Corte di Cassazione, sezione quinta penale, Sentenza 9 ottobre 2018, n. 45354.
Le massime estrapolate:
Ai fini della rituale contestazione del delitto di atti persecutori non si richiede che il capo d’imputazione rechi la precisa indicazione del luogo e della data di ogni singolo episodio nel quale si e’ concretizzato il compimento di atti persecutori, essendo sufficiente a consentire un’adeguata difesa la descrizione in sequenza dei comportamenti tenuti, la loro collocazione temporale di massima e le conseguenze per la persona offesa.
La descrizione dei comportamenti tenuti, la collocazione temporale – pur di massima – degli stessi e la descrizione degli eventi tipici assumono particolare rilievo in presenza di sequenze di accadimenti risalenti anche ad epoche anteriori all’introduzione del reato di cui all’articolo 612-bis c.p..
Infatti, l’applicabilita’ della fattispecie incriminatrice di atti persecutori presuppone la realizzazione, dopo l’introduzione della nuova fattispecie incriminatrice, di tutti gli elementi costitutivi del reato di cui all’articolo 612 bis c.p. (e non solo, ad esempio, di un’ultima condotta persecutoria preceduta da altre intervenute prima della novella legislativa che ha previsto il reato): per l’applicabilita’ della nuova norma non e’ quindi sufficiente che sia stato compiuto l’ultimo atto dopo la sua entrata in vigore, ma occorre che tale atto sia stato preceduto da altri comportamenti tipici ugualmente compiuti sotto la vigenza della nuova norma incriminatrice, mentre atti posti in essere prima dell’introduzione del Decreto Legge 23 febbraio 2009, n. 11, convertito, con modificazioni, con la legge 23 aprile (OMISSIS), n. 38, “non possono rientrare nella condotta prevista e punita dall’articolo 612 bis c.p.”, ma neppure “possono proiettare la loro irrilevanza penale su atti successivi degradandoli a post factum non punibile”.
Sentenza 9 ottobre 2018, n. 45354
Data udienza 13 settembre 2018
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE QUINTA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. MICCOLI Grazia – Presidente
Dott. CAPUTO Angel – Rel. Consigliere
Dott. TUDINO Alessandri – Consigliere
Dott. SCORDAMAGLIA Irene – Consigliere
Dott. AMATORE Roberto – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sui ricorsi proposti da:
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
avverso la sentenza del 12/10/2017 della CORTE APPELLO di FIRENZE;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Dott. Caputo Angelo;
uditi in pubblica udienza il Sostituto Procuratore generale della Repubblica presso questa Corte di cassazione Dott. Fimiani Pasquale, che ha concluso per l’annullamento senza rinvio limitatamente ai reati di atti persecutori e di interferenze illecite nella vita privata in danno di (OMISSIS), perche’ l’azione non poteva essere iniziata per difetto di querela e per l’inammissibilita’ nel resto, con rideterminazione della pena e delle statuizioni civili;
udito per i ricorrenti, l’avv. (OMISSIS), che ha concluso per l’accoglimento dei ricorsi.
RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza deliberata il 09/04/2015, il Tribunale di Firenze dichiarava (OMISSIS) ed (OMISSIS) responsabili: A) entrambi, del reato di atti persecutori in danno di (OMISSIS) e di (OMISSIS) (dall'(OMISSIS)); B) entrambi, del reato di interferenze illecite nella vita privata in danno di (OMISSIS) e di (OMISSIS) (nelle circostanze di cui al capo A); C) la sola (OMISSIS), del reato di violenza privata in danno di (OMISSIS) (nel periodo estivo del (OMISSIS)); riconosciuta la continuazione, (OMISSIS) veniva condannata alla pena di anni 2 di reclusione, mentre (OMISSIS) veniva condannato alla pena di mesi 10 di reclusione; entrambi gli imputati venivano poi condannati al risarcimento dei danni liquidati in Euro 15.000,00 per ciascuno.
Investita dei gravami degli imputati, la Corte di appello di Firenze, con sentenza deliberata il 12/10/2017, ha rideterminato in anni 1 e in mesi 6 di reclusione la pena rispettivamente irrogata a (OMISSIS) e a (OMISSIS), ha rideterminato in Euro 5.000,00 la somma liquidata a titolo di risarcimento del danno e ha confermato nel resto la sentenza di primo grado.
2. Avverso l’indicata sentenza della Corte di appello di Firenze hanno proposto ricorso per cassazione (OMISSIS) ed (OMISSIS), con un unico atto e attraverso il difensore avv. (OMISSIS), articolando nove motivi di seguito enunciati nei limiti di cui all’articolo 173 disp. att. c.p.p., comma 1.
2.1. Il primo motivo denuncia, in relazione al capo A), vizi di motivazione e violazione del principio di irretroattivita’ della legge penale, per aver ritenuto la sussistenza del reato di atti persecutori in relazione a comportamenti anteriori all’introduzione della norma incriminatrice. Erroneamente la sentenza di appello ha valorizzato, in ordine all’epoca dei fatti, la testimonianza di (OMISSIS), nonostante lo stesso abbia affermato che la realizzazione della strada alternativa (nel (OMISSIS)) aveva risolto il problema e abbia riferito di fatti estranei a questo processo, come denunciato nell’atto di appello. La sentenza impugnata non e’ stata in grado di circostanziare la condotta ascritta agli imputati attraverso l’individuazione di fatti specifici e condotte precisamente collocate nel tempo, tanto piu’ che le stesse dichiarazioni di (OMISSIS) potrebbero avere valore e significato solo per lui, ma non per (OMISSIS), nei cui confronti le condotte asseritamente persecutorie sono anteriori al (OMISSIS).
2.2. Il secondo motivo denuncia, in relazione al capo A), vizi di motivazione e inosservanza dell’articolo 649 c.p.p., per aver ritenuto sussistente il reato di atti persecutori in relazione a molestie gia’ giudicate con sentenze del Tribunale di Firenze del 11/12/2013.
2.3. Il terzo motivo denuncia, in relazione al capo A), inosservanza dell’articolo 612-bis c.p., e mancanza di motivazione. Nel caso di specie, manca qualsiasi evidenza di patologie o di reali turbamenti e neppure le testimonianze danno conto di uno stato di prostrazione psichica, laddove la comprovata reciprocita’ dei comportamenti molesti imponeva al giudice un piu’ accurato onere di motivazione, anche in ordine all’attendibilita’ delle persone offese.
2.4. Il quarto motivo denuncia, in relazione ai capi A) e B), inosservanza dell’articolo 110 c.p., per aver affermato la responsabilita’ di (OMISSIS) a titolo di concorso con (OMISSIS) facendo mal governo della distinzione tra concorso morale e connivenza, nonche’ omessa applicazione della circostanza attenuante di cui all’articolo 114 c.p..
2.5. Il quinto motivo denuncia, in relazione a tutte le imputazioni, inosservanza dell’articolo 62-bis c.p., con riguardo alla conferma del diniego dell’applicazione delle circostanze attenuanti generiche.
2.6. Il sesto motivo denuncia, in relazione al capo B), inosservanza degli articoli 612-bis e 615-bis c.p., con riguardo agli articoli 15 e 84 c.p., per aver ritenuto, in relazione a comportamenti costituenti l’elemento materiale del reato di atti persecutori, la sussistenza del reato di cui al capo B), nonche’, per la sola (OMISSIS), la sussistenza del reato di cui al capo C).
2.7. Il settimo motivo denuncia, con riguardo alla posizione di (OMISSIS), inosservanza dell’articolo 132 c.p., e mancanza di motivazione circa le ragioni per il superamento del minimo edittale.
2.8. L’ottavo motivo denuncia violazione dell’articolo 185 c.p., e dell’articolo 538 c.p.p., in relazione alla condanna al risarcimento dei danni.
2.9. Il nono motivo denuncia, in relazione ai capi A) e B), inosservanza dell’articolo 529 c.p., per l’omesso rilievo della mancanza della querela di (OMISSIS) per i fatti a lui riferibili come persona offesa.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. I ricorsi devono essere accolti, nei termini e con gli effetti di seguito indicati.
2. Meritano accoglimento le censure articolate dai ricorrenti con riferimento al capo A).
2.1. Come questa Corte ha avuto modo di affermare, ai fini della rituale contestazione del delitto di atti persecutori non si richiede che il capo d’imputazione rechi la precisa indicazione del luogo e della data di ogni singolo episodio nel quale si e’ concretizzato il compimento di atti persecutori, essendo sufficiente a consentire un’adeguata difesa la descrizione in sequenza dei comportamenti tenuti, la loro collocazione temporale di massima e le conseguenze per la persona offesa (Sez. 5, n. 35588 del 03/04/2017, Rv. 271206; conf. Sez. 5, n. 28623 del 27/04/2017, Rv. 270875; Sez. 5, n. 7544 del 25/10/2012 – dep. 2013, Rv. 255016). La descrizione dei comportamenti tenuti, la collocazione temporale – pur di massima – degli stessi e la descrizione degli eventi tipici assumono particolare rilievo in presenza di sequenze di accadimenti risalenti anche ad epoche anteriori all’introduzione del reato di cui all’articolo 612-bis c.p.. Infatti, secondo il consolidato indirizzo della giurisprudenza di legittimita’ l’applicabilita’ della fattispecie incriminatrice di atti persecutori presuppone la realizzazione, dopo l’introduzione della nuova fattispecie incriminatrice, di tutti gli elementi costitutivi del reato di cui all’articolo 612 bis c.p. (e non solo, ad esempio, di un’ultima condotta persecutoria preceduta da altre intervenute prima della novella legislativa che ha previsto il reato): “per l’applicabilita’ della nuova norma non e’ quindi sufficiente che sia stato compiuto l’ultimo atto dopo la sua entrata in vigore, ma occorre che tale atto sia stato preceduto da altri comportamenti tipici ugualmente compiuti sotto la vigenza della nuova norma incriminatrice” (Sez. 5, n. 54308 del 25/09/2017), mentre atti posti in essere prima dell’introduzione del Decreto Legge 23 febbraio 2009, n. 11, convertito, con modificazioni, con la legge 23 aprile (OMISSIS), n. 38, “non possono rientrare nella condotta prevista e punita dall’articolo 612 bis c.p.”, ma neppure “possono proiettare la loro irrilevanza penale su atti successivi degradandoli a post factum non punibile” (Sez. 5, n. 10388 del 06/11/2012 -dep. 2013, Rv. 255330; conf. Sez. 5, n. 18999 del 19/02/2014, Rv. 260410; Sez. 5, n. 48268 del 27/05/2016, Rv. 268162).
La sentenza impugnata non ha fatto buon governo dei principi di diritto richiamati. Investita dagli appellanti della censura relativa alla collocazione temporale dei fatti assunti come integratori del reato abituale (censura articolata anche sulla scorta dei contenuti della querela della persona offesa (OMISSIS)), la Corte distrettuale si e’ limitata a richiamare un brano delle dichiarazioni del teste (OMISSIS) in cui si fa generico riferimento a “un continuo” di condotte moleste, senza che le stesse siano descritte e oggetto di collocazione – sia pur di massima – nel tempo: nei termini indicati, inoltre, la motivazione della sentenza impugnata non da’ conto del compimento, dopo l’introduzione della norma incriminatrice, di atti persecutori riferibili all’una o all’altra persona offesa ovvero ad entrambe. Gli appellanti, inoltre, avevano specificamente dedotto richiamando puntualmente le dichiarazioni della teste (OMISSIS) – la cesura temporale risalente al (OMISSIS) e collegata alla realizzazione della strada alternativa da allora usata dalla stessa persona offesa, che, secondo quanto dedotto nell’appello, non aveva indicato alcun fatto di molestia successivo a quella data: il punto non e’ stato esaminato dalla sentenza impugnata. Pertanto, la motivazione del provvedimento impugnato non risulta “effettiva”, ossia realmente idonea a rappresentare le ragioni che il giudicante ha posto a base della decisione adottata (Sez. 1, n. 41738 del 19/10/2011, Longo, Rv. 251516).
2.2. Per le medesime ragioni deve essere accolto anche il terzo motivo: la Corte di appello ha motivato la riconoscibilita’ degli eventi tipici del reato di atti persecutori sulla base del riferimento alla reiterazione delle condotte offensive per un apprezzabile lasso di tempo. Tuttavia, la mancata, puntuale individuazione delle condotte tipiche realizzate dopo l’introduzione della norma incriminatrice e, a maggior ragione, il richiamo all’apprezzabile lasso di tempo (svolto in termini che sembrano riferirsi anche a condotte anteriori) inficiano anche in parte qua la motivazione della sentenza impugnata.
2.3. In ordine al quarto motivo, la Corte di appello, al fine di dar conto degli elementi dimostrativi del concorso di (OMISSIS) negli atti persecutori ascritti alla moglie, richiama azioni materiali poste in essere dall’imputato, nonche’ il sostegno morale e la mancata disapprovazione delle condotte del coniuge, condotta – quella attribuita a (OMISSIS) – dimostrativa della sua connivenza con la coimputata. Nei termini indicati, la motivazione della sentenza impugnata anche per la mancata descrizione dei fatti rilevanti ai fini dell’integrazione della fattispecie incriminatrice messa in luce nell’esame del primo e del terzo motivo e’ priva di effettivita’, replicando in termini del tutto generici alle censure dell’appellante e obliterando la differenza tra connivenza non punibile e concorso nel reato commesso da altro soggetto (ex plurimis, Sez. 3, n. 34985 del 16/07/2015, Caradonna, Rv. 264454).
3. E’ fondato, nei termini di seguito specificati, il nono motivo. Alla puntuale censura degli appellanti circa la mancanza di querela da parte di (OMISSIS), la Corte di appello replica richiamando la qualita’ di persona offesa rivestita dallo stesso, rilievo all’evidenza inidoneo a dar conto della procedibilita’ dei reati ascritti all’imputato. In ogni caso, dagli atti trasmessi a questa Corte non risulta la presentazione di una querela da parte di (OMISSIS), sicche’ per il reato sub B) e con riferimento a detta persona offesa non sussiste la necessaria condizione di procedibilita’. Ad analoga conclusione non puo’ giungersi con riguardo all’imputazione sub A), poiche’ la relativa imputazione fa riferimento al reato di violenza privata procedibile d’ufficio, che, anche se, come si vedra’, prescritto (cfr., ex plurimis, Sez. 3, n. 1190 del 29/11/2011 – dep. 2012, Rv. 251908), e’ contestato come connesso al reato di atti persecutori, il che esclude la procedibilita’ a querela.
4. Come si anticipato, il reato di violenza privata, contestato come commesso “durante il periodo estivo” del (OMISSIS) e’ estinto per prescrizione. Anche a voler dar coincidere il tempus commissi delicti con la fine dell’estate del (OMISSIS) ((OMISSIS)) e aggiungendo al termine di anni 7 e mesi 6 il periodo complessivo di sospensione del corso della prescrizione (mesi 4 e giorni 27), la fattispecie estintiva si e’ comunque perfezionata il (OMISSIS): a fortiori detto perfezionamento sarebbe intervenuto correlando il tempus all’inizio del periodo estintivo in linea con il favor rei (ex plurimis, Sez. 3, n. 46467 del 16/06/2017, Rv. 271146; Sez. 4, n. 37432 del 09/05/2003, Monti, Rv. 225990). L’annullamento in parte qua della sentenza impugnata deve essere disposto ai soli effetti penali, laddove la valutazione agli effetti civili, che risulta inscindibilmente connessa alla decisione relativa agli altri capi, deve essere rimessa al giudice del rinvio.
5. Pertanto, assorbiti gli ulteriori motivi, che presuppongono l’esame dei motivi per i quali la sentenza impugnata risulta viziata, la stessa deve essere annullata senza rinvio in toto limitatamente al reato di cui al reato di cui all’articolo 615 bis c.p., in danno di (OMISSIS), perche’ l’azione penale non poteva essere esercitata per mancanza di querela, e ai soli effetti penali limitatamente al reato di cui all’articolo 610 c.p., per essere lo stesso estinto per prescrizione; nel resto, ed anche in relazione alle conseguenti statuizioni civili, la sentenza impugnata va annullata con rinvio ad altra Sezione della Corte di appello di Firenze. In relazione al titolo di reato va disposto l’oscuramento delle generalita’ e degli altri dati identificativi.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata limitatamente al reato di cui al reato di cui all’articolo 615 bis c.p., in danno di (OMISSIS), perche’ l’azione penale non poteva essere esercitata per mancanza di querela, nonche’ agli effetti penali limitatamente al reato di cui all’articolo 610 c.p., per essere lo stesso estinto per prescrizione. Annulla nel resto la sentenza impugnata con rinvio ad altra Sezione della Corte di appello di Firenze. Oscuramento dati.
In caso di diffusione del presente provvedimento omettere le generalita’ e gli altri dati identificativi a norma del Decreto Legislativo n. 196 del 2003, articolo 52.