanto ritenuto dai giudici di merito l’imputato, alla guida di un’auto, procedendo ad elevata velocità ed in stato di forte alterazione alcolica, investiva il pedone V.S. che procedeva nell’opposto senso di marcia. Lo stesso imputato, subito dopo il violento urto,non ottemperava all’obbligo di fermarsi e prestare assistenza. Sottoposto ad esame alcolimetrico, veniva rilevato un tasso superiore a 2,71.
Ricorre per cassazione l’imputato deducendo diversi motivi.
Con il primo motivo si censura la pronunzia per ciò che attiene al diniego delle attenuanti generiche.

Si è trascurato di attribuire congruo rilievo alla lettera di rincrescimento redatta dall’imputato, che costituisce una confessione implicita e rappresenta la sofferta rielaborazione del fatto in termini di assoluta critica negativa del proprio operato.

La Corte di merito ha omesso ogni puntuale valutazione al riguardo, affermando in modo apodittico che tale documento è il frutto di una iniziativa stimolata dal desiderio di ottenere benefici processuali. Si è pure trascurato che la iniziale dichiarazione di non essersi avveduto dell’investimento trova giustificazione nell’immediatezza del fatto ed appare determinata dalla errata percezione della realtà conseguente allo stato di intossicazione alcolica.

La Corte ha altresì incongruamente attribuito rilievo negativo al precedente uso di sostanze stupefacenti, omettendo di considerare favorevolmente l’uscita dalla tossicodipendenza e lo svolgimento di un onesto lavoro. A seguito di tale incongruo apprezzamento delle peculiarità de caso è stata determinata una pena che, considerata la riduzione dovuta alla scelta del rito, costituisce il massimo edittale.

Con il secondo motivo si censura il diniego di riduzione della pena.
La Corte, nel respingere la richiesta, ha utilizzato i medesimi elementi di giudizio precedentemente considerati per negare le attenuanti generiche. In conseguenza, le medesime circostanze sono stati oggetto di una doppia valutazione negativa.

E’ stata poi trascurata qualunque valutazione sulla capacità a delinquere. Si è pure omesso di considerare che l’unico pregiudizio penale attiene ad un fatto lieve risalente nel tempo; e che l’imputato è cresciuto in seno ad una famiglia onesta e lavoratrice.
Con il terzo motivo si censura l’apprezzamento compiuto per ciò che attiene ai reati di fuga e di omessa prestazione di assistenza. Si è trascurato che, a seguito del violentissimo urto, il corpo della povera vittima scomparve immediatamente alla destra del furgone e venne proiettato all’esterno della sede stradale precipitando in un campo sottostante. Ne discende che l’imputato non venne posto in condizione di constatare direttamente con i propri sensi di aver investito una persona che ben poteva non aver visto dalla sua posizione di guida a sinistra. Egli, in realtà non si rese conto dell’accaduto anche per effetto della forte ubriachezza. In conclusione, il giudice di merito ha travisato le caratteristiche del fatto, così pervenendo a ritenere incongruamente la consapevolezza di quanto accaduto; mentre in realtà il ricorrente non si diede volontariamente alla fuga ma proseguì la marcia in condizioni di alterata coscienza per lo stato di ubriachezza.

Il ricorso è infondato.
La pronunzia considera che elemento di giudizio largamente preponderante è costituito dalla assoluta gravità della condotta illecita, caratterizzata dalla guida in stato di profondissima alterazione alcolica e dall’investimento del pedone.

A fronte di tale dato di rimarcata gravità, la Corte reputa recessivi i tenui, favorevoli elementi di giudizio evocati dal ricorrente: si considera che il comportamento processuale non è stato del tutto favorevole, che il ravvedimento sembra essere stato espresso con formula di maniera, che pesa comunque una precedente condanna.

Viene quindi confermata la pena inflitta dal primo giudice con esclusione delle attenuanti generiche. Si tratta di un apprezzamento in fatto che è congruamente argomentato ed immune da vizi logici o giuridici.

Dunque, non è consentita alcuna sovrapposizione di giudizio nei termini sollecitati dai primi due motivi di ricorso.
Pure immune da censure è l’argomentazione per ciò che attiene ai reati di cui all’art. 189 C.d.S.. Si considera che l’urto ha avuto forte intensità, tanto che la vittima è stata proiettata contro il parabrezza ed è stata poi scaraventata contro il parapetto. Un urto siffatto non poteva di certo sfuggire all’imputato, sebbene egli si trovasse in stato di alterazione alcolica. D’altra parte il C. si è fermato dopo (Incidente, sia pure ad una certa distanza, per non correre il pericolo di essere facilmente identificato.

Dunque, conclude la Corte di merito, non si può sostenere che non si sia reso conto e che non abbia agito consapevolmente. In tale apprezzamento non si colgono errori logici: il richiamo della violenza dell’urto e della successiva fermata giustifica pienamente e rende del tutto razionale l’apprezzamento del giudice di merito.
Il ricorso deve essere conseguentemente rigettato. Segue per legge la condanna al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

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