Le scale, i ballatoi e le porte possono configurare vedute quando risulti obiettivamente possibile l’esercizio della prospectio ed inspectio su o verso il fondo del vicino

Corte di Cassazione, sezione seconda civile, Ordinanza 10 ottobre 2018, n. 24956.

La massima estrapolata:

In tema di limitazioni legali della proprieta’, le scale, i ballatoi e le porte, pur essendo fondamentalmente destinati all’accesso dell’edificio, e soltanto occasionalmente od eccezionalmente utilizzabili per l’affaccio, possono configurare vedute quando – indipendentemente dalla funzione primaria del manufatto – risulti obiettivamente possibile, in via normale, per le particolari situazioni o caratteristiche di fatto, anche l’esercizio della prospectio ed inspectio su o verso il fondo del vicino.
Peraltro, a norma dell’articolo 900 c.c., per veduta – prospetto deve intendersi l’apertura destinata per sua normale e prevalente funzione a guardare e ad affacciarsi verso il fondo del vicino, cioe’ le finestre, i balconi, le terrazze e simili, mentre tale qualifica non spetta, di regola, ad altri manufatti, portoni, ballatoi etc., destinati principalmente all’ingresso e al passaggio delle persone e non a consentire la sosta e l’affaccio verso il fondo altrui.
Soprattutto le porte sono destinate, in generale, all’accesso a locali ed alla uscita da essi e, pertanto, e’ necessario che una loro eventuale congiunta destinazione funzionale alla veduta risulti da elementi non equivoci, che denuncino stabilmente tale ulteriore funzione, la quale non puo’ desumersi dal fatto che, al momento della loro apertura e fino alla loro chiusura, esse possano occasionalmente permettere di guardare sui fondi circostanti

Ordinanza 10 ottobre 2018, n. 24956

Data udienza 19 aprile 2018

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CORRENTI Vincenzo – Presidente

Dott. ABETE Luigi – Consigliere

Dott. TEDESCO Giuseppe – Consigliere

Dott. CASADONTE Annamaria – Consigliere

Dott. CAVALLARI Dario – rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA
sul ricorso 19328-2014 proposto da:
(OMISSIS) spa, elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso l’avvocato (OMISSIS), rappresentata e difesa dagli avvocati (OMISSIS);
– ricorrente –
contro
(OMISSIS), rappresentato e difeso dagli avvocati (OMISSIS) e (OMISSIS), presso l’ultimo dei quali e’ elettivamente domiciliato in (OMISSIS);
– controricorrente –
avverso la sentenza del TRIBUNALE DI GORIZIA n. 481/2013;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 19 aprile 2018 dal Dott. DARIO CAVALLARI.

MOTIVI IN FATTO E DIRITTO DELLA DECISIONE

La (OMISSIS) spa ha proposto ricorso per la reintegrazione o manutenzione nel possesso, chiedendo al Tribunale di Gorizia la rimozione della costruzione realizzata da (OMISSIS) e dalla (OMISSIS) srl in violazione delle distanze legali in aderenza all’immobile di sua proprieta’.
In corso di causa si sono costituiti i resistenti e parte ricorrente ha rinunciato all’azione proposta contro la (OMISSIS) srl.
Il Tribunale di Gorizia ha rigettato, all’esito della fase sommaria, la domanda della societa’ ricorrente.
Tale provvedimento e’ stato confermato in sede di reclamo.
La (OMISSIS) spa ha chiesto, quindi, la prosecuzione del giudizio nel merito.
Il Tribunale di Gorizia, con sentenza n. 481/2013, ha respinto la domanda della societa’ ricorrente.
La (OMISSIS) spa ha proposto appello.
La Corte di Appello di Trieste, nel contraddittorio delle parti, con ordinanza ex articolo 348 bis c.p.c. depositata il 17 giugno 2014, ha dichiarato inammissibile l’impugnazione.
La (OMISSIS) spa ha proposto ricorso per cassazione sulla base di due motivi.
(OMISSIS) ha resistito con controricorso.
Entrambe le parti hanno depositato memorie difensive.
1. Con il primo ed il secondo motivo che, stante la stretta connessione, vanno trattati congiuntamente, la (OMISSIS) spa lamenta l’omessa motivazione su punto decisivo della controversia relativo alla servitu’ di veduta attraverso il portone ligneo e le finestre munite di grate, nonche’ la violazione e falsa applicazione degli articoli 900, 1140 e 1168 c.c. poiche’ il Tribunale di Gorizia non avrebbe considerato che, attraverso il detto portone, erano possibili sia l’inspectio che la prospectio e che tramite le aperture summenzionate era consentito alla controparte un comodo affaccio sul fondo vicino.
Preliminarmente si osserva che l’articolo 348 ter c.p.c., comma 4, stabilisce che “Quando l’inammissibilita’ e’ fondata sulle stesse ragioni, inerenti alle questioni di fatto, poste a base della decisione impugnata, il ricorso per cassazione di cui al comma precedente puo’ essere proposto esclusivamente per i motivi di cui all’articolo 360, comma 1, nn. 1), 2), 3) e 4)”. Tale disposizione e’ interpretata nel senso che, in ipotesi di cosiddetta doppia conforme in fatto a cognizione sommaria ex articolo 348 ter c.p.c., comma 4, e’ escluso il controllo sulla ricostruzione di fatto operata dai giudici di merito, sicche’ il sindacato di legittimita’ del provvedimento di primo grado e’ possibile soltanto ove la motivazione al riguardo sia affetta da vizi giuridici o manchi del tutto, oppure sia articolata su espressioni o argomenti tra loro manifestamente ed immediatamente inconciliabili, perplessi o obiettivamente incomprensibili (Cass., Sez. 6 – 3, n. 26097 dell’11 dicembre 2014).
In particolare, in presenza della suddetta “doppia conforme”, (applicabile, ai sensi del Decreto Legge n. 83 del 2012, articolo 54, comma 2, conv., con modif., dalla L. n. 134 del 2012, ai giudizi d’appello introdotti con ricorso depositato o con citazione di cui sia stata richiesta la notificazione dal giorno 11 settembre 2012), il ricorrente in cassazione – per evitare l’inammissibilita’ del motivo di cui all’articolo 360 c.p.c., n. 5, (nel testo riformulato del Decreto Legge n. 83 cit, articolo 54, comma 3, ed applicabile alle sentenze pubblicate dal giorno 11 settembre 2012) – deve indicare le ragioni di fatto poste a base, rispettivamente, della decisione di primo grado e della sentenza di rigetto dell’appello, dimostrando che esse sono tra loro diverse (Cass., Sez. 1, n. 26774 del 22 dicembre 2016).
Nella specie, la societa’ ricorrente neppure ha dedotto tale circostanza e, comunque, dalla lettura dell’ordinanza di inammissibilita’ della Corte di Appello di Trieste e della sentenza del Tribunale di Gorizia emerge che il ragionamento in fatto delle due corti e’ coincidente.
Ne consegue l’inammissibilita’ delle doglianze proposte ex articolo 360 c.p.c., n. 5.
Vanno esaminate, quindi, le censure sollevate ai sensi degli articoli 900, 1140 e 1168 c.c..
Queste sono infondate.
In ordine al portone ligneo, si osserva che, in tema di limitazioni legali della proprieta’, le scale, i ballatoi e le porte, pur essendo fondamentalmente destinati all’accesso dell’edificio, e soltanto occasionalmente od eccezionalmente utilizzabili per l’affaccio, possono configurare vedute quando – indipendentemente dalla funzione primaria del manufatto – risulti obiettivamente possibile, in via normale, per le particolari situazioni o caratteristiche di fatto, anche l’esercizio della prospectio ed inspectio su o verso il fondo del vicino. (Cass., Sez. 2, n. 499 del 13 gennaio 2006; Cass., Sez. 2, n. 20205 del 13 ottobre 2004).
Peraltro, a norma dell’articolo 900 c.c., per veduta – prospetto deve intendersi l’apertura destinata per sua normale e prevalente funzione a guardare e ad affacciarsi verso il fondo del vicino, cioe’ le finestre, i balconi, le terrazze e simili, mentre tale qualifica non spetta, di regola, ad altri manufatti, portoni, ballatoi etc., destinati principalmente all’ingresso e al passaggio delle persone e non a consentire la sosta e l’affaccio verso il fondo altrui (Cass., Sez. 2, n. 10603 del 5 novembre 1990).
Soprattutto le porte sono destinate, in generale, all’accesso a locali ed alla uscita da essi e, pertanto, e’ necessario che una loro eventuale congiunta destinazione funzionale alla veduta risulti da elementi non equivoci, che denuncino stabilmente tale ulteriore funzione, la quale non puo’ desumersi dal fatto che, al momento della loro apertura e fino alla loro chiusura, esse possano occasionalmente permettere di guardare sui fondi circostanti (Cass., Sez. 2, n. 6820 del 16 novembre 1983).
Nel caso in esame il Ctu in primo grado ha affermato, in effetti, che dal detto portone erano possibili sia la prospectio che l’inspectio, ma tale eventualita’ era ricollegata proprio alla relativa apertura, il che palesa come non possa trattarsi di opera utilizzata di base per l’affaccio come se fosse una veduta.
Inoltre, il Tribunale di Gorizia ha affermato, con una valutazione in fatto non sindacabile nella presente sede, che il portone in esame era chiuso dall’esterno a mezzo di un chiavistello, circostanza che ulteriormente conferma l’esclusione, nella specie, dell’esistenza di una veduta.
Quanto alle contestazioni in ordine al fatto che il Ctu non avrebbe fatto riferimenti a tale chiusura, si evidenzia che la societa’ ricorrente ha omesso, al riguardo, di trascrivere il contenuto della perizia, cosi’ impedendo al Collegio ogni valutazione al riguardo. Per cio’ che concerne le finestre munite di grate, il Tribunale di Gorizia ha escluso, alla luce della Ctu, con considerazioni di merito non sindacabili in sede di legittimita’, che da esse potessero essere esercitati l’inspectio e la prospectio in alienum (Cass., Sez. 2, n. 18910 del 5 novembre 2012), tenendo conto delle dimensioni delle maglie delle inferriate e della collocazione dei davanzali.
Se ne ricava che esse non possono essere qualificate vedute.
2. Il ricorso deve essere, quindi, respinto.
3. Le spese di lite seguono la soccombenza ex articolo 91 c.p.c. e sono liquidate come in dispositivo.
Sussistono le condizioni per dare atto, ai sensi della L. 24 dicembre 2012, n. 228, articolo 1, comma 17, che ha aggiunto al Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, comma 1-quater, all’articolo 13, dell’obbligo di versamento, da parte della societa’ ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione integralmente rigettata, trattandosi di ricorso per cassazione la cui notifica si e’ perfezionata successivamente alla data del 30 gennaio 2013 (Cass., Sez. 6 – 3, sentenza n. 14515 del 10 luglio 2015).

P.Q.M.

La Corte:
– rigetta il ricorso;
– condanna la societa’ ricorrente a rifondere le spese di lite in favore del controricorrente, che liquida in complessivi Euro 2.700,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre accessori ex lege e spese generali nella misura del 15%;
– ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1-quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, articolo 1, comma 17, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della societa’ ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.

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